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13/03/11

La poesia della Domenica - Arsenij Tarkovskij, poesie da 'Lo Specchio''


3.

Nei presentimenti non credo,
e i presagi non temo.
Non fuggo la calunnia né il veleno,
non esiste la morte:
immortali siamo tutti, e tutto è immortale.
Non si deve temere la morte,
né a diciassette né a settant'anni.
Esistono solo realtà e luce:
le tenebre e la morte non esistono.
Siamo tutti ormai del mare su la riva,
e io sono tra quelli che traggono le reti,
mentre l'immortalità passa di sghembo.
Se nella casa vivrete,
la casa non crollerà.
Un secolo qualsiasi richiamerò,
e una casa vi costruirò.
Ecco perché, con me, i vostri figli
e le vostre donne siederanno
alla stessa tavola
la stessa per l'avo ed il nipote.
Si compie ora, il futuro.
E se io una mano levo
i suoi cinque raggi rimarranno a voi.
Del passato ogni giorno,
come una fortezza,
io con le spalle ho retto.
Da agrimensore ho misurato il tempo,
e attraversato io l'ho
come gli Urali.
Il mio secolo l'ho scelto a mia misura.
Andavamo a Sud,
sostenendo la polvere della steppa,
il fumo delle erbacce.
Scherzavano i grilli
sfiorando i ferri dei cavalli con le loro antenne,
come monaci profeti di sventura.
Ma il mio destino fissato avevo alla mia sella,
e ancora adesso,
nei tempi futuri,
come un fanciullo sulle staffe
io mi sollevo.
La mia immortalità mi basta,
ché da secolo in secolo scorre
il mio sangue...
Per un angolo sicuro di tepore
darei la vita di mia volontà
qualora la sua cruna alata
non mi svolgesse più,
come un filo,
per le strade del mondo.


Arsenij Tarkovskij (Elisavetgrad,25 giugno 1907 – Mosca, 27 maggio 1989) 'Poesie da 'Lo Specchio'.

16/01/11

La poesia della Domenica - "Non ho rimpianti, né parole, né lacrime" di Sergej Esenin.


Non ho rimpianti, né parole, né lacrime


Non ho rimpianti, né parole, né lacrime.

Tutto passerà, come la nebbia dai rami bianchi del melo.

Appassito in una decadenza dorata

mai più io sarò giovane.

Anche il mio cuore toccato dal gelo

ha smesso di battere come una volta.

E questo paese di betulle, di indiana,

più non mi attira, cammina a piedi scalzi.

Spirito vagabondo, di raro ormai

cerchi il fuoco delle mie labbra.

Dove siete, freschezza degli anni passati,

ardore degli occhi, piena impetuosa dei sensi!

Adesso, quasi, non ho desideri. Eppure vita,

che ho fatto io se non sognarti di continuo?

Era come se a primavera, in un mattino sonoro,

me ne andassi in giro sopra un cavallo rosa.

Tutti in questo mondo sono votati alla fine.

Dolcemente intristisce il rame degli aceri…

Ma chiamiamoci dunque felici, benedetti per sempre,

d’essere nati per fiorire e morire.


Sergej Aleksandrovič Esenin, (Konstantinovo, 3 ottobre 1895 – San Pietroburgo, 28 dicembre 1925) - tratta da 'Poemi rivoluzionari', a cura di Serena Vitale, Guanda, Quaderni della Fenice, 1988.

08/03/10

La poesia della Domenica - "M'è dato un corpo" di Osip Mandel'stam


M'è dato un corpo - che ne farò io
di questo dono così unico e mio ?

Sommessa gioia di respirare, esistere:
a chi ne debbo essere grato? Ditemi.

Io sono giardiniere e sono fiore;
nel mondo-carcere io non languo solo.

Già sui vetri dell'eternità è posato
il mio respiro, il caldo del mio fiato.

L'impronta lasceranno di un disegno,
e più non si saprà che mi appartiene.

Scoli via la fanghiglia dell'istante:
rimarrà il caro disegno, intatto.


Osip Mandel'stam, 1909

da 'Cinquanta Poesie' a cura di Remo Faccani, Collezione di Poesia Einaudi, pag. 7.



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