16/11/22

Una caccia al tesoro negli archivi scopre l'incredibile storia di un pittore ebreo alla Corte dei Medici, nel '600 !

 


C'era un pittore ebreo alla corte dei Medici nel '600, caso unico nella storia dell'arte: il fiorentino Jona Ostiglio (1620/1630-1695), ricordato come artista abile e versatile, capace di acquisire importanti commissioni dai granduchi e da potenti famiglie fiorentine, stimato tanto da far parte, nel 1680, della prestigiosa Accademia delle Arti e del Disegno restando di fatto unico membro ebreo fino al '900. 

L'inedita 'riscoperta' della storia di Ostiglio, per secoli nascosta tra le pieghe della storia dell'arte, la si deve all'ebraista Piergabriele Mancuso e alla storica dell'arte e funzionaria degli Uffizi Maria Sframeli. 

Dice Mancuso: "Una serie di opere e documenti sconosciuti attestano l'attivita' nella Firenze granducale del pittore ebreo Jona Ostiglio, al quale si fa brevemente riferimento per la prima volta in un articolo del 1907 a firma del rabbino, biblista e orientalista Umberto Cassuto". 

La scoperta e' importante non solo per la storia ebraica, ma anche per la storia dell'arte mondiale. 

Inoltre alcune sue opere mature conservate agli Uffizi, alla villa Medicea di Poggio a Caiano, nella chiesa fiorentina di San Michele in San Salvi e alla Farnesina a Roma da oggi non saranno di Anonimo seicentesco ma porteranno nome e attribuzione di Jona Ostiglio

Jona Ostiglio, Natura morta con pesci e granchi 


"Malgrado i limiti imposti dalla Chiesa e dall'Inquisizione, nel '600 i Medici salvarono la vita e le ricerche di Galileo - spiega il direttore degli Uffizi Eike Schmidt - e ora apprendiamo che a un ebreo era permesso esercitare la pittura (attivita' che non rientrava tra quelle permesse ai suoi correligionari), era concesso l'onore di far parte dell'Accademia patrocinata dai granduchi e di ricevere incarichi dalle famiglie nobili piu' in vista. Certamente e' un'acquisizione storica che testimonia l'apertura mentale dei Medici".

Per Ruth Dureghello, presidente della Comunita' Ebraica di Roma, "siamo di fronte a una scoperta eccezionale che documenta, nella sua rarita', quanto la cultura ebraica abbia contribuito nei secoli alla formulazione delle storie che hanno fatto la nostra nazione, anche in quei periodi, come quello illustrato dalla vicenda di Jona Ostiglio, ancora molto distanti dai concetti di integrazione e di dialogo"

15/11/22

Un bellissimo documentario dedicato a Umberto Eco e alla sua incredibile biblioteca !


 

 

Giovedì 17 novembre 2022 alle 19 (con replica venerdì 18 novembre alle 19) presso Anteo Palazzo del Cinema (Piazza Venticinque Aprile, 8, Milano) è in programma la proiezione di Umberto Eco - La biblioteca del mondo (80’, 2022), un film di Davide Ferrario dedicato alla figura di Eco e alla biblioteca personale che ne racconta lo spirito e il pensiero. 

 

Il film è una produzione Rossofuoco, in collaborazione con Rai Cinema, con il sostegno di MiC – Direzione Generale Cinema e Audiovisivo, Piemonte Doc Film Fund - Film Commission Torino Piemonte e Regione Piemonte, e il contributo di RA.MO S.p.A e della Scuola di scrittura Belleville, che organizza la serata.

 

Dopo l’anteprima del 15 ottobre alla Festa del Cinema di Roma, Umberto Eco - La biblioteca del mondo arriva a Milano nell’ambito di Bookcity 2022, in programma dal 16 al 20 novembre. Le due proiezioni sono a ingresso libero fino a esaurimento posti.

La distribuzione del film, prevista per il febbraio 2023, è affidata a Fandango.

 

IL FILM 

La biblioteca privata di Umberto Eco era un mondo a sé: più di 30.000 volumi di titoli contemporanei e 1.500 libri rari e antichi. Davide Ferrario, che con Umberto Eco aveva collaborato per una videoinstallazione alla Biennale Arte di Venezia un anno prima della morte dello scrittore, ha avuto accesso alla biblioteca grazie alla fattiva collaborazione della famiglia. Ne è nato un documentario che non solo descrive un luogo straordinario, ma cerca di afferrare il senso dell’idea di biblioteca in quanto “memoria del mondo”, come Eco stesso la definiva.


LA SCUOLA

L’incontro tra la scuola di scrittura Belleville e il film di Ferrario nasce nel segno di una passione comune: quella per i libri. Il primo gesto dello scrittore è amare i libri, possederli e saccheggiarli senza soggezione. La biblioteca di Eco, con la sua vertiginosa estensione nel tempo e nello spazio, è un monumento alla curiosità, un invito a addentrarsi nei meandri della “memoria del mondo .

Dal 2014 la Scuola di scrittura Belleville di Milano offre corsi di scrittura, poesia, giornalismo culturale, editoria, traduzione letteraria, divulgazione. Tra i docenti della Scuola figurano alcuni tra i più importanti scrittori, giornalisti e professionisti dell’editoria italiana. 

www.bellevillelascuola.com


Crediti film

regia DAVIDE FERRARIO

montaggio CRISTINA SARDO

fotografia ANDREA ZAMBELLI, ANDREA ZANOLI

musica CARL ORFF

musica originale FABIO BAROVERO

sound designer VITO MARTINELLI

produttore esecutivo LADIS ZANINI

con GIUSEPPE CEDERNA, NICCOLÒ FERRERO, PAOLO GIANGRASSO, WALTER LEONARDI, ZOE TAVARELLI, MARIELLA VALENTINI

prodotto da DAVIDE FERRARIO, FRANCESCA BOCCA

una presentazione SCUOLA DI SCRITTURA BELLEVILLE

una produzione ROSSOFUOCO

in collaborazione con RAI CINEMA

con il sostegno di MIC - DIREZIONE GENERALE CINEMA E AUDIOVISIVO PIEMONTE DOC FILM FUND – Film Commission Torino Piemonte, Regione Piemonte

distribuzione FANDANGO

Paese ITALIA

anno 2022

durata 80’


                                                 Giovedì 17 novembre 2022, ore 19

e venerdì 18 novembre 2022, ore 19

Belleville presenta 

UMBERTO ECO – LA BIBLIOTECA DEL MONDO

un film di Davide Ferrario


anteprima milanese in occasione di Bookcity 


Per entrambe le proiezioni: ingresso libero fino a esaurimento posti

 

Milano, Anteo Palazzo del Cinema 

Piazza Venticinque Aprile, 8

 

Ingresso libero fino a esaurimento posti

 

Info: info@bellevillelascuola.com

 


14/11/22

Il suicidio "più bello" del mondo: Empire State Building, New York, 1931






Sin dalla sua costruzione - 1931 - l'Empire State Building fu teatro di tragici e "spettacolari" suicidi.

Il 1º maggio 1947 vi fu quello più noto e sconcertante, quando la ventitreenne Evelyn Francis McHale si lanciò dalla terrazza dell'ottantaseiesimo piano e piombò fatalmente su una limousine nera parcheggiata in strada.

Ciò che stupì tutti fu il corpo della giovane vittima che giaceva supino e praticamente intatto sull'abitacolo sfondato della vettura. 

Fotografata da Robert Wiles, uno studente accorso sul posto, l'immagine fece il giro del mondo. Sembrando davvero una "icona moderna" della morte. 

Il gesto estremo della ragazza fu motivato da un biglietto autografo che la vittima lasciò sulla terrazza dell'ottantaseiesimo piano che recitava la seguente frase: «He's much better off without me... I wouldn't make a good wife for anybody,» ovvero: "Sta molto meglio senza di me... Non sarei una buona moglie per nessuno".

Dunque, dietro al gesto, come accade sovente, motivi sentimentali. 

La fotografia venne pubblicata il 12 maggio dello stesso anno dalla nota rivista statunitense Life riferendosi ad essa come «the most beautiful suicide» e fu acquistata anni più tardi dal noto esponente della Pop art Andy Warhol, che la elaborò intitolando l'opera Suicide (fallen body), inserendola nella galleria di sue serigrafie intitolata Death and disaster.

Fabrizio Falconi - 2022 

06/11/22

100 anni dallo scavo di Tutankhamon, il primo "mediatico" e il più famoso dell'intera storia dell'Archeologia

Howard Carter al lavoro sulla tomba di Tutankhamon appena scoperta 

E' passato un secolo dalla scoperta, a Luxor, della tomba di Tutankhamon e del suo tesoro immenso, ma il fascino del faraone bambino resta intatto. 

Reso eterno dalla sua splendida maschera d'oro e lapislazzuli. 

Christian Greco, direttore del Museo Egizio di Torino, ripercorre i momenti salienti di quella scoperta e il suo posto di primo piano nella storia dell'archeologia. "Era il 4 novembre 1922 - ricorda Greco - quando l'archeologo Howard Carter, nel suo diario, scrive 'Ho trovato i gradini di una nuova tomba'. Quei gradini conducevano a una porta ancora sigillata con il nome di Tutankhamon. Voglio, però, subito sfatare un mito. La tomba non fu trovata intatta, ma aveva subito due furti. Carter notò che c'era confusione, mancavano unguenti, cosmetici, gioielli". 

Greco sottolinea che quando la tomba viene ritrovata e' appena finita la Grande Guerra, che ha sconvolto il mondo e ha visto tanti giovani morire. 

"E' la tomba che appartiene a un ragazzo, perché Tutankhamon morì probabilmente intorno ai 18 anni e questo nella mente di molti forse richiama alla memoria quei giovani morti durante la Grande Guerra. In secondo luogo rappresenta tutto quello che ci aspettiamo da una scoperta archeologica: trovare in una camera nascosta sotto terra, in Egitto, preservata dopo i due furti, i resti e la cultura materiale di un faraone, i gioielli, la maschera, i sarcofagi dorati. L'idea di trovare dei tesori. E' l'elemento negativo di questa scoperta: tutti pensano che archeologia significhi trovare la maschera di Tutankhamon, e non pensano che significa togliere livelli di stratificazione del terreno per ricostruire la nostra memoria". 

Il direttore del Museo Egizio lo definisce "il primo scavo mediatico". 

"Subito i giornalisti si affollano, vogliono avere notizie. Lord Carnarvon - racconta - fa un'esclusiva con il Times creando il malcontento tra gli altri giornalisti, soprattutto tra quelli egiziani. Non fu una scelta lungimirante dare i diritti a un giornale straniero, in un momento in cui in Egitto c'era la volonta' di rendersi indipendenti dai poteri coloniali europei. Come se noi trovassimo la tomba di Augusto intatta e i diritti venissero dati a un giornale straniero". 

Greco torna poi sulla cosiddetta "maledizione di Tutankhamon". "Sfatiamo un mito. Non esiste, e' stata creata forse per aggiungere mistero al mistero. Il Medical Journal nel 2002 ha fatto un'analisi della vita media di coloro che lavoravano alla tomba, vissero di piu'. Quindi porta bene". 

Greco sottolinea anche un altro aspetto: "Il British Museum ha pubblicato una foto della regina Elisabetta II che guarda la maschera di Tutankhamon, scattata per la grande mostra del 1972. Ce n'e' anche una degli anni '60 di Jacqueline Kennedy che guarda la stessa maschera. Il sovrano bambino che non ha mai incontrato i potenti li incontra oggi. Il suo nome e' diventato icononico, molto piu' di quanto lo sia stato durante il suo regno". 

Nell'anniversario della scoperta il Museo Egizio di Torino ospita un'installazione dell'artista egiziana Sarah Sallam, che da' voce a Tutankhamon. "Ci fa ragionare su un concetto che ci siamo dimenticati: che questo e' un sepolcro, il luogo del riposo eterno di Tutankhamon. Noi lo abbiamo portato alla luce, il suo corpo e' stato sbendato, sottoposto ad analisi. Abbiamo interrotto il suo riposo eterno". 

05/11/22

Esce il 25 novembre "Le Basiliche di Roma", il nuovo Libro di Fabrizio Falconi

 



Esce in tutte le librerie (e su quelle online) il prossimo 25 novembre "Le Basiliche di Roma", il nuovo Libro di Fabrizio Falconi.

Sinossi

Dalle costruzioni pagane e paleocristiane fino a San Pietro e San Giovanni in Laterano

La storia bimillenaria di Roma è indissolubilmente legata a quella delle numerose basiliche che punteggiano la città. Che si tratti delle grandi chiese della cristianità o degli edifici pubblici pagani superstiti, questi luoghi sono diventati iconici della grandezza di Roma, e non mancano mai di stupire e affascinare i milioni di turisti che visitano la Città Eterna. In questo prezioso libro, Fabrizio Falconi illustra la nascita e il significato originale delle basiliche, per poi condurre il lettore in un percorso che tocca tutte quelle presenti nell’Urbe. Si raccontano aneddoti e curiosità sulla costruzione e la storia di questi magnifici luoghi, spaziando dalle quattro basiliche apostoliche ai ruderi di quelle di Roma antica, fino ad arrivare alle basiliche minori e a numerose chiese di fondazione paleocristiana. Da San Pietro in Vaticano alla Ulpia, da San Giovanni in Laterano a Santa Croce in Gerusalemme fino a Santa Cecilia in Trastevere e San Martino ai Monti: uno straordinario viaggio all’interno della storia della Capitale.

La storia di intere generazioni racchiusa in monumenti eterni

La basilica di San Paolo fuori le mura
Santa Maria Maggiore
Santa Croce in Gerusalemme
San Sebastiano fuori le mura
San Lorenzo fuori le mura
Santa Prassede
Santa Maria degli Angeli e dei Martiri
Santi Dodici Apostoli
Santa Maria sopra Minerva
Santa Maria in Domnica
San Clemente

e tante altre...

  • ISBN: 8822767179
  • Casa Editrice: Newton Compton
  • Pagine: 288
  • Data di uscita: 25-11-2022

TUTTE LE INFORMAZIONI QUI







02/11/22

2 Novembre: La Lettera d'Amore a Mastroianni sulla sua tomba al Verano a Roma

 

La Tomba di Mastroianni al Verano fotografata qualche giorno fa /foto Rashide Andrade

Oggi, il giorno dei morti, vorrei ricordare il grande Marcello Mastroianni (1924-1996) sepolto al Cimitero Monumentale di Roma al Verano. 

Proprio qualche giorno fa, abbiamo realizzato questa foto e quella che segue: ci sono infatti morti che continuano a parlare e a ricevere messaggi anche molto tempo dopo la loro morte, per quello che hanno lasciato artisticamente certo, ma anche per la persona che sono stati. E' così bellissimo questo bigliettino lasciato da una ammiratrice che si definisce "giovane" e che si firma Claudia. Un semplice bigliettino con l'inchiostro scolorito dalla pioggia. 

La lettera lasciata da una ammiratrice sulla Tomba di Mastroianni al Verano/foto di Rashide Andrade

Si scopre, avvicinandosi, che il biglietto contiene nient'altro che alcune delle frasi più famose nella storia del cinema: quelle pronunciate da Marcello Mastroianni (Guido Anselmi) nel suo monologo contenuto nel capolavoro di Fellini, 8 e Mezzo e che rappresenta pienamente lo spirito del film. 

Tu saresti capace di piantare tutto e ricominciare la vita da capo? Di scegliere una cosa, una cosa sola e di essere fedele a quella, riuscire a farla diventare la ragione della tua vita, una cosa che raccolga tutto, che diventi tutto proprio perché è la tua fedeltà che la fa diventare infinita, saresti capace? 

Qui sotto il video.

E un ricordo oggi, per tutti i nostri morti.

Fabrizio Falconi - 2022


Fabrizio Falconi


01/11/22

La Poesia di Ognissanti: "Er Mortorio" di Aldo Fabrizi







Er mortorio 
Aldo Fabrizi 

Appresso ar mio num vojo visi affritti,
e pe’ fa’ ride pure a ‘ st’occasione
farò un mortorio con consumazione… 
in modo che chi venga n’approfitti. 

Pe’ incenso, vojo odore de soffritti, 
‘gni cannela dev’esse un cannellone, 
li nastri –sfoje all’ovo e le corone 
fatte de fiori de cocuzza fritti. 

Li cuscini timballi de lasagne, 
da offrì ar momento de la sepportura 
a tutti quelli che “sapranno” piagne. 

E su la tomba mia, tutta la gente 
ce leggerà ‘sta sola dicitura: 
Tolto da questo mondo troppo al dente”.


31/10/22

L'incredibile storia della "Colonnina telefonica" sulla Tomba di Roberto Rossellini al cimitero del Verano a Roma

La colonnina della T.E.T.I al Verano (foto Stefania Giudice) 

Una delle curiosità più particolari - e commoventi - del Cimitero Monumentale del Verano, dove riposa il meglio della cultura e dello spettacolo italiano degli ultimi 150 anni, è la cosiddetta "Colonnina della Teti, recentemente restaurata", che si trova proprio al fianco della tomba di famiglia dove è sepolto il grande Roberto Rossellini insieme ai suoi più stretti familiari.

La colonnina della Teti o meglio della T.E.T.I. (l'allora compagnia telefonica nazionale), come si legge nella targa apposta sotto il mandato del sindaco Marino, ricorda quanto accaduto nel 1946 quando "fu installata per consentire al regista Roberto Rossellini di seguire la lavorazione del film 'Germania anno zero' mentre con la moglie Marcella de Marchis vegliava sulla tomba del primogenito romano, morto all'età di 9 anni"

La tomba della famiglia Rossellini al Verano (foto Stefania Giudice) 

La vicenda della colonnina telefonica è iniziata nel 1946. Era l'anno di '"Paisa" e Roberto Rossellini si accingeva a girare "Germania anno zero" quando una banale appendicite si portò via il figlio, Romano, di 9 anni. 

Una tragedia che ha stravolse Rossellini e la moglie Marcella de Marchis e gli fece mettere le radici su quella piccola tomba, da dove non riusciva a staccarsi

Perchè l'esigenza vitale fu, per Roberto e Marcella, vivere fino in fondo e condividere il dolore vegliando sul figlio perduto. Ma c'era il film da portare avanti e gli obblighi, che la nuova pellicola imponeva, da onorare. Per potere comunicare con il produttore e gli sceneggiatori del nuovo film, Rossellini si fece allora installare una linea telefonica della teti di fronte alla tomba di famiglia

Il telefono non esiste più, ma quella colonnina in ghisa è ancora lì, al cimitero monumentale del Verano.

Dopo 68 anni, la colonnina fu restaurata e in quella occasione il figlio di Roberto, Renzo, disse: "Le opere di mio padre le divido in quelle prima della morte di romano e in quelle successive, dove c'è una spiritualità non presente in quelle precedenti. 'Germania anno zero' mio padre l'ha organizzato da qui. Dopo i bombardamenti di San Lorenzo qui molte tombe erano aperte e io passavo ore e ore a giocare con le ossa, creavo trombette, sono stato allevato nel lutto e nel dolore dei miei genitori. Negli anni passati ho fotografato la colonnina e la tomba e l'ho mandate a tutti i sindaci di Roma, ma solo grazie alla sensibilità di Marino questo oggetto è entrato nella storia" 

Una storia che Roma fa bene a non dimenticare. 




28/10/22

Scrittori, osate l'impossibile, non accontentatevi dell'ordinario: lo raccomandava Calvino

 


Rileggendo l'ultima delle Lezioni Americane di Calvino, l'ultima che scrisse, quella sulla Molteplicità (è la quinta, come è noto l'ultima, la sesta, dedicata alla Consistenza, Calvino non fece in tempo a scriverla), si ritrovano diversi passi che suonano come un monito agli scrittori di oggi (italiani) a ritrovare il coraggio di raccontare - e prima ancora di pensare - "in grande", ponendosi obiettivi alti, non consueti, non minimi, non minimalisti, non ordinari, non rinunciatari, non scontati. 

"L'eccessiva ambizione dei propositi" - scrive Calvino - "può essere rimproverabile in molti campi, non in letteratura. La letteratura vive solo se si pone degli obiettivi smisurati, anche al di là di ogni possibile realizzazione. 

Solo se poeti e scrittori si proporranno imprese che nessun altro osa immaginare la letteratura continuerà ad avere una funzione. 

Da quando la scienza diffida dalle spiegazioni generali e dalle soluzioni che non siano settoriali e specialistiche, la grande sfida per la letteratura è il saper tessere insieme i diversi saperi e i diversi codici in una visione plurima, sfaccettata del mondo.

Uno scrittore che certo non poneva limiti all'ambizione dei proprio progetti era Goethe, il quale nel 1780 confida a Charlotte von Stein di star progettando un "romanzo sull'universo".  Poco sappiamo di come egli pensasse di dar corpo a questa idea, ma già l'aver scelto il romanzo come forma letteraria che possa contenere l'universo intero è un fatto carico di futuro."

Già: carico di futuro. Forse è per questa mancanza di coraggio e di ambizione che la letteratura italiana di oggi è così poco "carica di futuro". 

Fabrizio Falconi - 2022 

26/10/22

1922 : Due nuovi podcast per raccontare la Marcia su Roma e la violenza fascista contro i giornali




Cosa rappresenta la Marcia su Roma 100 anni dopo? Come l'hanno raccontata i quotidiani dell'epoca? 

In occasione del centenario la casa editrice di audiolibri e audiodocumentari tracce.studio propone il podcast di Andrea Fabozzi "1922 Italia anno zero. La Marcia su Roma nei giornali di cento anni fa" e la versione audio del libro di Emilio Lussu "Marcia su Roma e dintorni". 

Il podcast "1922 Italia anno zero. La Marcia su Roma nei giornali di cento anni fa" e' una vera e propria rassegna stampa dei giornali che un secolo fa raccontarono il colpo di stato fascista. 

Consultati emeroteche e archivi online, il giornalista del manifesto Andrea Fabozzi restituisce gli eventi e le idee che hanno consentito a Mussolini di prendere il potere ridando la parola ai protagonisti della vita politica e ai commentatori di allora. 

Emilio Lussu scrive "Marcia su Roma e dintorni" nel 1931 quando e' esule in Francia, con l'intenzione di spiegare cos'era il fascismo ai lettori stranieri.

L'irresistibile ironia e il lapidario sarcasmo con cui Lussu si esprime possono essere solo di chi conosce fino in fondo gli eventi che descrive e non nutre il minimo dubbio sul modo giusto di giudicarli. 

La presentazione venerdi' 28 ottobre alle 17 alla Biblioteca di Storia Moderna e Contemporanea, a Roma. 

Di puntata in puntata, Fabozzi nel podcast attinge alla ricchissima produzione editoriale del tempo, quando la carta stampata era al centro della comunicazione e della battaglia politica. 

Malgrado la lettura fosse privilegio di una minoranza, come del resto lo stesso voto, e' infatti sui giornali e sulle riviste che i leader politici, a partire dal principale protagonista di questa storia, combattevano le loro battaglie e costruivano le loro carriere. 

E non a caso la violenza fascista prima e dopo la conquista del potere si rivolse innanzitutto contro giornalisti e redazioni. Il podcast è disponibile sul sito htpps://tracce.studio e sulle principali piattaforme che distribuiscono contenuti audio (audible, storytel, kobo, Ibs, Feltrinelli.it, ecc.). 

25/10/22

"Gesù di Nazareth" - Uno sforzo produttivo mai più eguagliato. I numeri impressionanti.

 



Provate a trovare in tutta la storia del cinema un film che possa vantare un cast come questo. In ordine alfabetico: Ann Bancroft, Ernest Borgnine, Claudia Cardinale, Valentina Cortese, James Farentino, James Earl Jones, Stacy Keach, Tony Lo Bianco, James Mason, Jan McShane, Laurence Olivier, Donald Pleasence, Christopher Plummer, Anthony Quinn, Fernando Rey, Ralph Richardson, Rod Steiger, Peter Ustinov, Michael York, Olivia Hussey e inoltre: Robert Powell, Jan Bannen, Marina Berti, Regina Bianchi, Maria Carta, Jan Holm, Lee Montague, Yorgo Voyagis. 

Si tratta dell'elenco, non completo, degli interpreti del "Gesù di Nazareth" di Franco Zeffirelli, in onda a partire dal 27 marzo 1977, con una media di 26 milioni e 700 mila ascoltatori ed una punta massima di 28 milioni e 300 mila (cifre spaventose confrontate con quelle della tv di oggi). 

Il "Gesù" è evidentemente un successo, ed è pure un capolavoro. Zeffirelli e i critici non si sono mai voluti particolarmente bene, ma sulla sua opera televisiva tutti (o quasi tutti) sono d'accordo. Mai i Vangeli erano stati portati sullo schermo con tanto realismo e al tempo stesso con altrettanto profondo senso della loro spiritualità. Oltretutto, sia la vicenda che i suoi contenuti sono comprensibili a chiunque, senza che lo stile della narrazione abbia un solo minuto di cedimento.

Il "Gesù" entra immediatamente a far parte della storia della TV di tutto il mondo e viene venduto alle televisioni di decine di nazioni. Zeffirelli è letteralmente sommerso di premi e riconoscimenti.  

Le riprese erano cominciate il 29 settembre del 1975 in Marocco nel villaggio di Fartassa. Attorno al Natale dello stesso anno, la troupe, composta in massima parte da italiani, si è poi trasferita a Montastir, in Tunisia, dove erano stati ricostruiti il Tempio di Gerusalemme e la Fortezza Antonia. 

La colossale opera è stata terminata, ancora a Montastir, in tempi relativamente brevi, il 28 maggio del 1976. 

Vi hanno partecipato 240 attori e migliaia di comparse reclutate fra le popolazioni locali. 



24/10/22

Umberto Galimberti: La fede cristiana non è "la fede nei miracoli"

 

Michelangelo Merisi da Caravaggio, L'incredulità di Tommaso 

In un suo recente intervento su La Repubblica - D del 15 ottobre - Umberto Galimberti torna a riflettere sulla Fede e in particolare sulla fede miracolistica, la fede nei miracoli, quella che secondo il filosofo, "sottrae ai credenti la qualità spirituale alimentando le parti più infantili di noi."

E' un intervento come sempre stimolante, su cui si può discutere. Mi preme però riportare qui un passo particolarmente interessante sul quale tutti - anche i cristiani - riflettono spesso molto poco. 

"Vorrei spostare l'attenzione sulla devozione, peraltro molto diffusa, che riduce la fede cristiana a fede nei miracoli. 

Guai se una fede trova nel miracolo il sigillo della verità, adunando le folle intorno a un santuario costruito a seguito di una apparizione o di un evento considerato miracoloso, perché questo significa contravvenire al monito che Gesù rivolge all'apostolo Tommaso che dubita della sua resurrezione: "Perché hai visto, o Tommaso, hai creduto; beati coloro che non hanno visto e hanno creduto."(Giovanni, 20,29)

Se Gesù ha mostrato a tutto il popolo di Gerusalemme lo strazio della sua passione e a pochissimi il miracolo della resurrezione, ciò forse significa che non intendeva consegnare la fede, che da allora si sarebbe detta "cristiana", allo stupore del miracolo, ma intendeva affidarla alla sua partecipazione al dolore del mondo, che da quel giorno, nella religione cristiana, acquistò un senso, peraltro testimoniato dal fatto che il simbolo di quella religione divenne il crocefisso." 

Parole su cui è bene meditare.

Fabrizio Falconi - 2022 


23/10/22

Muore a 98 anni, Zilli Schmidt, sopravvissuta ad Auschwitz, portavoce del riconoscimento del genocidio nazista di Sinti e Rom

 


È morta Zilli Schmidt, una sopravvissuta ai campi di concentramento di Auschwitz, Lety e Ravensbrueck che si è fatta portavoce del riconoscimento del genocidio nazista di Sinti e Rom. Aveva 98 anni. 

Secondo la fondazione del Memoriale degli ebrei assassinati d'Europa, il memoriale dell'Olocausto di Berlino, la Schmidt è morta venerdì. Non è stata indicata la causa del decesso. 

Come uno degli ultimi sopravvissuti al genocidio di Sinti e Rom, ha dichiarato la fondazione in un comunicato, la morte di Schmidt "lascia dietro di sé un profondo vuoto". 

Sia i Sinti che i Rom sono popolazioni gitane che vivono prevalentemente nell'Europa orientale. 

Gli storici stimano che fino a 500.000 Sinti e Rom siano stati uccisi durante l'Olocausto. 

Nata come Zilli Reichmann nello stato tedesco orientale della Turingia nel 1924, la Schmidt è cresciuta in una famiglia sinti tedesca di commercianti di strumenti e gestori di cinema ambulanti. 

Fu arrestata e inviata al campo di concentramento di Lety nel 1942 e poi, insieme alla sua famiglia, ad Auschwitz-Birkenau nel 1943

Zilli Schmidt da giovane, prima dell'arresto nazista, con un amica


Nel 1944, la Schmidt fu deportata da Auschwitz al campo di concentramento di Ravensbrueck, in Germania. 

Lo stesso giorno in cui fu trasferita, gran parte della sua famiglia, compresi i genitori, la figlia e la sorella, furono uccisi insieme a molti altri Sinti e Rom ad Auschwitz

Dopo la guerra, la Schmidt si è battuta per il riconoscimento e l'aiuto delle vittime del genocidio nazista.

In seguito, ha iniziato a parlare pubblicamente delle sue esperienze contro il razzismo e l'estremismo di destra. 

Nel 2021 ha ricevuto la Croce Federale al Merito, che premia coloro che hanno dato un contributo notevole alla società tedesca. 

"Lei ci ha raccontato le sofferenze dei Sinti e dei Rom sotto la dittatura nazionalsocialista, a Lety, Auschwitz e Ravensbrueck, dove era stata deportata", ha detto all'epoca il presidente tedesco Frank-Walter Steinmeier. 

Dopo la notizia della sua morte, il ministro della Cultura tedesco Claudia Roth ha elogiato Schmidt come una persona con il "coraggio di affrontare le rimostranze" sia del passato che del presente. "Sono eternamente grata che Zilli abbia scelto di parlare della sua vita e degli orrori che le sono accaduti", ha dichiarato Roth in un comunicato. Schmidt mancherà "come testimone contemporaneo, come combattente per il riconoscimento del genocidio dei Sinti e dei Rom", ha aggiunto Roth. 

22/10/22

E' morto a 93 anni Mc Divitt, l'astronauta dell'Apollo 9 che fu il primo a vedere nello spazio un UFO

 


È morto James A. McDivitt, comandante della missione Apollo 9 che testò il primo equipaggiamento completo per andare sulla Luna. Aveva 93 anni

McDivitt fu anche il comandante della missione Gemini 4 del 1965, dove il suo migliore amico e collega Ed White compì la prima passeggiata spaziale statunitense. 

Le sue fotografie di White durante la passeggiata spaziale sono diventate immagini iconiche. 

Non ha avuto la possibilità di atterrare sulla Luna e invece è diventato il responsabile del programma dell'agenzia spaziale per cinque missioni Apollo dopo l'atterraggio sulla Luna dell'Apollo 11. 

Durante il suo primo volo nel 1965, McDivitt riferì di aver visto "qualcosa là fuori", un oggetto stranissimo, della forma di una lattina di birra volare fuori dalla sua navicella Gemini. 

Fu ovviamente definito un UFO e McDivitt scherzò in seguito dicendo di essere diventato "un esperto di UFO di fama mondiale".

L'Apollo 9, che orbitò intorno alla Terra e non andò oltre, fu una delle missioni spaziali meno ricordate del programma della NASA. 

In una storia orale del 1999, McDivitt ha detto che non gli dava fastidio che fosse stata trascurata: "Capisco perché l'abbiano fatto, sai, non è atterrato sulla Luna. E quindi non fa parte dell'Apollo. Ma il modulo lunare era... fondamentale per l'intero programma".

Volando con i compagni di equipaggio dell'Apollo 9, Rusty Schweickart e David Scott, la missione di McDivitt fu il primo test nello spazio del leggero lander lunare, soprannominato Spider. 

L'obiettivo era verificare se le persone potessero vivere al suo interno, se fosse in grado di agganciarsi all'orbita e - cosa che divenne cruciale nella crisi dell'Apollo 13 - se i motori del modulo lunare fossero in grado di controllare la pila di veicoli spaziali, che comprendeva il modulo di comando Gumdrop. 

All'inizio dell'addestramento, McDivitt rimase impressionato dalla fragilità del modulo lunare: Ho guardato Rusty e lui ha guardato me e ci siamo detti: "Oh mio Dio! Stiamo davvero per far volare una cosa del genere?" Era davvero squallido... era come cellophane e carta stagnola messi insieme con scotch e punti metallici!"

A differenza di molti altri astronauti, McDivitt non desiderava volare fin da bambino. Era semplicemente bravo a farlo. Crescendo a Kalamazoo, nel Michigan, McDivitt non aveva i soldi per l'università. Ha lavorato per un anno prima di frequentare un junior college. 

Quando si arruolò nell'Aeronautica Militare a 20 anni, poco dopo lo scoppio della guerra di Corea, non era mai salito su un aereo. Fu accettato per l'addestramento da pilota prima ancora di essersi alzato da terra. "Per fortuna mi piaceva", ha ricordato in seguito. McDivitt ha volato in 145 missioni di combattimento in Corea ed è tornato in Michigan dove si è laureato in ingegneria aeronautica. In seguito fu uno dei piloti collaudatori d'élite della base aerea di Edwards e divenne il primo studente della Scuola per piloti di ricerca aerospaziale dell'Aeronautica. L'esercito stava lavorando alle proprie missioni spaziali umane, poi abbandonate. 

Nel 1962, la NASA scelse McDivitt per far parte della seconda classe di astronauti, spesso chiamata "New Nine", insieme a Neil Armstrong, Frank Borman, Jim Lovell e altri. McDivitt fu scelto per comandare la seconda missione Gemini a due uomini, insieme a White. La missione di quattro giorni del 1965 girò intorno al globo 66 volte. Il volo di prova dell'Apollo 9 durò 10 giorni nel marzo del 1969, quattro mesi prima dello sbarco sulla Luna, e fu relativamente privo di problemi e privo di conseguenze. "Dopo aver volato con l'Apollo 9 mi fu chiaro che non sarei stato il primo ad atterrare sulla Luna, cosa che per me era importante", ha ricordato McDivitt nel 1999. "Ed essere il secondo o il terzo non era così importante per me". Così McDivitt è passato alla gestione, prima del lander lunare Apollo, poi della parte Houston dell'intero programma. Nel 1972 McDivitt lasciò la NASA e l'Aeronautica per una serie di incarichi nell'industria privata, tra cui quello di presidente della divisione vagoni ferroviari della Pullman Inc. e di dirigente dell'azienda aerospaziale Rockwell International. Si è ritirato dall'esercito con il grado di generale di brigata. 1

19/10/22

Oggi, 19 ottobre, nasceva il grande Vinicius De Moraes: il racconto di quando la dittatura lo mise alle porte

 


Ricorre oggi l'anniversario della nascita del grande Vinicius de Moraes, nato a Rio de Janeiro il 19 ottobre 1913. 

Il grande poeta e musicista brasiliano ebbe - come molto colleghi all'epoca, compresi i "tropicalisti" Gilberto Gil, Caetano Veloso, Chico Buarque de Hollanda - molti problemi con la dittatura militare. tra gli anni '60 e '70. 

Nel 1968, Vinicius de Moraes partecipò a spettacoli a Lisbona, in compagnia di Chico Buarque e Nara Leão. In seguito, invitato dal critico Ricardo Cravo Albin, Vinicius fece una dichiarazione storica al Museu da Imagem e do Som (dove era membro del Consiglio Superiore del MPB). Ma quell'anno segnò la fine della sua carriera diplomatica.

Dopo 26 anni di servizio al MRE, il Ministero delle Relazioni Esterne, Vinicius fu mandato in pensione con la legge istituzionale n. 5, creata dalla dittatura militare brasiliana, un fatto che lo ha ferì profondamente. 

Il giorno della pubblicazione dell'atto, Vinicius si trovava in Portogallo per un concerto con Baden Powell. Venne a conoscenza del provvedimento grazie ai giornalisti che lo stavano cercando per un commento dopo pranzo, quando Vinicius amava fare un sonnellino. 

Di fronte al nuovo paradigma che si stava installando in patria, Vinicius pensò di esiliarsi, di suicidarsi o di contattare i colleghi di Rio. 

Nell'esibizione successiva con Baden, Vinicius recitò la sua poesia "Minha pátria" mentre il suo partner strimpellava l'inno nazionale brasiliano alla chitarra.

Dopo questa rappresentazione, gli studenti salazaristi (seguaci del dittatore portoghese Salazar) si affollarono alla porta del teatro per protestare contro il poeta. 

Avvertito di ciò e consigliato di uscire dal retro del teatro, il poeta preferì affrontare le proteste e, in piedi davanti ai manifestanti, iniziò a recitare "Poética I" ("De manhã escureço/De dia tardo/De tarde anoiteço/De noite ardo"). 

Poi successe qualcosa di incredibile: uno dei giovani si tolse il mantello accademico e lo appoggiò a terra, in modo che Vinicius potesse passarci sopra - un gesto imitato dagli altri studenti e che, in Portogallo, è una forma tradizionale di omaggio accademico. 

Secondo un'intervista pubblicata da Veja il 12 gennaio 2000, l'ex presidente João Figueiredo ha spiegato le vere ragioni dell'allontanamento del poeta dall'Itamaraty: "Dice addirittura che molte persone dell'Itamaraty sono state allontanate per corruzione o pederastia. È vero. Ma nel suo caso si trattava di vagabondaggio. Ero il capo dell'Agenzia Centrale del Servizio e ricevevamo continuamente segnalazioni che lui, in servizio al consolato brasiliano di Montevideo, che guadagnava 6.000 dollari al mese, non si faceva vedere da tre mesi. Abbiamo consultato il Ministero degli Affari Esteri, che ha confermato l'accusa. Abbiamo controllato e abbiamo scoperto che non ha lasciato i bar di Rio de Janeiro, suonando la chitarra, esibendosi, con un bicchiere di whisky al suo fianco. Non abbiamo battuto ciglio. Mettiamo le cose in chiaro. Il promemoria diceva infatti "licenziate quel barbone". Tuttavia, i militari riconobbero il valore del suo lavoro e non menzionarono nemmeno le sue posizioni politiche nel documento.

La sua riabilitazione al corpo diplomatico brasiliano è avvenuta solo trent'anni dopo la sua morte, grazie alla legge 12 265 del 21 giugno 2010.

In una cerimonia a Palazzo Itamaraty, Vinicius de Moraes è stato elevato al rango di ministro di prima classe, una posizione spesso associata a quella di ambasciatore.




18/10/22

Fabrizio Falconi fotografato da Gabriele Pagnini a Cannes nel 1987

 

Fabrizio Falconi fotografato da Gabriele Pagnini a Cannes nel 1987 

Nel Maggio dell'87, mentre seguivo il Festival di Cannes come inviato accreditato - in una edizione di grande livello, purtroppo vinta da un modesto film francese, Sous le soleil de Satan di Maurice Pialat, proclamazione che suscitò polemiche ma era piuttosto prevedibile visto che ricorreva il 40mo anniversario del festival), durante una delle mille corse su e giù per la Croisette mi fermai a bere qualcosa al bar del Majestic, insieme a Gabriele Maria Pagnini con cui avevo fatto amicizia in quei giorni.

Gabriele era ed è ancora uno dei migliori ritrattisti italiani ed era lì per Vogue. Senza nessuna posa, mi scattò al volo (inquadrando appena nell'obiettivo) questa foto, che mi ricorda i tempi belli di quegli anni e che mi piace ritrovare ogni tanto tra le cose.

Al link qui sotto alcune delle bellissime foto di Gabriele ai veri divi:



17/10/22

Putin, Trump e tutti i megalomani potenti di oggi: La "Sindrome di Napoleone" spiegata da Tolstoj in "Guerra e Pace"


Pensando ai vari Putin, Trump, Lukashenko, Bolsonaro, ai tanti megalomani malati al potere oggi in diverse parti del mondo, ricorrono le parole che Lev Tolstoj usò per descrivere il tiranno di allora, Napoleone, definendo per primo, con parole profetiche, quella Sindrome (
la Sindrome di Napoleone), che catturò lui e dopo di lui, molti altri tiranni assoluti alla velleitaria conquista del mondo. 


Un uomo senza principi, senza abitudini, senza tradizioni, senza nome, che non è neppure un francese, per i più strani casi si fa avanti tra tutti i partiti che agitano la Francia, e senza aderire a nessuno di essi, è portato a un posto eminente

L’ignoranza dei colleghi, la debolezza e la nullità degli avversari, la sincerità nel mentire, la mediocrità brillante e sicura di sé di quest’uomo lo portano alla testa di un’armata

Una innumerevole quantità di cosiddetti casi lo accompagna dovunque. 

Al suo ritorno dall’Italia egli trova il governo in tale stato di disfacimento che gli uomini che vengono a far parte di questo governo vengono inevitabilmente stritolati o distrutti. 

Quell’ideale di gloria e grandezza che consiste non solo nel credere che nulla sia male per la propria persona, ma anche nell’inorgoglirsi di qualsiasi misfatto, attribuendogli un incomprensibile significato sovrannaturale si foggia liberamente in lui

Egli non ha nessun progetto: ha paura di tutto; ma i partiti si aggrappano a lui ed esigono la sua collaborazione. 

Lui solo, col suo ideale di grandezza e di gloria, con la sua folle adorazione di se stesso, con la sua audacia nel misfatto, con la sua sincerità nel mentire, lui solo può adempiere a ciò che si deve compiere.

E’ necessario per il posto che lo aspetta, e perciò quasi indipendentemente dalla sua volontà e malgrado la sua indecisione, la mancanza di un piano e tutti gli errori che commette, è trascinato nella congiura che ha per fine la conquista del potere, e la congiura è coronata da successo

Il caso, milioni di casi gli danno il potere e tutti gli uomini, come fossero d’intesa, cooperano al consolidamento di questo potere. 

Non c’è un’azione, non un misfatto, non il minimo inganno che egli commetta, che subito non si trasformi sulle bocche di coloro che lo circondano in una grande gesta. E non soltanto lui è grande, ma sono grandi i suoi avi, i suoi fratelli, i suoi figliastri, i suoi cognati. Tutto concorre a privarlo delle ultime forze della ragione e a preparare per lui una tremenda parte da rappresentare. E quando egli è pronto, sono pronte anche le forze. 

Lev Tolstoj – “Guerra e Pace”, da pag. 1326 (edizione italiana) in poi

14/10/22

Beatles: "Love me Do" ha compiuto 60 anni !

 


Tanti auguri "Love Me Do". L'iconico brano dei Beatles, che segno' il debutto discografico dei quattro ragazzi inglese, ha appena compiuto 60 anni.

Fu infatti composto da Paul McCartney e John Lennon qualche anno prima e pubblicato nel 1962 (sul lato B del 45 giri P.S. I Love You). 

Nel mese di ottobre - esattamente il 5 - uscì quindi il primo 45 giri ufficiale. 

Quella armonica a bocca blues, suonata da Lennon, che divenne indimenticabile (e che si ispirava all'artista americano di rhythm and blues Bruce Channel in Hey! Baby). 

Il brano, che fu poi incluso nell'album di esordio dei Beatles Please Please Me del 1963, ebbe una gestazione complicata in fase di registrazione.

Furono infatti tre i batteristi che si alternarono in differenti occasioni. 

La prima registrazione è del 6 giugno 1962 agli Abbey Road Studios di Londra con Pete Best alla batteria; a meta' agosto, Best venne sostituito da Ringo Starr e il 4 settembre venne eseguita una nuova registrazione sempre agli Abbey Road Studios. 

Non soddisfatti, una settimana dopo, l'11 settembre, la band torno' in studio per una nuova sessione con il batterista Andy White e con Ringo al tamburello

La prima versione del 45 giri è comunque quella con Ringo Starr alla batteria e la stessa è stata inclusa anni dopo nella versione americana di Rarities e in Past Masters, volume uno. 

La versione con Andy White è quella presente nel primo album inglese dei Beatles, Please Please Me, nell'EP The Beatles' Hits (e in tutti gli album seguenti in cui e' presente la canzone) nonché nelle ristampe del singolo avvenute nel 1976 e nel 1982.

Una versione blues piu' lenta di Love Me Do, presente in alcuni bootleg, e' stata suonata dai Beatles nel 1969, durante la session di Get Back per l'album Let It Be. 

Tra le storie che si narrano su Love Me do, quella che vuole che Lennon quell'armonica l'aveva rubata in un negozio di Arnhem nel 1960 e l'altra secondo cui il manager Brian Epstein tentò di far diventare Love me Do una hit nel Regno Unito comprando egli stesso diecimila copie del disco.