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05/12/08

La questione del Crocefisso nei luoghi pubblici.



Nella cittadina spagnola di Valladolid un giudice ha riaperto le polemiche sui crocefissi nelle aule delle scuole. La vicenda si trascina già da più di tre anni quando alcuni genitori del centro educativo Macías Picavea portarono la controversia nelle aule dei tribunali. Lo scopo: continuare la battaglia contro il consiglio d’istituto della scuola e ottenere la rimozione dei simboli religiosi. E alla fine, il tribunale del contenzioso amministrativo n.2 di Valladolid gli ha dato ragione ignorando la volontà della maggioranza dei genitori del centro che il crocefisso, invece, lo volevano.

E' solo l'ultimo capitolo di una battaglia sul simbolo del crocefisso che sta velocemente investendo il mondo della critianità occidentale, e quindi anche l'Italia.

Pochi giorni fa a Terni un professore della classe terza A dell'istituto professionale per il commercio Alessandro Casagrande ha pensato bene all'arrivo per le lezioni, di togliere l'immagine del crocefisso dal muro e di riporla nel cassetto della cattedra per poi ricollocarla al termine della sua docenza.

Ciò, nonostante il fatto che gli studenti abbiano chiesto di lasciare quel crocefisso al suo posto e sono la maggioranza.

Insomma, sentiamo da tempo già nell'aria i sintomi dell'intolleranza 'a rovescio' che pretende - e ci riuscirà - di cancellare ogni traccia di simbolo religioso cattolico nella vita pubblica laica.

Il problema però non è questo: la scristianizzazione in Italia, come nel resto d'Occidente procede ormai da decenni, e non è questa novità a farci scoprire quel che dovrebbe essere ormai sotto gli occhi veramente tutti.

E' un male ?

Può non esserlo. Mi piacerebbe infatti che i cristiani cattolici in questa, come in altre circostanze, dessero prova di maturità spirituale, di nobiltà, di purezza, senza lasciarsi contaminare da quello spirito ebbro pagano che ormai sembra voler pervadere ogni cosa, ogni comune sentire.

Che senso ha infatti irrigidirsi di fronte a questo procedere del tempo, invocare rispetto per i simboli sacri, quando ormai questo rispetto è - nella sostanza più che nella forma - sentito come irrilevante ? Che senso avrebbe pretendere il mantenimento della forma esteriore di una verità/realtà non avvertita più - dai fatti della maggioranza - come vera e reale ?

Si dice: " la maggioranza degli uomini ormai vive come se il problema dell'esistenza di Dio non esistesse. "

Ma se allora le cose stanno così, che senso ha pretendere il mantenimento di uno statu quo simbolico, soltanto per acquietare qualche coscienza, e per buona pace comune ?

Sì, certo, la tolleranza è sempre una buona cosa. Ma nel momento in cui un crocefisso appeso alla parete di una aula scolastica viene vissuto come atto intollerante, bisogna - io credo - ritrarsi.

I cristiani non devono aver paura. Non dovrebbero. Dovrebbero ricordarsi dei tempi, dei lunghi tempi ai primordi della Cristianità in cui quel simbolo - il Cristo appeso al suo martirio - era massimamente in-tollerato.

Non si poteva mostrare, il crocefisso. Non si poteva raffigurare, esporre. Non se ne poteva neanche parlare. E si rischiava di morire, per questo.

E allora ? Il cristianesimo fu forse annichilito da questo ? Il cristianesimo di quei cristiani fu forse spento o sradicato per via di questo ? Nient'affatto. Il cristianesimo, semmai, si consolidò, divenne ancora più puro ed essenziale.

Nel buio della catacombe, in quegli umidi anfratti, negli sguardi di quegli uomini spaventati, ma fieri della loro fede, consapevoli, il cristianesimo nacque. Trovò le forze per comunicare al mondo - e convincere il mondo - della Lieta Novella.

E' una occasione, forse, per ritornare a quello spirito. Per ritrovare il senso di una fede originaria, che non va certo fondata, ma forse, rin-novata nello spirito, negli spiriti.

A quel crocefisso, penzolante dal collo delle rockstars, o esibito come gadget o come orpello di consumo, avevamo finito tutti quasi per abituarci, per assuefarci.

Dimenticandocene lo scandalo. Lo scandalo che da esso deriva.

Forse se tornerà ad essere considerato, da una maggioranza sorda, simbolo da non tollerare, quel simbolo - il crocefisso - tornerà ad essere veramente il simbolo vero della fede di tutti i cristiani.
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03/12/08

Il Vangelo della Domenica - La Veglia


VANGELO (Mc 13,33-37)

+ Dal Vangelo secondo Marco

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:
«Fate attenzione, vegliate, perché non sapete quando è il momento. È come un uomo, che è partito dopo aver lasciato la propria casa e dato il potere ai suoi servi, a ciascuno il suo compito, e ha ordinato al portiere di vegliare.
Vegliate dunque: voi non sapete quando il padrone di casa ritornerà, se alla sera o a mezzanotte o al canto del gallo o al mattino; fate in modo che, giungendo all’improvviso, non vi trovi addormentati.
Quello che dico a voi, lo dico a tutti: vegliate!».

Parola del Signore


Vegliate, perchè non sapete quando è il momento. E' il Cristo a dircelo, usando un racconto in parabola, che più chiaro di così non potrebbe essere.

Noi non siamo padroni. Il Padrone è un Altro. E' lui che può disporre della Casa, che può decidere quando e se tornare, e a che ora.

A noi spetta un altro compito, che è quello di vegliare.

"Fate in modo che... non vi trovi addormentati. " E' questa la cosa che sembra preoccupare maggiormente il Padrone. Cosa significa essere 'addormentati' ? Come si è quando si è addormentati ? Si è insensibili, come morti, trasportati in un altro mondo, il mondo dei sogni, sostanzialmente paralizzati.

E il Padrone invece vorrebbe, vuole da noi esattamente l'opposto: vuole cioè che noi 'vegliamo'.

Come è l'attività di uno che veglia ? Sostanzialmente una attività frenetica, instancabile, comunque sempre attiva. Uno che veglia - pensiamo a quando si fa una veglia ad un ammalato grave, all'ospedale (a me è capitato) - non può permettersi di riposare, o se lo fa, deve essere sempre per metà vigile, comunque pronto. Deve essere attivo. Deve mettersi costantemente in gioco.

E' un richiamo che non smette di provocare questo di Gesù. Tanto più oggi, quando le coscienze, molte coscienze, sembrano come addormentate, narcotizzate, anestetizzate, con una emotività - e quindi una reattività conseguente - del tutto rimossa, o sopita.
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31/10/08

Vittorio Messori - Gli stupefacenti segnali che ho ricevuto da Dio.



Davvero sorprendenti queste rivelazioni dello studioso cattolico Vittorio Messori (coautore con Papa Wojtyla di "Varcare le soglie della speranza" e con il card. Ratzinger di "Rapporto sulla fede"), che in nuovo libro-intervista racconta di sè, di come si e' avvicinato a Dio quando era un giovane cronista a Torino, nell'estate del 1964, sfogliando dopo tanti anni un Vangelo.

"Il libricino - ricorda - usci' polveroso, non so come, dai recessi dell'armadio. Non ho ricordo di note che, anche se ci fossero state, sarebbero state arse dalla vampata che eruppe da quel testo. Neppure in questo, dunque, ci fu la mediazione di qualcuno: di un biblista che commentasse quei versetti, di una Chiesa, di un prete, di un amico. Un incontro nudo e crudo, nella mia piccola stanza al piano rialzato del 27 di via Medail, dalla quale non vedevo strade ne' persone ma un cortiletto sempre deserto.

Fu un andare a sbattere, senza intermediari, con una Parola che divenne carne". L'episodio e' raccontato dallo stesso Messori nel libro-intervista scritto con Andrea Tornielli, "Perche' credo", edito da Piemme. Molto citato, nella conversazione, lo scrittore Andre' Frossard, autore del best seller degli anni '70 "Dio esiste, io lo ho incontrato". Ma se a Parigi era stato l'atmosfera di una chiesa a aprire il cuore di Frossard, ad accendere il fuoco della fede in quello di Messori non era bastato, qualche anno prima, l'evento straordinario di una telefonata dall'al di la'.

"Erano gli anni del liceo ed ero - rivela - ancora lontano dalla svolta che mi avrebbe 'costretto' alla fede. Era il primo anniversario della morte di Aldo, lo zio materno morto giovane per un ictus cerebrale. Solo in casa dormivo del sonno pesante di quel giovanotto in salute che ero, quando fui svegliato dal telefono. Alzai la cornetta: un gran caos di disturbi elettrici, di fischi, di raschi, i disturbi che c'erano allora sulle linee quando la chiamata era interurbana e veniva da molto lontano. Dopo qualche mio 'Pronto! Pronto!' mi arrivo', chiarissima, inconfondibile, la voce, che ben conoscevo, di mio zio.

Mi disse, affannato, parole che ancora adesso ricordo come se le avessi udite ieri: 'Vittorio, Vittorio! Sono Aldo! Sto bene! Sto bene!'. Subito dopo, il rumore che annunciava la caduta della linea, la fine del collegamento. Guardai l'ora. Come mi confermarono poi i miei genitori, era quella, esatta al minuto, della morte dello zio, giusto un anno prima".

Rispondendo a Tornielli, Messori ammette candidamente di aver "esaminato ogni altra possibilita'" dopo quella straordinaria telefonata. "Ho finito con l'arrendermi all'evidenza, non essendo come gli ideologi, gli atei in primis, che fanno prevalere sui fatti il loro schema aprioristico: era proprio zio Aldo, sua era la voce, non reggono ipotesi di scherzi macabri, equivoci, allucinazioni.

Ne' mi e' possibile pensare a un sogno, visto che ero ben sveglio sia durante sia dopo la telefonata: in effetti, quella notte non tornai piu' tra le coltri e attesi in piedi l'alba".

Una telefonata che tuttavia "non basto'" ad avvicinarlo alla fede: "passata la sorpresa - confida lo scrittore - rimossi presto il ricordo di quella notte, mettendo l'episodio tra le singolarita' inspiegabili in cui a tutti puo' capitare di imbattersi.

Gesu' stesso ci avverte, nella parabola del povero Lazzaro, quando il ricco, ormai morto, chiede ad Abramo di poter avvertire i cinque fratelli perche' non finiscano essi pure all'inferno. Ed Abramo: 'Se non ascoltano Mose' e i Profeti, non sarebbero persuasi neanche se qualcuno risuscitasse dai morti'.

Per Messori, che lo ha sperimentato su se stesso, "c'e' un mistero di accecamento" per gli uomini "che si lagnano del 'silenzio di Dio'. Spesso non e' Lui che e' muto, siamo noi che siamo sordi. E' vero che, per rispettare la liberta' delle creature, il Creatore ha scelto di praticare la 'strategia del chiaroscuro'. Ma, lo dice la parola stessa, accanto al buio c'e' anche la luce: ed e' proprio questa che spesso ci si ostina a non vedere".

Nell'intervista rilasciata a Tornielli, lo scrittore racconta anche di una sua inchiesta compiuta su un analogo episodio "paranormale" accaduto ad un facoltoso professionista torinese che si era rivolto per telefono a un istituto di suore per un'infermiera. La sera dopo si presento' una religiosa nel suo abito austero e da allora, ogni notte, venne puntualmente a vegliare al capezzale dell'uomo. Guarito, decise per prima cosa di andare con la moglie all'istituto della religiosa per salutarla e ringraziarla ancora dell'assistenza. In portineria si stupirono per il nome della suora perche' una di loro aveva portato quel nome: per tutta la vita aveva assistito i malati e che aveva lasciato un ricordo esemplare. Ma era morta da molti anni".

Comprensibilmente, quei coniugi non sapevano capacitarsi. "Li condussero - racconta lo scrittore - nel piccolo cimitero al fondo del giardino del convento e mostrarono loro la tomba, con la foto della defunta sotto la croce: ne segui', ovviamente, un rischio di malore per la coppia, visto che entrambi la riconobbero senza esitazione. Era proprio lei".

"Sulle prime - spiega Messori a Tornielli, che fedelmente riporta - pensai a una sorta di leggenda metropolitana, ma alla fine mi decisi e andai a conoscere quei coniugi. Mi confermarono tutto, senza esitazione, eppure con pudore, temendo, stimati borghesi com'erano di essere scambiati per allucinati. In effetti, mi accolsero con cortesia, mi raccontarono, concordi, com'era andata ma con altrettanta concordia, malgrado le mie insistenze, non mi permisero di parlarne sul giornale. Volli completare, approfittando delle mie conoscenze nel giro religioso per ottenere dalle religiose di mostrarmi quella sepoltura. Vi sostai, ovviamente, con emozione: ma, a quel tempo, la scoperta della fede era gia' avvenuta. Se non potei scriverne allora, lo faccio adesso perche', vista l'eta', credo che quei due siano gia' andati da tempo a salutare e ringraziare quella misteriosa infermiera notturna. Dai cenni che mi fecero, mi parve di capire il perche' di quelle visite: con pazienza, con amabilita', con l'esempio, la suora giunta dall'Aldila' li aveva riavvicinati alla fede, li aveva indotti addirittura a riscoprire i sacramenti. Insomma, le era stato concesso un prolungamento dell'apostolato che aveva esercitato in vita".

Secondo Messori, "in casi come questi si dimostra come il vero libero pensatore sia il credente. Questo constata i fatti e, se sono oggettivi e provati, li accetta, anche se vanno al di la' degli schemi razionalisti e dell'esperienza comune.

Il non credente, invece, e' prigioniero del suo schema ideologico: se i fatti non vi rientrano, tanto peggio per i fatti, una spiegazione 'naturale' bisogna assolutamente cercarla, altrimenti va in crisi il pre-giudizio. E, se non adesso, la spiegazione - conclude - la si trovera' in futuro".

fonte AGI

23/10/08

Il duello tra Atei e Credenti secondo Jung - Un presupposto sbagliato.



In tempi nei quali sembra essersi radicalizzato ancor di più il confronto tra i razionalisti-atei e i credenti-positivi, con una reciproca incomunicabilità, ritengo sia davvero utile rileggere questa paginetta di Carl Gustav Jung (davvero profetica), contenuta nella Risposta a Giobbe, testo di cui abbiamo già parlato qui:

In questa materia l'obiettività assoluta è ancora più difficile da raggiungere che altrove. Se si hanno convinzioni religiose positive, cioè se si "crede", si avverte il dubbio come estremamente sgradevole, o addirittura lo si teme. Per questo motivo si preferisce non analizzare l'oggetto della fede. Se invece non si hanno delle opinioni religiose, non ci si confessa volentieri il sentimento di una lacuna, ma o ci si vanta apertamente della propria spregiudicatezza, o si accenna almeno al nobile spirito di libertà su cui si fonda il proprio agnosticismo....

Ambedue, credente e agnostico, sentono senza saperlo l'insufficienze dei loro argomenti. L'illuminismo opera valendosi di inadeguati concetti razionalistici della verità e richiama l'attenzione, ad esempio, sul fatto che credenze come quelle nella nascita da una Vergine, nella qualità di figlio di Dio, nella resurrezione dei morti, nella transustazione e altre ancora siano del tutto assurde. L'agnosticismo afferma di non possedere alcuna nozione relativa a Dio o a un qualsiasi altro oggetto metafisico e si lascia sfuggire il fatto che non si possiede mai una convinzione metafisica, ma si viene posseduti da essa. Disgraziatamente anche i difensori della 'fede' operano spesso con gli stessi futili argomenti, soltanto nel senso opposto..

Ambedue i sostenitori di questi due opposti punti di vista sono posseduti dalla ragione che incarna ai loro occhi l'arbitro supremo e indiscutibile. Ma chi è "la ragione" ? Perchè dovrebbe essere l'arbitro supremo ? Non significa ciò, che è ed esiste un'istanza collocata al di sopra del giudizio della ragione, come ci viene confermato dalla storia dello spirito umano in tanti esempi ?


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26/05/08

Sègolène Royal ritratta dai fotografi mentre prega - Fede privata, Fede pubblica.


Come hanno riportato i media, qualche giorno fa ha fatto discutere in Francia il caso della candidata (sconfitta) alle presidenziali francesi, Sègolène Royal, che un paparazzo intraprendente aveva ritratto in ginocchio, intenta a pregare davanti ad un altare nella chiesa di Santo Spirito a Firenze.

L'ex candidata socialista si è risentita, e ha protestato: "E' una questione privata!", riferendosi alla propria fede. In questo riferendosi al precedente illustre e notorio di Charles de Gaulle che, pur essendo cattolico, "in pubblico non ha mai espresso nè la sua fede, nè la sua pratica, perchè faceva una distinzione tra il suo ruolo di capo dello Stato, incarnazione di una repubblica laica, e il suo credo personale. Laicità " ha aggiunto la Royal, " significa che non ci deve essere confusione tra gli impegni pubblici e i credo privati."

Ora, se il ribadire questa distinzione mi sembra irreprensibile - nei contenuti e nella sostanza - da parte di una personalità politica (se non altro per evitare il malcostume dilagante dell'uso strumentale di presunti (e non sinceri) credi privati per fini elettorali o politici tout court - qualche dubbio mi viene perchè credo che oramai questa distinzione sia stata automaticamente assorbita anche da tutti, dalla gente comune, dalle persone che non ricoprono cariche di nessun tipo. Semplicemente come atteggiamento di costume che si va imponendo:

la fede religiosa è un fatto privato. E DEVE essere vissuta privatamente. La sua esplicazione pubblica viene vista sempre più come una invasione della libertà altrui.

Il senso del sacro è relegato al privato. Il senso del sacro può esternarsi pubblicamente solo in manifestazioni di culto organizzato, e possibilmente di massa. Diventando quindi un evento. Solo in tal modo possono essere tollerate senza che diventino una presunta 'offesa' alla sensibilità individuale (il ragionamento è: "se io sono ateo, non mi puoi 'imporre' la tua fede, nel senso che preferirei anche che non me ne parlassi, e te la tenessi per te." )

Ciò comporta e si manifesta anche con quella oramai evidente scristianizzazione del mondo occidentale. In Italia, anche se in pochi se ne accorgono, la cosa avanza cavalcando.

Qualche giorno fa, a Roma, mi hanno raccontato, migliaia di automobilisti inferociti smoccolavano per l'improvviso blocco del traffico nella zona di San Giovanni. Ignoravano - e come avrebbero potuto saperlo ? - che quel giorno era il 22 maggio, festa (abolita) del Corpus Domini, e da qualche centinaio di anni si svolge una processione dalla Basilica Lateranense a Santa Maria Maggiore.

Ma non si tratta di evento di massa. Giornali e tg non ne parlano. E' solo un vecchio rito. E forse sarebbe meglio che restasse nella sfera del privato..
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