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14/12/18

Le mille e misteriose storie dell'Appia Antica - da "Le rovine e l'ombra".


Lungo la Via Appia a Roma, tombe e lapidi formano l’inesauribile campionario delle cose e delle anime perdute. 

In un columbarium, su di una stele in onore della defunta, si leggono queste parole: 

Chiunque legga questa iscrizione, se è un giovane che ama la sua donna, si astenga dall’avvolgerle d’oro le braccia, anche se ella ti cinge il collo con le sue braccia adorne e ti supplica di poter indossare doni all’altezza dei suoi meriti, accontentala nelle vesti, ma lascia stare i gioielli: si terranno alla larga ladri e seduttori. Fu infatti un serpente vistoso sulle sue braccia a provocare la morte della mia signora, e a me il marito, ha colpito il cuore, e la ferita la porterò per sempre (1).

Perduta è questa donna, perduto l’uomo innamorato che ha lasciato questa orazione, perduto l’oggetto d’oro che causò una così dolorosa scomparsa

Le circostanze non sono chiare: per quanto ne sappiamo il bracciale d’oro fu probabilmente l’occasione di una rapina finita male: uccidere la donna per portarle via quel prezioso gioiello, andato anch’esso perduto. 


Trafugato dai ladri, forse venduto, finito in chissà quale tomba o disperso nell’oblio. 

Un epitaffio dunque che registra una doppia mancanza: della cosa e della persona. Allo stesso tempo è anche la testimonianza di qualcosa che non si è del tutto perso ed è ombra, cioè sopravvivente memoria

L’ombra dei morti che affollano le camere segrete della Via Appia, le catacombe, i tumuli e i mausolei tiene compagnia ai vivi, li scuote e li costerna, non li lascia in pace, ne reclama l’attenzione. Ogni rovina è fondata su una perdita. Ogni civiltà, ogni stirpe, ogni generazione sembra destinata a lasciare dietro di sé qualcosa che si perde, senza perdersi mai del tutto. Le ombre si allungano sulla civiltà occidentale, che molti oggi vedono al tramonto. D’altronde, come si sa, la stessa parola “occidente” rimanda al tramonto: occidente è il luogo dell’ombra, dove il sole va a tramontare. Il luogo dove i giorni e le cose finiscono e vanno a finire precipitando nell’ombra. In questa heideggeriana condizione, decadente e prolungata, gli spiriti più inquieti sono anche i più lucidi, i più profetici. Sono gli spiriti liberi che albergano ovunque e passano inosservati, oppure lasciano la fatica dell’opera.

(1) C.I.L. VI, 5302, da un Colombario di Roma



22/11/18

Arriva "Rome Reborn" - Roma con l'avete mai vista !




Il Circo Massimo e il Colosseo, in tutta la loro imponente bellezza, visti dall'alto, come a bordo di una mongolfiera. Oppure, ecco i Fori imperiali, dove camminare 'davvero' sul basolato antico, fino all'arco di Settimio Severo, la Basilica Emilia e il Tempio di Vesta. 

Per poi entrare nella Basilica di Massenzio, dove svetta il monumentale ritratto che Costantino volle intitolare a se', per perdersi nella meraviglia delle volte oro e blu, come era in voga al tempo.

Una Roma cosi' non l'avevamo ancora mai vista, frutto di 22 anni di lavoro di un team di accademici ed esperti tecnologici internazionali, tutti insieme per Rome Reborn, App all'avanguardia che permette di scoprire e 'vivere' l'antica Caput Mundi cosi' come appariva al culmine del suo sviluppo urbano, nel 320 d.C. 

"Il sogno di ricostruire Roma e' un sogno antico", racconta il direttore del progetto, Bernard Frischer, citando le opere di Flavio Biondo e di Pirro Ligorio. "Per me - dice, presentando l'app insieme al Ceo della licenziataria esclusiva Flyover Zone Productions, Nathanael Tavares - il piu' importante e' stato il plastico di Italo Gismondi, realizzato tra il 1935 e il 1971. Fu quando lo vidi per la prima volta a Roma che mi venne l'idea". 

Un progetto ambizioso e unico nel 1996, quando nacque il comitato di lavoro. E che oggi ha completato la mappa della Roma che fu con la piu' grande ricostruzione digitale mai realizzata di una citta' antica. 

Agli utenti la possibilita' di accedere ad oltre 7 mila edifici monumentali, percorrendo una superficie di 14 chilometri quadrati all'interno delle Mura Aureliane ed esplorandone ogni dettaglio e angolazione. 

Disponibile in inglese, cinese e italiano, come App e per Pc, anche senza l'uso dei visori 3D, Rome Reborn, gia' approvata dalla Society for Classical Studies, per ora debutta con i primi capitoli: la Basilica di Massenzio, Fori Imperiali e Flight Ancient Rome. 

Seguiranno Colosseo e Pantheon. 

"In alcuni si sorvola il panorama, in altri si puo' entrare e camminare - racconta Frischer che per questo progetto ha ricevuto il Pioneer Award e il Tartessus - I costi vanno da 1,99 a 7 dollari, a seconda delle lunghezza. Il sogno e' arrivare a 15-20 app in 3 anni. Probabilmente in 3-4 anni potremo anche unirle tutte in un'unica esperienza immersiva in cui camminare per tutta Roma". 

"L'aggiorneremo con il progresso di studi e tecnologie - aggiunge Paolo Liverani, professore di Archeologia classica all'Universita' di Firenze - Ma di progetti come questo, con 22 anni di lavoro, rifatto tre volte e con questi risultati, non ne ricordo altri. E poi, e' colorato, come era Roma al tempo. E dinamico, cosi' che potremo, ad esempio, ripercorrere il cammino di Costantino quando entro' trionfante a Roma". 

Meraviglia per appassionati d'arte e archeologia, esperienza ludica ("mi piacerebbe giocare ai dadi con altri utenti", suggerisce il confondatore della SPVR, Enrico Speranza), Rome Reborn crea community (lungo il cammino si incontrano altri contemporanei con cui si potra' chattare e c'e' anche il sito www.romereborn.org). 

Ma e' anche, soprattutto, occasione di studio e approfondimento. "Avendo una forte base scientifica, puo' essere utilizzato come didattica - spiega il direttore del Museo Civico di Rieti, Monica De Simone - Lo abbiamo sperimentato con ragazzi e famiglie. Quello colpisce e' l'immagine della citta' antica, che ha stimolato tutti a porre domande". 

11/09/18

Il Tesoro di Monete Romane d'Oro scoperto a Como: "Un ritrovamento epocale!"


Un ritrovamento epocale, che potrebbe portare novità di rilievo sulla storia romana

E' stata presentata cosi' a Milano, la scoperta di un vaso contenente centinaia di monete d'oro perfettamente conservate  - la cui vista lascia senza fiato - nel corso dei lavori di scavo privati, a Como.

"Per me questo e' un caso epocale, uno di quelli che segna il percorso della storia. Non siamo ancora in grado di capirlo, ma e' un messaggio che ci arriva dai nostri antenati", ha detto il ministro dei Beni Culturali, Alberto Bonisoli, alla conferenza stampa di presentazione che si e' tenuta nella sede della Soprintendenza lombarda. 

Dopo il fragore suscitato dalle anticipazioni di stampa, e' stato annunciato oggi che nel contenitore, un vaso in pietra ollare raro per forma e fattura, non ci sarebbero solo monete d'oro romane, ma dalle prime ispezioni sarebbero stati individuati almeno altri tre oggetti

"Di certo abbiamo intravisto una barretta d'oro (una sorta di lingotto', ndr) - hanno spiegato Barbara Grassi, responsabile della direzione scientifica dello scavo comasco, e la collega Grazia Facchinetti, esperta di numismatica - e altri due oggetti.


Ma al momento, nel microscavo abbiamo rimosso solo il primo strato di 27 monete. Si tratta di 'solidi' romani da circa 4 grammi e mezzo d'oro, coniati nel periodo degli imperatori Onorio, Valentiniano III, Leone I e Livio Severo, quindi non collocabili oltre il 474 d.C

"L'insieme deporrebbe per il deposito di una cassa pubblica, poco probabilmente del tesoro di un privato": ed e' questa, al momento, l'ipotesi archeologica prevalente, suffragata anche dal fatto che le monete erano originariamente "impilate" grazie a qualche contenitore che si e' disintegrato col passare dei secoli. 

Una "disposizione ordinata" che, appunto, insieme alla presenza di resti romani, farebbe pensare "a una cassa pubblica nascosta con l'intenzione poi di riprenderla, in un luogo rintracciabile".


Il ritrovamento del 'ripostiglio' e' avvenuto durante i lavori di ristrutturazione di un teatro, abbandonato da una ventina d'anni e prima cinema, teatro a cavallo del 1900, e in antichita', dal 1300 al 1700, area religiosa con la presenza di un convento e di una chiesa. 

"La ricerca archeologica a Como non nasce ieri - ha detto ancora la professoressa Grassi - e' un lavoro decennale".

Ma cosa c'era in quel punto, in epoca romana? Cosa ha spinto qualche ignoto funzionario pubblico a nascondere il tesoro? "Como era sede della prefettura di una flotta - ricordano gli archeologi - e forze ingenti presidiavano i confini a nord per difendere le vie che passavano dalle Alpi". 

A vigilare sul cantiere oggi, invece, penseranno i carabinieri del Nucleo tutela patrimonio culturale. Il tesoro, alla fine, finite le analisi, potrebbe tornare a Como. "Secondo me - ha detto infatti il ministro - se i reperti sono stati trovati in un posto, appartengono a chi in questo posto ci vive. Non a caso i Bronzi di Riace si trovano al museo archeologico di Reggio Calabria". Como quindi a breve potrebbe avere i suoi 'Bronzi', che pero' sono piccoli e d'oro.

FONTE: ANSA


04/08/18

Riemerge lungo l'Appia Antica un "Autogrill" di 2000 anni fa.


Vengono alla luce i resti di un tratto di strada lungo 14 metri. Costeggiava un piccolo centro abitato in cui si svolgevano anche attività artigianali. Era una stazione di sosta e commercio, abbandonata 20 secoli fa, lungo la "regina viarum". 

L'ipotesi degli studiosi: è l'antico insediamento di Nuceriola. Era una stazione di sosta e di commercio: un luogo dove rifocillare i cavalli, riposarsi e poi ripartire. Insomma, un qualcosa di simile alle locande o agli autogrill di oggi. 

Solo che questo sito ha duemila anni e insiste sulla Via Appia, la "Regina viarum" dell'impero romano. 

È uno scavo ricco di sorprese quello portato avanti a Benevento, tra le campagne di Masseria Grasso. 

L'equipe di archeologi dell'università di Salerno, guidati da Alfonso Santoriello, docente di Archeologia del paesaggio, ha individuato un antico tratto di strada in terra battuta lungo 14 metri, bordato da cordoli e databile a partire dal terzo secolo avanti Cristo

"Sicuramente è un pezzo dell'Appia antica - dichiara Santoriello - Costeggiava un abitato, all'interno del quale abbiamo rinvenuto un importante quartiere artigianale che si estende per 400 metri quadrati, databile tra il primo secolo avanti e il primo dopo Cristo". 

L'area, riportata in parte alla luce già nel 2016, è costituita da cinque ambienti, contenenti due fornaci (numero che potrebbe aumentare).

Era qui che si produceva vasellame a "pareti sottili", una varietà molto raffinata. 

Gli ultimi ritrovamenti, risalenti a pochi giorni fa, hanno individuato anche un canale per il deflusso delle acque, essenziali per il funzionamento dell'impianto artigianale, accanto a fosse con materiale di scarico. Hanno restituito vasi, brocche, piatti impilati. 

Si tratta di reperti che, secondo gli esperti, lascerebbero intendere quanto il sito non fosse soltanto una "statio": molto probabilmente ci troviamo in un piccolo e fiorente nucleo abitativo, poi abbandonato dopo il 50. L'ipotesi più suggestiva è che lo scavo sia ciò che rimane di Nuceriola, scalo principale dell'Appia prima di Beneventum, distante quattro miglia. L'idea è suffragata anche dalla "Tabula Peutingeriana", copia medievale di una mappa di antiche vie consolari romane: i luoghi sembrano coincidere.


14/07/18

L'Enigma di Ponte Milvio - Aperti al pubblico gli stupefacenti scavi di Via Capoprati.



Davvero una specie di rompicapo, per gli esperti, il ritrovamento archeologico di Via Capoprati, a due passi da Ponte Milvio, proprio lungo il tratto della Pista Ciclabile che dal ponte discende lungo il fiume. 

In questo Blog abbiamo raccontato le circostanze dell'eccezionale ritrovamento nell'autunno scorso (2017) quando alcuni tecnici di Acea, la municipalizzata che gestisce l'energia elettrica a Roma, al lavoro nella zona, segnalarono che durante lavori di scavo erano emersi reperti archeologici.  

Un primo sondaggio aveva evidenziato la presenza di magnifici mosaici, ma lo scavo fu subito interrotto per ragioni climatiche - la zona infatti è compresa infatti in quella cosiddetta gonale, interessata cioè da possibili alluvioni del Tevere - e ripreso un mese fa grazie anche a nuovi finanziamenti da parte della Soprintendenza. 

E adesso si può dire che davvero ne è valsa la pena e Roma non tradisce mai le aspettative: sì perché quello che sta emergendo dalla terra è un complesso stratigrafico che comprende quattro ambienti più un'area sepolcrale dove sono visibili ancora anfore e resti umani. Il tutto sviluppato appunto su due strati, uno più antico risalente al I e II secolo dopo Cristo e probabilmente afferente a un edificio con funzione commerciale - quasi sicuramente un magazzino - giustificato dalla vicinanza al fiume e a due vie consolari, la Cassia e la Flaminia; e uno più recente, risalente al III e IV sec. dopo Cristo, cioè dopo la Battaglia di Ponte Milvio, con decorazioni con marmi ricercatissimi e mosaici che impreziosiscono mura e pavimenti, che fanno pensare ad una ricca villa suburbana oppure a un luogo di culto cristiano. 


"Questo edificio," ha detto la direttrice scientifica dello scavo, Marina Piranomonte, "è straordinario perché è lussuosissimo, costruito dopo Costantino, dopo che i cristiani hanno vinto e questo dimostra che ancora in epoca di pieno quarto secolo a Roma si costruiva con grande lusso e grande spreco di soldi anche sulle sponde del fiume: una cosa straordinaria perché non siamo nel centro della città, ma nel suburbio di Roma".

Tra le ipotesi per sciogliere l'Enigma vi è anche quella che si tratti di un luogo di culto cristiano, con annessi mausolei, forse un cimitero con una piccola chiesetta cristiana. I romani infatti non seppellivano mai i morti vicino a casa loro, ma in aree ben identificate. 


Insomma, per saperne di più, bisognerà aspettare. Gli scavi resteranno aperti al pubblico solo per il breve periodo estivo, poi verranno richiusi, anche per scongiurare il rischio di possibili danni provocati dal fiume  e perché - dicono gli esperti -  il miglior modo per preservarli è quello di mantenerli interrati. 

Fabrizio Falconi 



26/06/18

Un viaggio affascinante ed esclusivo nelle viscere di Roma: gli Horrea Vespasiani.



Scarpe comode, un cappellino per il sole, poi e' bastato lasciare che la terra raccontasse la sua storia millenaria pagina dopo pagina, come se fosse un libro: in tanti questa mattina sono diventati "archeologi per un giorno" grazie alla giornata di archeologia pubblica proposta dal Parco Archeologico del Colosseo e dal Dipartimento di Scienze dell'Antichita' dell'Universita' La Sapienza di Roma. 

L'iniziativa, dal titolo Storie dal Palatino, ha permesso a un nutrito gruppo di persone di visitare il cantiere archeologico degli Horrea Vespasiani, uno scavo ormai trentennale in cui l'ateneo capitolino ha formato i suoi archeologi migliori.

Prima tappa dell'itinerario e' lo scavo aperto, con gli operai intenti a lavorare, nel quale sono emersi i resti di un grande horreum, un magazzino per le merci databile alla fine del I secolo d.C.: scavando, gli archeologi hanno scoperto un cunicolo pieno di frammenti di marmo, un pavimento con focolari e tre sepolture di bambini, tracce di vita del VII secolo d.C. che si sono salvate perche' rimaste sotto terra

Proseguendo, si arriva in una zona gia' scavata e ora interrata, dove si puo' avere un'idea complessiva dell'intera area delle pendici settentrionali del Palatino: dalle capanne della fine del X secolo a.C. alle modifiche nell'VIII secolo a.C., con la costruzione di una fortificazione con una porta cinta da bastioni, del santuario di Vesta e di una residenza regia, fino all'allestimento della prima Via Sacra pavimentata con lastre di tufo e di nuove case lussuose, per arrivare all'incendio neroniano del 64 d.C., in seguito al quale nasce una nuova Via Sacra fiancheggiata da portici, con un quartiere residenziale in cui sorge un horreum

Il percorso si conclude poco piu' avanti, con il gruppo di 'ospiti' che ha potuto osservare il lavoro di alcuni universitari, archeologi di domani, impegnati a pulire i reperti trovati nel corso degli scavi: dopo la pulitura, gli studenti si occuperanno di siglare i reperti, dividerli in classi, trovare i tipi ceramici e poi determinare la cronologia. 

A giudicare dall'entusiasmo dei partecipanti, questo esperimento per avvicinare l'archeologia a romani e turisti e' riuscito perfettamente: in tanti hanno fatto domande, alcune a carattere piu' storico altre per soddisfare semplici curiosita', e quasi tutti hanno scattato foto. 

Fondamentale allo scopo e' stato il modo scelto dagli organizzatori per comunicare una scienza cosi' complessa, mostrando da un lato al pubblico il lavoro sul campo, dall'altro offrendo spiegazioni che hanno assunto i toni di un appassionante racconto per bocca di chi lavora in prima persona sui reperti archeologici. 

La prossima giornata con visite guidate ci sara' l'11 luglio, poi un'altra nella seconda meta' del mese, e dopo la pausa di agosto, si ripartira' a settembre, quando verra' presentato al pubblico lo scavo della Coenatio Rotunda sul Palatino

"I luoghi di Roma contengono piu' storia di quella che viene raccontata, ma spesso cio' che si vede non si capisce. Ecco perche' i luoghi devono parlare attraverso racconti che diventano storie: solo cosi' la comunicazione culturale e' efficace", dice all'ANSA il direttore dello scavo Paolo Carafa, professore di archeologia e storia dell'arte greca e romana alla Sapienza. 

23/06/18

Il Tempio della Pace ai Fori e il Tesoro Scomparso di Re Salomone.

I grandiosi resti del Tempio della Pace al Foro Romano

Il Tempio della Pace e il tesoro di Re Salomone. Nuovi scavi nella zona del Foro Romano hanno da qualche anno permesso di far tornare alla luce alcuni preziosissimi resti dell’età antica, che si credevano perduti per sempre. 

Sono le rovine del cosiddetto Teatro della Pace, fatto costruire dai Flavi, che consacrarono questo luogo nel 75 d.C. dopo la guerra giudaica e i bagni di sangue per la conquista di Gerusalemme. Finalmente regnava nell’impero la Pax Augusta e l’imperatore Vespasiano decise di far costruire il nuovo Foro (il terzo in ordine cronologico e il più esteso per superficie), a fianco di quello di Augusto, lungo la strada dell’Argileto che collegava la suburra alla zona centrale nevralgica del potere cittadino. 

Danneggiato molto gravemente alla fine del III secolo d.C. il Tempio perse progressivamente la sua importanza, fino a cadere nell’oblio. Ma la memoria di questa colossale struttura rimase nei documenti e nelle cronache dell’epoca e anche se oggi l’area su cui afferiva il Tempio è quasi interamente ricoperta da Via dei Fori Imperiali, è stato possibile recuperare i frammenti di cinque delle colossali colonne originali in granito rosa provenienti dalle cave di Assuan in Egitto, che adornavano il Tempio dedicato alla dea Pax. 

Le gigantesche colonne forniscono l’idea della grandezza di questa struttura che occupava due ettari di terreno, con corti, porticati, giochi d’acqua e ardite architetture. Ma il motivo principale dell’interesse degli archeologi negli anni e dell’interessa intorno al Foro della Pace è proprio relativo ai tesori che esso custodiva.

Una ricostruzione del Tempio (o Foro) della Pace

Tra di essi, alcune fonti assicurano si trovava anche il leggendario Tempio del Re Salomone. Durante la guerra giudaica, infatti, e a seguito della conquista di Gerusalemme, i Romani infatti ebbero finalmente accesso anche al mitico Tempio, del quale riferiscono abbondantemente le Scritture, fatto costruire dal Re biblico otto secoli prima di Cristo, raso al suolo dai Babilonesi di Nabucodonosor II, che lo spogliarono dei suoi tesori (fatti restituire poi da Ciro il Grande), ricostruito dai Giudei in forme grandiose e ultimato nel 515 a.C.

E nessuno sa con esattezza che cosa facesse parte del bottino dei Romani, una volta espugnato il Tempio. Qualcuno ha avanzato l’ipotesi che nel tesoro trafugato dai soldati di Vespasiano vi fosse anche la mitica Arca dell'Alleanza, descritta dalla Bibbia, la cassa (in legno d’acacia) rivestita d'oro e sontuosamente decorata, costruita da Mosè per ordine stesso di Dio. 

L’Arca dell’Alleanza, la vera Arca, è il tesoro più ambito da ogni archeologo del mondo, e su di essa si è favoleggiato a lungo, anche perché la Bibbia stessa dice che al suo interno erano custodite nientemeno che le Tavole della Legge ricevute da Mosè sul Monte Sinai, la verga di Aronne e la manna che cadde dal cielo per miracolo e nutrì gli ebrei nel deserto. Sull’Arca, che comunque già all’epoca del Re Salomone sembra contenesse soltanto le Tavole della Legge, gravava anche la maledizione secondo cui essa non poteva essere toccata che da un levita. E chiunque, non appartenente alla razza prediletta, ne venisse a contatto, moriva istantaneamente. 

Anche per questo, il prezioso reperto non veniva mai mostrato in pubblico, ed era sempre ricoperto di uno spesso strato di pelle di tasso e da un telo di stoffa azzurro. All’Arca erano attribuiti ogni sorta di prodigi. Attraverso di essa, Mosè era in grado di parlare con Dio, e di farlo comparire presente tra gli uomini, levitante al di sopra dell’Arca. Resta dunque molto suggestiva l’idea che sia stata trasportata, al termine delle sue vicende in Terra Santa, a Roma, e che magari, resti di essa giacciano ancora oggi sepolti sotto l’odierna Via dei Fori Imperiali, che spacca oggi in due il Foro della Pace, sotto spessi strati di terra.

Una ricostruzione ipotetica dell'Arca dell'Alleanza



06/06/18

Scavi a Ponte Milvio: spunta edificio imperiale !






Sprint negli scavi archeologici a Ponte Milvio che si sono ampliati negli ultimi venti giorni. 

Gli archeologi sono al lavoro sulle rovine di un edificio residenziale di eta' imperiale, forse una villa, ritrovati lungo l'argine del fiume grazie all'archeologia preventiva in un cantiere di sotto servizi Acea-Areti

La Soprintendenza Speciale di Roma aveva annunciato la scoperta lo scorso autunno, ma poi lo scavo e' stato temporaneamente richiuso per il rischio che l'innalzamento stagionale del livello Tevere danneggiasse i reperti. 

Dopo lo stop invernale, l'indagine e' ripartita con uno sprint ed in maniera estensiva in primavera. I risultati potrebbero essere presentati alla comunita' scientifica e ai media entro il mese di luglio. Al momento, a quanto si apprende, gli archeologi stanno facendo un accertamento su materiali dell'edificio. 

Gli scavi lasciano intravedere una vasta porzione di pavimento in "opus sectile", decorato con straordinari marmi policromi che disegnano motivi floreali. 

La bellezza del pavimento fa supporre che l'edificio fosse comunque ornato in maniera preziosa, ma l'ubicazione appare inconsueta vista la vicinanza al fiume. 

01/06/18

Ritrovata una camera sepolcrale intatta con 4 sepolture d'età repubblicana a Roma in località Case Rosse !


Durante i lavori di scavo di Acea per il raddoppio della condotta adduttrice Castell'Arcione - Salone, a Roma, in Localita' Case Rosse, e' stata rinvenuta una tomba romana a camera di epoca repubblicana. 

La sepoltura, situata a una profondita' di circa due metri dal piano stradale, presenta una camera sepolcrale in straordinario stato di conservazione, che ospita quattro sepolture

Insieme ai resti ossei sono stati identificati circa 25 elementi di corredo per lo piu' in ceramica, eccezion fatta per due strigili in ferro (con cui gli uomini erano soliti detergersi dopo le attivita' fisiche) ed una moneta in lega di bronzo

In base ad un preliminare studio dei reperti e' possibile collocare cronologicamente la sepoltura al IV-III secolo a.C

Si tratta di una scoperta di elevato valore archeologico. 

I tecnici Acea, non appena rilevato la presenza di reperti sul luogo dello scavo hanno immediatamente interrotto i lavori segnalando il fatto alla Soprintendenza. 

"Acea ha l`enorme privilegio di lavorare su un territorio ricco di storia e cultura, e di questo siamo consapevoli" ha detto il Presidente di Acea Luca Lanzalone. 

"Siamo onorati di contribuire alla valorizzazione del patrimonio storico e artistico della citta' - ha continuato il Presidente -, lo abbiamo fatto ad esempio illuminando i grandi monumenti e siti archeologici, come la Piramide Cestia o il Palatino, ma lo facciamo anche tramite la pronta segnalazione di ritrovamenti che possano avere una rilevanza archeologica, come e' accaduto nel caso della Casa dell`atleta che viene presentata oggi. È anche per questo spirito di pronta collaborazione che passa la valorizzazione di un patrimonio unico al mondo qual e' quello di Roma". 

28/03/18

Il meraviglioso "Spinario": una delle Statue più famose e belle di Roma.



Quando si arriva nella Sala dei Trionfi, una delle più belle e preziose dei Musei Capitolini, si resta quasi abbagliati dalla bellezza del celebre Spinario, detto anche il Cavaspine, uno dei bronzi più celebri dell'antichità, realizzato nel I secolo a.C. il cui fascino ha attraversato i secoli e generato schiere di ammiratori e imitatori. 

Di autore ignoto, la presenza della Statua a Roma è documentata dal XII secolo, e giunse in Campidoglio nel 1471 con la donazione dei cosiddetti bronzi lateranensi dal Popolo Romano da parte di papa Sisto IV.

La cosa certa è che si tratta di una opera così detta eclettica, formata cioè da due modelli diversi, il corpo concepito su un prototipo ellenistico e una testa nella forma dello stile severo. 

Riguardo alla interpretazione del soggetto molto si è discusso e si continua a discutere dai tempi del Rinascimento, quando la statua divenne enormemente celebre: si tratta certamente non di una rappresentazione mitica di un dio, ma di una scena contingente: quella di un pastorello, una figura giovane e minuta concentrata nell'atto di togliersi una spina dalla pianta del piede, come può capitare a chi attraversi a piedi nudi un campo di grano o d'erba.

Insieme a questa interpretazione ordinaria, nacque nel Rinascimento la leggenda del piccolo pastore Gnaeus Martius, detto anche "il Fedele", che, eroicamente, incaricato di trasferire un importante messaggio al Senato di Roma, preferì completare il lungo tragitto nonostante il fitto dolore della spina, e solo dopo la fine della missione, fermarsi a cavarla dal piede. 


Da questa leggenda nacquero poi, nel Romanticismo, altre interpretazioni che leggevano in questa scena descritta l'allegoria della sofferenza dell'innamorato, decretandone quindi nuova fortuna. 

Ciò che appare certo, al di là delle leggende, è il fatto che il modello della testa, come abbiamo detto, è antecedente - di qualche secolo - a quello del corpo: lo testimonia anche il fatto che i capelli, anziché pendere verso il basso per la forza di gravità, rimangono aderenti alla testa. 



Bellissimo, oltreché sensuale, il particolare delle labbra in rame. 
La statua, come detto, ha avuto nei secoli molte copie, antiche e moderne, ospitate in diversi musei del mondo.  L'esemplare del Museo dei Capitolini però, essendo senza dubbio il più antico, viene considerato l'originale. 

Fabrizio Falconi

06/03/18

Il Mistero dei Buchi nel Colosseo.




Tra le molte leggende che hanno accompagnato la vita del Colosseo - se ancora oggi procura una così grande impressione ai turisti che vengono a vederlo, figurarsi cosa dovesse sembrare questo monumento in epoca medievale, già diversi secoli dopo il crollo dell'Impero Romano - alcune, assai curiose, hanno riguardato i famosi buchi, quelle fessure che costellano tutta la superficie visibile dell'Anfiteatro, nella sua parte più antica. 

Tra queste una delle più curiose e persistenti fu quella secondo cui i buchi erano stati fatti dai lanzichenecchi che li riempirono di polvere da sparo con l'idea di far saltare in aria il monumento. 

La stessa leggenda riferiva che il tentativo fosse andato a monte, ribadendo e rinforzando l'alone di immortalità che da sempre avvolgeva il Colosseo.  

Molto più prosaicamente, in tempi più recenti, si è giunti alla conclusione che queste fessure altro non sono che le tracce lasciate dalle cosiddette grappe, che i romani usavano - nel loro genio architettonico - per rinforzare le strutture del travertino, e collegare i diversi blocchi. 

Questo ferro - una quantità imponente che secondo alcuni raggiungeva il peso complessivo di 300 tonnellate - fu gradualmente asportato durante il Medioevo, rendendo certamente il monumento più fragile. Anche se, proprio in virtù della grandezza degli antichi costruttori, il Colosseo è riuscito a rimanere sempre in piedi, nonostante questo. 

Questi buchi, comunque, si sono poi dilatati con il tempo, e certamente anticamente non erano visibili, perché tutta la superficie del gigantesco monumento era rivestita da enormi lastre di travertino, anche queste spogliate senza ritegno nel corso dei secoli e usate per edificare dimore di nobili e principi romani. 

Fabrizio Falconi
2018 - riproduzione riservata



02/03/18

Straordinario ritrovamento a Roma durante gli scavi per la Metro C: ritorna alla luce la "Casa del Comandante" !




Roma non finisce mai di stupire. La notizia clamorosa è che gli scavi per la Metro C di Roma hanno portato alla luce 'la Casa del Comandante':  una domus collegata ai dormitoria della caserma di impianto traianeo e poimodificata da Adriano, dormitoria scoperti nel 2016. 

"È una scoperta eccezionale perché a Roma non e' mai stata individuata ne' scavata archeologicamente una caserma e mai trovata una domus collegata alla caserma stessa", ha spiegato Rossella Rea responsabile dello scavo

La scoperta e' stata effettuata durante i lavori alla stazione della Metro C Amba Aradam

La "Domus del Comandante" e' stata ritrovata a 12 metri sotto il livello della strada.  


Ora verrà smontata, livello per livello, e delocalizzata, cioe' spostata in container riscaldati per continuare gli scavi della metro C

"Ho gia' parlato con Cantone che mi ha assicurato che il luogo verrà reso fruibile al pubblico e tutto il ritrovamento rimesso al suo posto; come questo avverra', compatibilmente con la metro C, si vedra'. Mi sono gia' assicurato progetto e finanziamenti", ha detto Francesco Prosperetti, soprintendente ai Beni Archeologici di Roma che ha interpellato il presidente dell'Anac, Raffaele Cantone, in quanto l'Autorita' nazionale anticorruzione sovrintende a tutte le opere pubbliche

27/02/18

La Fontana del Babuino - Uno dei "must" di Roma.



E' stata per diversi secoli una delle sei statue parlanti di Roma e per molto tempo le "babuinate" hanno fatto concorrenza alle "pasquinate" nella tradizione della vita cittadina. 

La celebre fontana romana risale al 1576, quando Papa Gregorio XIII la fece erigere davanti palazzo Cerasi (al civico 51 di Via del Babuino), come semplice mostra dell'Acqua Vergine, collocandovi come ornamento un antico reperto romano, di origine ignota, che subito la vox populi romana ribattezzò - per la sua bruttezza e per la posa semisdraiata - "Babuino".

Il soprannome ebbe così fortuna che addirittura valse il nuovo nome alla Via dove era stata posta, uno dei tre assi che partivano dalla Piazza del Popolo e dalla Porta Flaminia, esistente già in età romana, e che era stata chiamata prima Via Clementina (in onore di papa Clemente VII che l'aveva fatta sterrare e riordinare per l'anno giubilare del 1525) e poi Via Paolina Trifaria (in onore del Papa Paolo III) che dopo il Sacco di Roma, l'aveva fatta restaurare. 

Indagini sulla statua hanno permesso di stabilire che si tratta di due pezzi distinti: il corpo, in tufo, di provenienza ignota, e la testa di sileno, che è invece in travertino. I due pezzi insieme rappresentano forse l'immagine di un Ercole sdraiato a banchetto, anche se per molto tempo fu creduta una riproduzione di San Gerolamo, sofferente per la vecchiaia. 

La collocazione attuale, accanto alla chiesa di Sant'Atanasio dei Greci, è piuttosto recente: risale infatti al 1957, quando fu trasportata dal cortile di Palazzo Boncompagni dove era finita nel 1877 durante i lavori di risistemazione dei marciapiedi e della sede stradale della Via del Babuino. In quella occasione statua e vasca della fontana erano state separate: la vasca era infatti finita ad adornare la facciata del Palazzo Borromeo sulla Via Flaminia. 

Da più di cinquant'anni però, la fontana ha ritrovato il suo aspetto originario. Suscitando la curiosità dei turisti anche per la colorazione bizzarra che spesso assume il corpo del Babuino a causa della formazione di piccole alghe in alcuni periodi sul tufo con cui è modellato. 

Fabrizio Falconi
riproduzione riservata - 2018.


26/02/18

Palazzo Mattei di Giove, una perla nel cuore del centro storico di Roma.




E' un vero e proprio gioiello nel cuore del centro storico di Roma. Vi si accede da due ingressi, in via dei Funari, al civico 31 e da via Michelangelo Caetani al civico 32.  

Il Palazzo Mattei di Giove  faceva parte della cosiddetta Isola dei Mattei, il complesso di case e palazzi incastonati tra il Ghetto e l'attuale Via delle Botteghe Oscure che ospitavano le residenze di una delle famiglie più blasonate di Roma, i Mattei, nei loro differenti rami. 

Questo palazzo - a 3 piani e attico - che oggi ospita il Centro Studi Americani, la Discoteca di Stato e la Biblioteca di storia moderna e contemporanea, era di proprietà di Asdrubale di Alessandro Mattei, duca di Giove e quindi del ramo detto dei Mattei di Giove. 

La facoltosa famiglia decise di commissionarne l'opera nientemeno che a Carlo Maderno, che lo edificò tra il 1598 e il 1611, divenendo così l'ultimo dei 5 palazzi dei Mattei in questa zona. 

E' davvero suggestivo entrarvi oggi, sembrando di penetrare all'interno di una complessa quinta teatrale, con i 2 androni ornati di antichi rilievi e 2 cortili di cui il secondo con una meravigliosa fontana e altri oggetti di scavo.

Fontana adornata da mascherone grottesco che versa l'acqua in un sarcofago strigilato con protomi leonine simmetriche, Palazzo Mattei di Giove, Roma

Gli scaloni del Palazzo sono incredibilmente suggestivi, ornati da sculture e vasi antichi e con finissimi stucchi nelle volte; nelle Logge poi busti di imperatori romani risalenti al secolo XVI secolo, mentre le sale sono affrescate dai più grandi maestri dell'epoca: Dominichino, Lanfranco, Pietro da Cortona, Albani, Pomarancio, Antonio Carracci.

Inizialmente previsto come Palazzo isolato, nel 1613 fu realizzato invece il braccio che avrebbe unito il Palazzo Mattei di Giove a quello di Alessandro Mattei, oggi Palazzo Caetani.


Il Palazzo è ancora oggi una specie di piccolo grande museo, basti pensare al Sarcofago di Marte e Rea Silvia e al Sarcofago Mattei, due tra i più belli e i meglio conservati dell'Antica Roma, che facevano parte della immensa collezione di marmi antichi dei Mattei. 

Il Palazzo rimase di proprietà dei Mattei di Giove fino all'inizio del 1800, quando la linea maschile della famiglia si estinse.  L'eredità andò alla figlia di Giuseppe Mattei, Marianna, che sposò Carlo Teodoro Antici di Recanati, fratello di Adelaide, la madre di Giacomo Leopardi, il quale soggiornò ospite in questo palazzo tra il novembre 1822 e l'aprile 1823. 

In effetti anche oggi il vetusto Palazzo mantiene un'atmosfera Leopardiana, colmo di memorie e di immagini melanconiche, in certi punti spettrali. 

E' forse anche per questo che - dopo che il Palazzo fu acquistato dallo Stato Italiano nel 1938 - esso servì anche da set ad uno dei primi e più celebri sceneggiati Mistery della Rai degli anni '60, Il segno del comando. Qui infatti vennero ambientate diverse scene: quelle della dimora di uno dei protagonisti, il Principe Anchisi.

Fabrizio Falconi
- riproduzione riservata 2018
foto di proprietà dell'autore. 


20/02/18

Un luogo segreto nel cuore di Roma - L'Auditorium di Mecenate, all'Esquilino.



Quando le pale e i picconi delle maestranze savoiarde, al lavoro per la costruzione del nuovo quartiere Esquilino, perla della neo-nata capitale d'Italia, si imbatterono nella scoperta, quasi non si credette a tanta fortuna. 

Eppure anche stavolta Roma aveva meravigliato, restituendo dopo quasi duemila anni e praticamente intatto, nella struttura, un edificio costruito in età adrianea, che fu identificato come un Auditorium. 

Attraverso il nome identificato su una conduttura di piombo, del retore M. Cornelius Fronto, proprietario degli Horti Maecenatis che sorgevano anticamente proprio in questo luogo - l'attuale Largo Leopardi - fu possibile attribuire la costruzione dell'edificio proprio a Mecenate, il celebre  politico e statista collaboratore di Augusto. 

In realtà studi successivi hanno appurato non trattarsi di un vero Auditorium - anche se l'attributo è rimasto - ma piuttosto di un ninfeo o di un triclinio estivo del tipo di quelli rinvenuti a Pompei e a Stabia. 

Sicuramente il luogo era comunque frequentato da poeti e artisti, intellettuali dell'epoca visto il rinvenimento, negli affreschi superstiti, di versi di un epigramma del poeta greco Callimaco. 


Spettacolare è l'ampia abside a semicerchio occupata, per circa 4/7 dell'altezza da una scalinata costituita da sette gradini concentrici, che aveva fatto pensare per l'appunto, alla cavea di un auditorium. 

Sui lati lunghi della sala si aprono due serie di sei nicchie per parete, mentre altre cinque scandiscono quelle dell'abside. 

Rendono unico questo ambiente i mosaici, il pavimento in opus sectile, i marmi, la decorazione pittorica policroma ad affresco, sopra uno zoccolo marmoreo, che ricorda quella della Villa di Liva a Prima Porta, con splendide figure:  candelabri e pavoni, scene dionisiache e cavalleresche, da ricondursi ad epoche più recenti, tardoaugustee e neroniane. 

Il monumento è visitabile solo a gruppi accompagnati e su prenotazioni. Per informazioni cliccare QUI. 

Fabrizio Falconi
2018 - riproduzione riservata.

17/02/18

Da oggi si apre al Museo Botanico di Roma un vero e proprio Museo Naturale a cielo aperto !



La novità per l'Orto Botanico di Roma, uno dei più antichi e suggestivi del mondo, è l'apertura del Vigneto Italia: grazie a un progetto dell'Università di Roma ideato da Luca Maroni, sono stati impiantati ben 154 vitigni autoctoni che verranno coltivati, nel cuore di Trastevere, con i principi della biodinamica e cioè a zero impatto ambientale.

Già dal mese di marzo, assicurano gli esperti, le 310 piante coltivate avranno l'aspetto di alberelli e permetteranno ai visitatori di seguire tutta la crescita delle viti, con l'allestimento di laboratori per le scuole durante i quali si insegnerà a pigiare l'uva nei tini come avveniva in passato e verranno svelati tutti i segreti di una perfetta fermentazione. 

La scelta del sito non è casuale: da studi approfonditi si è appurato che proprio le pendici del Gianicolo, in leggera pendenza, erano sfruttate già in epoca romana per la coltivazione della vite, in una zona che era ricca di acqua. 

Il Vigneto Italia sarà un motivo in più per visitare l'Orto Botanico di Roma le cui origini si perdono nella notte dei secoli: originariamente fondato da Papa Nicolò III (1277-1280) dove sorgono gli attuali giardini Vaticani, fu spostato negli immensi giardini del Palazzo Corsini nel 1883. 

Da allora, il Giardino ha continuato ad ampliarsi, con le piante acquatiche (la cui crescita è stata assicurate dall'abbondanza di acque garantita dall'Acquedotto Paolo), le palme, i boschi di bambùm le serre, il giardino giapponese, la valletta delle felci, il bosco romano e il roseto. 

14/02/18

Martin Scorsese girerà una serie TV su Roma Antica e il giovane Giulio Cesare.


E' una notizia bomba per gli appassionati di serie TV.

Martin Scorsese ha annunciato che collaborerà con Michael Hirst, il creatore di Vikings e I Tudors per un nuovo progetto che avrà come argomento la storia di Roma Antica e in particolare della vita del giovane Giulio Cesare. 

Come è noto Scorsese ha già fatto incursioni nel mondo delle serie TV americane, innanzitutto con Boardwalk Empire – L'impero del crimine, acclamatissima e Vinyl, prodotta insieme a Mick Jagger, che invece si è tramutata in un flop.

Le riprese di  The Caesars - così si chiamerà la serie - dovrebbero partire nel 2019 in Italia.

Gli episodi andranno poi in onda nel 2020.

La serie partirà dall'ascesa al potere di Giulio Cesare. A proposito dell'ambizioso progetto, Hirst ha dichiarato: “Scorsese è molto appassionato della cultura dell’Antica Roma. Ha sempre amato questo periodo storico ed è molto preparato sull’argomento. Al telefono con Justin Pollard, il mio consulente, ha fatto molte citazioni in latino, mentre discutevano delle fonti per le storie e della poesia romana”.

Riguardo alla figura di Giulio Cesare, Michael Hirst ha aggiunto: “Nei film di solito è un uomo di mezza età alle prese con le complessità delle questioni politiche, ma quando era giovane era un uomo molto ambizioso e interessante. Molti governatori romani sono giunti al potere quando erano molto giovani e noi non abbiamo mai visto questo lato sugli schermi. È l’eccesso, la vitalità, l’energia di una cultura giovane che è stata guidata da giovani capi”.

fonte: Paramount Channel Italia

07/02/18

Quando a Trastevere spuntò il Petrolio: un "miracolo" in un luogo indimenticabile.


E' una delle piazze più belle e nobili di Roma, ma pochi sanno che proprio in questo luogo, in un giorno del 38 avanti Cristo fu registrato il prodigio di una fons olei - come riportarono le fonti antiche - molto probabilmente un getto di petrolio. E proprio nel bel mezzo della Roma Antica, nel punto dove oggi sorge la basilica di Santa Maria in Trastevere. 

Le fonti a cui si fa riferimento sono Eusebio di Cesarea (275-339), noto per essere fra l'altro il biografo-agiografo dell'Imperatore Costantino e Dione Cassio, che visse tra il II e il III secolo d.C., fonti che dunque scrissero parecchio tempo dopo l'accaduto, ma che evidentemente ne registravano la perdurante memoria. 

Sul posto sorgeva, all'epoca una Taberna Meritoria, cioè quello che oggi definiremmo un ospizio, una casa dove si ritiravano per la vecchiaia i reduci che avevano combattuto mille battaglie in giro per l'impero e che qui finivano i loro giorni. 

Proprio dal pavimento di questa Taberna scaturì dunque all'improvviso un getto di olio nero che defluì per diversi giorni senza che si riuscisse a fermarlo, formando pozze e una sorta di lago più grande, prima di sversarsi nelle acque del Tevere


Il prodigio inaspettato fu interpretato in diversi modi dalla popolazione di allora: gli appartenenti alla comunità ebraica, già numerosa a Roma, interpretò questo segno come un annuncio della venuta del Messia, ovvero dell'unto del signore. 

La memoria di quell'evento restò a lungo, influenzando anche direttamente la comunità cristiana, che nel II secolo d.C. vi fondarono un oratorio, che fu ufficialmente riconosciuto dall'imperatore Alessandro Severo. 

Nacque così il Titulus Callixti, il primo titolo cristiano della futura Basilica, che fu dedicata al culto della Vergine. 

Memoria del prodigio della fons olei sono ancora ben visibili: tra gli splendidi mosaici, opera di Pietro Cavallini, una delle opere più importanti della Roma Medievale, nella scena della Natività, appare in basso, proprio sotto il corpo disteso della Vergine l'immagine della Taberna Meritoria, con tanto di didascalia.   


E dal piccolo edificio si vede sgorgare il fiumiciattolo nero che si dirige verso il fiume. 

Il luogo esatto dove scaturì la Fons Olei è ricordato anche al di sotto di uno scalino nel Presbiterio da una antica iscrizione ancora visibile sul luogo. 


La memoria del piccolo grande prodigio del resto è rimasta impressa anche nella toponomastica del quartiere, visto che Via della Fonte dell'Olio è ancora oggi una delle vie più caratteristiche di Trastevere. 

Fabrizio Falconi 
2018 - riproduzione riservata





03/02/18

Ma come (e cosa) mangiavano gli antichi romani ? Un libro lo svela.



Cosa e come mangiavano i nostri progenitori romani ?  Si è molto fantasticato in passato sui gusti e sulle abitudini alimentari nell'Antica Roma.  Un libro edito da Mursia, Nutrire l'Impero romano. La filiera alimentare nell'Antica Roma, gli approvvigionamenti, le ricette (a cura del Gruppo archeologico ambrosiano) lo chiarisce ora con la proposta di 50 piatti tipici di Roma Antica, scientificamente accertate con un minuzioso lavoro di ricerca nelle fonti di autori latini . 

Perlopiù le ricette antiche sono state anche comparate con ingredienti attuali, alla portata di tutti, per renderne possibile la realizzazione anche nelle cucine moderne.

Gli alimenti principali erano il farro, l'aglio, la cipolla, il miele.  E molto diverse erano le diete a seconda delle classi di appartenenza: legionari, senatori, schiavi o contadini. 

I legionari, la parte più impegnata della popolazione, continuamente in guerra, privilegiava cereali, accompagnati da una bevanda a base di acqua e aceto chiamata posca.

Si mangiava anche tanto pesce: uno dei piatti preferiti era la cosiddetta Iscia de Loggigene, un piatto a base di polpette di calamari. C'era poi la salsa di pesce, il Garum e la Ius in murena elixa (Murena bollita in salsa).  Prelibata e ricercata era anche la Locusta, ovvero l'Aragosta, che veniva cotta con tutto il guscio, cosparsa di pepe e coriandolo. 

Altre ricette enormemente popolari erano il Cuminatum (la salsa di cumino), il Libum (l'antesignana della nostra focaccia), l'Epityrum (pasta di olive), la Puls (la polenta con farina di farro),  il Porcellus ex malis (maiale con le mele), il Sayillum, (torta al formaggio) e i Dulcia domestica (datteri ripieni). 

Naturalmente su questi piatti scorrevano fiumi di vino, la bevanda preferita dei Romani: secondo fonti antiche, risalenti a Plinio il Vecchio,  a quell'epoca esistevano già 185 varietà di vitigni diversi, tra i quali il Volturno, l'Albano, il Sabino, il Vino di Verona, quello di Aquileia (rinomato già all'epoca e quello preferito dallo stesso Plinio), il Falerno, il Cecubo nel Lazio.

Fabrizio Falconi 
2018 - riproduzione riservata. 


26/12/17

"Il Pantheon" di Giuseppe Lugli, un piccolo preziosissimo testo.




Scritto nel 1957 e continuamente rieditato, questo testo scritto da Giuseppe Lugli, grandissimo e quasi dimenticato archeologo e accademico italiano, morto dieci anni dopo, nel 1967, è un preziosissimo compendio che riassume molte delle conoscenze acquisite sul grandioso monumento romano, in una forma leggibile, integrandolo con numerose notizie rare e difficili da riperire nel superficiale maremagnum del chiacchiericcio odierno sulla Roma antica che si trasmette soprattutto sul web. 

A partire dal problema riguardante la datazione - e con l'ausilio di tavole e figure - il libro ripercorre le quattro fasi della costruzione, dalla prima erezione ai tempi di Agrippa, il genero e consigliere di Augusto, durante il suo terzo consolato, nel 27 a.C.; i due restauri il primo ai tempi di Domiziano (80 d.C.) e Traiano (110 d.C.): e quello di Adriano, un restauro a fundamentis tra il 130 e il 138 d.C.; anche se è ormai opinione prevalente che tutto il magnifico monumento sia stato concepito fin dall'inizio così completo. 

La descrizione dell'Architettura è la parte più interessante del libro, nella quale emergono le incredibili capacità ingegneristiche dei romani dell'epoca per realizzare quella che per almeno quindici secoli rimase la cupola a volta unica più grande del mondo, con i suoi 43,30 metri di diametro.

C'è poi una sezione dedicata alle interessantissime vicende storiche del monumento nel Medioevo e nell'Età Moderna. 

Una parte finale è infine dedicata ai Monumenti adiacenti al Pantheon che non sono certo di minor interesse: I cosiddetti Septa o Septa Iulia, l'edificio concepito da Giulio Cesare per accogliere i cittadini che si recavano a votare in occasione dei comizi centuriati; le Terme di Agrippa, le prime costruite a Roma con un sistema razionale e con grandiosità principesca; i Giardini, lo Stagno e l'Euripo, il canale scoperto che ripercorreva il tracciato dell'attuale Corso Vittorio Emanuele, verso il Tevere e sulle cui rive solevano radunarsi poeti e filosofi. 

Un vero appassionante viaggio nella grandiosità della Roma che fu.