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23/01/18

Tornano alla luce - e tutti visibili - per il Natale di Roma, 15 grandi monumenti romani grazie al Parco Archeologico del Colosseo promosso dal MIBACT.




La gloriosa Curia del Senato al Foro Romano, le Uccelliere Farnese sul colle dei Cesari, la Domus Transitoria, la prima casa di Nerone sul Palatino, chiusa al pubblico da 60 anni ed edificata tra il 60 e il 64 d.C.: sono alcuni degli straordinari monumenti che, grazie al lavoro del nuovo Parco Archeologico del Colosseo, diretto da Alfonsina Russo, al quale il MIBACT ha concesso autonomia gestionale, saranno restituiti prossimamente alla città, già a partire dal Natale di Roma, il 21 aprile prossimo. 

Si comincerà proprio dalla Curia del Senato, luogo nevralgico della  storia di Roma, che riaprirà nelle seconda metà di febbraio, divenendo anche sala polifunzionale, per mostre temporanee, conferenze e incontri a tema.

L'8 marzo toccherà invece alla Uccelliere Farnese, i due padiglioni gemelli incastonati tra le rovine, e al Ninfeo della Pioggia, anch'esso opera del genio dei Farnese, realizzati tra il XVI e XVII secolo.

Per il 21 aprile, poi, l'apertura di 11 luoghi segreti del Parco: nel giorno del Natale di Roma rivedranno finalmente la luce, oltre alla Curia, il Tempio di Romolo, Santa Maria Antiqua con l'Oratorio dei Quaranta Martiri e la Rampa Domizianea, il Criptoportico neroniano, il Museo Palatino, le case di Augusto e di Livia, l'Aula Isiaca e la Loggia Mattei. 

Inoltre tra maggio e giugno verrà aperta un camminata paesaggistica-archeologica lungo il versante sud-occidentale del Palatino, particolarmente spettacolare per l'affaccio sul Circo Massimo. 

Infine, in autunno, riaprirà anche la Domus Transitoria, nel ventre del Palatino, la prima casa di Nerone, forse ancora più leggendaria della Domus Aurea,  con il ninfeo-teatro, il padiglione con le colonne di porfido, e gli ambienti impreziositi da tarsie marmoree, e volte ricoperte da foglie d'oro, lapislazzuli e paste vitree.




08/11/17

La Follia del Mega Palco per il "Divo Nerone" - un enorme Flop con i soldi pubblici.




Sta finalmente per essere definitivamente smantellato il Mega-Palco costruito nel cuore del Foro Romano nella primavera scorsa - una struttura gigantesca alta 30 metri e con 3.000 posti a sedere -  per ospitare lo spettacolo (una presunta opera-rock) Divo Nerone, rivelatosi un flop senza precedenti. 

La struttura così invasiva aveva fatto gridare allo scandalo già dalla sua costruzione, ma a nulla erano valse le proteste di associazioni ambientaliste e comitati di cittadini. 

Adesso, a distanza di qualche mese da un fallimento clamoroso (che ha lasciato senza paga perfino le maestranze assunte per l'allestimento), inizia il solito balletto italiano delle responsabilità, considerando che l'opera era finanziata da fondi pubblici e patrocinata da enti istituzionali. 

Interrogato dall'Ansa, anche il ministro della Cultura Franceschini, che pure aveva voluto fortemente il progetto, si chiama fuori: "Il Divo Nerone? È stato un belfallimento, ma il milione di euro non era dello Stato"

Il ministro precisa: "Il patrocinio - spiega Franceschini - e' quello che da' il Ministero a una manifestazione. Altra cosa sono i permessi che non c'entrano niente con il patrocinio e che vengono dati, in questo caso, dalle singole Soprintendenze per la realizzazione di una struttura in un'area archeologica, che e' competenza della Soprintendenza e non del ministero". 

Circa le polemiche sul finanziamento della Regione al progetto, replica Franceschini, "devo rispondere io anche delle scelte della Regione? Il patrocinio del ministero - conclude - non e' riferito al tipo di struttura che si costruisce o al successo di una iniziativa, ma e' una cosa che si da'. Casella? (Il produttore dello spettacolo ndr). Non so chi sia, non lo conoscevo". 

Insomma, la colpa è (sarebbe) tutta delle Soprintendenze che hanno concesso i permessi (a nostro avviso veramente folli) e della Regione che ha messo il milione di euro. 

Ma un Ministero che si chiama Della Cultura, non avrebbe il diritto/dovere di tutelare il patrimonio storico archeologico di Roma (il più ingente concentrato in una città) e di impedire la realizzazione di simili scempi ??

Fabrizio Falconi 


03/10/17

Dopo 40 anni riaprono dal 1 novembre il IV e V livello del Colosseo !!






Dopo piu' di 40 anni, saranno riaperti al pubblico, a partire dal prossimo 1mo novembre, il IV e il V livello del Colosseo

Posizionati a circa 40 metri d'altezza rispetto al piano dell'arena, i due livelli erano destinati alla plebe e non consentivano una veduta dettagliata di quanto accadeva nell'arena, ma in compenso erano coperti dalla tettoia che riparava dal sole e dalla pioggia

"E' una giornata importante, riapriamo i piani alti dell'Anfiteatro Flavio in seguito a un restauro importante", ha detto il ministro dei Beni e delle Attivita' culturali e del Turismo, Dario Franceschini, nel corso della visita organizzata per la stampa. 

Fino ad oggi era possibile visitare l'anfiteatro Flavio soltanto fino al III livello

Dal 1 novembre saranno invece visitabili il IV e il V livello con delle visite guidate, che occorre prenotare attraverso il sito www.coopculture.it o chiamando il numero 06-39967700. 

Con una vista veramente incomparabile sul monumento:



Questo nuovo percorso di visita, consentito per ragioni di sicurezza soltanto se accompagnati da una guida e per gruppi di massimo 25 persone, comincia con l'attraversamento dell'unica galleria conservata come in origine. 

E' uno spazio con copertura a volta destinato allo smistamento del pubblico che si trova tra il II e il III livello

"Il V livello del monumento - ha spiegato la direttrice del Colosseo, Rossella Rea - era destinato alla plebe, il IV alla classe dei commercianti e la piccola borghesia, il III ad una categoria che potremmo definire 'middle class', il II ai cavalieri (gli equites), e il I, infine, era destinato ai senatori, che sedevano su dei troni di marmo e agli ospiti pubblici". 

La capienza dell'Anfiteatro era di 50-60 mila posti.

29/09/17

L'eremita che viveva nel Colosseo. Una storia particolare.

  



Anche Roma ha avuto i suoi santi mistici. E alcuni di loro, vissuti in tempi relativamente recenti, hanno lasciato tracce ben visibili nella storia e nei luoghi cittadini.
E’ il caso di San Benedetto Giuseppe Labre, un santo di cui oggi si è persa quasi la memoria, nato il 26 marzo del 1748 ad Amettes, un villaggio di cinquecento abitanti nel Passo di Calais, nel nord della Francia, che ancora oggi dalla Chiesa è celebrato come il patrono di tutti i barboni, o clochard, e quindi anche di tutti i senzatetto che ancora vivono nella Roma industrializzata di oggi.

Nato poverissimo, Benedetto, detto il Vagabondo di Dio, dopo diversi tentativi di inserirsi in una vita monacale, si convinse di essere destinato a predicare il Vangelo nelle strade, insieme ai più umili. Così fece, e come un Forrest Gump ante litteram in pochi anni percorse qualcosa come trentamila chilometri a piedi, visitando i santuari più famosi dell’epoca in mezza Europa, e arrivando finalmente a Roma, la città santa, il 3 dicembre del 1770, da dove non si allontanò più, se non per la visita annuale che si concedeva a Loreto, alla Santa Casa.

Viveva e dormiva per strada, vivendo di semplici offerte che gli venivano concesse anche se egli non chiedeva l’elemosina, donando tutto ciò che aveva, e avendo stabilito come sua dimora, uno degli antichi archi del Colosseo, esattamente l’arco XLIII dove visse per ben sette anni.  Da qui si trasferì alle grotte che all’epoca si trovavano nella zona di Montecavallo (il Quirinale) e infine – quando era già molto malato – all’ospizio di San Martino ai Monti.


La sua fama di mistico e di santo dei poveri si era nel frattempo diffusa nella città, al punto che nobili e cardinali lo cercavano e lo convocavano per ottenere consigli spirituali.
La gente del popolo lo aveva soprannominato Il penitente del Colosseo o il povero delle Quarantore, perché lo si vedeva sempre nelle Chiese di Roma che svolgevano il rito delle Quarantore, secondo la tradizione il tempo trascorso da Gesù Cristo fra la sua morte e la Resurrezione.

A lui si attribuivano, già in vita, numerosi miracoli. E quando le sue condizioni di salute, già fragili, peggiorarono, una folla si riunì in preghiera quando, il giorno del mercoledì santo del 1783, Benedetto si sentì male mentre era in preghiera nella chiesa di Santa Maria dei Monti e fu trasportato a braccia nella bottega di un macellaio di Villa dei Serpenti, tale Zaccarelli, che era stato il primo a soccorrerlo.

Le preghiere furono inutili: in quello stesso pomeriggio morì, a soli trentacinque anni di età. Il corpo fu esposto per tre giorni a Santa Maria dei Monti, in coincidenza con i riti pasquali, e a rendergli tributo arrivò una folla immensa. I riti furono sospesi, e  il giorno della Pasqua, il 20 aprile del 1783 fu sepolto nella stessa chiesa.

E ancora oggi, il corpo del Santo è conservato al primo piano della casa al numero civico 2 di Via dei Serpenti, dove è possibile leggere esternamente questa lapide:  In questa casa, portatovi morente dalla vicina Chiesa della Madonna dei Monti, il 16 aprile 1783, spirava San Benedetto Giuseppe Labre, miracolo di carità e di penitenza, apostolo pellegrino dei maggiori santuari d’Europa.


E’ uno dei pochi casi a Roma, dove è stata conservato e protetto, da ogni destinazione futura, il luogo della morte di un Santo. Il palazzo era all’epoca di proprietà dell’ambasciata del Portogallo (come si evince dallo stemma e dalla iscrizione che si può leggere al portone vicino, il civico 3), che aveva dato il locale in concessione ad un certo Petazzotti, e da questo subaffittata al macellaio Zaccarelli.

La casa dove morì Benedetto fu acquistata dal postulatore della causa di beatificazione, Raffaele Virili, e di passaggio in passaggio fu affidata infine alla custodia delle Volontarie del Movimento pro Sanctitate che la gestiscono ancora oggi.

La casa-Cappella, che ancora oggi è aperta al pubblico ogni 16 aprile (giorno di San Benedetto) e a richiesta dell’istituto, conserva quadri ispirati alla figura del Santo, le assi del letto e il materasso dove l’eremita morì e alcune reliquie:  gli indumenti, due scatole contenenti documenti, i libri di preghiera, una scarpa, le sue bisacce e una maschera di cera. Nell’angolo preciso della Casa dove Benedetto morì, infine, protetta da una inferriata,  una statua in gesso che rappresenta il santo nei suoi ultimi istanti di vita, con due cuscini sotto il capo e la scritta: Hic jacet corpus S.B.J. Labre.



Nella parete di fronte, a rendere ancora più evidente la suggestione del luogo, i cuori in argento ed ex voto per grazie ricevute dal Santo dai fedeli nel corso degli ultimi due secoli.

07/06/17

Una Cancellata intorno al Colosseo ?? " Si sta valutando".




Comunque voi la pensiate (e potete lasciarlo scritto nei vostri commenti), è una notizia non positiva per Roma. Che purtroppo rischia di diventare molto presto realtà. 

Roma, Raggi: per Colosseo Soprintendenza valuta idea cancellata In Parco archeologico c'è nuova autorità Roma, 7 giu.
(askanews) - 

"Per il Colosseo adesso c'e' la nuova autorità del Sopritendente per il Parco archeologico. Mi sembra che l'idea della recinzione sia quella prevalente". Lo ha detto la sindaca di Roma Virginia Raggi al termine della Comitato provinciale per l'ordine e la sicurezza appena conclusosi in prefettura, a chi le chiedeva se si fosse discusso del progetto di recinzione intorno all'area del Colosseo. 

20/03/17

Torna "La luna sul Colosseo", visite notturne all'Anfiteatro Flavio.




Torna "La luna sul Colosseo", visite notturne all'anfiteatro Flavio fino al 31 dicembre, con tappa ai sotterranei e gallerie interne 

Il percorso comincia dal piano dell`arena, da dove si scorgono le profondità dei sotterranei, le cavità delle gallerie e il susseguirsi delle arcate interne del monumento, resi particolarmente suggestivi dall`illuminazione serale. 

Qui si raccontano gli spettacoli munera et venationes (duelli tra gladiatori e cacce), la storia e l`architettura del monumento. 

Le aperture serali dell`anfiteatro consentono anche la visita ai sotterranei, mostrando i luoghi in cui gladiatori e belve feroci attendevano prima di apparire al cospetto del pubblico per sfidarsi in combattimenti e cacce cruente, e spiegando il funzionamento dell`apparato tecnico che consentiva il sollevamento di uomini e animali dai sotterranei all`arena. 

 Quest`anno il percorso sarà arricchito dalla visita alla mostra "Colosseo. Un`icona", promossa dalla Soprintendenza Speciale per il Colosseo e l`area archeologica centrale di Roma con Electa, che andrà avanti fino al 7 gennaio 2018

 Le visite di 75 minuti - in italiano, inglese e spagnolo - si terranno fino al 31 dicembre 2017.


22/02/17

Colosseo, Un'icona - Dall'8 Marzo una Grande Mostra racconta la storia del Monumento più famoso.



Il Colosseo si racconta per la prima volta in una grande mostra

Dall’8 marzo 2017 al 7 gennaio 2018, nell’ambulacro del secondo ordine i milioni di visitatori dell’anfiteatro Flavio potranno conoscere tutta la storia del monumento

La rassegna Colosseo. Un’icona va oltre la narrazione del tempo dei Cesari, per ripercorrere la lunga e intensa vita del sito nei secoli, fino ai giorni nostri. 


La mostra è curata da Rossella Rea, Serena Romano e Riccardo Santangeli Valenzani. Progetto di allestimento di Francesco Cellini. 

In sei sezioni ordinate cronologicamente, l’influenza storico-culturale dell’anfiteatro si riscontra negli ambiti più diversi: dalla pittura al restauro, dall’architettura all’urbanistica, dallo spettacolo alla letteratura, dalla sociologia alla politica. 

Nel tempo, il monumento diventa simbolo per eccellenza di eternità e potenza, di civiltà e cultura. Ancora oggi all’attenzione della cronaca internazionale, il Colosseo è presente nell’immaginario collettivo non solo degli italiani: il suo mito continua. 

Alla mostra si accompagna il volume The Colosseum Book e seguirà il catalogo, editi da Electa.

Colosseo. Un’icona 
A cura di Rossella Rea Serena Romano Riccardo Santangeli Valenzani 
Promossa da Soprintendenza Speciale per il Colosseo e l’area archeologica centrale di Roma con Electa 
Periodo 8 marzo 2017 – 7 gennaio 2018 
Organizzazione e catalogo Electa 
Orari 8.30 – 17.00 dal 8 al 15 marzo 8.30 – 17.30 dal 16 al 25 marzo 8.30 – 19.15 dal 26 marzo al 31 agosto 8.30 – 19.00 dal 1 settembre al 30 settembre 8.30 – 18.30 dal 1 al 28 ottobre 8.30 – 16.30 dal 29 ottobre 2017 al 7 febbraio 2018 L’ultimo ingresso si effettua un’ora prima della chiusura del monumento. 
Biglietto Intero € 12,00; ridotto € 7,50 comprensivo delle mostre in corso nell’area archeologica Foro Romano– Palatino–Colosseo. 
Riduzioni e gratuità secondo la normativa vigente. 
Lo stesso biglietto consente l’accesso al Colosseo, al Foro romano e al Palatino. È valido 2 giorni per un solo ingresso al Colosseo e un solo ingresso al Foro Romano–Palatino 
I biglietti sono acquistabili online sul sito www.coopculture.it
Per evitare la fila leggere con smartphone e tablet il QRcode all’ingresso del monumento. 

18/01/17

Colosseo: da uno scavo riemerge il cranio di un cavallo di età medievale !






I resti della testa di un cavallo di epoca medievale sono stati ritrovati al Colosseo

L'annuncio e' stato dato dal soprintendente ai Beni archeologici di Roma, Francesco Prosperetti, incontrando i giornalisti all'esterno dell'Anfiteatri Flavio. 

"Proprio oggi nel corso di un cantiere per la pulizia delle aree circostanti i gradini del basamento del Colosseo - ha detto -, da uno scavo in superficie e' stato scoperto il cranio di un cavallo di epoca medievale. Una testimonianza, se ce ne fosse bisogno, che la piazza del Colosseo e' un luogo tutto da indagare dal punto di vista archeologico".

Secondo quanto si apprende dai tecnici della Soprintendenza i resti risalirebbero all'epoca medievale, "tra il XII e il XIII secolo, come ha confermato l'archeozoologo ad una prima analisi visiva dei reperti". 

Ulteriori accertamenti saranno effettuati successivamente, contemporaneamente al proseguimento degli scavi sul basamento del Colosseo

Non e' comunque la prima volta che resti di animali vengono rinvenuti nell'area dell'Anfiteatro Flavio. Molti sono esposti in una mostra all'interno proprio del monumento. 

07/10/16

I grandi Tesori di Palmira ferita da oggi in Mostra al Colosseo.





La Sala dell'Archivio di Ebla, dove nel 1975 furono rinvenute 17.000 tavolette cuneiformi, oggi in stato di abbandono, il gigantesco Toro androcefalo alato di Nimrud, finito polverizzato, il tetto del Tempio di Bel a Palmira, di cui restano solo frammenti, rivivono grazie a magistrali ricostruzioni a grandezza naturale nella mostra allestita da oggi all'11 dicembre al Colosseo.

Un messaggio di speranza per i tesori di civilta' andati distrutti a causa del conflitto bellico in Siria e in Iraq, le cui drammatiche conseguenze sono documentate anche da due splendidi altorilievi (da Palmira), violentemente danneggiati dalla furia iconoclasta, che saranno restaurati in Italia.

Intitolata 'Rinascere dalle distruzioni. Ebla, Nimrud, Palmira', l'importante esposizione e' stata ideata e curata da Francesco Rutelli e Paolo Matthiae, alla guida nel 1964 della spedizione archeologica italiana che riporto' alla luce le meraviglie di Ebla.

160mila euro all'anno per tre anni. E' questo l'esborso sostenuto dalla FondazioneTerzo Pilastro per dare vita a "Rinascere dalle distruzioni. Ebla, Nimrud, Palmira", la mostra inaugurata alla presenza del Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, del Ministro degli Esteri, Paolo Gentiloni, e del Ministro dei Beni Culturali, Dario Franceschini.

La mostra e' stata interamente finanziata dalla Fondazione Terzo Pilastro, senza alcun onere per lo Stato.

"Il nostro obiettivo finale - ha dichiarato Emmanuele F.M. Emanuele, Presidente della Fondazione Terzo Pilastro - e' ricostruire i monumenti nel luogo in cui sono stati abbattuti. Siamo pronti, se sara' necessario, anche ad aumentare il volume del nostro sostegno all'iniziativa".

 Emozionato, davanti al riallestimento di quelli che potrebbero essere i resti degli Archivi Reali della citta' siriana, Matthiae ricorda quel giorno di ottobre di 41 anni fa, quando comincio' a riemergere lo straordinario patrimonio di tavolette incise, scoperta che costitui' una vera e propria rivoluzione per l'indagine storiografica.

"La situazione in Siria adesso e' drammatica - ha detto Matthiae - ma questa mostra e' il primo segnale da parte di un paese occidentale che cio' che l'Isis ha distrutto puo' essere ricostruito". Un compito che potra' essere perseguito, ha proseguito l'archeologo, solo in caso che finisca la guerra e sia garantito il massimo livello di sicurezza.

A patto comunque che ogni intervento di recupero del patrimonio sia compiuto nel rispetto della sovranita' dei singoli paesi, in modo coordinato e con una collaborazione "possibilmente universale".

Del resto il dialogo e' gia' iniziato, testimoniato dai due reperti eccezionalmente concessi in prestito dalle autorita' siriane, "feriti dalla guerra", ha spiegato Francesco Rutelli, che l'Italia restaurera' nei prossimi mesi e restituira' nel loro splendore originario.

Non a caso e' proprio Rutelli a parlare di una sorta di "corridoio per la cultura", in quanto la mostra romana e' stata ideata e realizzata con il conflitto ancora in corso, in grado quindi di documentare "la storia, i contrasti, il valore di una civilta"'.

"Il Colosseo e' il sito del nostro paese piu' visitato da italiani e stranieri - ha aggiunto il Soprintendente per il Colosseo e l'area archeologica centrale di Roma Francesco Prosperetti - Con questa rassegna lanciamo un messaggio globale sull'importanza del patrimonio culturale e del suo valore identitario, sulla necessita' di proteggerla, curarla, restaurarla, in alcuni casi di ricostruirla".

Ecco quindi il percorso espositivo che si apre con la ricostruzione del Toro alato, con il volto dalle fattezze umane, tra le meraviglie di Namrud, prima capitale dell'impero assiro, andato distrutto nella primavera del 2015 quando il sedicente Stato Islamico ha abbattuto, con cariche di esplosivo, il settore della corte e della sala del trono del palazzo di Assurnasirpal II.

Alto quasi cinque metri e imponente come l'originale (purtroppo polverizzato), quello esposto e' stato realizzato in polistirolo, suddiviso in blocchi (assemblati in loco), induriti con passate di resina e infine rivestiti con finta pietra (in travertino macinato), lavorata e modellata a mano per riprodurre ogni minimo dettaglio (perfino le crepe del tempo) del capolavoro distrutto.

"C'e' voluta una grande ricerca per arrivare a questi risultati di perfezione", sottolinea la storica dell'arte Cristina Acidini, commentando il lavoro di Nicola Salvioli, specializzatosi alla scuola di Alta Formazione dell'Opificio delle Pietre Dure di Firenze, mentre la Sala dell'Archivio di Ebla e' stata messa a punto da Arte Idea e il soffitto del Tempio di Bel a Palmira da Tryeco 2.0. Carica di suggestione, infine, l'installazione immersiva curata da Studio Azzurro, che trasporta il visitatore tra Siria e Iraq, nei luoghi dove le distruzioni sono avvenute.


06/09/16

Terremoto a Roma ?? Questo l'elenco di quelli più disastrosi nella storia della Capitale.



Molti si chiedono, alla luce dei tragici eventi sismici di Amatrice e della zona limitrofa, quali sono le probabilità di un disastroso terremoto nella capitale.  Questo è uno studio aggiornato della Protezione Civile sui rischi della capitale. 

Il territorio del Comune di Roma ha una sismicità modesta, determinata soprattutto dagli effetti dei terremoti con epicentro nell'area dei Castelli romani e nell’Appennino abruzzese e umbro. Questa sismicità non è però trascurabile, per il valore elevato dei beni monumentali e architettonici della città e per la vulnerabilità del patrimonio edilizio.
Nel corso della storia, i terremoti con epicentro nelle aree dell'Appennino centrale (soprattutto Umbria e Abruzzo) e dei Colli Albani hanno prodotto danni agli edifici della Capitale generalmente non gravi, riferibili al VI-VII grado della scala Mercalli, come lesioni agli intonaci, caduta di comignoli e cornicioni. In alcuni casi, questi eventi hanno causato danni più gravi (fessure nelle pareti, crolli parziali di solai e mura), legati alla fatiscenza delle costruzioni o, probabilmente, a effetti locali causati dalla natura dei terreni.
I terremoti con epicentro nel Comune di Roma, invece, risultano poco frequenti e di bassa intensità, anche se hanno raggiunto il VI-VII grado Mercalli nel 1812 e nel 1909.



E' uno dei terremoti storici più importanti con origine nell'Appennino centrale e probabilmente l'evento sismico più fortemente risentito a Roma di cui si abbia notizia.Il terremoto interessò l'area dell'Appennino centro-meridionale compresa tra Perugia e Benevento, con danni riferibili ad intensità uguali e superiori all'VIII grado MCS. Il terremoto è attestato in numerose fonti documentarie e memorialistiche della stessa epoca ed è ampiamente ricordato nella tradizione cronachistica italiana. Secondo la testimonianza di Matteo Villani (secolo XIV), i danni in Roma furono decisamente consistenti: «[i terremoti] feciono cadere il campanile della chiesa grande di San Paolo, con parte della nobile torre delle Milizie, e la torre del Conte, lasciando in molte parti di Roma memoria delle sue rovine». Nel 1351 a Petrarca, che si trovava a Roma per il Giubileo del 1350, la città apparve prostrata: «Caddero gli antichi edifici trascurati dai cittadini ammirati dai pellegrini, quella torre, unica al mondo, che era detta del conte, aperta da grandi fenditure si è spezzata ed ora guarda come mutilata il proprio capo, onore della superba cima sparsa al suolo; inoltre, benché non manchino le prove dell'ira celeste, buona parte di molte chiese e anzitutto di quella dedicata all'apostolo Paolo è caduta a terra la sommità di quella Lateranense è stata abbattuta, tutto ciò rattrista con gelido orrore l'ardore del Giubileo». Petrarca tornò sull'argomento nel 1353 e nel 1368: in una lettera ricorda tra gli edifici danneggiati anche la «Virginis domus supremo colle consistens», da identificare probabilmente con la chiesa di Santa Maria in Ara Coeli. 
Forse anche in considerazione dell'afflusso dei pellegrini per il Giubileo, Clemente VI si preoccupò del restauro di alcune delle più importanti chiese della città che avevano subito danni a causa del sisma: le basiliche di S. Paolo, di S. Pietro e di S. Giovanni in Laterano.

Nel gennaio e febbraio 1703 Roma fu investita da una serie di violente scosse di terremoto, che raggiunsero un'intensità del IX e X grado MCS causando notevoli danni. Questa crisi sismica è uno dei più importanti eventi sismici dell'Italia centrale. Le scosse più violente ebbero origine nel tratto di Appennino umbro e abruzzese che comprende l'alta Val Nerina e l'Aquilano e distrussero numerosi centri abitati, provocando varie migliaia di vittime e feriti, con vistosi effetti sul terreno e sulle acque sotterranee.
Nei giorni di maggiore attività (gennaio-febbraio 1703) gli abitanti di Roma, spaventati dal succedersi delle repliche e dalle notizie provenienti dalle aree più colpite pernottarono all'aperto. In città non vi furono vittime, se non causate dalla paura o da incidenti. Delle numerose scosse avvertite a Roma nel corso del 1703, solo due produssero danni di rilievo: quella del 14 gennaio, disastrosa nella zona di Norcia, e quella del 2 febbraio, che provocò gravissimi danni all'Aquila. Fu quest'ultima a produrre i maggiori effetti in città. 
Numerosi gli edifici monumentali di Roma danneggiati dal terremoto, soprattutto chiese e palazzi; particolarmente gravi i danni al Colosseo. Effetti sulle acque sotterranee furono notati in molti pozzi della città: aumenti temporanei del livello, intorbidamenti, sapori ed odori insoliti. A Piazza di Spagna si verificò l'unico effetto sul suolo: "appresso la barcaccia si è aperto il terreno et ha mostrato un antico acquedotto". Inoltre, alla foce del Tevere si sarebbe verificato un leggero maremoto: "Nel medesimo momento pure del terremoto le acque presso la imboccatura del medesimo Tevere si depressero nel letto e poco dopo di nuovo si innalzarono”.


E' il più forte evento sismico di origine locale di cui si ha notizia. A Roma produsse danni generalmente leggeri, ma molto diffusi, e raggiunse un'intensità pari al VI-VII grado MCS. L'epicentro, pur ricadendo sicuramente nell'area di Roma, appare piuttosto incerto in quanto non sono state recuperate notizie precise sul risentimento in località vicine alla città. Il terremoto provocò a Roma danni generalmente leggeri, ma molto diffusi. Il panico fu tale che tutti uscirono dalle case e passarono il resto della notte per le strade e le piazze. Settele, testimone oculare, circa venti giorni dopo il terremoto scrive nel suo diario che “la gente ha avuto molta paura del terremoto, alcuni ancora non possono riaversi… ogni giorno dicesi che si è sentito il terremoto, io non l'ho sentito più, io credo, che la paura faccia credere terremoto qualunque moto si senta nelle case”. Il quadro del danneggiamento comprende il crollo totale di una casa rurale “fuori Porta San Paolo”, rari e limitati crolli parziali, la caduta di un grosso “pezzo di muro” dall'Arco di Dolabella al Celio il crollo di una “porzione di muro” e “rovina di una parte della facciata” della chiesa di San Paolo alle Tre Fontane in zona Eur. Danni gravi ad una loggia del complesso della chiesa del Gesù, successivamente demolita in quanto non più recuperabile e alle chiese di San Giovanni della Malva e di San Benedetto in Piscinula, che si trovavano in cattivissimo stato di conservazione. Alcune crepe o lesioni nei muri.
Caduta totale o parziale di alcuni camini e di intonaci; anche dal cornicione del Colosseo caddero alcuni frammenti. Notevole la diffusione di danni lievi, come leggere lesioni con caduta di calcinacci in oltre quaranta chiese e in numerosi palazzi ed abitazioni.



Il terremoto si verificò alle ore 3.38 del mattino (GMT- Greenwich Mean Time) e interessò con effetti massimi pari al VI grado MCS la zona compresa tra Roma ed il litorale, in particolare la parte a Sud del Tevere. Le località più colpite furono piccoli centri abitati a Sud e Sud-ovest di Roma L'epicentro del terremoto può essere individuato nell'entroterra nei pressi di Castel Romano, a 8 km dal litorale, dove si verificarono danni più gravi. In città l'evento produsse danni lievi e poco diffusi: moltissime persone uscirono dalle abitazioni per paura di crolli e passarono molte ore per le strade e le piazze. I danni agli edifici riguardarono l'aggravamento di lesioni già esistenti, con la caduta di calcinacci e di qualche raro comignolo probabilmente già lesionato. Nei rioni Trastevere, Borgo e Testaccio i danni risultarono più frequenti ed in rari casi più gravi: notevoli lesioni si manifestarono, infatti, al Monastero di Sant'Egidio, in alcune case molto vecchie nei rioni Trastevere e Borgo, ed in altre recenti, ma mal costruite nel quartiere Testaccio.

E' il terremoto con origine nell'area dei Colli Albani che ha prodotto il danneggiamento più severo nel centro storico di Roma (VI grado MCS circa), sebbene l'intensità epicentrale (VII grado) non figuri tra le massime dell'area stessa. Il motivo è probabilmente la relativa vicinanza dell'epicentro a Roma (circa 17 km), rispetto ai più forti terremoti dei Colli Albani, quelli del 26 agosto 1806, del 22 gennaio 1892 e del 26 dicembre 1927, con un epicentro più distante dalla città. L'evento interessò con i massimi effetti una ristretta area sul versante nord-occidentale dei Colli Albani e fu risentito in quasi tutto il Lazio. A Frascati e Marino si verificarono i danni più gravi, con gravi lesioni nei muri delle case, caduta di numerosi comignoli e crolli parziali di tramezzi, volte, soffitti e qualche cantonata.
A Roma il terremoto causò panico generale, che indusse quasi tutti gli abitanti a fuggire dalle abitazioni e a spargersi per le strade e le piazze, o addirittura “fuori le mura”, dove molti passarono anche la notte. Sembra che il sisma sia stato avvertito più fortemente nei “quartieri alti” della città (rione Monti). I danni agli edifici furono leggeri e diffusi praticamente in tutta la città: lesioni nei muri di numerosissime case, aggravamento di lesioni preesistenti, caduta di cornicioni, calcinacci ed alcune “volticelle nei casamenti rimasti incompiuti in seguito alla crisi”. In alcuni casi fu necessario eseguire dei puntellamenti e sgomberare alcuni edificii; non si ebbero vittime, mentre furono numerose le persone ferite a causa di incidenti durante la fuga dalle case, o per il crollo di calcinacci o pezzi di cornicioni.


Il terremoto, avvenuto alle ore 13.41 (GMT), fu risentito in tutta la provincia di Roma ed interessò una limitatissima area a nord-ovest di Monte Mario con i massimi effetti, riferibili al VI grado MCS. Leggeri danni ad edifici si verificarono nei dintorni sia dell'attuale chiesa di San Francesco d'Assisi (all'epoca chiamata "Sant'Onofrio in Campagna"), sia della vicina stazione Monte Mario della linea ferroviaria Roma-Viterbo. Nell'area danneggiata erano presenti all'epoca soprattutto case di tipo rurale. Grande fu il panico nei quartiere Trionfale e Prati, più vicini all'epicentro del terremoto, a Trastevere, nel quartiere Testaccio e nelle zone di Porta Pia e Porta San Lorenzo. I danni agli edifici furono molto lievi, limitati a pochissimi edifici (una quindicina) e quasi sempre costituiti dall'aggravamento di lesioni già esistenti.



Il terremoto del Fucino è l'evento più recente e quindi il più documentato. Si tratta di uno dei più grandi terremoti storici appenninici: è stato infatti avvertito in quasi tutta l'Italia ed in parte della Jugoslavia ed ha raggiunto l'XI grado MCS nell'area epicentrale, a circa 80-100 km da Roma. L'evento ha interessato quasi tutto l'Appennino laziale-abruzzese con intensità superiori all’VIII grado.
Tutti i rioni ed i quartieri furono interessati da danni, seppure in varia misura ed in maniera non omogenea. Dodici giorni dopo il terremoto, gli organismi del Comune avevano già proceduto a fare 625 sopralluoghi, presumibilmente in altrettante abitazioni ritenute danneggiate. Questo indica la notevole diffusione dei danni, che però nella maggior parte dei casi risultarono leggeri. Si segnala il crollo di alcuni metri di muro dell'acquedotto Claudio vicino a Porta Furba. Piuttosto diffusi gli effetti del terremoto su edifici monumentali: vengono segnalate lesioni non gravi alle Mura Aureliane nei pressi di Porta del Popolo e Porta Metronia e la caduta di cinque metri di muro della parte superiore dell'acquedotto Claudio vicino a Porta Furba. Seriamente lesionate furono le chiese di Sant'Agata dei Goti e Santa Maria della Scala, nonchè il campanile di Sant'Andrea delle Fratte e la cupola di San Carlo ai Catinari. Si nota una maggiore concentrazione e una maggiore severità di danneggiamento nel settore occidentale della città, che comprende quasi tutti i più antichi rioni di Roma.

Da Molin et al. (1995), Sismicità, in “Geologia della città di Roma”, Memorie descrittive della Carta Geologica d'Italia, n. 50, Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato, Roma.

09/03/16

Dal 21 aprile, Natale di Roma, illuminati finalmente tutti i Fori !



Il 21 aprile, Natale di Roma, via dei Fori Imperiali in notturna potrebbe riservare a romani e turisti una novità: luci da ambo i lati. Non solo sul versante dei Fori, già illuminati durante la giunta di Ignazio Marino, ma anche su quello del Foro Romano. 

Il commissario straordinario di Roma Francesco Paolo Tronca sta puntando a questa data per l'"accensione" dell'altro versante dello storico viale che porta dal Campidoglio al Colosseo. 

E l'Acea, la multiutility romana, sta lavorando per questo

"Nessun progetto faraonico", hanno fatto sapere dal Campidoglio. Tronca, stamane, intervenendo alla conferenza stampa di presentazione della stagione estiva del Teatro dell'Opera di Roma, ha spiegato: "Sto cercando di fare di tutto per far si' che la parte destra dei Fori possa essere illuminata come lo e' la parte sinistra, ovvero quella relativa ai Mercati di Traiano. 

Con la cultura noi stiamo coltivando Roma. E' questo il senso di ciò che stiamo facendo ed e' per questo che ho tenuto per me la delega della cultura. Cultura - ha detto il commissario - significa rielaborare insieme la bellezza, la storia di Roma, i siti archeologici, gli eventi, in un ripensamento collettivo che deve tradursi nella consapevolezza di una nuova grandezza morale della citta' da regalare al mondo. Per questo tutte le istituzioni devono lavorare insieme perche' la cultura e' fondamentale". 

Il commissario ha inoltre precisato di aver appositamente creato in Campidoglio "un gruppo di pensiero che sta cercando di tracciare un palinsesto unitario in grado di inanellare manifestazioni ed eventi e spettacoli in un'unica narrazione"

 Il progetto di illuminazione notturna di via dei Fori e' iniziato con la giunta Marino, che nel 2015 ne affido' la progettazione artistica al tre volte premio Oscar Vittorio Storaro e a sua figlia. Ripresero vita, cosi', anche con il calar del sole, i Fori di Nerva, Augusto e di Traiano. 

Ma il panorama per i visitatori serali dell'area archeologica centrale era diviso a meta': da un lato le luci sull'area di competenza comunale, dall'altro il buio su quella statale. Di qui il piano per unificare l'illuminazione, che se tutto andra' bene, verra' inaugurato tra un mese e mezzo.