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14/06/21

Libro del Giorno: "Ludwig Wittgenstein e la Grande Guerra" a cura di Marco De Nicolò, Micaela Latini e Fausto Pellecchia

 


Che cosa indusse il grande Ludwig Wittgenstein, poco più che ventenne, ad arruolarsi volontario nell'esercito tedesco allo scoppiare della Prima Guerra Mondiale quando avrebbe tranquillamente potuto evitare la leva considerando che veniva da un doppio intervento di ernia e che proveniva da una delle più potenti e aristocratiche famiglie viennesi dell'epoca? Cosa accadde in quei lunghissimi cinque anni, fino all'armistizio e la prigionia - per sette mesi - in un campo di lavoro nel sud dell'Italia? 

Questo libro appena uscito dall'editore Mimesis indaga soprattutto la prigionia di Ludwig Wittgenstein (1889- 1951) a Cassino – catturato il 3 novembre 1918 e giunto nel campo di internamento di Caira nel gennaio 1919 – ma è lo spunto per ripensare le condizioni dei prigionieri di guerra durante il primo conflitto mondiale, ma soprattutto per rileggere quelle pagine che il filosofo austriaco portava con sé, ancora in forma di bozze e di appunti, nel suo zainetto personale e che sarebbero divenute il testo di un libro famoso in tutto il mondo: il Tractatus logico-philosophicus (pubblicato nel 1921), uno dei libri capitali della filosofia. 

In questo volume, storici, germanisti e filosofi non solo ricostruiscono la vita di Wittgenstein durante il periodo della prigionia e della Guerra, ma colgono l’occasione per rivisitare un pensiero complesso, che indaga sul senso, sui limiti e sulle potenzialità del linguaggio e dell’esperienza in genere.

Un viaggio assai affascinato, con l'unico difetto di essere costellato di molti refusi ed errori di redazione. 


Ludwig Wittgenstein e la grande guerra

Curatore: Marco De NicolòMicaela LatiniFausto Pellecchia

22/05/21

Libro del Giorno: "Diari Segreti" di Ludwig Wittgenstein

 


Tornano finalmente ristampati in Italia, molti anni dopo la storica edizione Laterza ormai introvabile, i Diari Segreti di Ludwig Wittgenstein, un testo la cui pubblicazione suscitò non poche polemiche tra i curatori postumi dell'opera del grande genio viennese e i suoi critici, che la ritenevano fondamentale per accedere con più completezza al suo pensiero. 

Come è noto, Wittgenstein si arruolò volontario nell'esercito austro-ungarico all'indomani dello scoppio della Prima Guerra Mondiale, nonostante avesse potuto tranquillamente evitare la proscrizione visto che era reduce da una doppia operazione d'ernia e visto che la famiglia da cui proveniva era una delle più ricche e delle più aristocratiche della società viennese dell'epoca. 

I motivi che spinsero Wittgenstein ad arruolarsi non erano il nazionalismo, né la difesa dei patri confini. Lo spingevano motivazioni personali: quella di scoprire la sua vera natura una volta messo di fronte alla prova estrema e alla possibilità di morire. Per Wittgenstein quella prova, come tutta la vita, era un mezzo di evoluzione personale - "diventare un uomo migliore," diventare un uomo decente

Wittgenstein redasse i Diari Segreti, con molte annotazioni di carattere assai personali, in un codice cifrato da lui inventato. Annotandoli su un quaderno su cui in seguito furono allineati altri scritti entrati a far parte dei cosiddetti Quaderni. 

Wittgenstein rimase arruolato per tutta la durata della guerra, in condizioni di estremo pericolo, fu anche gravemente ferito, e infine fu catturato dall'esercito italiano quattro giorni prima dell'armistizio e trasferito in un campo di prigionia al sud d'Italia dove rimase per otto mesi, fino all'estate del 1919. 

I Diari segreti di Ludwig Wittgenstein costituiscono dun    que il resoconto, la conseguenza e la testimonianza di quella rapida risoluzione che spinse il filosofo a iscriversi come volontario nell’esercito allo scoppio del primo conflitto mondiale

Punto di snodo della sua speculazione filosofica, la decisione di arruolarsi venne presa dopo un lungo periodo vissuto in completa solitudine e si configurò come un radicale mutamento di vita, come estinzione di un percorso personale prevedibile e precostituito, come una condizione imprescindibile per il proseguimento del suo lavoro intellettuale.

Da quel che si sa, Wittgenstein non avrebbe per nulla apprezzato tutta questa attenzione per la sua persona e l’avrebbe senz’altro considerata il sintomo di un’inutile e invadente curiosità. Eppure, la vita di Wittgenstein attrae proprio perché è la vita di un filosofo in grado di sedurre i propri allievi e non solo. 

Ludwig Wittgenstein (Vienna 1889 – Cambridge 1951) è uno dei più importanti e influenti filosofi del Novecento. Le sue opere – in particolare, il Tractatus logico-philosophicus (1921) e le Ricerche filosofiche (1953) – hanno profondamente segnato il pensiero filosofico e la cultura degli ultimi cent’anni. 



27/04/21

Tre nuove collane di studi sul mondo antico, dal 29 aprile


Arrivano Il 29 aprile sul mercato editoriale tre nuove collane di studi sul mondo antico.
 

La coraggiosa sfida, in un momento difficile per la cultura classica, parte dall’editoresardo Inschibboleth per i tipi del quale saranno in libreria sin da questa settimana i primi volumi di ciascuna delle tre collane: "Le parole degli antichi", diretta da Mario Lentano, autore anche del primo volume "Straniero"; "La lira di Orfeo", diretta da Graziana Brescia, che esce con "Il tessuto delle Muse. Musica e mito nel mondo classico" di Massimo Raffa e, infine, "Classici smarriti", diretta da Tommaso Braccini, che propone l'edizione e la traduzione dei bucolici greci minori a cura di Francesco Bargellini, con l’introduzione di Alessandro Fo. 

Nata sulla base di una essenziale esigenza di condivisione e confronto, Inschibboleth Edizioni si sviluppa dall’omonima associazione culturale operante già dal 2007 con la rivista on-line InSchibbolleth.org

Vi aderiscono oltre 90 intellettuali, professori universitari, politici e filosofi. Nel 2011, da un’idea dell’associazione, nasce il Festival Internazionale di Promozione del Libro e della Lettura Un’Isola In Rete, che organizza ogni anno oltre 50 appuntamenti, la cui gestione è affidata all’associazione Centro di Ricerche Filosofiche, Letterarie e di Scienze Umane di Sassari. 

Alla Scuola estiva internazionale di alta formazione filosofica di Inschibboleth che prosegue ancora oggi, se ne sono affiancate altre e in diversi ambiti: critica letteraria, letteratura, formazione docenti, arti. 

All’organizzazione delle sue Summer school hanno collaborato nel corso del tempo diverse istituzioni, tra le quali il Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale; Il Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca; l’Unesco; il CNR; il Centro Levinas della Sorbona di Parigi; Rai Cultura, oltre a numerose sedi universitarie: in particolare le Università di Sassari, Roma Tre, l’Università Vita e Salute San Raffaele di Milano e l’Istituto Universitario Sofia.

L’edizione 2016 della Scuola di Filosofia si è svolta sotto l’altro Patronato del Presidente della Repubblica, mentre le edizioni 2015 e 2016 si sono svolte con il Patrocinio del Senato della Repubblica. 

Alle diverse iniziative dell’associazione Inschibboleth hanno partecipato intellettuali provenienti da tutto il mondo e, tra questi, alcuni tra i più importanti filosofi viventi.

12/04/21

Libro del Giorno: "La società senza dolore" di Byung-Chul Han

 


Come scrive Davide Sisto, Byung-Chul Han, " “Il filosofo tedesco più letto nel mondo” (El Pais), “La punta di diamante di una nuova, accessibile filosofia tedesca” (The Guardian), “Uno dei più importanti filosofi contemporanei” (Avvenire), è, senza dubbio, uno dei pensatori attualmente più apprezzati a livello internazionale. 

I suoi libri sono letti e studiati non solo dagli addetti ai lavori nel campo della filosofia, ma in ogni settore disciplinare intento a decifrare con lucidità le caratteristiche del presente. Addirittura, Der Spiegel usa il termine “gratitudine” per l’audacia con cui il filosofo sudcoreano cerca di interpretare quella complessità del reale che, quotidianamente, rischia di sopraffarci e di soffocarci. Il segreto dell’universale entusiasmo nei confronti di Han è riconducibile, soprattutto, alla sua capacità di vestire plausibilmente i panni di un Günther Anders del XXI secolo, quindi di un critico radicale, pessimista e apocalittico delle principali tendenze politiche, sociali, culturali e tecnologiche odierne, adottando però uno stile di scrittura tanto cristallino quanto fascinoso e attraente. "

La conferma arriva dal suo ultimo saggio, La società senza dolore, pubblicato in Italia da Einaudi.

Il mondo contemporaneo, sostiene Byung-Chul Han, nato in Sud Corea e docente di Filosofia a Berlino, è terrorizzato dalla sofferenza. La paura del dolore è cosí pervasiva e diffusa da spingerci a rinunciare persino alla libertà pur di non doverlo affrontare. Il rischio, secondo Han, è chiuderci in una rassicurante finta sicurezza che si trasforma in una gabbia, perché è solo attraverso il dolore che ci si apre al mondo.

E l’attuale pandemia, argomenta il filosofo tedesco-coreano, con la cautela di cui ha ammantato le nostre vite, è sintomo di una condizione che la precede: il rifiuto collettivo della nostra fragilità. 

Una rimozione che dobbiamo imparare a superare. Attingendo ai grandi del pensiero del Novecento, Han ci costringe, con questo saggio cristallino e tagliente come una scheggia di vetro, a mettere in discussione le nostre certezze. 

E nel farlo ci consegna nuovi e piú efficaci strumenti per leggere la realtà e la società che ci circondano.

29/03/21

Pasqua 2021: giovedì Riccardo Muti e Massimo Cacciari in dialogo su "Le ultime parole di Cristo"




Riccardo Muti e Massimo Cacciari dialogheranno su 'Le ultime parole di Cristo' giovedi' 1 aprile, alle 18.30, online sui canali di Cubo-Museo d'impresa del Gruppo Unipol e della Societa' editrice il Mulino. 

In un incontro tra musica e filosofia, religione e arte, a offrire la trama del dialogo sono due opere: la 'Crocifissione' di Masaccio e la partitura di Franz Joseph Haydn ispirata alle ultime parole pronunciate da Cristo sulla croce e composta per la cerimonia del Venerdi' Santo

Una conversazione che riprende i temi affrontati da Muti e Cacciari nel volume scritto a due mani 'Le sette parole di Cristo', pubblicato dal Mulino. 

Ospite d'eccezione Sylvain Bellenger, direttore del Museo e Real Bosco di Capodimonte (Napoli), dove è conservata l'opera del Masaccio, che arricchirà il racconto con riprese dalle sale del Museo. 

Interverrà Vittorio Verdone, direttore Corporate Communications and Media Relations del Gruppo Unipol. 

Le profonde riflessioni culturali e filosofiche partono dalla suggestiva opera della Crocifissione di Masaccio per giungere all'idea centrale che il pensiero non scaturisce soltanto da immagini che poi si traducono in parole, ma anche dai suoni che possono divenire musica. 


17/03/21

Libro del Giorno: "Il silenzio" di Erling Kagge

 


Mi sembra che la nostra epoca sia, più di ogni altra cosa, l'epoca della interruzione. Tutte le nostre vite sono diventate frammentate, continuamente interrotte. Mentre siamo impegnati a fare qualcosa, siamo costantemente distratti e interrotti dalle notifiche dello smartphone, di ogni tipo, dalle telefonate, dai messaggi, dalle mail della posta elettronica, dall'aggiornamento del pc, dalle chat in continua proliferazione.  

Parlare di silenzio nella nostra epoca è dunque quanto mai opportuno e in un certo senso coraggioso.

In media, secondo uno studio, perdiamo la concentrazione ogni otto secondi: la distrazione è ormai uno stile di vita, l’intrattenimento perpetuo un’abitudine

E quando incontriamo il silenzio, lo viviamo come un’anomalia; invece di apprezzarlo, ci sentiamo a disagio. 

Erling Kagge, al contrario, del silenzio ha fatto una scelta

Grazie alla sua passione di viaggiatore estremo, nei mesi trascorsi nell’Artide, al Polo Sud o in cima all’Everest, ha imparato a fare propri gli spazi e i ritmi della natura, e a immergersi in un silenzio interiore, oltre che esteriore: un immenso tesoro e una fonte di rigenerazione che tutti possediamo a cui è però difficile attingere, immersi come siamo dal frastuono della vita quotidiana

Ma che cos’è il silenzio? Dove lo si trova? E perché oggi è piú importante che mai? 

Queste sono le tre domande che Kagge si pone, e trentatre sono le possibili risposte che offre. 

Trentatre riflessioni scaturite da esperienze, incontri e letture diverse, e tutte animate da un’unica certezza: che il silenzio sia la chiave per comprendere piú a fondo la vita.

Cercare il silenzio. Non per voltare le spalle al mondo, ma per osservarlo e capirlo. Perché il silenzio non è un vuoto inquietante ma l'ascolto dei suoni interiori che abbiamo sopito.


Il silenzio. Uno spazio dell'anima 

04/03/21

Libro del Giorno: "Cuori pensanti" di Laura Boella

 


5 brevi lezioni di filosofia per tempi difficili: così recita il sottotitolo di questo libro di Laura Boella dedicato a 5 figure femminili fondamentali nella storia e nella filosofia del Novecento. 

Edith Stein, Maria Zambrano, Hannah Arendt, Simone Weil, Etty Hillesum. 

La voce intensa, l'intelligenza e la straordinaria sensibilità di cinque grandi pensatrici. Cinque donne indipendenti, audaci, ostili a ogni conformismo. 

Cuori Pensanti è un piccolo libro di filosofia che rappresenta una continua fonte d'ispirazione

L'eredità delle filosofe non è soltanto scritta nei loro libri, ma vive nella loro esperienza, nei loro giudizi, nelle scelte etiche, politiche e spirituali. 

"In queste pagine," scrive l'autrice, "non ho fatto altro che lasciarmi trasportare dalla passione che mi accompagna da molti anni per queste straordinarie figure di pensatrici, cercando di esaltarne il coraggio di amare e di pensare." 

Cinque brevi lezioni di filosofia condensate in poco più di cento pagine: un piccolo compendio che attraversa la vita, gli amori, le inquietudini, le domande, le riflessioni di cinque pensatrici straordinarie che hanno sfidato la morale convenzionale e le cui biografie sono avvolte in un alone di leggenda. 

Per ognuna di loro, la filosofia non è stata un riparo o un ritiro dal mondo: è stata la pratica audace e ostinata di un addestramento al sentire la vita in tutta la sua ricchezza e complessità, di una vigilanza sulle proprie emozioni, di un raccoglimento capace di lasciar emergere ogni esperienza in tutte le sue sfumature, con assoluta chiarezza. 

Le loro parole e i loro pensieri sono una continua fonte d'ispirazione, oggi come ieri.

Laura Boella

Cuori Pensanti

Milano, Chiarelettere, 2020 

pp. 144 pagine, Euro 14,25

ISBN-10 : 8832963183 

ISBN-13 : 978-8832963182

01/02/21

Imparare a gestire le frustrazioni, non a evitarle

 


Dal momento in cui l'uomo, l'essere umano viene gettato nell'esistenza, per dirla con Heidegger, egli è chiamato a partecipare a una partita impari, che non potrà mai vincere contro tre avversari che hanno mezzi più potenti dei suoi: la natura (ivi compreso "il caso"), la massa degli altri uomini e se stesso.
Dal momento che gli avversari sono così potenti, l'uomo può aspirare solo a parziali - e molto limitate - vittorie, con esclusione degli eroi e dei santi che suppliscono al fallimento con un sovradimensionamento della parte dell'onore e della moralità.
E dal momento che le sconfitte saranno molte, l'esperienza più comune dell'essere umano è quella della frustrazione (cioè del non esaudimento dei propri desideri/aspirazioni).
Ecco dunque che nella vita la cosa più importante da insegnare non sarebbe la fuga o la rimozione dalle/delle frustrazioni. Ma la loro gestione.
Saper gestire le frustrazioni è ciò che rende un essere umano evoluto nel suo cammino durante la vita.
Ci sono molti modi per imparare a gestire le frustrazioni. La tradizione orientale punta alla radice: per eliminare le frustrazioni si punta alla riduzione crescente fino alla totale eliminazione dei desideri, ritenuti inganni della mente e dell'io.
In Occidente tutto è più complicato, perché l'occidentale non sa - o non può - rinunciare facilmente alle aspirazioni e ai desideri.
L'occidentale è antropologicamente aduso a costruire la propria individualità sulla realizzazione dei desideri e delle aspirazioni.
L'unica via che si presenta allora davanti all'essere occidentale è quella del discernimento, dell'imparare a districarsi nella giungla dei desideri e delle aspirazioni (e delle relative frustrazioni).
La saggezza risiede in questa lezione che si impara giorno per giorno, che insegna a giocare con la propria frustrazione come con l'istinto di un animale che si deve con dolcezza e fermezza addomesticare realizzando il prototipo di una giusta misura.


Fabrizio Falconi - 2021 

12/01/21

Libro del Giorno: "La società della stanchezza" di Byung-Chul Han

 


Uno dei saggi più conosciuti di Byung-Chul Han, nato a Seul, e considerato uno dei piú interessanti filosofi contemporanei, docente di Filosofia e Studi Culturali alla Universität der Künste di Berlino, che ha pubblicato con Nottetempo amche Eros in agonia (2013, 2019), La società della trasparenza (2014), Nello sciame (2015), Psicopolitica (2016), L’espulsione dell’Altro (2017), Filosofia del buddhismo zen (2018), La salvezza del bello (2019) e Che cos’è il potere? (2019).

In questo suo testo, di grande lucidità, Byung-Chul Han analizza il disagio dell’individuo tardo-moderno nelle odierne società della prestazione e della competizione. 

Rivisitando alcune categorie classiche del pensiero novecentesco, l’autore osserva come l’ossessione dell’iperattività e del multitasking produca disturbi di natura depressiva e nevrotica, e interpreta questo malessere come un’incapacità a gestire la negatività dell’esperienza, in un mondo caratterizzato dall’eccesso produttivo e dalla disponibilità universale di merci e persone. 

Una denuncia dell’odierna “società della stanchezza”, in cui ogni reazione al modello sociale dominante rischia di essere inibita da un senso d’impotenza.

Riporto qui di seguito, l'affascinante incipit del testo (che risulta anche quanto mai attuale. Han ha scritto nel 2013,    quando era ancora difficile immaginare lo sviluppo di una pandemia come quella attuale):

La violenza neuronale 

Ogni epoca ha le sue malattie. Cosí, c’è stata un’epoca batterica, finita poi con l’invenzione degli antibiotici. Nonostante l’immensa paura di una pandemia influenzale, oggi non viviamo in un’epoca virale. L’abbiamo superata grazie alla tecnica immunologica. Sul piano delle possibili patologie, il XXI secolo appena cominciato non è caratterizzabile in senso batterico o virale, quanto piuttosto in senso neuronale. Malattie neuronali come la depressione, la sindrome da deficit di attenzione e iperattività (ADHD)2, il disturbo borderline di personalità (BPD) o la sindrome da burnout (BD) connotano il panorama delle patologie tipiche di questo secolo. Non si tratta di infezioni, piuttosto di infarti che non sono causati dalla negatività di ciò che è immunologicamente altro, ma sono determinati da un eccesso di positività. Queste sindromi si sottraggono a qualsiasi tecnica immunologica che miri a respingere la negatività dell’Estraneo.

Byung-Chul Han 

La società della stanchezza 

traduzione: Federica Buongiorno 

pagine: 130 Euro 14 

Data Pubblicazione: 01/02/2012 

05/12/20

Byung-Chul Han: "Per poter pensare ci vogliono silenzio e vuoto"


Byung-Chul Han è uno dei più interessanti filosofi contemporanei. Questo è un brano dell'intervista rilasciata al Suddeutsche Zeitung nel dicembre del 2012 e che oggi appare quanto mai attuale. 

E' nato in Corea del Sud nel 1959 e ora è professore di filosofia e studi culturali all'Università delle Arti di Berlino. È diventato noto grazie al suo bestseller »Die Müdigkeitsgesellschaft« (2010) sulla crescente cultura dell'autosfruttamento. Nel suo libro “The Transparency Society” (2012) descrive come ci stiamo sviluppando in una società di controllo totalitario con il pretesto della democrazia e della libertà di informazione.

Credi che il networking digitale avrà effetti negativi sulla psiche delle persone a lungo termine? 

Non puoi dirlo oggi. Ma quello che colpisce è che comunichiamo così tanto che non ci sono più pause, non ci sono più silenzioUna lacuna in mezzo a questa marea di informazioni ci sembra insopportabile perché le interruzioni non hanno più un ruolo nella nostra società dell'informazioneLa rottura è la morte. Ed è per questo che spettegoliamo e disimpariamo a distinguere ciò che è importante da ciò che non è importante. Omettere e dimenticare può essere molto produttivo, per non parlare dell'intuizione, che perdiamo nella quantità di informazioni. Per poter pensare ci vogliono silenzio e vuoto.

E non ce ne sono quasi più

Sì, stiamo attualmente vivendo un'enorme accelerazione nel ciclo di segni, informazioni e capitaliPer questa accelerazione, tutti i segreti, le ritirate, le unicità, gli angoli e gli spigoli devono essere eliminatiSolo nella società della trasparenza il flusso permanente di informazioni e beni non incontra più resistenza. Nella società della trasparenza tutto è rivolto all'esterno, rivelato, spogliato ed esposto. Ci esponiamo all'attenzione.

Qual è la conseguenza?


Sosteniamo il turbo-capitalismo e la società della performance neoliberale rendendoci tutti una merceL'unico valore che ancora esiste è il valore espositivo. Questa è una drastica riduzione della vita e dell'esistenza.

Ma continuiamo a inviare messaggi per mostrare quanto siamo unici. 

Un errore. Facebook è un luogo in cui tutti sono uguali perché vogliono essere diversi. Ognuno ha la forma di una merce in modo che possa adattarsi al sistema. Nessuno può essere diverso su FacebookE il centro dell'uguaglianza è il pulsante "Mi piace". Perché non c'è il pulsante "Non mi piace"? Una guida per gli appuntamenti su Internet dice: Milioni di donne ti stanno aspettando. E cosa fanno gli uomini? Confronta. Separare la parola:
Confronta, che significa: fai tutto allo stesso modo. Viviamo nell'inferno dello stesso,
in cui le esperienze erotiche non sono più possibili.

È perché siamo troppo narcisisti? 

Sì, il mio nuovo libro parla di questo. Si chiama Agony of Eros e descrive che diventiamo depressi perché ci incontriamo solo ovunque. Siamo esausti di noi stessi, l'Eros, invece, è un'esperienza che l'uno viene strappato da sé dall'altroÈ un segno distintivo di una società sempre più narcisistica che l'altro scompaiaE con esso l'eros, cioè la possibilità dell'amore.

Dove vedi il limite per questo sviluppo? 

Penso che stiamo andando verso il disastro.

Ma l'anticapitalismo è di nuovo chic e la consapevolezza ecologica ancora di più. Non è possibile rompere la logica della trasparenza e della crescita e riformare il sistema prima che imploda?


Non importa quanto lontano si pensi, gli umani imparano solo attraverso i disastri, mai attraverso l'intuizioneNon ci sarebbe pace in Europa oggi senza la seconda guerra mondiale. Arthur Schnitzler una volta disse: “Le persone si comportano come i bacilli. Crescono e distruggono lo spazio in cui vivono, per cui alla fine periscono loro stessi. ”Questo confronto ha senso per me. Moriamo perché non siamo consapevoli dell'ordine superiorePoiché siamo in costante crescita, moriremo da quella crescita.

Quale potrebbe essere questo ordine superiore?


Solo un essere saprebbe che sarebbe più intelligente di noi.

Lo Spiegel una volta ti ha definito il "filosofo del cattivo umore". Adesso sappiamo perché.


Preferirei essere un filosofo di cattivo umore piuttosto che un filosofo di buon umore. Ad essere onesti, non sono affatto dell'umore. A volte sono triste, ma è diverso. Il pensiero è sempre una forma di resistenza. E sì, penso di sfuggire alla morte e servire la vita.


13/10/20

Amore e Desiderio - Umberto Galimberti

 


AMORE E DESIDERIO

Privo di desiderio, l'amore garantisce tenerezza, intimità, sicurezza, ma non prevede l'avventura, la tensione e il senso del rischio che alimentano la passione.
Dal canto suo il desiderio senza amore è stimolante, eccitante, vibrante, ma non ha l'intensità e il senso di un'elevata posta in gioco che rendono profonda la relazione.
Non ci è dato, se non per brevi attimi, di fare esperienza nello stesso tempo dell'amore e del desiderio verso la stessa persona. E questo perché l'amore, che nasce sotto il segno della stabilità e dell'eternità, vuole ciò che il desiderio rifiuta.
Il desiderio infatti, non sa cosa vuole. E' un atto infondato che trova insopportabile ogni gesto della ripetizione volto a confermare se stesso.
Insinuandosi come un incidente nella propria vita, la fa traboccare, esponendola a un altro senso, quasi sempre fuorviante rispetto all'esigenza unitaria di una biografia.
E questo perché il desiderio, a differenza dell'amore che vuole costruzione e stabilità, è un movimento verso un punto di perdita.
Salvo rare eccezioni, nessuno è disposto a giocare tutto se stesso nel fascino ignoto dell'avventura. Perché, anche per avventurarsi, bisogna partire da un luogo che mi dia il senso del "da dove vengo", "a cosa appartengo" e magari un giorno "dove desidero tornare."
Non riusciamo infatti a immaginare una persona o una cultura che non si orientino a partire da un qualche senso di "casa" che Robert Lee Frost definisce come "il posto in cui, quando ci devi andare, ti devono accogliere."

06/10/20

L'amore di Kierkagaard (sfortunato)

 


L'AMORE DI KIERKEGAARD

Una delle vicende d'amore che hanno caratterizzato maggiormente la storia della filosofia è sicuramente quella tra Soren Kierkegaard e Regine Olsen.
Quando aveva 27 anni, nel 1840 Kierkegaard si fidanzò con la diciottenne Regine Olsen (nata nel 1822, quindi diciottenne, anche lei ultima di sette figli), ma, dopo circa un anno, pur essendo innamorato, ruppe il fidanzamento.
Un mistero rimasto insoluto. Forse Kierkegaard non voleva ingannare la ragazza, avendo il timore ossessivo che la maledizione divina potesse gravare anche sulla famiglia che avrebbe formato insieme a lei, o forse pensava che la serietà della fede cristiana gli impedisse di "sistemarsi" nei panni di un tranquillo uomo sposato.
Come è noto, il padre di Kierkegaard era fermamente convinto di essere stato maledetto da Dio quando, giovane pastore nella valle dello Jutland, aveva bestemmiato Dio durante una terribile tempesta. L’uomo dopo aver patito la fame, riuscì a diventare un abile mercante benestante. Il Signore, credeva l’uomo, non aveva deciso di punire lui direttamente, ma di condannarlo a vedere morire i propri figli, uno dopo l’altro, tutti in giovane età, dopo che li aveva amati.

Søren le conosceva la convinzioni paterne, e certamente ne fu condizionato. Sentiva che mai sarebbe stato felice nella vita, credeva di doversi aspettare in qualsiasi momento qualche funesta sciagura che si sarebbe abbattuta su di lui, su chi gli era vicino, su chi amava: anche sulla dolce Regine.
Regine si disse pronta a tutto pur di sposarlo, ma Kierkegaard fece il possibile per apparirle disgustoso, in modo che cadesse su di lui la colpa della rottura del fidanzamento, che peraltro gli procurò rimpianto per tutta la vita.
Lei voleva sposarlo ad ogni costo, nonostante tutto e gli chiese il permesso di rimanere con lui “anche se avesse dovuto starsene chiusa in un piccolo armadio”. Lui quasi impazzì dal dolore. Una straziante angoscia. Lei tentò il suicidio ma poi, dopo alcuni anni si rassegnò e si rifece una vita.

Sposò il suo vecchio precettore Johan Frederik Schlegel, Søren ne rimase addolorato. L’incubo che temeva da giovane si era concretizzato.
Pare che i due si siano incontrati per l'ultima volta il 17 marzo del 1855, pochi mesi prima della morte del filosofo.
Regine doveva seguire il marito alla volta delle Indie occidentali, per fare ritorno chissà quando. A ridosso della partenza si appostò nel centro cittadino, nella speranza di scorgere il suo vecchio fidanzato.
Non appena lo vide, gli sussurrò con un filo di voce: "Dio ti benedica - Possa andarti tutto bene!". Kierkegaard rimase quasi impietrito e riuscì a sollevare un po' il cappello in segno di saluto. Non si sarebbero rivisti mai più.
Regine tornò nel 1860 dai Caraibi. Søren però non c’era. Il suo cuore aveva ceduto per il dolore: un giorno si accasciò improvvisamente a terra, mentre stava passeggiando in quella che era stata la città teatro del loro amore.
Regine, quando scoprì che il suo antico fidanzato era morto, si sentì mancare. Dopo poco scoprì che Søren le aveva lasciato in eredità tutti i suoi averi: i suoi risparmi, i libri, la casa. Come se fosse stata realmente sua moglie.
Perché per Søren Regine era l’amore, l’unico barlume di felicità.

Così si legge in una delle lettere che le scrisse: “Regine… non ti chiamo ‘mia’ perché non lo sei mai stata (e io ho pagato duramente la felicità che l’idea di possederti mi dava un tempo)… e tuttavia, come posso non dire ‘mia’, dato che tu fosti per me ‘mia’ seduttrice, ‘mia’ assassina, origine della ‘mia’ sventura, ‘mia’ tomba… già. Ti chiamo ‘mia’, e parlando di me, mi chiamo ‘tuo’; tuo tormento vorrei essere, ricordarti con la mia oscura presenza, quello che fummo assieme come in un eterno incubo di morte… ma perché perseguitarti, quando – se mai in vita fui felice, fu quando tu m’ingannavi?[…]”
Quando Regine rimase vedova accettò di rilasciare alcune interviste sul suo rapporto col filosofo e si rese conto del dono più prezioso che lui le aveva fatto .

Era vero che non l’aveva sposata ma aveva consegnato il loro amore puro all’immortalità, poiché nessuno oggi può capire il pensiero filosofico di Søren Kierkegaard ,se non conosce l’amore che ha provato per lei.

Fabrizio Falconi - 2020

04/10/20

La Capanna di Heidegger nella Foresta Nera

 

Martin Heidegger nella baita a Todtnauberg, 1968 FotoDigne Meller MarcoviczCourtesy Bildportal der Kultur-einrichtungen, Berlin © bpk / Digne Meller Marcovicz

LA CAPANNA DI HEIDEGGER NELLA FORESTA NERA

Nel corso del 1922 la moglie di Heidegger, Elfride, fece costruire a Todtnauberg (nella Foresta Nera) una baita (Hütte) dallo stile semplice. Il grande filosofo cominciò così a trascorrervi i periodi liberi dagli impegni accademici.
Qui, fra le altre cose, Heidegger compose la gran parte della sua opera capitale, "Essere e Tempo" (1927) al suono del vento che soffiava tra gli abeti della foresta intorno e sulle travi del tetto.
Heidegger amava visceralmente la Foresta, che utilizzò anche come metafora nella celebre descrizione dell'Essere:
L'Essere scrive è simile a una foresta buia e intricata, dentro la quale si è costretti a vagare lungo i suoi sentieri senza poterla cogliere in maniera oggettiva e distaccata. Saltuariamente, tuttavia, si approda a un diradamento, una «radura» che consente di averne una visuale più ampia pur dal suo interno.
A questa casa-capanna, il filosofo tornò durante tutta la vita, e ancor di più negli anni - difficili - del dopoguerra.
La baita nella foresta nera dove il filosofo scriveva le sue opere esiste ancora: è una modesta costruzione di circa 50 metri quadrati, realizzata tutta in legno poggiante su un basamento di pietre, senza acqua corrente.
Il filosofo e la moglie attingevano l’acqua da un piccolo fontanile poco distante.
Sulla fontana era incisa una stella scolpita nel legno posta come simbolo del sacro collegato ad ogni fonte.
La baita appartiene oggi agli eredi e non è possibile visitarla nell'interno.
E' comunque di semplicità spartana (poco più di una capanna), composta all’interno di quattro stanzette, con una stufa a legna centrale per riscaldarla e per cucinare.
Una piccola scrivania posta davanti ad una finestra che da sulla vallata è il luogo in cui il filosofo scriveva.
La baita è centrale, nel pensiero di Heidegger: simbolo per riflettere sul concetto di sradicamento; l’uomo moderno ha perso il suo rapporto con la terra, e non riesce nel mondo di oggi a ritrovare origine, appartenenza, casa.
Un razionalismo astratto e privo di radici è alla base del consumismo e della commercializzazione di ogni cosa e minaccia nelle fondamenta questo sentimento di appartenenza e con l'ambiente naturale.
Ad Heidegger comunque non riuscì, come avrebbe desiderato, morire in questo luogo. Morì invece a Friburgo a 87 anni nel 1976, poco dopo la morte di Hannah Arendt (1975).

Fabrizio Falconi - 2020
La capanna di Heidegger a Todtnauberg