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13/06/19

28 giugno presentazione a Napoli di "Rima di frattura"




Sarà presentato a Napoli, Venerdì 28 giugno alle ore 18.00, allo  Spazio Guida in via Bisignano 11, "Rima di Frattura" il nuovo libro di Paola d'Agnese e Fabrizio Falconi appena uscito da Guida Editori.
Poesie che mirano a creare una “Rima di frattura” (Guida editori), di Paola D’Agnese e Fabrizio Falconi. “Ognuno di noi, almeno una volta, ha chiesto tempo. Tempo per andare, tempo per parlare… A chi me ne chiede dico sì… una, due, mille volte. Prendo tempo al tempo, formando una lunga catena di minuti. Minuti importanti, preziosissimi. Me li regalo. Te li regalo. Eccoli” scrive D’Agnese. 
Con gli autori ci saranno Antonio Pietropaoli e Floriana Coppola.

09/06/19

La Poesia della Domenica: "Imitazione" di Giacomo Leopardi



XXXV -  Imitazione


Lungi dal proprio ramo,
Povera foglia frale,
Dove vai tu? – Dal faggio
Là dov’io nacqui, mi divise il vento.
Esso, tornando, a volo
Dal bosco alla campagna,
Dalla valle mi porta alla montagna.
Seco perpetuamente
Vo pellegrina, e tutto l’altro ignoro.
Vo dove ogni altra cosa,
Dove naturalmente
Va la foglia di rosa,
E la foglia d’alloro.



Giacomo Leopardi, Canti

08/06/19

Esce "Rima di Frattura" di Paola d'Agnese e Fabrizio Falconi: 4 mani, 2 voci poetiche su maschile/femminile



Esce nelle librerie Rima di frattura, il nuovo libro di Paola d'Agnese e Fabrizio Falconi

Rima di frattura in termini tecnici indica la sede di una frattura(ossea), mostrandone la forma e la lunghezza.
Ma, nel doppio senso di Rima poetica, è sembrato il titolo suggestivo per l’opera di due poeti, Paola d’Agnese e Fabrizio Falconi, che hanno attraversato diverse stagioni creative e si affrontano nella maturità per confrontarsi sui punti di vista di genere: maschile e femminile, femminile e maschile sono le due voci che si confrontano in quest’opera con testi di diversa struttura:  un testo-flusso, un racconto di vita iniziale; dieci parole comuni e non comuni che funzionano da ispirazione; dieci liriche che abbracciano tre diversi decenni di produzione poetica.
In un periodo storico nel quale molto si parla e si discute di genere e di confronto/confusione/dialogo tra maschile e femminile, Rima di frattura offre un saggio personale di due voci poetiche che si interrogano sul passato, il futuro e la realtà tra vissuto e aspirazione.


Paola d’Agnese  è nata a Napoli il 13 gennaio 1962.

Nel 1995 è fra le fondatrici dell’Associazione Culturale Donne e Poesia, all’interno della Casa Internazionale delle Donne di Roma. 
Ha curato oltre che il Premio Internazionale Donna e Poesia con l’ideazione e l’organizzazione di edizioni antologiche, seminari  e laboratori di scrittura poetica.
Nel 2002 comincia la collaborazione con l’artista Bruna Esposito in occasione del concorso  Migrazioni  promosso dal Ministero dei Beni Culturali , con un testo per l’ opera E così sia, al Maxxi , Museo d’Arte Contemporanea di Roma e al  Museo  Castel Sant’ Elmo di Napoli. L'opera vince il Premio alla giovane Arte Italiana.
Dal 1990 vive e lavora a Roma come organizzatrice di rassegne , eventi, fra cui dal 2004 il Premio Fabrizio De Andrè - Parlare Musica, evento patrocinato dalla Fondazione De Andrè.
Nel 2010 ha pubblicato, edita da Zona , la raccolta di poesie 58 secondi, accompagnata da alcune note del Maestro Ennio Morricone.




Fabrizio Falconi è nato a Roma il 4 settembre 1959.

In narrativa ha esordito nel 1985 con un volume di racconti, Prima di Andare, cui hanno fatto seguito opere di saggistica, narrativa e poesia, tra le quali  L'ombra del Ritorno (Campanotto Editore), 1996, (finalista al premio Sandro Penna e segnalato al premio Montale di quell’anno), Il giorno più bello per Incontrarti (Fazi, 2000), Cieli Come questo (Fazi, 2002), Poesie 1996-2007 (Campanotto, 2007), Il respiro di oggi (Terre Sommerse  2009), Dieci Luoghi dell'Anima (Cantagalli, 2009), I fantasmi di Roma (Newton Compton, 2010), In hoc vinces (con Bruno Carboniero, Edizioni Mediterranee, 2011) Monumenti esoterici d'Italia (Newton Compton, 2013), Roma segreta e misteriosa (Newton Compton 2015), Le Rovine e l'Ombra (Castelvecchi, 2017),  Cercare Dio (Castelvecchi, 2018), Nessun Pensiero Conosce l'Amore (Interno Poesia, 2019). 
È autore e contributore di diversi blog e siti on line, per argomenti che spaziano dalla spiritualità alla poesia, alla storia della conoscenza e delle radici filosofiche dell'Occidente.
Sue poesie sono apparse tradotte in lingua inglese da David Lummus nella rivista Try Quarterly dedicata alla poesia italiana contemporanea curata da Robert P. Harrison e Susan Stewart (n.127/2007). 



02/06/19

Poesia della Domenica: " Parole come lame affilate lei maneggiava" (479) di Emily Dickinson





479


Come lame affilate maneggiava -
Quelle sue dolci parole - luminosi bagliori -
che una dopo l'altra ora mettevano a nudo un nervo
ora giocavano impudiche con le ossa -

Perché lei non aveva mai pensato - di ferire -
Quella - non è faccenda d'acciaio -
una smorfia volgare della carne -
affare che a stento le creature sopportano -

Provare dolore è questione naturale -
non di buona educazione -  il velo sugli occhi -
antica mortale abitudine -
semplicemente si chiudon le porte - per morire.

Emily Dickinson

traduzione di Barbara Lanati, da E. Dickinson, Silenzi, Universale Economica Feltrinelli, Milano, 1990

479

She dealt her pretty words like Blades—
How glittering they shone—
And every One unbared a Nerve
Or wantoned with a Bone—

She never deemed—she hurt—
That—is not Steel's Affair—
A vulgar grimace in the Flesh—
How ill the Creatures bear—

To Ache is human—not polite—
The Film upon the eye
Mortality's old Custom—
Just locking up—to Die. 

26/05/19

Poesia della Domenica - III carme (La morte del Passero) di Gaio Valerio Catullo



Piangete, o Veneri e voi Amori,
e voi uomini che avete più gentilezza.
È morto il passero alla mia ragazza,
il passero, tesoro della mia ragazza;
lei lo amava più dei propri occhi,
perché era dolce come il miele e la riconosceva
così come una bimbetta la sua mamma;
mai che si scostasse dal suo grembo
e, saltellando intorno qua e là,
cinguettava sempre, solo rivolto alla sua padrona.
Ora procede per una strada oscura,
là donde si dice che nessuno torni.
Maledizione a voi, maledette oscurità infernali,
che inghiottite ogni cosa graziosa:
un passero così carino voi m'avete rapito.
Che brutta azione! Che passerotto infelice!
Ora per colpa tua, gonfi di pianto, sono arrossati
gli occhi soavi della mia ragazza.


Catullo, Liber Catulliano, III carme (La morte del passero), I sec. a.C.

Lugete, o Veneres Cupidinesque,
Et quantum est hominum venustiorum:
Passer mortuus est meae puellae, 
Passer, deliciae meae puellae, 
Quem plus illa oculis suis amabat; 
Nam mellitus erat, suamque norat 
Ipsam tam bene quam puella matrem, 
Nec sese a gremio illius movebat, 
Sed circumsiliens modo huc modo illuc 
Ad solam dominam usque pipiabat. 
Qui nunc it per iter tenebricosum 
Illuc, unde negant redire quemquam. 
At uobis male sit, malae tenebrae 
Orci, quae omnia bella deuoratis; 
Tam bellum mihi passerem abstulistis. 
O factum male! io miselle passer! 
Tua nunc opera meae puellae 
Flendo turgiduli rubent ocelli.

in alto: Cardellino, di Carel Fabritius, 1654

19/05/19

Poesia della Domenica - "Elegia al futuro poeta" di Nguyen Chì Trung





Tu che vieni nel secolo futuro
Non portare con te il dolore di mille anni
Io solo dormirò e vivrò con l'ombra
che è apparsa e ora è svanita.

You come into the future century
Don't bring with you the grief of a thousand years
I alone will sleep and live with the shadow
That has appeared and now vanished

Nguyen Chì Trung

Traduzione dal vietnamita in inglese di Nguyen Chì Trung
in collaborazione con Linda Kunhardt
Traduzione dall'inglese in italiano di Filomena Ciavarella
in collaborazione con Antonino Caponnetto
e gli studenti dell'IISS "De Rogatis Fioritto"
di San Nicandro Garganico (FG)

Tratto da:

Nguyen Chì Trung
Elegie al futuro poeta
Interno Poesia, 2018
pp.90
euro13,50 




12/05/19

Poesia della Domenica - "Rammarico per le peonie" di Bai Juyi






Rammarico per le peonie


Sono addolorato per le peonie prima dei gradini, così rosse
alla sera ho scoperto che solo due son rimaste
Una volta che i venti della mattina avranno soffiato,
di certo non sopravviveranno,
la notte le guardo alla luce delle lampada,
per custodire quel rosso che sta svanendo.


05/05/19

Poesia della Domenica - "Non amare il florido ramo" di Jiddu Krishnamurti



Non amare il florido ramo

Non amare il florido ramo,
non mettere nel tuo cuore
la sua immagine sola;
essa avvizzisce.
Ama l'albero intero,
così amerai il florido ramo,
la foglia tenera e la foglia morta,
il timido bocciolo ed il fiore aperto,
il petalo caduto e la cima ondeggiante,
lo splendido riflesso dell'Amore pieno.
Ama la vita nella sua pienezza,
essa non conosce decadimento
.


25/04/19

25 Aprile: "La Resistenza e la sua luce" di Pier Paolo Pasolini.


La Resistenza e la sua luce

Così giunsi ai giorni della Resistenza 
senza saperne nulla se non lo stile:
fu stile tutta luce, memorabile coscienza 
di sole. Non poté mai sfiorire, 
neanche per un istante, neanche quando
l'Europa tremò nella più morta vigilia. 
Fuggimmo con le masserizie su un carro 
da Casarsa a un villaggio perduto 
tra rogge e viti: ed era pura luce. 
Mio fratello partì, in un mattino muto 
di marzo, su un treno, clandestino, 
la pistola in un libro: ed era pura luce. 
Visse a lungo sui monti, che albeggiavano 
quasi paradisiaci nel tetro azzurrino 
del piano friulano: ed era pura luce. 
Nella soffitta del casolare mia madre 
guardava sempre perdutamente quei monti, 
già conscia del destino: ed era pura luce. 
Coi pochi contadini intorno 
vivevo una gloriosa vita di perseguitato 
dagli atroci editti: ed era pura luce. 
Venne il giorno della morte
e della libertà, il mondo martoriato 
si riconobbe nuovo nella luce...

Quella luce era speranza di giustizia:
non sapevo quale: la Giustizia. 
La luce è sempre uguale ad altra luce. 
Poi variò: da luce diventò incerta alba, 
un'alba che cresceva, si allargava
sopra i campi friulani, sulle rogge...
Illuminava i braccianti che lottavano.
Così l'alba nascente fu una luce
fuori dall'eternità dello stile...
Nella storia la giustizia fu coscienza
d'una umana divisione di ricchezza,
e la speranza ebbe nuova luce.


La Resistenza e la sua luce 

da La religione del mio tempo 

Pier Paolo Pasolini (1922- 1975)

21/04/19

Poesia della Domenica. "Buonanotte a te" di Charles Bukowski



Buonanotte a te che in questo momento 
dovresti essere qui e non chissà dove. 
Buonanotte a chi anche stanotte 
si perderà tra le lacrime e i pensieri. 
Buonanotte a chi ha sperato, lottato 
a chi ha tirato fuori le unghie ma comunque ha perso. 
Buonanotte a me, che ti aspetto 
e prego ogni sera per vederti tornare. 
Buonanotte ai codardi, ai “lo faccio per te”, 
a chi ha deposto i sogni nel cassetto, 
a chi è caduto ma ha avuto la forza e il coraggio di rialzarsi. 
A chi non vuole occhi diversi. 
A chi non ci riesce, a chi ci prova ma è dura, 
a chi soffre in silenzio, a chi ride ma sta male, 
a chi non riesce a camminare, 
a chi è stato lasciato, a chi ha il cuore spezzato. 
Buonanotte, che poi questa notte di buono non ha nulla. 
E resterò sveglia a pensarti, 
a immaginarti a chiedermi come stai, 
cosa fai, se sorridi, se sei felice, 
se ti manco, se stai bene anche senza di me. 
Chi ti scalda la notte, chi ti guarda dormire, 
chi ti sorride così dal nulla. 
E non so, ma ho paura. 
Perché la notte diventiamo più deboli, 
perché la notte cadiamo, i pensieri vanno veloci e le lacrime scendono. 
Dove sei, con chi sei, mi manchi.


14/04/19

Poesia della Domenica - "Ombra della verità" di Simona Scarpati





Ombra della verità

mi inondi, subissi, anneghi
mi terrorizzi, ecciti, risvegli
come un ruggito nel sangue,
come lo straripo di un fiume di tigri.

Con insondabili occhi mi guardi
protestando innocenza e spargendo polline
mentre solo per me ti spogli dei petali
uno ad uno.

Sei un coltello piantato
sei una corda corta, le manette, il coperchio
sei la grazia del tuo capo
appoggiato al mio seno,
sei l'ombra della verità e la luce della fatica
sei un'altra lingua e un'insperata riva
sei la complessità delle cose che non dici
ed è solo mia
questa furia che ancora non si placa.


Simona Scarpati - inedita




31/03/19

Poesia della Domenica - "Poesia d'amore" di Boris Pasternak



Poesia d'amore


Nessuno sarà a casa
solo la sera. Il solo
giorno invernale nel vano trasparente
delle tende scostate.

Di palle di neve solo, umide, bianche
la rapida sfavillante traccia.
Soltanto tetti e neve e tranne
i tetti e la neve, nessuno.

E di nuovo ricamerà la brina,
e di nuovo mi prenderanno
la tristezza di un anno trascorso
e gli affanni di un altro inverno,

e di nuovo mi tormenteranno
per una colpa non ancora pagata,
e la finestra lungo la crociera
una fame di legno serrerà.

Ma per la tenda d'un tratto
scorrerà il brivido di un'irruzione .
Il silenzio coi passi misurando
tu entrerai, come il futuro.

Apparirai presso la porta,
vestita senza fronzoli, di qualcosa di bianco,
di qualcosa proprio di quei tessuti
di cui ricamano i fiocchi.


Boris Pasternak (1890-1960)

30/03/19

Libro del Giorno: "Battisti-Panella, da Don Giovanni a Hegel" di Alexandre Ciarla.



Da tempo, personalmente, aspettavo un libro come questo. 

Faccio parte infatti di quella esigua minoranza di pazzi maniaco-ossessivi che dal primo CD - Lp, allora - pubblicato da Lucio Battisti con il nuovo paroliere, il poeta romano Pasquale Panella, Don Giovanni (1986), dopo la lunghissima era Mogol, e dopo il brutto inciampo dell'album E già (1982), realizzato con i testi scritti dalla moglie del cantautore che si firmò Velezia, si innamorò perdutamente di quelle sonorità e di questi testi completamente poetici ed ermetici, del tutto insurrezionali rispetto a quanto si era finora sentito nella musica leggera o d'autore italiana. 

Con gli album seguenti a quello, i cosiddetti bianchi (divenuti di culto per tutti i battistiani della seconda generazione),  L'apparenza (1988), La sposa occidentale (1990), Cosa succederà alla ragazza (1992), Hegel (1994), prima della precoce scomparsa del geniale musicista di Poggio Bustone morto nel 1998 a soli 53 anni, ho convissuto per molti anni, non stancandomi mai di riascoltarli (una delle caratteristiche di questi album infatti, come sottolinea l'autore di questo libro nelle ultime pagine è quella, misteriosa, di non invecchiare e di non "stancare" mai l'ascolto come avviene per quasi tutta la musica "leggera" dopo un certo numero di ascolti).

Con i 5 bianchi Battisti e Panella scioccarono il consolidato pubblico battistiano assuefatto - e per sempre orfano - delle romantiche rime mogoliane e al  contempo la schiera dei critici musicali italiani, proponendo una ardua, sempre più ardua fusione tra sperimentazioni elettroniche - sempre più estreme, giocate da Battisti negli eremitici e inaccessibili, asettici studi londinesi -  e testi apparentemente "astrusi", che invece si rivelavano, mano a mano, del tutto geniali e fecondi di sorprese e di vera sostanza poetica. 

Alexandre Ciarla in questo libro dimostra di far pienamente parte di questa schiera di maniaco-ossessivi che hanno ruminato questi cinque album ad libitum e ancora continuano a farlo. Ma fa di più: li scandaglia minuziosamente, con una pazienza e una precisione da entomologo, analizzando verso per verso non soltanto i testi delle canzoni di Panella - e confrontandolo con le rarissime ed enigmatiche interviste rilasciate dal poeta romano che oltretutto "per contratto" non ha mai potuto o voluto rivelare i particolari con quel cantautore che dell'ombra aveva fatto la sua casa, rifuggendo, più ancora di Mina, qualunque contatto con il pubblico e con la stampa, sparendo praticamente nel nulla -  ma anche le allusioni nascoste nelle enigmatiche copertine, i giochi di rimando da un album all'altro e con gli altri scritti da Panella per altri cantautori conteporanei, ma molto meno geniali di Battisti.

Ciò che emerge da questo studio così minuzioso e approfondito - e a tratti veramente geniale - è la conferma che Battisti e Panella, con questi cinque album misero veramente a soqquadro decenni di musica italiana, scardinandone il senso sentimentale - delle emozioni, del racconto d'amore - che facevano da fil rouge di quasi tutta la produzione musicale del nostro paese.  

Queste canzoni parlano d'altro - anche se di cosa esattamente è difficile dire: parlano di filosofia, di estetica, del corpo femminile, della illusione di ogni incontro, delle divagazioni e delle insincerità del "cantar leggero", del nascondersi e del rincorrersi, delle incertezze e dei dubbi: una materia dunque sfuggente e ambigua e lontanissima da qualsiasi altro "prodotto" della musica italiana degli ultimi decenni.

E' per questo che queste canzoni sembrano non invecchiare mai e anzi, ringiovanire ad ogni ascolto: è come se fossero state scritte fuori dal tempo, in un tempo oltre.  E, grazie a Battisti, che con il suo genio era in grado di "musicare anche l'elenco del telefono", con una veste formale-musicale assolutamente unica e anch'essa fuori dal tempo.

Lode dunque ad Alexandre Ciarla che dopo anni di minuziose ricerche e di cura di un fortunato blog personale al duo Battisti-Panella, si è autoprodotto e stampato questo forbito e documentatissimo libro fortemente raccomandato agli appassionati... ma non solo.

Fabrizio Falconi


Alexandre Ciarla
Battisti-Panella da Don Giovanni a Hegel
Analisi e spiegazione di tutte le canzoni 
prefazione di Renzo Stefanel
2015 - Amazon edizioni

26/03/19

Esce "Ci diciamo l'oscuro", la storia d'amore tra Paul Celan e Ingeborg Bachmann .



L'ha scritto Helmut Bottiger il primo libro che racconta la tormentatissima storia d'amore tra due giganti della poesia del Novecento, Paul Celan e Ingeborg Bachmann ed ora esce in Italia per l'editore Neri Pozza. 

I due poeti, l'una austriaca, l'altro rumeno di nascita (il suo nome era un anagramma di quello vero: "Ancel"), si erano conosciuti a Vienna nel 1948.  La Bachmann aveva 22 anni e studiava filosofia (si laureò con una tesi su Heidegger), lui aveva una storia tragica già alle spalle: sfuggito per miracolo all'Olocausto, Celan, a 22 anni, nel 1942 non era stato presente quando i suoi genitori, ebrei, furono deportati e poi uccisi.  Anche Paul fu internato in un campo di lavoro nazista, ma - non si sa esattamente come - riuscì a fuggire e a raggiungere Bucarest da dove, nel '47 se ne andò per raggiungere a piedi Vienna, nauseato dall'antisemitismo che sentiva regnare nel suo paese tra i nuovi invasori bolscevichi. 

Anche la Bachmann, più giovane di 6 anni, aveva dovuto fare i conti con la tragedia: suo padre era stato membro del partito nazista, dopo che da ragazzina, nel '38, aveva visto Klagenfurt, la città dove era nata e cresciuta, invasa dalle truppe di Hitler. 

A Vienna, nel '48 era iniziata tra i due una storia d'amore: Celan, poverissimo, esule, aveva incantato la giovane viennese con i suoi versi, le aveva riempito la stanza di papaveri, insieme avevano trascorso sei settimane bellissime, poi lui era partito, senza un soldo, per Parigi, la città dalla quale lui, ormai apolide, si sentiva inesorabilmente attratto. 

Ingeborg lo raggiunse un paio d'anni più tardi, nel '50, e la loro storia proseguì, nella difficoltà un continuo lasciarsi, riprendersi, tentare di diventare amici. 

Per entrambi la scelta della poesia era radicale: una ragione di vita. E quando due anni più tardi, nel '52, Ingeborg presentò Celan alla riunione a Niendorf del prestigioso Gruppo '47 che aveva rivoluzionato la letteratura tedesca e lanciato i più grandi intellettuali e poeti dell'epoca, l'esibizione di Celan fu un fiasco: il carattere del poeta era pieno di contrasti, tetro e allegro, insofferente e conciliante, taciturno e a volte logorroico, in più il suo modo di leggere le poesie era quasi una meditazione, con pause lunghissime e un intenso pathos, che poco piaceva agli intellettuali tedeschi dell'epoca. 

Deluso, Celan, tornò a Parigi.  Anche se il rapporto con la Bachmann, fatto di anima e di versi, proseguì: lui le dedicò anche la raccolta "Papavero e memoria" in cui si rievocavano gli incanti dei giorni del '48.  

Anche a distanza i due non smisero di scriversi, di cercarsi, di interagire. 

E quando Celan, divorato dai suoi demoni, mise fine ai suoi attacchi di follia gettandosi nelle acque della Senna (1970), per la Bachmann il dolore fu insostenibile. Solo 3 anni più tardi anche Ingeborg morì tragicamente a Roma, nel suo letto, a causa di una sigaretta che aveva tra le dita e che incendiò il letto nel quale dormiva.   

Negli ultimi tempi fumava cento Gitane senza filtro al giorno e assumeva forti sonniferi da cui era diventata dipendente.

L'amore li aveva uniti forse troppo brevemente, e  non li aveva salvati.

Fabrizio Falconi


Helmut Bottiger
Ci diciamo l'oscuro 
traduz. Alessandra Luise 
Neri Pozza 2018 
pagine 273 


24/03/19

Poesia della Domenica: "Camminando tranquillamente in questo giorno di Aprile" di Delmore Schwartz.



Camminando tranquillamente in questo giorno di Aprile
Cosa rimarrà di me e te
A parte le foto e i ricordi?
Questa è la scuola in cui impariamo,
quel tempo è il fuoco in cui bruciamo
Qual è il sé in mezzo a questo incendio?
Cosa sono ora che ero anche allora?
Per cosa dovrei soffrire e agire ancora?
[…]
Le urla dei bambini sono gioiose mentre corrono
Questa è la scuola in cui imparano
Cosa sono ora che ero anche allora?
I ricordi si rinnovano ancora e ancora.
Il colore più leggero del giorno più breve:
Il tempo è la scuola in cui impariamo,
Il tempo è il fuoco in cui bruciamo.
What will become of you and me
(This is the school in which we learn …)
Besides the photo and the memory?

(… that time is the fire in which we burn.)
 is the self amid this blaze?
What am I now that I was then
Which I shall suffer and act again,
[…]
The children shouting are bright as they run
(This is the school in which they learn …)What am I now that I was then?
May memory restore again and again
The smallest color of the smallest day:
Time is the school in which we learn,

17/03/19

Poesia della Domenica: "Tenendo le cose assieme" di Mark Strand.






Tenendo le cose assieme

In un campo
io sono l'assenza
di campo.
Questo è
sempre opportuno.
Dovunque sono
io sono ciò che manca.

Quando cammino
divido l'aria
e sempre
l'aria si fa avanti
per riempire gli spazi
che il mio corpo occupava.
Tutti abbiamo delle ragioni
per muoverci
io mi muovo
per tenere assieme le cose.

12/03/19

Non mi interessa cosa fai per vivere. Una intensa poesia di Oriah Mountain Dreamer.



Non mi interessa che cosa fai per vivere; voglio 
sapere che cosa ti fa spasimare e se osi sognare 
di andare incontro all'anelito del tuo cuore.

Non mi interessa quanti anni hai; voglio sapere 
se rischieresti di passare per stupida per amore, 
per un sogno, per l'avventura di essere viva.

Non mi interessa quali pianeti siano in 
quadratura con la tua luna.  Voglio sapere se hai 
toccato il centro del tuo dispiacere, se i 
tradimenti di una vita ti hanno aperta oppure ti 
hanno raggrinzita e chiusa per paura di altro 
dolore.

Voglio sapere se riesci a sederti con la 
sofferenza, la mia o la tua, senza muoverti per 
nasconderla, né per sedarla, né per mandarla via.

Voglio sapere se riesci a stare con la gioia, la 
mia o la tua, se riesci a ballare selvaggiamente 
lasciando che l'estasi ti riempia fino alle 
estremità delle dita delle mani e dei piedi senza 
ricordarci di stare attenti, o di essere 
realistici, né per rammentarci i limiti 
dell'essere umano.

Non mi interessa se la storia che mi stai 
raccontando è vera. Voglio sapere se riesci a 
deludere un altro pur di essere sincera con te 
stessa. Se riesci a sopportare l'accusa di 
tradimento senza tradire la tua anima. Se riesci 
a essere senza fede e perciò degna di fede.

Voglio sapere se riesci a vedere ogni giorno la 
bellezza anche quando non è pittorica; e se 
riesci a far scaturire la tua vita dalla sua 
presenza.

Voglio sapere se riesci a vivere col fallimento, 
il tuo e e il mio, e tuttavia, sul bordo del 
lago, a gridare al plenilunio d'argento il tuo 
«Sì!».

Non mi interessa sapere dove vivi o quanti soldi 
hai. Voglio sapere se riesci ad alzarti dopo una 
notte di dolore e di disperazione stanca e con le 
ossa a pezzi e a fare ciò che va fatto per dar da 
mangiare ai bambini.

Non mi interessa ciò che sai né come sei giunta 
qui. Voglio sapere se starai nel centro del fuoco 
con me senza tirarti indietro.

Non mi interessa dove o che cosa o con chi hai 
studiato. Voglio sapere che cosa ti sostiene da 
dentro quando tutto il resto crolla.

Voglio sapere se riesci a stare sola con te 
stessa e se ti piace davvero la compagnia che ti 
fai nei momenti vuoti.

Oriah Mountain Dreamer
http://www.oriahmountaindreamer.com/

illustrazione in testa: 
Artwork by Denis Sarazhin - Soundlessly, 2015, | Painting | Artstack - art online

03/03/19

Poesia della Domenica: "Addio a una vista" di Wislawa Szymborska.


Addio a una vista

Non ce l'ho con la primavera
perché è tornata.
Non la incolpo
perché adempie come ogni anno
ai suoi doveri.

Capisco che la mia tristezza
non fermerà il verde.
Il filo d'erba, se oscilla,
è solo al vento.

Non mi fa soffrire
che gli isolotti di ontani sull'acqua
abbiano di nuovo con che stormire.

Prendo atto
che la riva d'un certo lago
è rimasta - come se tu vivessi ancora -
bella com'era.

Non ho rancore
contro la vista per la vista
sulla baia abbacinata dal sole.

Riesco perfino a immaginare
che degli altri, non noi,
siedano in questo momento
su un tronco rovesciato di betulla.

Rispetto il loro diritto
a sussurrare, a ridere
e a tacere felici.

Suppongo perfino
che li unisca l'amore
e che lui la stringa
con il suo braccio vivo.

Qualche giovane ala
fruscia nei giuncheti.
Auguro loro sinceramente
di sentirla.

Non pretendo alcun cambiamento
delle onde vicine alla riva,
ora leste, ora pigre
e non a me obbedienti.

Non pretendo nulla
dalle acque fonde accanto al bosco,
ora color smeraldo,
ora color zaffiro,
ora nere.

Una cosa soltanto non accetto.
Il mio ritorno là.
Il privilegio della presenza -
ci rinuncio.

Ti sono sopravvissuta solo
e soltanto quanto basta
per pensare da lontano.

26/02/19

Trovo estasi nell'atto di vivere. Tra Emily Dickinson e Wim Wenders.



L’anima è un luogo così nuovo che la notte di ieri sembra già antiquata.
Così scriveva Emily Dickinson.  Il passare del tempo è qualcosa di incomprensibile per noi umani, nonostante Κρόνος scandisca e sia teatro di tutta la nostra esistenza su questa terra al punto tale che la nostra apprensione di misurare il tempo è divenuta panacea o illusione di poterne controllare il decorso.
Ma se il passare del tempo è inestricabilmente legato alla nostra carne, il tempo dell’anima, quello che percepiamo come tempo dell’anima, segue coordinate del tutto diverse.
Trovo estasi nell’atto di vivere, scrive ancora la Dickinson, il semplice senso di vivere è gioia sufficiente.
Se percepiamo questo, siamo sicuri di possedere una natura non solo corporea, la quale si muove secondo altri ordini che non sono quelli semplicemente spazio-temporali.
Il povero Travis – nella storia immaginata da Sam Shepard e realizzata in film da Wim Wenders in Paris,Texas – ha perso tutto e ha perso il tempo.
Lo vediamo vagare nel deserto all’inizio del film. E’ un navigatore solitario, sperso: il tempo e il luogo non esistono. E’ come una navicella alla deriva nello spazio. Un trauma, quello della perdita della persona amata, l’ha messo in orbita, l’ha sospinto lontano.

Quando gli amici Walt e Anne gli mostrano il vecchio super8 – di quella giornata apparentemente banale, al mare d’inverno, trascorsa insieme – Travis è come se tornasse a casa.
Trova il proprio centro, ri-scopre se stesso attraverso la consapevolezza definitiva della perdita subita.
La disperazione è totale, ma il lutto è finalmente elaborato.  E’ da qui che si riparte.
In fondo è come quel che accade a noi, alla fine e all’inizio di ogni ciclo di vita.
Abbiamo perso il tempo. Ricordando lo ri-troviamo. Lo ri-viviamo. Ed è attraverso questa dolorosa consapevolezza –  “la notte di ieri sembra già antiquata” – che la nostra anima, luogo sempre nuovo, disincarnandosi dal passato che vuole costringere a radicarsi, a mettere radici, torna eterna in ogni “atto di vivere”.