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12/10/19

Sabato d'Arte: "L'omelia di San Giovanni Battista" di Jan Brueghel



Il meraviglioso dipinto è conservato al Kunstmuseum di Basilea, acquisito con fondi dal legato Rudolf Bleiler ed è una copia (eseguita dopo il 1565) di Jan Brueghel (il giovane) dello stesso soggetto dipinto dal padre, Pieter Bruegel (il vecchio) e conservato attualmente a Budapest. 

La data proposta da Klaus Ertz per la datazione dell'immagine di Basilea nel 1598 risulta dalle partite con la replica designata e datata intorno al 1598 a Monaco anche dalla mano Jan Brueghel.

Le versioni di Jan Brueghel sono leggermente più grandi del modello del padre nella parte superiore dell'immagine e mostrano corrispondentemente un più cospicuo fogliame.



Omelia di Giovanni Battista 
Jan Brueghel (il giovane) (Bruxelles 1568-1625 Anversa)
copia da Pieter Bruegel 
intorno al 1598
Olio su legno di quercia114,6 x 165,2 cm
Non firmato

09/10/19

Canova a Roma: Una grande mostra a Palazzo Braschi



Prendere in mano un candela per cercare, con la sua luce fioca e fragile, la perfezione delle forme, la leggerezza dell'armonia e la profondità del sentimento ripercorrendo i gesti di un maestro insuperato: c'e' anche questa tra le suggestioni offerte dalla grande mostra "Canova. Eterna bellezza", in programma a Palazzo Braschi dal 9 ottobre al 15 marzo. 

A cura di Giuseppe Pavanello, l'esposizione indaga il lungo e proficuo rapporto che tra '700 e '800 lego' il grande scultore veneto alla citta' di Roma attraverso ben 170 opere - del maestro e di artisti a lui contemporanei - distribuite in 13 sezioni. 

Sculture in marmo ma anche disegni, bozzetti, modellini e gessi si susseguono nelle sale del museo, per ripercorrere gli itinerari che Canova segui' con l'obiettivo di conoscere Roma e coglierne i misteri. 

Del resto quella tra l'artista, miglior interprete degli ideali di bellezza di Winckelmann, e la citta', dove egli giunse nel 1779 all'eta' di 22 anni, fu davvero una storia d'amore, fatta di ispirazione e ammirazione, studio e impegno, domande e risposte finalmente trovate, accanto alla conquista di una bellezza che raggiunge la perfezione: una relazione affascinante, che il percorso puo' raccontare anche grazie a importanti prestiti, come quelli provenienti dall'Ermitage di San Pietroburgo, dai Musei Vaticani, dai Musei Capitolini, dal Museo Correr di Venezia, dal Museo Archeologico di Napoli e dall'Accademia Nazionale di San Luca e la Gypsotheca e Museo Antonio Canova di Possagno che insieme con il Comune di Roma, Arthemisia e Ze'tema hanno collaborato alla realizzazione del progetto. 

Da non perdere, l'omaggio, al termine della mostra, che Mimmo Jodice ha voluto offrire allo scultore: due sale in cui, attraverso 30 scatti d'autore, i marmi di Canova vengono riletti in modo inedito, per esaltarne la maestosita' ma anche l'emozione e il dinamismo. 

"E' la prima volta che Canova e Roma si sposano in una mostra", ha detto il curatore Pavanello, che ha voluto porre l'attenzione anche "su cio' che non si vede, ossia i tanti restauri fatti per questa occasione" e sulla particolarita' dell'allestimento, con "alcune opere che si trovano su supporti girevoli e la possibilita' di osservare le sculture anche a lume di candela, perche' era cosi' che Canova voleva si guardassero"

Dalla nascita del nuovo stile tragico al rapporto con la Repubblica Romana, dal legame con l'Accademia di San Luca all'impegno nella difesa del patrimonio dopo la nomina a Ispettore delle Belle Arti nel 1802 fino alle ultime opere realizzate a Roma, sono tanti i temi che la mostra indaga, primo fra tutti la volonta' di Canova di far rinascere l'antico con il moderno e plasmare il moderno attraverso l'antico: se nei tanti gessi esposti questo appare smorzato, nei marmi la forza dell'arte canoviana si esprime nella sua totale pienezza, come dimostrano i tre gioielli provenienti dall'Ermitage, la Danzatrice mani sui fianchi, il Genio della Morte e l'Amorino alato, perfetti nella loro bellezza immortale.

05/10/19

Sabato d'Arte: Il "Polittico Ferrer" di Giovanni Bellini a Venezia


In una delle meravigliose chiese di Venezia, quella dei Santi Giovanni e Paolo (per la quale fu realizzata e nella quale è da sempre), è custodita una delle opere più celebri e indimenticabili di Giovanni Bellini, Il Polittico di San Vincenzo Ferrer, dipinto a tempera su tavola e databile al 1464-1470. 

Il polittico è dedicato al santo spagnolo, domenicano, che era stato canonizzato nel 1455.  

Il polittico, dalla sfarzosa cornice dorata, è articolato su tre ordini per un totale di nove scomparti. Al centro si trovano tre santi a tutta grandezza, da sinistra san Cristoforo, san Vincenzo Ferrer e san Sebastiano. 



Il registro superiore mostra al centro un riquadro con la Pietà (Cristo morto sorretto da due angeli) e ai lati l'Arcangelo Gabriele (con un giglio, simbolo di purezza) e la Vergine annunciata; quest'ultima è in preghiera ed ha lo sguardo rivolto verso l'alto, dove anticamente esisteva la lunetta dipinta con il Padre Eterno, ricordata dal Boschini nel 1664 e poi dispersa.

La predella invece mostra i miracoli di Vincenzo Ferrer: le due tavole laterali sono divise in due scene ciascuna tramite una colonna dipinta, mentre quella centrale è una scena unica. 

I santi del registro centrale sono caratterizzati da un forte scatto plastico, sottolineato dal grandeggiare delle figure, le linee enfatiche delle anatomie e dei panneggi, l'uso geniale della luce radente dal basso per alcuni dettagli (come il volto di san Cristoforo).


Lo spazio è dominato da lontani paesaggi sullo sfondo e la profondità prospettica è suggerita da pochi elementi basilari, come le frecce in scorcio di san Sebastiano o il lungo bastone di san Cristoforo.

A parte alcuni accorgimenti, come l'uso di una medesima linea dell'orizzonte, i pannelli centrali non sono legati da particolari rapporti compositivi, con ambientazioni in paesaggi differenti.

Si tratta di un retaggio tradizionale, come la spessa cornice di divisione tra un pannello e l'altro, che vennero presto superati dal maestro veneziano.

Il Cristo in pietà, ancora una volta nella produzione belliniana, segue uno schema compositivo bizantino, naturalmente aggiornato al naturalismo allora in voga in Italia. L'Angelo e Maria sono caratterizzati da una pittura limpida e smaltata: soprattutto nella veste dell'angelo le campiture sono intrise di luci ed ombre quasi scultoree, mentre nel riquadro della Vergine, dal delicato profilo, la tenda rossa provoca una fiammata cromatica improvvisa.

notizie tratte da wikipedia.org

20/06/19

Venduta all'asta per 162.500 euro la pistola con cui si suicidò Vincent Van Gogh



La pistola che Vincent van Gogh potrebbe aver usato per togliersi la vita e' stata venduta all'asta per 162.500 euro, quasi tre volte piu' del previsto.

Il revolver arrugginito è stato acquistato da un collezionista privato via telefono, scrive il sito della Bbc.

L'arma era stata trovata da un contadino nel 1965 vicino al villaggio in cui l'artista trascorse i suoi ultimi giorni.

Aveva all'incirca l'età giusta ed era dello stesso calibro del proiettile utilizzato da Van Gogh. Tuttavia, permangono dubbi sulla sua autenticità. 

Il 27 luglio 1890 l'artista olandese raggiunse un campo vicino a Auvers-sur-Oise, un villaggio a pochi chilometri a Nord di Parigi, e si sparo' al petto.


La pistola era di potenza limitata e ci vollero giorni perche' Van Gogh morisse per le ferite riportate. 

Secondo gli esperti la pistola era rimasta nel campo tra 50 e 80 anni.

Ma rimane il dubbio se il revolver, che era stato precedentemente conservato al Museo Van Gogh di Amsterdam, sia l'arma che il pittore effettivamente utilizzo' per uccidersi.

Il Van Gogh Institute, che si occupa della casa dove il pittore visse i suoi ultimi giorni, ha criticato l'asta.

"Niente suggerisce che i resti (della pistola) siano collegati alla morte di Van Gogh", ha scritto in una nota, deplorando la "commercializzazione di una tragedia che merita piu' rispetto". 

Fonte Askanews

23/05/19

Arriva in Italia dopo 35 anni la "Madonna Benois" di Leonardo da Vinci !



Dal 4 luglio al 4 agosto 2019, Perugia sarà teatro di uno straordinario appuntamento d'arte.

Alla Galleria Nazionale dell’Umbria, infatti, arriva la Madonna Benois, uno dei capolavori giovanili di Leonardo da Vinci, proveniente dall’Ermitage di San Pietroburgo, che torna in Italia dopo 35 anni dalla sua unica esposizione.

L’appuntamento, una delle iniziative che celebrano il quinto centenario della morte del genio fiorentino, vivrà un momento preliminare alla Pinacoteca di Fabriano, dal 1° al 30 giugno, in occasione della XIII Unesco Creative Cities Network Annual Conference.

La mostra offre la possibilità di un interessante confronto iconografico tra la Madonna Benois e le opere del Perugino, eseguite al suo rientro in Umbria da Firenze, e conservate nella Galleria Nazionale dell’Umbria.
Già nelle Cronache Rimate del 1482, infatti, il pittore Giovanni Santi ricordava che Due giovin par d'etate e par d'amori / Leonardo da Vinci e 'l Perusino / Pier della Pieve ch'è un divin pittore, per sottolineare il profondo rapporto che legò i due artisti mentre lavoravano insieme come giovani apprendisti nella bottega fiorentina del Verrocchio.

La Madonna Benois è un’opera chiave del giovane Leonardo da Vinci. Dipinta con ogni probabilità tra il 1478 e il 1480, segna la sua indipendenza dallo stile e dalla formazione di Verrocchio, nella cui bottega il maestro era entrato circa 10 anni prima: un manifesto di quella “maniera moderna” di cui l’artista fu iniziatore.
Al suo secondo impegno su uno dei temi religiosi più diffusi, all’età di ventisei anni, il genio del Rinascimento rompe con la tradizione e inventa una nuova figura di Maria: non più l’imperturbabile Regina dei cieli, ma una semplice madre che gioca con il proprio figlio.

“La Madonna è scesa dal trono su cui gli artisti del Quattrocento l’avevano posta e si è andata a sedere su una panca, in una stanza di casa abitata”, afferma Tatiana Kustodieva, del Dipartimento dell'arte dell’Ermitage. È rimasta la tradizionale tenda che scende dietro la schiena di Maria, che da segno di un cerimoniale, oppure simbolo delle alte sfere, è diventato un tessuto ricoprente lo schienale di una sedia. La stanza è descritta con grande parsimonia, ma Leonardo rende omaggio al suo tempo considerando con l’attenzione di un quattrocentista dettagli come i riccioli di Maria, la spilla, i fragili petali del fiore, le testine dei chiodi nella cornice della finestra. Ciascun oggetto non esiste per sé stesso e grazie alla luce partecipa di un unico ambiente”.

A differenza dei suoi contemporanei Leonardo concentra l’attenzione su ciò che è fondamentale, poiché “Un buon pittore - annota lo stesso Leonardo nel “Trattato della Pittura” - deve dipingere due cose principali: l’uomo e la rappresentazione della sua anima. Il primo è facile, il secondo è difficile, poiché deve essere rappresentato da gesti e movimenti delle membra del corpo”.

La Madonna Benois entrò nelle collezioni dell’Ermitage nel 1914, venduta da Marija Aleksandrovna Benois, che la aveva ereditata dal nonno paterno, mercante in Astrachan, a un prezzo inferiore a quello di mercato, «purché rimanesse in Russia». Non è nota la storia del dipinto prima dell’Ottocento, ma appena fu esposta per la prima volta nel 1908, quasi tutti gli storici dell’arte del tempo l’assegnarono a Leonardo da Vinci, attribuzione che oggi risulta molto solida e affermata pressoché all’unanimità.

La rassegna, organizzata in collaborazione con Villaggio Globale International, rinsalda il legame già in essere tra la Galleria Nazionale dell’Umbria e il Museo Ermitage di San Pietroburgo: grazie a questa collaborazione, La lavandaia, capolavoro di Jean Siméon Chardin dell’Ermitage, è presente alla mostra della Galleria dedicata alle Bolle di sapone, mentre, lo scorso dicembre, l’Annunciazione della Vergine Maria di Piero della Francesca, cimasa del Polittico di Sant’Antonio, è stata eccezionalmente prestata al museo russo, che ora sceglie di celebrare il genio del grande artista toscano proprio nel suo paese natale.


LEONARDO DA VINCI. LA MADONNA BENOIS
Perugia, Galleria Nazionale dell’Umbria (corso Pietro Vannucci, 19)
4 luglio – 4 agosto 2019

Orari: da martedì a domenica, 8.30-19.30; lunedì 12.00-19.30 (ultimo ingresso ore 18.30)

Biglietti: intero, € 8,00; ridotto, € 4,00, Gratuito (per le singole categorie consultare il sito www.gallerianazionaledellumbria.it/visita); Card Perugia Città Museo


Biglietteria/Bookshop: Tel. 075.5721009; gnu@sistemamuseo.it 



21/03/19

Quando Leonardo da Vinci soggiornò in Vaticano. Tutti in coda per ammirare il San Girolamo nel Deserto.


Leonardo da Vinci soggiornò in Vaticano. La notizia e' confermata da un documento di archivio che, scrive l'Osservatore Romano, torna alla luce in occasione dell'esposizione gratuita di un opera davinciana dei Musei vaticani, il San Girolamo nel deserto. 

Per tre mesi, dal 22 marzo al 22 giugno prossimi, scrive sul giornale vaticano la direttrice dei Musei, Barbara Jatta, "l'opera verrà trasferita nella sede del Braccio di Carlo Magno in Piazza San Pietro, in una piccola ma significativa esposizione, dove verrà mostrato da solo, gratuitamente, a tutti i pellegrini, visitatori e cultori dell'arte come omaggio del Vaticano per le celebrazioni dei cinquecento anni dalla morte del grande artista rinascimentale. Il San Girolamo nel deserto dei Musei Vaticani è un capolavoro indiscusso del genio leonardesco. Proprio per la sua caratteristica di 'non finito' è ritenuto fra le sue opere più interessanti ed è annoverato fra i pochissimi dipinti la cui autografia non è stata mai messa in discussione". 

La mostra viene inaugurata oggi, il 21 marzo nel Braccio di Carlo Magno; tra le testimonianze più preziose, sottolinea l'Osservatore Romano, ci sarà anche un documento dell'Archivio storico della Fabbrica di San Pietro del 1513, prestato per questa occasione, che conferma il soggiorno di Leonardo in un appartamento per lui allestito nel Belvedere Vaticano. 

Sono gli stessi anni in cui è certa la presenza contemporanea a Roma anche di Michelangelo, Raffaello, Bramante. 

06/11/18

Libro del Giorno: "Peggy Guggenheim" di Laurence Tacou-Rumney




Un volume che è la più accurata biografia esistente di Peggy Guggenheim indubbiamente una delle più importanti mecenati e collezioniste dell'arte del Novecento, accompagnata da un incredibile apparato fotografico che attinge copiosamente dall'archivio personale della stessa ereditiera lasciato nel Palazzo Venier dei Leoni, affacciato sul Canal Grande di Venezia, ultima sua abitazione e sede della Collezione Peggy Guggenheim, colei che fu ribattezzata "l' ultima dogaressa". 

Si tratta dunque di un saggio biografico e analitico originariamente pubblicato in Francia dall'editore Flammarion, di cui è autrice la giornalista Laurence Tacou, moglie di Sandro Rumney, nipote quest'ultimo di Peggy, visto che è uno dei figli di Pegeen, la figlia di Peggy, morta suicida a Parigi nel 1967. 

E' stato proprio il nipote Sandro Rumney a fornire abbondanti materiali inediti sulla vita e l' attività di sua nonna. 

Se il personaggio di Peggy Guggenheim ci era noto attraverso le cronache artistiche e mondane del suo tempo, nonché le sue memorie pubblicate nel 1946 con il titolo Out Of This Century - Confessions Of An Art Addict,  libro che destò un grande scandalo all'epoca, grazie ai documenti confidenziali a cui ha attinto, Laurence Tacou mette in luce in questo volume  i volti contrastanti di questa donna singolare: orfana errabonda; seduttrice sempre alla ricerca del suo Pigmalione; star degli anni folli; mecenate che scoprì alcuni dei maggiori artisti suoi contemporanei; avventuriera sempre in lotta contro i pregiudizi del suo tempo; volitiva e coraggiosa nell' avversità e tuttavia fragile e romantica. 

Margaret detta Peggy, discendente da due delle più potenti famiglie ebree degli Stati Uniti (nonostante uno dei suoi nonni fosse venuto al mondo in una stalla) nasce a New York il 26 agosto 1898. 

La morte del padre Benjamin fu il primo terribile choc della sua vita. Benjamin aveva dilapidato buona parte del suo patrimonio, lasciando il grosso della fortuna dei Guggenheim nelle mani del fratello Salomon e morì da eroe durante l'affondamento del Titanic, di cui era uno dei passeggeri a bordo. 

Peggy, che ha il bernoccolo degli affari, prenderà la sua rivincita. I suoi esordi sono però difficili. Rimasta orfana a quattordici anni prova l' umiliazione di essere considerata come "la parente povera", ma non tarda a reagire. 

Spinta dalla volontà di sfuggire al suo ambiente borghese comincia a lavorare appena ventenne in una libreria frequentata da giovani artisti.
Incontrerà così Laurence Vail, drammaturgo d' avanguardia, che oscillerà poi fra letteratura e pittura. Coup de foudre immediato, ma subito l' amante scompare.

Peggy lo ritroverà a Parigi, dopo una breve avventura con un giovane russo, Fira Berenson. Insieme a Laurence si lancia allora nella bohème degli anni folli, frequentando i celebri caffè di Montparnasse e Saint-Germain-des-Prés.

E' in cima alla torre Eiffel che Laurence chiede la sua mano. La vita con colui che Peggy chiamerà "l' eterno marito" e da cui avrà due figli, Sindbad e Pegeen, sarà sempre tumultuosa. Lui le fa grandi scenate in pubblico. Un giorno, perché la moglie ha sacrificato alla moda la sua opulenta capigliatura, getta dalla finestra mobili e soprammobili, poi fugge di casa stringendo al petto la chioma recisa. I loro continui bisticci comprometteranno la loro unione.

A Saint Tropez durante un ballo, John Holmes, atletico scozzese e aspirante scrittore, bacia focosamente Peggy in presenza del marito, il quale minaccia di ucciderlo. Situazione vaudevillesca.

Peggy e il bel John fuggono insieme e vagabondano attraverso l' Europa, prima di stabilirsi a Parigi. Quando, nel 1934, Holmes muore in seguito a una caduta da cavallo, Peggy sprofonda in una grave depressione.

Sarà salvata da un' amicizia equivoca con la scrittrice Dijuna Barnes, che le dedica Nightwood, un libro ispirato agli amori saffici.

Poco dopo Peggy avrà un' altra relazione appassionata con lo scrittore Douglas Garman, editore di una rivista di avanguardia. Il guaio è che lui si converte al marxismo e si invaghisce di una militante operaia. Fine del loro amore. "Credo sia la fine della mia vita", dichiara Peggy.

Avrà però la forza di reagire impegnando tutte le proprie energie nella creazione di una galleria d' arte, ' Guggenheim Jeune' , iniziando così la sua carriera di collezionista e mecenate. Marcel Duchamp, suo consigliere artistico, la introduce negli ambienti del surrealismo e dell' astrattismo. La prima mostra, dedicata a Jean Cocteau, riscuote un immediato successo. 

La seconda lancia Kandinsky, al tempo del tutto sconosciuto.

La terza consacrerà i maggiori scultori dell' avanguardia internazionale, fra cui Brancusi, Calder, Moore e Arp. I vernissage della "Guggenheim Jeune" costituiscono sempre degli avvenimenti artistico-mondani. 

In quel periodo Peggy incontra Samuel Beckett a un pranzo al Fouquet' s. Lui la riaccompagna a casa, poi timidamente propone di accompagnarla a letto, e lei accetta. La loro relazione durerà circa un anno. L' enigmatico scrittore irlandese dedicherà alla vamp vari poemi firmati Oblomov.

Frattanto scoppia la seconda guerra mondiale. Peggy vuole allora salvare a tutti i costi dalla minaccia nazista la sua collezione di "arte degenerata".

Riuscirà a spedire negli Stati Uniti, dissimulati sotto abiti e cappotti, intere casse di preziosi Kandinsky, Klee, Picabia, Severini, Miro, De Chirico, Dalì e altri, dichiarati come "effetti personali". Poi a sua volta s' imbarca per New York con "l' eterno marito" Laurence e i figli, e il futuro marito Max Ernst. 

Il suo idillio con il pittore surrealista, cominciato come un' avventura diventa un' irresistibile passione, che li condurrà a un matrimonio, il quale non tarderà a trasformarsi in inferno. Lei considera lui come un bambino irresponsabile ed è gelosa delle sue conquiste, in particolare di Leonor Fini e di Dorothea Tanning. Lui è violento e la tratta da puttana.

La picchierà a sangue per un bacio innocente del suo amico di sempre Marcel Duchamp. Dopo aver divorziato da Max Ernst, Peggy avrà ancora una relazione col collezionista inglese Mc Pherson. Tuttavia il suo agitato percorso amoroso volge al termine, mentre si afferma il suo ruolo in campo artistico.

In piena guerra, nel 1942, Peggy apre a Parigi una nuova galleria, "Art of this Century", con una grande mostra consacrata alle opere di ben 77 artisti, molti dei quali le dovranno il loro successo (fra quelli che chiama i suoi "figliocci di guerra" figurano Robert Motherwell e Jackson Pollock, da lei scoperto quando lavorava come falegname). 

Per dimostrare la sua imparzialità fra surrealismo e astrattismo, i due movimenti che ha promosso, il giorno dell' inaugurazione Peggy accoglie i suoi invitati ostentando all' orecchio destro un orecchino che raffigura un paesaggio miniaturizzato di Tanguy e al sinistro un mini-mobile di Calder. Dopo la firma della pace, Peggy attraversa un periodo difficile. "Art of this Century" è in crisi.

Lei deve mantenere due ex mariti. Peraltro molti artisti amici sono ripartiti per l' Europa, perciò decide di chiudere la sua galleria newyorkese e andarsene anche lei per tentare una nuova avventura sul Vecchio Continente.

E' a Venezia che concreterà il suo ultimo sogno, installando i suoi tesori nel Palazzo Venier e nel giardino adiacente. Diventata cittadina onoraria della Serenissima vi trascorrerà serena gli ultimi anni, continuando ad arricchire la sua collezione, partecipando regolarmente alla Biennale di Venezia, confortata dall' amore dei suoi nipoti e dall'affetto per i suoi cani. 

Pur con tutti i limiti di un testo che appare sostanzialmente didascalico, il volume ha un enorme valore testimoniale di una meravigliosa epoca della cultura e dell'arte del Novecento, che ha influenzato l'intera storia dell'Occidente.

(Fonte: Elena Guicciardi per La Repubblica, 14 agosto 1996). 


Peggy Guggenheim. L'album di una collezionista 
di Laurence Tacou Rumney 
Octavo Editore, 1996


19/10/18

Incredibile ! Riappare dopo 100 anni a Roma il "Bal Tic Tac", il locale affrescato da Giacomo Balla di cui si era persa ogni traccia.



Frutto di un fortuito quanto eccezionale ritrovamento, riappare dopo un secolo a Roma, al piano terra di un edificio di proprieta' della Banca d'Italia: l'ingresso interamente dipinto a tempera da Giacomo Balla per il Bal Tic Tac, un locale dove negli anni Venti si suonava il jazz. 

Si tratta della Villa Huffer, che sorge nei pressi del Quirinale.


"Una scoperta sensazionale" sottolinea il soprintendente alle Belle Arti e all'Archeologia di Roma, Francesco Prosperetti.

L'ambiente verra' studiato da una commissione di esperti, restaurato e alla fine aperto al pubblico.

Fonte Ansa



01/10/18

A Roma in Mostra per la prima volta il grandioso "Ecce Homo" di Mantegna !



L'"Ecce Homo" (1500 circa) di Mantegna, capolavoro assoluto del maestro del Rinascimento, e' in mostra a Palazzo Barberini dal 27 settembre 2018 al 27 gennaio 2019, frutto di uno scambio con il Museo Jacquemart-Andre' di Parigi: e' l'attrazione principale de "La Stanza di Mantegna", mostra curata da Michele di Monte e incentrata su un ristretto numero di opere di notevole qualita' e grande importanza, come spiega la direttrice delle Gallerie Nazionali di Arte Antica di Roma di Palazzo Barberini e storica dell'Arte Flaminia Gennari Santori

"Abbiamo scelto di presentare un nucleo di opere padovane, realizzate nella seconda meta' del '400-fine 400, collezionate da Edouard e Nelie Jacquemart-Andre', due collezionisti molto importanti attivi alla fine-seconda meta' dell'800 a Parigi, che hanno creato una casa museo dedicata in gran parte a opere del Rinascimento italiano, ma non solo. Abbiamo tentato di mantenere in questa mostra quest'idea di stanza", ha spiegato. "Abbiamo delle opere straordinarie come l'Ecce homo di Mantegna, che e' un'opera assolutamente incantevole, un capolavoro assoluto del maestro. 

Abbiamo accanto una Madonna, che e' attribuita a Mantegna e testimonia un momento molto anteriore della sua carriera, 1455, momento di grande legame con Bellini", ha sottolineato. 

"Abbiamo una Madonna di Cima da Conegliano, abbiamo un ritratto di Squarcione (di cui Mantegna e' stato allievo, ndr), che e' straordinario, perche' e' una pergamena e dunque e' una miniatura in forma di ritratto. Abbiamo un 'Riccio' che era un briosco, uno scultore che lavorava quasi esclusivamente in bronzo, che e' esponente della cultura intellettuale padovana", ha aggiunto. 

Assieme alla "Stanza di Mantegna", apre al pubblico "Gotico Americano. I maestri della Madonna Straus", resa possibile grazie a uno scambio con il Museum of fine Arts di Houston, che ha prestato due delle tre tavole del Trecento italiano (in cambio le Gallerie Nazionali invieranno in Texas il Ritratto di Enrico VIII per una mostra sui Tudor): la Madonna con il bambino del Maestro Senese della Madonna di Straus - per la prima volta esposta in Europa - e la Madonna con il Bambino del Maestro della Madonna Straus che per la prima volta vengono accostate alla Madonna di Palazzo Venezia, appartenente alle collezioni Gallerie Nazionali. 

Dietro il prestito di Houston un aneddoto: "I genitori del collezionista che ha acquistato queste due opere negli anni '30, che era un collezionista raffinatissimo, che poi ha donato la sua collezione a Houston, erano due signori, imprenditori ebrei-newyorkesi, proprietari di grandi magazzini, che si rifiutarono di scendere dal Titanic, per lasciare il posto ad altri passeggeri e morirono nel naufragio del Titanic", ha rivelato. 

Fonte: askanews

29/05/18

La Natività del Caravaggio rubata dalla Mafia nel 1969, non fu distrutta !


La celebre Nativita' di MichelangeloMerisi da Caravaggio rubata a Palermo nella notte tra il 17 e il 18 ottobre 1969 non e' andata distrutta. 

È questa la clamorosa novita' che emerge dalla relazione della presidente della Commissione parlamentare antimafia nella passata legislatura, Rosy Bindi sull'inchiesta svolta dalla Commissione e che sara' presentata a Palermo

Su proposta della presidente Bindi, la Commissione aveva riaperto il dossier e condotto una propria autonoma indagine sul furto del famoso dipinto, alla ricerca degli autori materiali, dei mandanti e soprattutto del destino dell'opera, tutt'oggi avvolto nel mistero. 

A quanto pare, secondo le dichiarazioni rese da pentiti di Mafia, l'opera fu smembrata in Italia in diverse parti e rivenduta a collezionisti stranieri in Svizzera. 

I risultati dell'inchiesta saranno illustrati a Palermo domani 30 maggio nel corso di un convegno promosso dal Comune di Palermo dal titolo 'Il Caravaggio rubato dalla mafia: una storia semplice - L'indagine della Commissione Antimafia'. 

L'incontro si svolgera' presso l'Oratorio di San Lorenzo, dove era collocato il capolavoro del Caravaggio e dove oggi e' ospitata una copia realizzata con innovative tecniche di riproduzione digitale

Interverranno, oltre alla Presidente della Commissione e al sindaco di Palermo, Leoluca Orlando, l'arcivescovo di Palermo, mons. Corrado Lorefice, il procuratore della Repubblica, Franco Lo Voi, il professore Claudio Strinati, il senatore Pietro Grasso e il presidente della commissione antimafia della Regione Siciliana, Claudio Fava.

L'evento e' previsto alle 16 e rientra nell'ambito delle manifestazioni su Palermo capitale italiana della cultura 2018. 

16/05/18

"Miracoli d'amore coniugale" di Vittorio Sgarbi.



Che cos’è l’amore? Che cos’è arte? Due domande assolute, irricevibili.

Ma la seconda può essere utile a rispondere alla prima. Parliamo di amor sacro e, anche, del matrimonio: per molti una pena e una dannazione, tenacemente perseguita, per consuetudine, per ordine sociale, come la maturità, la patente e la laurea. Per altri l’apice di un rapporto amoroso (che di per sé non lo richiederebbe). Per chi crede fermamente: un sacramento.

La mia visione del Cristianesimo è troppo legata alla sua ragione storica perché io mi possa dire di fede cristiana. Dirò che sono di ragione cristiana. E testimone grato della civiltà cristiana. Non coincidendo in me fede e ragione, devozione a Dio e vita quotidiana, nella loro frequente contraddizione, non mi sono mai sposato.

Ma ne provo nostalgia, pensando ai miei genitori e, più ancora, meditando a una pagina sublime della storia dell’arte: l’affresco di Giotto con l’incontro di Gioacchino e Anna alla Porta aurea nella Cappella degli Scrovegni, a Padova. 

Chi vi si reca in pellegrinaggio (pur disturbato dalla fastidiosa camera iperbarica dell’ingresso posteriore, per contingentare e “spolverare” i turisti) può astrarsi davanti a quella visione, e trasferire in una dimensione ideale, di una propria vita mancata o non vissuta, l’incontro di quegli sposi. Giotto descrive un ricongiungimento dopo una lunga assenza. Gioacchino è andato nel deserto per insofferenza e infelicità. Anna non riesce a renderlo padre. E il matrimonio è, letteralmente, il “dono della madre”.

Malinconico, tra i pastori, nel deserto, Gioacchino ha l’apparizione dell’Angelo. Che lo esorta a rientrare a casa, dove tutto si è compiuto. Così, alla buon’ora, accompagnato da un pastore che, nel taglio della composizione, è diviso a metà per farci sentire il cammino di lungi, Gioacchino torna verso Gerusalemme.

E, sul ponte, subito fuori dalla Porta aurea, incontra Anna. Giotto riesce, per la prima volta, a farci sentire l’intensa emozione del loro abbraccio. Gioacchino inchina leggermente in avanti il corpo, Anna piega il busto, così che loro vesti si fanno una sola, in un congiungimento che allude alla maternità. 

E, mentre si abbracciano, i loro corpi diventano uno solo: un naso, due occhi, una bocca, contro lo spigolo della torre di guardia, dalle cui feritoie possiamo immaginare lo sguardo commosso dei soldati. Ma l’intimità, che genera una profondissima nostalgia, è espressa nei gesti: lui l’avvicina con il braccio destro sulla schiena; lei, tenerissimamente, gli mette una mano tra la barba e l’altra dietro la nuca. 

Mai gesto fu più intenso e delicato di questo. Dietro, sotto l’arco, il corteo delle donne che hanno seguito Anna, frementi, sorridenti, con i loro abiti variopinti, e i gesti di approvazione. Una tiene lo scialle di Anna. Ma, a dividere loro, felici, dalla coppia felice, c’è una donna vestita di nero, con il velo che le copre metà del volto. Una intuizione formidabile, per contrasto. 

Nella sua austera e dolorosa solitudine, questa immagine nera indica la vedovanza, il lutto. È attraverso questa intuizione che si potenzia il dialogo muto dei gesti di Gioacchino e Anna, colmi di affetto e di gratitudine al Dio che li ha uniti e resi fecondi.

Qualcuno ha scritto: il primo bacio della storia dell’arte. No, l’immagine stessa dell’amore coniugale, come unione per la famiglia. La famiglia cristiana, quella dei miei genitori, quella che io non ho costituito. E che, davanti a Giotto, e alla sua eloquenza, rimpiango.

Vittorio Sgarbi, Miracoli d'amore coniugale, Io Donna, Corriere della Sera, 25 agosto 2018


09/05/18

"Rome by night": tre bellissime conversazioni/evento da non perdere.



Il Michelangelo e il suo Mosè, Trinità dei Monti e la sua scalinata, La Fontana di Trevi e il suo convento: tre bellissime conversazioni per chi ama Roma e la sua storia unica. Riporto qui la locandina con il calendario degli eventi.



15/04/18

Apre a Palazzo Braschi a Roma la magnifica mostra retrospettiva su Canaletto, fino al 19 agosto!


Giovanni Antonio Canal (Venezia 1697 -1768) noto come Canaletto, viene celebrato con una grande retrospettiva negli spazi espositivi del Museo di Roma Palazzo Braschi a Piazza Navona da oggi al 19 agosto 2018

La mostra "Canaletto 1697-1768", promossa dall'Assessorato alla Crescita culturale di Roma Capitale - Sovrintendenza Capitolina con l'organizzazione dell'Associazione Culturale MetaMorfosi in collaborazione con Ze'tema Progetto Cultura e a cura di Bozena Anna Kowalczyk, intende celebrare i 250 anni dalla morte del grande pittore veneziano presentando il piu' grande nucleo di opere di sua mano mai esposto in Italia: 42 dipinti, inclusi alcuni celebri capolavori, 9 disegni e 16 libri e documenti d'archivio. 

La mostra e' accompagnata da un ciclo di visite guidate gratuite per le scuole di Roma e della citta' metropolitana e da una serie di attivita' didattiche a pagamento per il pubblico non scolastico secondo questo calendario: sabato 14 aprile ore 16.30; sabato 28 aprile ore 17; venerdi' 4 maggio ore 17; sabato 12 maggio ore 11; domenica 27 maggio ore 11; domenica 3 giugno ore 11; venerdi' 8 giugno ore 17; domenica 17 giugno ore 17; giovedi' 21 giugno ore 17; venerdi' 6 luglio ore 17; sabato 14 luglio ore 11; venerdi' 20 luglio ore 17; domenica 5 agosto ore 11. 

Canaletto e' uno dei piu' noti artisti del Settecento europeo. Con il suo genio pittorico ha rivoluzionato il genere della veduta, ritenuto fino ad allora secondario, mettendolo alla pari con la pittura di storia e di figura, anzi, innalzandolo a emblema degli ideali scientifici e artistici dell'Illuminismo. 

Il suo percorso affascina e coinvolge. Dalla giovinezza tra Venezia e Roma come uomo di teatro e impetuoso pittore di rovine romane, al suo ritorno da Roma come stella nascente sulla scena delle vedute veneziane. 

Prosegue poi arrivando al successo internazionale, con le commissioni degli ambasciatori stranieri per le ampie tele che rappresentano le feste della Serenissima in loro onore - in mostra si puo' ammirare il magnifico 'Bucintoro di ritorno al Molo il giorno dell'Ascensione' del Museo Pushkin - e l'entusiasmo dei turisti inglesi del 'Grand Tour'. 

Per loro le luminose vedute di Venezia, cosi' ricche di dettagli architettonici e di vita quotidiana, rappresentano i piu' incantevoli souvenir del viaggio. 

Non mancano, pero', imprevisti e sfortune: a Londra deve pubblicare annunci sulla stampa per rispondere ad alcune voci denigratorie e, tornato a Venezia, viene eletto accademico delle Belle Arti con difficolta'. Infine, come accade a molti geni, la morte lo coglie in poverta'. 

Le opere in mostra provengono da alcuni tra i piu' importanti musei del mondo, tra cui il Museo Pushkin di Mosca, il Jacquemart-Andre' di Parigi, il Museo delle Belle Arti di Budapest, la National Gallery di Londra e il Kunsthistorisches Museum di Vienna. 

Presenti anche alcune opere conservate nelle collezioni britanniche per le quali sono state appositamente create e altre provenienti dai musei statunitensi di Boston, Kansas City e Cincinnati. 

Tra le istituzioni museali italiane presenti in mostra con le loro opere: il Castello Sforzesco di Milano; i Musei Reali di Torino; la Fondazione Giorgio Cini. Istituto per il Teatro e il Melodramma e le Gallerie dell'Accademia di Venezia; la Galleria Borghese e le Gallerie Nazionali d'arte Antica Palazzo Barberini di Roma. 

Tra i capolavori in mostra, oltre al gia' menzionato dipinto del Museo Pushkin, spiccano due opere della Pinacoteca Gianni e Marella Agnelli di Torino: 'Il Canal Grande da nord, verso il ponte di Rialto', e 'Il Canal Grande con Santa Maria della Carita'', esposti per la prima volta assieme al manoscritto della Biblioteca Statale di Lucca che ne illustra le circostanze della commissione e della realizzazione. 

Una sala ricca di prestiti eccezionali - dal museo di Cincinnati e da collezioni private - e' dedicata alle vedute di Roma che Canaletto realizza negli anni della maturita', sulla base dei propri disegni o delle stampe di Desgodets, Falda, Specchi e Du Pe'rac, alcune delle quali sono raccolte negli album provenienti dal Museo di Roma. 

Tra i dipinti, alcuni dei quali esposti per la prima volta in Italia, vanno menzionate le due parti di un'unica, ampia tela, raffigurante Chelsea da Battersea Reach, tagliata prima del 1802 e riunita in questa mostra per la prima volta. La parte sinistra proviene da Blickling Hall, National Trust, Regno Unito, quella destra dal Museo Nacional De Bellas Artes de la Habana, eccezionalmente concessa in prestito dal governo cubano. 

Accanto ai dipinti sono esposti 9 disegni, dai piccoli studi preparatori ai magnifici fogli di ampie dimensioni accuratamente rifiniti e destinati ai piu' raffinati collezionisti o a essere incisi, come 

L'incoronazione del doge sulla Scala dei Giganti, della serie delle Solennita' dogali, concesso in prestito da Jean-Luc Baroni Ltd. di Londra. La scelta e' intesa a illustrare la genesi delle creazioni dell'artista, svelando il lavoro "dietro le quinte", la sua capacita' di catturare la realta' e di trasformarla con la fantasia, facendo cosi' dissolvere l'immagine stereotipata di "Canaletto fotografo". 

Viene presentata la sua intera parabola come pittore e disegnatore per definirne le diverse fasi tecniche e stilistiche: dalla maniera libera e drammatica delle prime opere - sulle quali si e' posto un accento particolare - alle immagini piu' affascinanti di Venezia e a quelle eleganti del soggiorno di nove anni in Inghilterra, fino ai tardi, sofisticati capricci. 

Altro tema ricorrente in mostra e' l'indagine sul collezionismo delle sue opere. Il percorso, concepito come un vero e proprio dossier sulla personalita' e la creativita' di Canaletto, si snoda attraverso otto sezioni che raccontano il suo rapporto con il teatro, il capriccio archeologico ispirato alle rovine dell'antica Roma, i primi successi a Venezia, gli anni d'oro, il rapporto con i suoi collaboratori e l'atelier e la presenza del nipote Bernardo Bellotto (con alcuni precisi confronti tra le versioni del maestro e dell'allievo della stessa veduta), le vedute di Roma e dell'Inghilterra, gli ultimi fuochi d'artificio al ritorno a Venezia. Completano il percorso espositivo alcuni documenti dell'Archivio di Stato di Venezia. 

In occasione dell'esposizione viene pubblicato un ricco ed esaustivo catalogo, edito da Silvana Editoriale e a cura di Bozena Anna Kowalczyk, che include alcuni saggi sull'artista e la sua opera, presentando al pubblico e agli studiosi gli esiti delle piu' recenti ricerche storiche e archivistiche, cosi' come i risultati degli studi sulla sua tecnica e il suo metodo di lavoro.

23/03/18

Scoperta: la Venere di Botticelli cela i dettagli anatomici della vita ?


La Venere del Botticelli cela dettagli anatomici della vita. 

Il mantello tenuto dalla dea della primavera Flora, nell'atto di coprire la Venere, infatti, cela il disegno di un polmone nascosto con la riproduzione di dettagli anatomici e colore dell'organo. 

Ispirato dalla filosofia neoplatonica che circolava alla corte dei Medici, il simbolo rappresenta l'allegoria del ciclo della vita generato dal respiro divino. 

La ricerca e' pubblicata su Acta Biomedica dal chirurgo Davide Lazzeri, studioso della medicina nell'arte. "Si tratta di un'interpretazione personale e speculativa, ma e' perfettamente in linea con quanto gia' indicato da uno studio precedente su un altro capolavoro di Botticelli, 'La primavera', dove i ricercatori Blech e Doliner avevano individuato la sagoma di due polmoni disegnata dalla vegetazione dietro la figura centrale di Venere", spiega all'ANSA il chirurgo della Clinica Villa Salaria di Roma. 

Nella 'Nascita di Venere', conservata alla Galleria degli Uffizi di Firenze, Botticelli avrebbe disegnato solo il polmone destro: il particolare drappeggio della veste, visibile sopra il braccio sinistro di Flora, rappresenterebbe l'infossatura (chiamata 'ilo polmonare') da cui passano bronchi, vasi sanguigni e nervi.

"E' possibile che ci sia un'ulteriore simbologia legata al polmone", aggiunge Lazzeri. "L'organo potrebbe infatti ricordare anche la morte per tubercolosi della giovane musa di Botticelli, la nobildonna fiorentina Simonetta Cattaneo Vespucci, che aveva ispirato il volto della stessa Venere"

15/03/18

++ Scoperto autoritratto di Michelangelo in un disegno ! ++




Michelangelo potrebbe aver nascosto una sua caricatura nel ritratto dell'amica e poetessa Vittoria Colonna, eseguito nel 1525 e oggi conservato al British Museumdi Londra: e' la piccola sagoma di un uomo intento a dipingere, quella che emerge osservando attentamente i tratti di penna che definiscono le pieghe dell'abito della nobildonna, all'altezza dell'addome. 

A indicarlo e' lo studio pubblicato sulla rivista Clinical Anatomy da Deivis de Campos, dell'Universita' federale di Scienze della salute di Porto Alegre, in Brasile. 

fonte ANSA

12/02/18

Quella volta (L'unica) che la Pietà di Michelangelo lasciò Roma e il Vaticano e attraversò l'Oceano. 1964.



Questa foto documenta un fatto storico di cui si è persa memoria. E' una delle fotografie scattate in occasione dell'unica trasferta effettuata dalla Pietà di Michelangelo in tutta la sua storia. Lontano da Roma, lontano dal Vaticano. 

Avvenne nell'ormai lontano 1964.  Nella occasione della grande Esposizione Universale di New York di quell'anno. 

L'idea di omaggiare New York e l'America di un prestito così straordinario era venuta a Papa Giovanni XXIII.  Ma Papa Roncalli morì un anno prima dell’inaugurazione dell’Esposizione e non poté vedere la sublime statua nella sua collocazione americana

L'opera fu portata a compimento dal suo successore Papa Paolo VI. E così fu che nell’aprile del 1964, dalla sua Cappella in San Pietro l’opera parte alla volta degli Stati Uniti. Esperti di varie tecniche sono stati chiamati a raccolta in Basilica: si trattava di far scendere la statua a livello pavimentale, imballarla per affrontare un lungo viaggio in nave, far scendere la cassa a livello della piazza S. Pietro, caricarla prima su un camion poi sulla nave Cristoforo Colombo che dal porto di Napoli l’avrebbe portata a New York. 

E la foto qui sopra ritrae proprio il Container contenente il capolavoro di Michelangelo in attesa di essere imbarcata, al Porto di Napoli. Come si vede, sull'esterno, la targa porta la iscrizione: PIETA' - from his Holiness Pope Paul VI to His Eminence Francis Cardinal Spellman, il vescovo di New York. 


L'imballaggio in Vaticano era stato minuziosamente completato con ogni accortezza, come si vede da questa foto.  E la cassa contenente l'opera era stata riempita di poliuretano espanso, per evitare al gruppo marmoreo ogni possibile scossone, durante il trasporto, come si vede dalla foto successiva, in cui si vede il capo della Madonna affiorare dal poliuretano. 


Un solo sbaglio poteva avere conseguenze disastrose. Non si potevano correre rischi. Per questo il Vaticano si era affidato ai migliori: a persone di esperienza e fiducia, professionisti di massimo livello. Tra questi, i Minguzzi, specialisti nel trasporto delle opere d’arte che da generazioni effettuavano spostamenti di capolavori colossali, da obelischi a gruppi equestri, a basamenti di colonne monumentali ad intere collezioni di musei.

La Pietà venne dunque caricata a bordo della motonave Cristoforo Colombo con un sofisticato meccanismo che - nel caso in cui la nave fosse colata a picco - avrebbe consentito alla cassa verniciata di arancione contenente la Pietà Vaticana di sganciarsi in maniera autonoma mediante un complesso sistema di cavi d’acciaio, emergendo a pelo dell’acqua con boe luminose, per essere facilmente individuata dagli aerei.  Il viaggio durò 8 giorni fra la traversata oceanica e la risalita del fiume Hudson e subito esposta al Padiglione Vaticano dell'Expo.




In sei mesi fu vista da più di 27 milioni di persone. Il 4 ottobre 1965 Paolo VI, primo papa a metter piede sul suolo americano e ad aver parlato lo stesso giorno alle Nazioni Unite, fece visita al padiglione nel quale erano esposta la Pietà e riprodotti gli scavi della tomba di san Pietro.

Nel suo discorso alla fiera di New York il Pontefice ricordò le convinzioni religiose che spinsero Michelangelo a quelle vette artistiche, aggiungendo: «We feel that these same religious convictions can move men in a similar way to seek peace and harmony among the peoples of this world».


Le stesse apprensioni accompagnarono il viaggio di ritorno che però, per fortuna, andò bene come quello dell'andata.  Alla fine però le autorità vaticane decisero che quello sarebbe stato il primo e ultimo viaggio della Pietà: troppi rischi, troppi patemi. 

Sbarcato a Napoli, il capolavoro di Michelangelo fece ritorno in Vaticano a bordo di un camion della Gondrand in un giorno di dicembre. E sicuramente anche i romani, allora, tirarono un sospiro di sollievo. 




Fonte Raffaella Cortese per Raiexpo

12/12/17

Guernica, il cartone di Picasso per la prima volta in mostra in Italia, alla Sala Zuccari del Senato.



Dal 18 dicembre al 5 gennaio 2018 la Sala Zuccari di Palazzo Giustiniani ospitera' l'esposizione "Guernica, icona di pace", dedicata al cartone realizzato da Pablo Picasso e raffigurante la sua opera capolavoro, da cui e' nato l'arazzo esposto all'ingresso della sala del Consiglio di Sicurezza dell'Onu. 

L'esposizione sara' inaugurata dal Presidente del Senato, Pietro Grasso, giovedi' 14 dicembre, alle ore 11. 

L'idea espositiva parte da una lunga ricerca fatta dalla storica dell'arte Serena Baccaglini che, nel corso dei suoi studi dedicati al grande artista spagnolo, scopri' una eccezionale collaborazione a tre - frutto di una altrettanto eccezionale amicizia - tra Pablo Picasso, Nelson Rockefeller, uno dei piu' grandi mecenati del Novecento, e l'artista Jacqueline de la Baume Durrbach, che ricreo', tessendolo, il dipinto di Guernica mediante l'antica arte dell'arazzo

Il cartone, di proprietà della famiglia Durrbach - dopo l'esposizione a Praga (2011-12), a San Paolo in Brasile (2014) e a Wro'claw (2014) - viene esposto per la prima volta in Italia, ricevendo accoglienza istituzionale dal Senato della Repubblica che, in prossimita' delle celebrazioni per i Settanta anni della Costituzione italiana, ospita l'opera - non solo per l'alto valore artistico - ma anche per l'indubbio tributo universale che il dipinto offre alla democrazia, alla liberta' e alla pace, valori fondanti della Carta Costituzionale. 

Al termine dell'esposizione in Sala Zuccari, il cartone sara' ospitato dal 12 gennaio al 28 febbraio 2018 a Pieve di Cento (Bologna), nel museo MAGI '900, museo delle eccellenze storiche ed artistiche, che e' anche il mecenate dell'intera esposizione dell'opera in Italia. 

05/12/17

Una Mostra a Roma dedicata a Clemente XI, Collezionista e Mecenate Illuminato - dal 7 dicembre.



Apre Giovedì 7 dicembre 2017 presso la Sala Conferenze del Complesso Monumentale di San Salvatore in Lauro del Pio Sodalizio dei Piceni, in Piazza di San Salvatore in Lauro, 15 la mostra Clemente XI, Collezionista e Mecenate Illuminato. 


La mostra è promossa dal Pio Sodalizio dei Piceni in collaborazione con la Soprintendenza Archeologia Belle Arti e Paesaggio delle Marche, l’ANCI Marche e la Fondazione Giovanni Paolo II per la Gioventù.

Il Cardinale Giovanni Francesco Albani, urbinate, di famiglia facoltosa e riguardevole, salito al soglio Pontificio il 23 novembre del 1700 con il nome di Clemente XI, prima e durante il suo pontificato, rivela un considerevole gusto estetico e collezionistico.

La mostra svela, partendo dal fondo Albani, gli artisti prediletti del Pontefice che risentono del barocco pur non aderendovi in pieno, e racconta la figura del Cardinale e Pontefice Albani come illuminato mecenate e collezionista.

Considerevoli sono le opere e i nomi degli artisti che fecero parte dell’entourage del Pontefice e che la mostra illustra in un bel percorso espositivo e scientifico.



CLEMENTE XI
collezionista e mecenate illuminato
a cura di Claudio Maggini in collaborazione con Stefano Papetti
7 dicembre 2017 – 25 febbraio 2018
Roma, Complesso Monumentale di San Salvatore in Lauro del Pio Sodalizio dei Piceni