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19/02/11

La caccia ai moralisti stravolge perfino il Vangelo. Roberta de Monticelli.


Mi capita in questo periodo - ma non credo di essere il solo - di provare sgomento.

Di fronte alla evidenza e alla rilevanza di quella che viene chiamata 'questione morale' nel nostro paese, resto sbigottito dalla mancanza di serietà delle argomentazioni, dalla malafede, e dal puro stravolgimento strumentale che viene fatto di quei valori condivisi - se non altro 'teoricamente' - che dovrebbero far parte di una tradizione millenaria del nostro paese.

Sembra che abbiamo smarrito, tutti, anche le più semplici coordinate. Così, il pensiero comune sembra ora aver trovato una nuova bandiera sotto la quale riunirsi, che è quella della "caccia al moralista", laddove 'moralista' è ormai usato come un insulto per definire una persona 'morale'.

Ma non è tanto l'equiparazione - interessata e subdola - tra moralista e morale ad indignarmi. Mi indigna, come detto, la lettura distorta, meschina, proterva, che si fa perfino dei fondamenti della vita cristiana, di quei 'valori' discendenti direttamente dai detti di Gesù Cristo nei Vangeli.

Così, con un certo sollievo, ho trovato nell'ultimo libro di Roberta De Monticelli - 'La Questione Morale', edito da Raffaello Cortina Editore, ed uscito da pochi giorni - un passo che riassume perfettamente questo mio sconcerto (e quello di molti altri, credo) e i termini del problema, riguardo a peccato e peccatore, a giudizio e morale, al celebre episodio dell'adultera, e all'uso davvero sconfortante, vorrei dire abietto, che per fini autogiustificativi (cioè giustificativi dei propri comportamenti e delle proprie scelte e opzioni politiche) si fa perfino di un detto evangelico. Ecco il passo, che riporto nella sua interezza.

"Da noi il 'precetto evangelico "chi è senza peccato scagli la prima pietra" è inteso come chiamata di correo, e la chiamata di correo come giustificazione del reo. Insomma vuol dire: "Così fan tutti." Ma vuol dire anche - conclusione assurda - "e perciò va bene così".

Interpretare a questo modo il detto evangelico, vuol dir, né più né meno, richiamare il contraddittore alla legge dell'omertà. Se faccio schifo io, fai schifo anche tu, e dunque ti conviene stare zitto.

L'omertà sta al servilismo come la viltà sta alla prepotenza, e queste quattro belle virtù qualificano precisamente l'esistenza gregaria, che si potenzia nel 'noi' e rifugge certamente da ogni presa di posizione personale, da ogni assunzione di responsabilità, delle proprie opinioni o delle proprie azioni."


08/11/10

Non sarà così lasciare questa vita ?



Proprio ieri riecheggiavano in me quelle parole: "Dio non è dei morti, ma dei viventi." Una delle pagine più oscure del Vangelo, tra le parole più oscure che Cristo pronuncia di fronte ai sadducèi i quali, come molti oggi, sono increduli sul contenuto stesso della resurrezione. Che significa risorgere?

Gesù non offre una risposta chiara. Sembra anzi, voler restare nell'ambiguo. Dio non è dei morti, ma dei viventi. Sembra dunque che quel qualcosa che ci attende - per chi crede - è qualcosa che non è 'dominio della morte', come scriveva Dylan Thomas.

Nell'aldilà, nell'oltremorte, non sarà la morte a dettare il suo dominio. I viventi non sono i viventi di questa terra. Sono i nuovi viventi, quelli che attraverseranno la morte, e saranno perdonati dal Padre, o accolti direttamente nel suo Regno.

L'incomprensibilità di cosa sia la resurrezione - di come essa si manifesti - è stato sempre un problema per chi crede. E ancora oggi sono pochissimi i cristiani (specie i cattolici) che credono effettivamente alla resurrezione dei corpi.

Eppure, costoro dovrebbero ricordare che dichiarano di credere proprio ad una religione che si basa, che è edificata sulla resurrezione del suo fondatore, resurrezione avvenuta e raccontata dai Vangeli, con il suo vero corpo reale, con le sembianze conosciute e addirittura con le ferite della morte ancora visibili e fresche.

Come sarà dunque risorgere ? Qualcosa di suggestivo per noi, è immaginare un seme. Un piccolo seme di sicomoro. Cosa ha a che vedere l'albero gigantesco di sicomoro con il seme da cui è generato ?? E' la stessa cosa ? Non è vero che il seme deve morire per far nascere il germoglio, che è cosa diversissima (apparentemente) dal seme ?

Oppure provare ad immaginare il confronto tra vita intrauterina e vita extrauterina. Che rapporto ha il bambino prima della nascita con quello che vivrà dopo ? Sono indubbiamente la stessa cosa, ma non sono anche due cose diversissime ? la vita intrauterina non è completamente DIVERSA ? Non è proprio un'altra dimensione ? Che ne sa il bambino nell'utero di cosa esiste dopo ?? Non è per quel bambino nell'utero, il parto una specie di MORTE a tutti gli effetti ? E la nascita al mondo una SECONDA nascita ?

Non sarà così lasciare questa vita ?


29/06/09

Il Vangelo che fa piangere di gioia.


Penso che i cristiani cattolici non si rendano troppo spesso conto di quale fortuna dispongano, con la frequentazione della messa domenicale, di ascoltare la Parola dei Vangeli.

La messa spesso viene recepita come un rito un po’ stantio, nel quale – a volte anche, certo per una qualche corresponsabilità dei celebranti che non fanno molto per valorizzarlo – le parole, anche ‘quella’ Parola ci scivola addosso, quasi fosse scontata.

Ma capita anche, io spero che capiti spesso, che capiti a tutti, che quella Parola invece ti colpisca come una freccia, che ti provochi, nell’ascoltarla, un vero sconquasso emotivo.

A me è successo anche ieri sera, durante la messa domenicale. Erano le 19, faceva molto caldo, i fedeli come al solito arrivavano alla spicciolata, in gran numero a messa iniziata. Nonostante però la piccola confusione, quando il sacerdote – era un co-celebrante – ha letto, con partecipazione sobria, con solennità semplice, senza enfasi, senza toni carichi, ma con tutta l’evidenza nuda di quella ‘Parola’ la pagina del Vangeloera l’episodio in Marco della guarigione della figlia di Giàiro e dell’emorroissa – io ho provato una emozione fortissima.

Non so spiegarmi nemmeno io bene, perché. Era qualcosa che andava oltre le parole e oltre il significato. Era come se quella Parola fosse qualcosa di vivente e di evidente, ogni oltre misura. Qualcosa di luminoso e numinoso, qualcosa che mi prendeva e mi scuoteva, qualcosa che pur manifestandosi, restava sufficientemente misteriosa. Eppure, vi sentivo, con grande chiarezza, il soffio della Verità. Così chiaro, che ogni altra cosa appariva secondaria e tralasciabile.

L’emozione è stata così forte, che alla fine della lettura mi sono ritrovato con gli occhi lucidi, pieni di lacrime di gioia.

Penso sia il dono più grande che noi, ogni domenica, abbiamo questa possibilità di ri-nascere, di ri-generarci, di ri-trovare il senso, la direzione. Di aprire il cuore e affidarne finalmente il suo contenuto a Chi, solo lui, può trasformarlo.

Spero davvero di condividere ancora e ancora, e finché avrò il dono di vivere, questa pienezza.

Per completezza, riporto qui di sotto il testo della Lettura di ieri.


Mc 5, 21-43

Dal Vangelo secondo Marco‡


In quel tempo, essendo passato di nuovo Gesù all’altra riva, gli si radunò attorno molta folla, ed egli stava lungo il mare. Si recò da lui uno dei capi della sinagoga, di nome Giàiro, il quale, vedutolo, gli si gettò ai piedi e lo pregava con insistenza: «La mia figlioletta è agli estremi; vieni a imporle le mani perché sia guarita e viva». Gesù andò con lui. Molta folla lo seguiva e gli si stringeva intorno. Or una donna, che da dodici anni era affetta da emorragia e aveva molto sofferto per opera di molti medici, spendendo tutti i suoi averi senza nessun vantaggio, anzi peggiorando, udito parlare di Gesù, venne tra la folla, alle sue spalle, e gli toccò il mantello. Diceva infatti: «Se riuscirò anche solo a toccare il suo mantello, sarò guarita». E subito le si fermò il flusso di sangue, e sentì nel suo corpo che era stata guarita da quel male. Ma subito Gesù, avvertita la potenza che era uscita da lui, si voltò alla folla dicendo: «Chi mi ha toccato il mantello?». I discepoli gli dissero: «Tu vedi la folla che ti si stringe attorno e dici: Chi mi ha toccato?». Egli intanto guardava intorno, per vedere colei che aveva fatto questo. E la donna impaurita e tremante, sapendo ciò che le era accaduto, venne, gli si gettò davanti e gli disse tutta la verità. Gesù rispose: «Figlia, la tua fede ti ha salvata. Và in pace e sii guarita dal tuo male». Mentre ancora parlava, dalla casa del capo della sinagoga vennero a dirgli: «Tua figlia è morta. Perché disturbi ancora il Maestro?». Ma Gesù, udito quanto dicevano, disse al capo della sinagoga: «Non temere, continua solo ad aver fede!». E non permise a nessuno di seguirlo fuorchè a Pietro, Giacomo e Giovanni, fratello di Giacomo. Giunsero alla casa del capo della sinagoga ed egli vide trambusto e gente che piangeva e urlava. Entrato, disse loro: «Perché fate tanto strepito e piangete? La bambina non è morta, ma dorme». Ed essi lo deridevano. Ma egli, cacciati tutti fuori, prese con sé il padre e la madre della fanciulla e quelli che erano con lui, ed entrò dove era la bambina.Presa la mano della bambina, le disse: «Talità kum», che significa: «Fanciulla, io ti dico, alzati!». Subito la fanciulla si alzò e si mise a camminare; aveva dodici anni. Essi furono presi da grande stupore. Gesù raccomandò loro con insistenza che nessuno venisse a saperlo e ordinò di darle da mangiare.
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24/04/09

La crisi, il denaro, la ricchezza, i cristiani e... Gesù.


Devo dire che mi ha fatto molto piacere sentire dalla bocca del cardinale Angelo Scola, patriarca di Venezia, a margine di un incontro con la stampa, a Mestre, queste parole, quando un intervistatore gli ha chiesto di commentare l'attuale sconvolgente crisi economica:


"Come invita il messaggio cristiano, bisogna avere sempre una coscienza chiara, capace, anche quando e' il caso e in forma misurata, dI denunciare le contraddizioni di cio' che non va. Adesso e' molto importante, realmente, nel senso nobile del termine, che le regole del mondo della finanza vengano riscritte, come mi pare si sta tentando di fare. E mi sembra che il criterio di fondo per riscrivere queste regole sia quello di non dimenticare, come si e' dimenticato, che il valore numero uno, anche nell'intrapresa finanziaria, ha da essere la persona e la persona in relazione a cui bisogna subordinare il resto".

Mi dispiace soltanto che parole di questo tono si siano sentite raramente - anche in ambito di gerarchie cattoliche - negli anni in cui tutto è stato sacrificato alla logica del profitto e del mercato, in occidente, con i risultati che tutti ormai abbiamo sotto gli occhi. Eppure, per un cristiano non dovrebbe essere difficile, anche soltanto aprendo i Vangeli, sapere che senso abbia la ricchezza materiale, di beni e di denaro, su questa Terra. Come sappiamo, Gesù è l’antitesi di Satana: alla bramosia dei beni materiali e del potere sulla natura e sull’uomo, Gesù sceglie come valore supremo “l’essere”. Gesù compie questa scelta nel deserto, dove non ci sono comodità né ricchezze, ma solo le cose strettamente necessarie alla sopravvivenza.


Di qui la sua scelta a una vita povera, itinerante e senza sicurezze, tanto da definirsi come “uno che non ha dove posare il capo” (Lc 9,58).Egli vive per primo e in pienezza quanto insegnerà: “... che giova all’uomo guadagnare il mondo intero, se poi si perde o rovina se stesso?” (Lc 9,25). Il suo distacco dalle ricchezze è totale, radicale. Egli “cerca innanzitutto il regno di Dio e la sua giustizia” e “liberamente” sceglie una vita che gli permette di appartenere totalmente alla sua missione e di testimoniare tutta la sua fiducia nel Padre.


Egli guarda gli uccelli del cielo e i gigli del campo: sa di valere più di loro, per questo “cerca prima il regno e la sua giustizia”, sicuro che il Padre non gli lascerà mancare il necessario; si affiderà in continuità al Padre; egli non porta con sé né borsa né bisaccia e si accontenta di quello che gli danno (vedi Lc 10,3.8).


Accanto a lui, uniti alla sua missione, ci sono sempre persone (discepoli e discepole) che lo seguono e che lo assistono con i loro beni (8,3). E quando spezza il pane rende grazie, riconosce che tutto è dono del Padre che lo sostenta nel suo cammino. Gesù sa, che solo nel vivere distaccato da ogni bene materiale, può godere di quella libertà che gli permette di vivere in pienezza la sua missione: “annunciare il regno di Dio” (Lc 4,43); essere con gli altri e per gli altri, cioè “servo”.


Sarebbe bello - anche se ahimè appare oggi ancora del tutto utopistico - immaginare una economia fatta dagli uomini non per acuire e consolidare i propri privilegi, ma costruita per essere 'serva' degli altri e per gli altri.


( ringrazio per il contributo dato a questa meditazione il portale http://www.donbosco-torino.it )

24/10/08

Leggere il Vangelo.


Conosco molti amici che mi chiedono, di tanto in tanto: " ma come è che ci si converte ? " Sono persone a cui 'piacerebbe' credere. Che si definiscono anche cristiani, se proprio devono, ma che non hanno mai avuto una illuminazione profonda, riguardo alla loro fede. Sono sempre alla ricerca di qualcosa che li convinca definitivamente, che li scuota, che cambi davvero le loro vite.

E chiedono: "come si fa ? Dove trovo quell'acqua che cura, che consola e che convince, che fa sperare, che mi cambia ?"

L'unica risposta che conosco a questa domanda è: il Vangelo.

Ciascuno, io credo, può parlare semplicemente per la propria esperienza. Ma, andando avanti, mi sono reso conto che per molti è stato così. Un giorno, perchè si è in crisi - parola oggi quantomai abusata - o perchè non si sa dove sbattere la testa, o perchè consigliati da qualcuno, o per caso, ci si imbatte nel Vangelo.

Lo si comincia a leggere tutto, dall'inizio alla fine. E piano piano, ci si accorge che succede qualcosa di molto profondo. Si sentono vibrare corde interiori mai sentite prima. La cosa che io posso dire è questa: bisognerebbe leggere uno dei Vangeli - non importa quale, anche se secondo me il migliore per cominciare è quello di Matteo - per intero. Meglio se di mattina, un capitolo per volta, ogni mattina, e tutte le mattine finchè non si è finito. Seguendo l'ordine di quella Storia che conosciamo già, che ci sembra già scontata, che ci sembra non ci possa più dire nulla, e che invece ogni volta è capace di rinascere dentro di noi.

Non c'è altro modo, per 'convertirsi'. Che non significa altro che 'convergere' verso qualcosa (anche se ormai questo è diventato un termine brutto, come se ci fosse di mezzo una umiliazione, una rinuncia, una abdicazione, e invece è proprio il contrario).

Quelle parole ci parlano, possedendoci (proprio nel senso in cui dice C.G.Jung nel post precedente). Se le lasciamo entrare veramente, le parole di quell'Uomo che si proclamò Figlio di Dio, non ci lasceranno più.

foto in testa: "acqua" di Stefania Camilleri.

02/06/08

Giovanni - Il prediletto, l'eletto.


Giovanni, dunque.

Il post dell'altro giorno ci è servito per introdurre - con la presenza di Giovanni a Roma - un piccolo discorso sull'enigmatica figura del Quarto Evangelista.

Devo confessare che quasi mai avevo riflettuto sul fatto che Giovanni, secondo quanto tramandatoci dalle scritture e le fonti antiche fu l’unico degli apostoli che non morì subendo il martirio, ma per morte naturale, in età veneranda.

Anche in questo, egli occupa dunque un posto a sè nella storia del Cristianesimo. Ma vediamo per bene, prima di proseguire nel viaggio, le notizie che abbiamo su di lui.

Secondo quanto ci riportano le fonti antiche, Giovanni è il prediletto di Gesù e fratello di Giacomo il Maggiore. Dopo la resurrezione di Gesù fu il primo, insieme a Pietro, a ricevere da Maria Maddalena l’annuncio del sepolcro vuoto, e fu il primo a giungervi, entrandovi poi dopo Pietro.

Dopo l’ascesa al cielo di Gesù, gli Atti degli Apostoli ce lo mostrano accanto a Pietro in occasione della guarigione dello storpio al Tempio di Gerusalemme e poi nel discorso al Sinedrio, dopo il quale fu catturato e poi con Pietro incarcerato.

Sempre insieme a Pietro si reca in Samaria. Nel 53 Giovanni si trova ancora a Gerusalemme: Paolo infatti lo nomina (Gal 2, 9) insieme a Pietro e a Giacomo come una delle «colonne» della Chiesa. Ma verso il 57 Paolo nomina a Gerusalemme solo Giacomo il Minore: dunque Giovanni non c’è più, trasferitosi a Efeso, come concordemente testimoniano le fonti antiche, fra le quali basterà citare, per tutte, Ireneo (Contro le eresie, III, 3, 4): «La Chiesa di Efeso, che Paolo fondò e in cui Giovanni rimase fino all’epoca di Traiano, è testimone veritiera della tradizione degli apostoli».

La permanenza di Giovanni a Efeso, dove scrive il Vangelo (secondo quanto afferma ancora Ireneo), è interrotta, come le stesse fonti antiche ci dicono, dalla persecuzione subita sotto Domiziano (imperatore dall’81 al 96), probabilmente verso l’anno 95.

Si innesta qui la tradizione, riportata anche da molti autori antichi, del suo viaggio a Roma e della sua condanna a morte in una giara di terracotta colma di olio bollente, dalla quale uscì illeso per miracolo.

E vediamo qui quali sono le fonti: la fonte più antica che ce ne parla è Tertulliano, intorno all’anno 200: «Se poi vai in Italia, trovi Roma, da dove possiamo attingere anche noi l’autorità degli apostoli. Quanto è felice quella Chiesa, alla quale gli apostoli profusero tutta intera la dottrina insieme con il loro sangue, dove Pietro è configurato al Signore nella passione, dove Paolo è incoronato della stessa morte di Giovanni il Battista, dove l’apostolo Giovanni, immerso senza patirne offesa in olio bollente, è condannato all’esilio in un’isola» (La prescrizione contro gli eretici, 36).

Un’altra testimonianza è quella di Girolamo, che alla fine del IV secolo scrive: «Giovanni terminò la sua propria vita con una morte naturale. Ma se si leggono le storie ecclesiastiche apprendiamo che anch’egli fu messo, a causa della sua testimonianza, in una caldaia d’olio bollente, da cui uscì, quale atleta, per ricevere la corona di Cristo, e subito dopo venne relegato nell’isola di Patmos. Vedremo allora che non gli mancò il coraggio del martirio e che egli bevve il calice della testimonianza, uguale a quello che bevvero i tre fanciulli nella fornace di fuoco, anche se il persecutore non fece effondere il suo sangue» (Commento al Vangelo secondo Matteo, 20, 22).

Alle antiche fonti cristiane sul martirio di Giovanni a Roma si può ora aggiungere, udite udite, con buona attendibilità anche l’allusione del pagano Giovenale (inizi del II secolo), che, nella IV Satira, critica Domiziano raccontando l’episodio della convocazione del Senato per decidere che fare di un enorme pesce, venuto da lontano e portato all’imperatore, che viene destinato a essere cotto in una profonda padella. Come nello stile delle Satire, il pesce sarebbe appunto Giovanni, il povero pazzo cristiano.

E' una ipotesi affascinante, davvero, che è frutto dello studio pubblicato da una ricercatrice italiana, Ilaria Ramelli, che qui troverete nella sua integrità, che vi consiglio di leggere tutto d'un fiato. Bellissimo. Poi, proseguiremo con il discorso. Ma intanto, se la ipotesi della Ramelli fosse giusta, ci troveremmo di fronte alla clamorosa conferma da parte di una fonte pagana, di una lunga tradizione prima orale e poi scritta, tutta cristiana.

Il che ancora una volta avvalorerebbe la tesi che alla base di testimonianze così antiche ci sono sempre riscontri reali, storici, effettivi.

28/05/08

San Giovanni, L'Evangelista, a Roma.



Ignoriamo molto delle nostre radici cristiane.

Eppure, ad ogni passo, ad ogni pietra del suolo che calpestiamo oggi, si aprono voragini di storie antiche che riconducono tutte ad un’unica grande storia.

A Roma si sta perdendo perfino la memoria apostolica, che pure è così viva, e documentata.

Ci ho pensato pochi giorni fa percorrendo la meravigliosa Via di Porta Latina, dove sorge l’antichissima basilica di San Giovanni a Porta Latina, una di quelle paleo-cristiane di Roma.

A Roma, si sa, si parla sempre di Pietro e di Paolo. Ma si ignora spesso l’importante passaggio di quelli che furono gli altri apostoli di Gesù, a cominciare di quelli più importanti: gli Evangelisti.

Pochi romani – e pochi cristiani in generale – saprebbero oggi rispondere alla domanda se risulta di un passaggio a Roma di San Giovanni, l’Evangelista. Il prediletto.

Eppure questa presenza non solo è documentata. Ma è anche testimoniata da un culto bi-millenario. Mai decaduto.

Di Giovanni si ricorda l’attività di predicatore instancabile, dopo la morte di Gesù, e soprattutto della sua presenza a Patmos, nell’Egeo, dove scriverà le terribili ed enigmatiche visioni contenute nell’Apocalisse.
Ma tra queste due fasi, Giovanni transitò a Roma.

E’ Tertulliano a raccontarci che nell’anno 89, mentre Giovanni si trovava ad Efeso, si scatenò una nuova ondata di persecuzioni nei confronti dei cristiani ad opera dell'imperatore Domiziano. Tertulliano racconta che Giovanni venne arrestato e condotto a Roma, quindi torturato nei pressi di Porta Latina e infine condannato a morte.

Di lì a poco questa pena però verrà commutata in quella dell'esilio nell'isola di Patmos. Sul luogo dove venne sottoposto alla tortura dell’Olio bollente venne costruita la chiesa di San Giovanni in Oleo. Non si tratta anzi, di una vera e propria chiesa, ma di un piccolissimo oratorio a pianta ottagonale, che vedete ritratto qui.

E’ un luogo veramente particolare, del quale vi parlerò meglio nei prossimi giorni. Raccontandovi anche di qualche piccola scoperta.

17/05/08

La Preghiera secondo Gesù.




Nei Vangeli Gesù fornisce spesso indicazioni molto molto precise su cosa è la fede.

E in un mondo che sembra aver puntato tutto sulla idolatria dello sguardo - "credo solo in ciò che vedo" - Gesù non si stanca mai di raccomandarci esattamente l'opposto.

Ovvero la fede. Che è basata sul prima e non sul dopo. Su quello che speriamo e non su quello di cui abbiamo certezza e che vediamo.

Nell'episodio evangelico della Maledizione del Fico, dopo che i discepoli hanno constatato che il Fico maledetto da Gesù si è nel giro di pochi minuti, di poche ore, seccato, Gesù ancora una volta li ammonisce su cosa è la fede.

Con queste parole (Mc. 11,22) :

Gesù allora disse loro: «Abbiate fede in Dio! [23]In verità vi dico: chi dicesse a questo monte: Lèvati e gettati nel mare, senza dubitare in cuor suo ma credendo che quanto dice avverrà, ciò gli sarà accordato. [24]Per questo vi dico: tutto quello che chiedete nella preghiera, credete di averlo già ottenuto e vi sarà accordato. [25]Quando vi mettete a pregare, se avete qualcosa contro qualcuno, perdonate, perché anche il Padre vostro che è nei cieli perdoni a voi i vostri peccati».

La fede dunque è 'credere che quanto si dice avverrà'.

Ma è molto più preciso di questo: tutto quello che chiedete nella preghiera, credete di averlo già ottenuto e vi sarà accordato.

Sembra dunque che bisogna pregare 'credendo di avere già ottenuto'.

Non è affatto semplice come sembra: chi è che mentre prega "crede già di aver ottenuto" ??

Mentre preghiamo, di solito, siamo tutto meno che sicuri. Siamo deboli, esitanti, dubbiosi, speranzosi, ma timorosi di illuderci, in una parola sola: non abbiamo poi così tanta fede. E' più vicino all'idea di come se stessimo partecipando ad una scommessa: io ci provo, e vediamo se verrò esaudito.

Non è così che Cristo ci dice di fare.

E chi è poi che - mentre prega - 'se ha qualcosa contro qualcuno' - mentre prega, perdona ???

Pregare: una cosa che sembra facile facile. Ma non lo è affatto.

14/05/08

Dov'è finita la Bellezza ?



Mi chiedo come sia possibile scandalizzarsi della depressione, della sfiducia e della negatività che si sente in giro.

Mi sembra inevitabile che le persone oggi - specie i più giovani, cioè i più sensibili - siano storditi, irretiti da tutto questo brutto che ci circonda.

Leggo oggi un sito a caso: http://www.corriere.it/ e sulla home page leggo, in rapida sequenza queste notizie, una via l'altra, senza soluzione di continuità:

MASSACRATA A 14 ANNI. "UCCISA PERCHE' INCINTA"

RACHEL, LA PORNO STUDENTESSA CHE DIVIDE LA SORBONA.

NAPOLI, NUOVI INCENDI IN CAMPI ROM.

AUSTRIA, STERMINA LA FAMIGLIA CON L'ACCETTA E POI SI COSTITUISCE.

DALL'ODORE DI CIPOLLA AL PARCHEGGIO - LE LISTE DELLE GUERRE DI CONDOMINIO.

UNA PETIZIONE DEGLI STUDENTI PER LA PROF. NUDA IN COPERTINA.

Mi fermo qui, ma si potrebbe andare avanti 'ad libitum'.

Cosa può produrre di buono un mondo che sembra proporre solo bruttezza ?

"La Bellezza salverà il mondo" scriveva Fedor Dostoevskij. Ma se la Bellezza viene bandita dal mondo, se nessuno ne parla, se nessuno la offre, se nessuno la vende, che fine farà il mondo ?

E poi, cosa è la Bellezza ? Quella Bellezza che sembra abbiamo tutti dimenticato ?

E' forse opportuno ricordare il passo evangelico della Trasfigurazione:


Sei giorni dopo, Gesù prese con sé Pietro, Giacomo e Giovanni suo fratello e li condusse in disparte, su un alto monte. E fu trasfigurato davanti a loro; il suo volto brillò come il sole e le sue vesti divennero candide come la luce. Ed ecco apparvero loro Mosè ed Elia, che conversavano con lui. Pietro prese allora la parola e disse a Gesù: «Signore, è bello per noi restare qui; se vuoi, farò qui tre tende, una per te, una per Mosè e una per Elia». Egli stava ancora parlando quando una nuvola luminosa li avvolse con la sua ombra. Ed ecco una voce che diceva: «Questi è il Figlio mio prediletto, nel quale mi sono compiaciuto. Ascoltatelo». (Mt. 17,1-6)

La Bellezza che salva il mondo è questa bellezza semplice, di Pietro che dice: "Signore, è bello per noi restare qui."

E' talmente bello che, come sappiamo, Pietro pensa anche - ingenuamente - di costruire tre tende, che possano ospitare, custodire, quella Bellezza - ahimè non 'costringibile' in un luogo specifico.

Il candore di quella veste è purtroppo latitante, nel nostro mondo.

Eppure, basterebbe così poco, forse, per ritrovarne le tracce luminose.