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19/04/22
La Basilica di San Lorenzo fuori le Mura - 2000 anni di storia, compreso il bombardamento del 1943
San
Lorenzo fuori le mura e le spoglie di Santo Stefano il primo martire cristiano.
Quando il 19 luglio del 1943 il primo bombardamento degli alleati piovve dal cielo, per Roma fu uno choc inaudito: dall’inizio della guerra infatti, in città i romani non facevano altro che rassicurarsi a vicenda, garantendosi che mai e poi mai gli alleati americani o inglesi avrebbero osato bombardare la città del Vaticano e del Papa.
La pioggia di bombe del 19 luglio
smentì clamorosamente queste previsioni e mandò un chiaro avviso all’esercito e
ai vertici fascisti, alleati con i tedeschi. Le foto del Papa, Pio XII con le
braccia allargate in una specie di grido disperato lanciato verso il cielo,
scattate proprio nelle vicinanze della Basilica di San Lorenzo fuori le Mura,
gravemente danneggiata, fecero il giro del mondo in poche ore.
Oltre ad
aver inferto un duro colpo ai romani infatti, quel primo bombardamento aveva
anche colpito uno dei più preziosi simboli della cristianità a Roma. San
Lorenzo fuori le Mura infatti custodisce i suoi tesori dall’epoca di Costantino
Imperatore quando fu edificato il primo nucleo della Basilica sotto la
supervisione di Papa Silvestro, per ospitarvi le tombe dei primi martiri
cristiani.
E anche
se la Basilica fu intitolata a San Lorenzo, uno dei sette diaconi di Roma,
martirizzato sotto l’imperatore Valeriano nel 258 d.C., pochi sanno che essa
custodiva da secoli anche le spoglie di Santo Stefano, colui che la Chiesa
cattolica venera come primo martire cristiano, la cui festività si celebra il
26 dicembre, il giorno dopo la Natività del Signore. Il martirio di Stefano,
tra i primi diaconi scelti dai Dodici Apostoli subito dopo la crocefissione di
Gesù, è descritto infatti negli Atti degli Apostoli e viene fatto risalire al
36 d.C. quindi appena pochi anni – o mesi ? (considerando l’errore di datazione
sulla nascita di Gesù ) – dalla morte di Cristo.
A Stefano gli Atti degli Apostoli dedicano quasi tre interi capitoli (6,7,8) con informazioni
anche piuttosto precise sulla sua morte visto che in quel Testo viene affermato
che alla morte per lapidazione di Stefano, a Gerusalemme, assiste anche Paolo, che ancora non si è
convertito (dunque prima del 40 d.C.).
.
In quanto a chi fosse realmente Stefano, a quale fosse la sua professione, e la sua vita, sappiamo soltanto che dovette essere un erudito, perché con la sua eloquenza tenne testa ai suoi interlocutori pagani, al punto che per farlo essi dovettero ricorrere alla violenza.
Essendo
poi il primo martire Cristiano, Stefano ha anche una lunghissima vicenda che
riguarda le sue reliquie, vere e presunte, che furono disperse e rinvenute in
disparati angoli d'Europa.
L'episodio
più famoso è però sicuramente il rinvenimento miracoloso avvenuto nel 415 d.C. a Cafargamala (raccontato anche nella Leggenda
Aurea di Jacopo da Varagine), nei pressi di Gerusalemme, dove poi furono
solennemente portate dal vescovo Giovanni II.
Qualche
anno più tardi, nel 439 d.C. l'imperatrice Eudossia Atenaide,
dopo aver fatto costruire una basilica in onore di Stefano, portò con se a Costantinopoli parte del corpo. E durante il
pontificato di Pelagio II (579-590), per interessamento dell'imperatore Giustiniano I, quelle insigni reliquie furono traslate da
Costantinopoli a Roma, dove insieme a quelle dei
Santi Lorenzo e Giustino, furono sistemate nella Basilica di San Lorenzo fuori le
Mura.
La
reliquia della testa di Santo Stefano, invece, si esponeva nella Basilica Ostiense di San Paolo fuori le
mura. Il braccio destro, sotto il pontificato di Alessandro III
(1159-1181), era esposto in una nicchia dell'Oratorio dedicato a Maria SS.ma a
S. Pietro in Vaticano, dove è ancora oggi esposto in un reliquiario d'argento, dono del
cardinale Scipione Cobelluzi.
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Pochi lo sanno, ma sotto il Roseto comunale di Roma c'è il grande cimitero ebraico di Roma
Il Roseto comunale di Roma, noto per la bellezza e l’enorme varietà di
specie che ospita – circa millecento tipi di rose diverse – sorge oggi sul
declivio destro del Circo Massimo che sale verso l’Aventino, in un’area divisa
in due da Via di Villa Murcia. E per una specie di scherzo del destino, in
quest’area sorgeva nel III secolo avanti Cristo un tempio dedicato alla
divinità di Flora, dea romana delle piante.
La collocazione attuale del Roseto però è piuttosto recente. Esattamente risale al 1950 quando il Comune di Roma decise di spostare in questo luogo il Roseto comunale che dal 1931 sorgeva invece poco lontano, sul Colle Oppio dove era stato realizzato su incarico del Governatore di Roma Francesco Boncompagni Ludovisi.
La nuova sistemazione, nell’area attuale dell’Aventino ebbe una storia
piuttosto travagliata a causa della particolarità di questa area. Chi oggi
visita il Roseto comunale, infatti, non sa di trovarsi proprio sopra una enorme
distesa (si calcola siano decine di migliaia) di antiche tombe. Per l’esattezza tombe ebraiche. Le prime sepolture risalgono al 1645, quando venne istituito in quest’area un cimitero, il
cosiddetto Ortaccio degli ebrei. Più
anticamente, almeno dal Trecento, il cimitero ebraico di Roma si trovava
all’interno della vecchia Porta Portese, nel rione Trastevere. Poi, quando
furono costruite le nuove mura, nel 1587, il vecchio cimitero fu abbandonato e
spostato proprio nell’area dell’Aventino.
Al primo terreno, concesso da papa Innocenzo X agli israeliti, presto
seguirono, a causa del sovraffollamento, altri due lotti. In questi tre spazi contigui, per circa 250
anni gli ebrei seppellirono i loro morti.
L’area dell’Aventino, però cominciò, in tempi più recenti a fare gola alle
autorità comunali, per la sua vicinanza alla zona archeologica. Falliti i primi tentativi di esproprio, per
la opposizione della comunità israelitica, nel
Così il nuovo piano regolatore fascista ricoprì di terra una gran parte
dell’antico cimitero per realizzarvi una nuova arteria di collegamento tra Via
della Greca e Viale Aventino (l’attuale Via del Circo Massimo) per farvi
sfilare gli atleti in ricordo della Marcia su Roma.
Del vecchio cimitero si salvarono circa ottomila sepolture che furono in gran
fretta traslate al Verano.
I terreni dell’Aventino, quelli che non erano stato interessato
dall’asfalto per la costruzione di Via del Circo Massimo divennero, durante i
combattimenti della seconda guerra mondiale, orti di guerra. E soltanto nel 1950 il comune decise di
trasferirvi il Roseto comunale del Colle Oppio, che era stato distrutto dalle
bombe.
La nuova sistemazione fu decisa con il consenso della Comunità ebraica ed
il Comune, consapevole che il Roseto avrebbe fatto da copertura e da custodia a
tombe e sepolture secolari, decise di rendere omaggio e ricordo della
originaria funzione del luogo: così anche oggi si può osservare come i vialetti
che dividono le aiuole nel settore delle collezioni delle specie pregiate,
formino esattamente la trama visibile dall’alto, di una menorah, il celebre candelabro a sette braccio simbolo degli ebrei.
Ancora oggi, i kohanim, i
sacerdoti ebrei, non possono calpestare quelle aiuole e quel giardino, per il
divieto imposto dal capitolo XXI della Torah.
Tratto da: Fabrizio Falconi, Misteri e Segreti dei Rioni e dei Quartieri di Roma, Newton Compton, Roma, 2013
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Nato a Roma, ha scritto i saggi Osama bin Laden. Il terrore dell'Occidente (con Antonello Sette), Dieci luoghi dell'anima, In Hoc vinces (con Bruno Carboniero) e i romanzi Il giorno più bello per incontrarti, Cieli come questo, Per dirmi che sei fuoco, Porpora e Nero. Saggi e articoli di argomento storico e archeologico sono apparsi su varie riviste italiane. Con la Newton Compton ha pubblicato I fantasmi di Roma, I monumenti esoterici d'Italia, Misteri e segreti dei rioni e dei quartieri di Roma, Roma esoterica e misteriosa, 501 domande e risposte sulla storia di Roma.