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08/01/13

Manuela La Ferla: a Firenze nasce la "Casa dell'Autore."





A Firenze nasce CASA DELL’AUTORE: intervista a Manuela La Ferla
di Massimo Maugeri per letteratitudinenews



Nasce a Firenze la CASA DELL’AUTORE di Manuela La Ferla. L’obiettivo dichiarato è quello di rimettere al centro del lavoro il testo e il suo autore, nel rispetto estremo della scrittura e fuori dalle forzature del mercato: un luogo dove le storie potranno circolare liberamente e le idee trovare terreno fertile, una modalità di lavoro che conserverà il nucleo antico del lavoro editoriale, ma guarda al futuro, alle nuove forme che con il digitale assumeranno un aspetto ancora difficile da immaginare. Uno spazio per autori italiani di eccellenza, per testi di narrativa e progetti di saggistica contemporanea. 

Manuela La Ferla, catanese di nascita ma fiorentina di adozione, vive e lavora a Firenze Ha collaborato a vario titolo con: Rizzoli, Feltrinelli, Adelphi, Einaudi, Theoria, Giunti, Mondadori, Fazi, Il Saggiatore, Cadmo e Longanesi. Ha collaborato a lungo anche con diverse testate, tra cui Diario e La Stampa e curato testi di Letteratura fantastica per diversi editori. Da un paio di anni cura la rubrica «Piccole Italie», su Latitudes. Come curatrice e autrice, è onorata di far parte nel suo piccolo del catalogo Sellerio. Da molti anni insegna editing alla Scuola Europea di Traduzione Letteraria. Nel 2013, in linea con l’evoluzione del mondo editoriale aprirà la casa dell’autore®, un crogiolo di eccellenza per testi e autori di qualità. Il vero lavoro editoriale, prima e oltre le case editrici. A Firenze, in via maggio 35. info@casadellautore.it

- Cara Manuela, da quanto tempo lavori del mondo dell’editoria? Ti andrebbe di raccontarci un po’ di te?
In breve: lavoro da venticinque anni in campo editoriale, come Editor Italiani, sia di narrativa che di saggistica contemporanea. Nasco in Sicilia cinquantanni fa, nella città da cui mi scrivi e che saluto. Vivo con mio marito e mio figlio Natnael di anni sette, a Firenze, mia città adottiva da oltre trent’anni (con tutti questi conti finirò per sentirmi vecchissima). Ho dedicato gran parte della mia vita alla letteratura e alle parole, fare l’editor è il mio modo di stare al mondo e quando penso penso da sempre sotto forma di libro. E per libro intendo un testo, originale, in lingua italiana, che poi vada in cartaceo o digitale è un’altra storia, ma non è questo il punto fondamentale, almeno per me. 
- A tuo avviso, cosa è cambiato nell’attuale sistema editoriale italiano dall’inizio della tua attività a oggi? Quali i pro e i contro?
Non è cambiata la passione dei giovani che vorrebbero entrare a far parte di questo nostro piccolo mondo, molto conservatore. Non è cambiata la dedizione dei molti che si prendono cura dei testi e non è cambiato il desiderio degli autori di arrivare ai propri lettori attraverso il filtro editoriale di una casa editrice. Per il resto, sembra di stare in un mondo capovolto. Chi guarda al mondo editoriale da fuori non credo lo sappia: ma l’industria editoriale è spesso strozzata da tempi di produzione accelerati e vittima colpevole della dittatura delle tirature (tranne che per il digitale). La cornice insomma si è un po’ mangiata il quadro. E il quadro, almeno per me, era e resta l’autore e il suo testo. 
- Credi che il ruolo e i compiti dell’editor, in particolare, siano cambiati in questi anni? Perché la figura dell’editor è ancora importante? 
Oggi l’editor è soprattutto un publisher, una persona molto competente che però compra libri già fatti altrove, mentre io mi sono sempre dedicata a farli i libri, e per farli non intendo costruirli a tavolino, anzi, intendo dire, anche pensarli, sì, se si tratta di saggistica, ma soprattutto aiutare l’autore a riflettere sul senso del proprio lavoro. Ed è proprio questo tipo di figura che è quasi del tutto scomparsa, quello che una volta si chiamava il consulente letterario di professione. Ci sono delle eccezioni, ma sono mosche bianche ormai. Il clima è mutato e non da oggi. Oggi su tutto vince il commerciale e le aspettative del lettore, quasi fosse la domanda a generare l’offerta e non viceversa.

Massimo Maugeri per Letteratitudinenews - continua a leggere qui.

27/07/12

'Per dirmi che sei fuoco' - Recensione di Anna Vasta.






Per dirmi che sei fuoco- romanzo di Fabrizio Falconi, scrittore e giornalista romano- Gaffi Editore (pgg. 287, €16, 50), è titolo di  vaghezza evocativa, oltre che di  suggestiva citazione-Giuseppe Ungaretti-poetica, e nello stesso tempo di forte impatto e incisività. Nella  metafora del fuoco che “consuma e riaccende” si concentra  il senso di un'opera narrativa che non si lascia inquadrare in un genere. Pur presentando i tratti ora del giallo, ora del romanzo d'inchiesta, di denuncia civile, per i temi di impellente, drammatica attualità che affronta- la fecondazione artificiale con  i suoi risvolti culturali, etici, umani, esistenziali; lo smaltimento clandestino, abusivo, criminoso dei rifiuti radioattivi, con quanto implica  di illegalità, di contiguità con le mafie locali e internazionali, di rischi ambientali e di degrado-, il libro non esaurisce nell'ambito di queste tipologie le potenzialità, gli intenti  espressivi e di racconto.

La vicenda personale del protagonista, Nico, giovane universitario studioso di Ungaretti, uno dei tanti figli della provetta, nato da una procreazione eterologa, il suo percorso biografico di ricostruzione di una identità  soggettiva attraverso la ricerca del padre biologico- che nello svolgersi della trama si scopre essere un uomo-contro, un uomo-lupo, in guerra contro le devastazioni dei boschi, delle montagne, delle valli, delle foreste, dei fiumi, ad opera dei suoi simili-si intrecciano con storie di crimine, di violenza, di affari sporchi e inchieste giudiziarie. Michele, temerario e solitario, ambiguo eroe di una lotta senza quartiere e senza speranze  contro forze che lo sovrastano e di cui resterà vittima, da inquietante fantasma, sfuggente e inafferrabile, diventerà figura di padre, nel momento della fine e in quello successivo del viaggio che il figlio intraprende insieme con la sorella naturale, Brigitte, alla scoperta di una appartenenza filiale in cui riconoscersi e ritrovarsi.

Il romanzo si muove su un doppio binario, come ogni accadimento della vita reale: quello del dentro, degli  eventi introspettivi del protagonista e l'altro del fuori, dei fatti esterni. Binari che si intersecano, si incrociano, si separano, si sdoppiano, per  reincrociarsi e procedere in parallelo in direzione di un'ultima stazione che viene a configurarsi come il punto di arrivo di un itinerario di formazione, di educazione ai sentimenti, ai grandi temi dell'uomo: l'amore, il dolore, la perdita, il male di vivere.
In una sorta di discesa agli Inferi alla ricerca di una paternità di sangue che sia anche consanguineità dello spirito, dove affondare radici e portare alla luce nascoste oscurità, il giovane Nico segue il fil rouge di un altro viaggio, di un altro tempo, di un'altra dimensione d'esistenza: il ritorno in Brasile del poeta dagli occhi cinesi e dalla barba da sciamano, Giuseppe Ungaretti, sulle tracce del figlioletto morto anni addietro, sepolto entro il recinto erboso del cimitero di San Paolo, e destinato a durare nei versi del padre come la forte, maestosa araucaria dai fiori viola.  Indefesso odisseo, piegato, non vinto dalle prove e dalle durezze della vita, è in prossimità della tomba di Antonietto che gli viene concessa un'ultima, estrema chance di opporsi alla fine: l'amore improvviso, imprevisto per la donna vestita di rosso, Bruna Bianco, che consuma e riaccende. Il viaggio al termine della notte, di Nico, figlio in cerca di un padre che gli sia stato padre pur nell'assenza, si conclude con il ritrovamento nella casa di Michele, di una foto di sé bambino in una vecchia polaroid. Anche la sua ricerca di Bruna, approda a una foto di lei in una cornice, mentre viene incontro al poeta, per dirmi che sei fuoco/che consuma e riaccende.

08/02/12

Per dirmi che sei fuoco - Il nuovo libro.



Il nuovo libro che sta per uscire - dovrebbe essere in libreria dal giorno 16 - è il mio terzo romanzo, dopo Il giorno più bello per incontrarti e Cieli come questo, pubblicati entrambi da Fazi. 

Per dirmi che sei fuoco è stato scritto tre anni fa, nel 2009, e riveduto ampiamente nello scorso anno.  

Chi lo leggerà troverà molti riferimenti ai precedenti due romanzi, di cui in qualche misura rappresenta il complemento. 

Anche qui, come nel primo, c'è la ricerca di un padre misterioso.  Il pretesto narrativo però è fornito da una vera inchiesta giornalistica che realizzai qualche anno fa in cui ebbi occasione di conoscere da vicino le storie dei primi 'bimbi in provetta', nati alla fine degli anni '80, e delle peripezie che avevano portato alcuni di loro - una volta divenuti adulti - a scoprire di essere figli biologici di 'anonimi' donatori. 

Il titolo è preso a prestito da una poesia di Giuseppe Ungaretti, che è protagonista indiretto di tutto il romanzo.

L'editore, Gaffi, con il quale non avevo mai pubblicato prima, ha creduto sin dall'inizio nel libro e sin dall'inizio ho percepito sintonia e affinità con il direttore editoriale Andrea Carraro, che è un ottimo e raffinato scrittore.

Un libro è una storia. E come ogni storia, essa a un certo punto ha preteso di essere raccontata. 





04/01/12

E' morto Pietro Zullino. Un ricordo.


E' scomparso questa mattina presto.

Pietro Zullino se ne è andato in coerenza assoluta con il suo stile, con la sua discrezione assoluta.

Vorrei ricordare questo amico con poche parole. E' grande il vuoto che lascia. Perché Pietro assommava, in misura notevole, due qualità umane molto rare di questi tempi: la curiosità e la generosità.

Semplicemente, è una delle persone più colte che abbia conosciuto nella mia vita.  Capace di spaziare in ogni campo, e sempre da lui c'era da imparare.

Aveva anche la capacità di difendere il suo punto di vista sempre, ad ogni costo, di fronte a qualunque interlocutore: anche perché molto spesso aveva ragione lui.

Pietro ha lasciato una vasta e preziosa produzione di saggi e opere di narrativa straordinarie, che spero davvero vengano ristampate presto da un editore illuminato.  C'è anche qualche inedito che meriterebbe di essere scoperto perché chi lo ha letto sa che si tratta di cose davvero considerevoli, soprattutto nell'attuale, stantio  paesaggio culturale italiano.


Ciao, Pietro.


09/11/11

La nostalgia del tempo presente. Goffredo Parise.



Un giorno di fine inverno in montagna un gruppo di persone che si conoscevano poco e si erano trovati per caso su una vetta gelida e piena di vento decisero di fare con gli sci una pista molto lunga e solitaria che portava a una valle lontana. Erano dieci, per una coincidenza felice nessuno di loro era veramente "adulto", anzi, erano tutti più o meno timidi e questo li rese subito fiduciosi uno dell'altro.


Credo che raramente una forma artistica abbia raggiunto la perfezione come è il caso di un piccolo racconto - appena una pagina e mezza - di Goffredo Parise contenuto nei Sillabari e che si intitola 'Amicizia'. 

Ciascuno di noi conosce sin da quando è bambino - ed è una esperienza pienamente umana - quella sensazione del tempo vissuto insieme ad altri, che scorre e si materializza scorrendo, semplicemente perché quelle persone che abbiamo incontrato e che abbiamo amato anche fuggevolmente incontrare, in quel determinato tempo, sono già volate via, e forse mai più, anzi certamente mai più le incontreremo nelle stesse forme, nello stesso modo di quella volta lì, speciale, unica. 

Il tempo è una freccia, scriveva Martin Amis, e lo sperimentiamo in ogni momento della vita. Sembrerebbe la più insostenibile delle crudeltà.  Esser condannati a non poter tornare indietro mai.

Eppure quale fato, quale mistero, quale incanto si cela dietro questi grani di clessidra che scendono e non possono mai risalire da soli nella stessa ampolla.

Qualcuno, in una dimensione che non è la nostra, forse si diverte a girare l'ampolla.

Ma a noi, qui è concessa soltanto la distillazione di questo tempo che viviamo. E che, un po' per condanna un po' per libero godimento, siamo obbligati a vivere con altri.

La magia di quel giorno vissuto, di quelle risa e di quella luce, non tornerà.

Epperò noi saremo diversi da allora.

Il fiume non è mai lo stesso. E nemmeno noi mai lo saremo. Qualcosa di diverso, saremo. Forse fatti di un'anima diversa, che il tempo - il tempo che noi conosciamo - non riesce mai pienamente ad afferrare.

Un giorno di fine inverno in montagna.... 

qui si legge l'intero racconto di G.Parise.