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06/07/18

Libro del Giorno: "Il richiamo del merlo" di Enza Armiento.



Enza Armiento 
Il richiamo del merlo 

Le truppe piemontesi hanno ricevuto l’ordine di radere al suolo il paese. Concetta viene violentata dai militari sotto gli occhi del padre, è creduta morta. Quando rinviene tutto è morte e sangue e fuoco. Si rifugia in un bosco, viene accolta dai briganti. A distanza di anni, Michela, lontana parente di Concetta, vuole intraprendere la carriera militare. La scelta non viene accolta con favore dalla famiglia. Il romanzo segue la vita delle due ragazze: Concetta avviata al brigantaggio, Michela al riscatto dalla sua condizione sociale. Il presente avrà rimandi al passato, alle strategie di pace attuate con strumenti e modalità di guerra. Solo alla fine troveranno risposte le voci silenziose dei parenti di Michela, delle donne del Sud che portavano al collo catenine dorate con volti di morti. Sarà una lotta in nome e per conto degli innocenti. 

Enza Armiento

nata a Manfredonia (FG), è docente di lingua e letteratura inglese. È risultata vincitrice e finalista in diversi premi letterari. Alcune sue poesie sono pubblicate in raccolte e antologie letterarie. Nel 2013 cura, insieme a Antonella Taravella e Sebastiano Adernò, l’antologia a scopo benefico dal titolo No job. Visioni del Paese irreale. Nel 2017 partecipa con un suo racconto, tratto dal romanzo autobiografico La voce delle pietre, al concorso europeo Storie di Resilienza indetto dall’Agenzia Nazionale Erasmus+ Indire e viene premiata come role model: figura di riferimento positivo in campo educativo. Scrive per il Words Social Forum Centro Sociale dell’Arte.


20/06/18

Giornata Mondiale del Rifugiato 2018 - Un messaggio dell'Editore Castelvecchi.



Mentre il Mar Mediterraneo viene trasformato in un cimitero, mentre il nostro Ministro degli Interni rifiuta di salvare vite umane usandole come numeri per fini propagandistici, lʼEuropa arranca e oltreoceano 2.000 minori latinoamericani vengono separati dai genitori alla frontiera fra il Messico e gli Stati Uniti.
Davanti allʼimmenso fenomeno contemporaneo delle migrazioni, oggi più che mai è fondamentale celebrare la Giornata Mondiale del Rifugiato.
LʼEditore Castelvecchi decide di onorare questo giorno proponendo alcuni brani significativi tratti dal proprio catalogo, nella convinzione che solo una profonda diffusione dei valori umani della cultura dellʼincontro e dellʼaccoglienza possa contrastare le politiche xenofobe e razziste dilaganti oggi nel mondo.

  
«Vi è una tendenza alla separazione territoriale molto diffusa in tutta Europa e anche in tanti luoghi del continente americano. Determina la creazione di comunità chiuse, protette da cancelli, circondate da telecamere a circuito chiuso, con guardie a sorvegliare l’ingresso che consentono l’accesso solo a chi è stato invitato – o è comunque come noi o simile a noi –, sbarrando il passaggio agli estranei. Separarsi significa “interrompere la comunicazione”. Separazione può diventare apartheid: confinare le persone che consideriamo scomode e inquietanti, tenerle a distanza, non permettere loro di avvicinarsi».
Zygmunt Bauman, Scrivere il futuro


«La xenofobia che oggi comincia a sorgere in alcuni Paesi centrali contro gli immigrati, contro i sudamericani, contro gli africani non è che una risposta fanatica. E la paura, il terrore di chi è malato d’odio per via dell’oppressione, di chi risponde con l’unica cosa che ha, l’immolazione, ci fa entrare in una logica di cecità che costituisce oggi uno dei pericoli più grandi cui ci troviamo esposti. Sta rifiorendo una destra che non è destra, ma che è fascista, nel cuore di un continente evoluto come l’Europa; questo deve rappresentare un vero allarme per noi e sollecitarci a una missione di carattere politico: sottolineare il ruolo che hanno la tolleranza e il rispetto per l’auto- determinazione».
José “Pepe” Mujica, Non fatevi rubare la vita


«Definire dei singoli disarmati col nome di invasori è spaccio di moneta falsa. Il nostro vocabolario  serve a difenderci dai falsari che lo distorcono per intossicare l’organismo sociale di una comunità. Tentare di arginare migrazioni è mossa vana, sterile e contro la natura».
Erri De Luca, Prefazione a Domenico Di Cesare, Migranti


«L’intera storia biblica è storia di migranti: da Abramo a Giuseppe a Rut per finire con la fuga in Egitto della Santa Famiglia. E se Abramo, una volta giunto nella terra di Canaan, deve poi abbandonarla per una carestia, il popolo d’Israele, liberato dalla schiavitù e destinatario del dono della terra, è chiamato a manifestare verso gli stranieri la stessa cura e lo stesso amore di cui è stato oggetto: Dio infatti ama il forestiero e gli dà pane e vestito. Amate dunque il forestiero, perché anche voi foste forestieri nella terra d’Egitto (Dt 10,18-19)»..
Papa Francesco, Le frontiere dellʼamore


«Siamo chiamati a vivere insieme. Forse così si spiega il perché la democrazia moderna si sia affermata laddove più numerose erano le migrazioni».
Riccardo Cristiano, Siria. Lʼultimo genocidio


«Il mondo è in questo taxi. Noi siamo quelli che accolgono per primi, e ci guardi: siamo tutti stranieri! Guido da 14 anni, sono stato anche istruttore. Non so i dati precisi ma credo che in questa città il 95% dei tassisti siano immigrati. Noi rappresentiamo New York! Nessuno è nato qui, siamo tutti arrivati in cerca di lavoro e ci siamo lasciati tutti sfruttare in cambio di pochi dollari. Gli Stati Uniti sono diventati la nostra casa, conosciamo questa città meglio di chiunque altro. Prima c’erano gli italiani e gli irlandesi. Ora tocca a noi».
Chiara Longo Bifano e Stefano Natoli, Passaggi migranti


«Nel mio piccolo Paese ci sono stati anni in cui arrivavano oltre quarantamila immigrati, attorno al 1910. Nella Repubblica Argentina, a volte, toccavano il mezzo milione. Lo stesso accadeva in Brasile. Bisogna anche ricordare l’eroico Messico che, nel 1939, accolse in un colpo solo quasi un milione di immigrati, rifugiati provenienti dalla Spagna franchista. L’America è stata terra di rifugio per milioni di immigrati. L’Europa se ne è dimenticata, non ha motivo di serbar memoria di queste cose. Oggi è ricca. Ha superato i suoi dolori e le sue angosce. Osserviamo con terrore la resistenza sociale che stanno generando i fenomeni migratori in un’Europa che è riuscita a superare la sua vecchia contraddizione (lo stato di guerra) e che da molti decenni vive profondamente in pace, malgrado tutti i suoi problemi».
José “Pepe” Mujica, Non fatevi rubare la vita


«Ebraismo, povertà, esilio, migrazione. Vecchiaia, persino. Ebreo lo era per stirpe – così si diceva –, anche se pienamente assimilato, com’era tipico di quell’alta borghesia del Westen berlinese da cui nacque e da cui si separò sempre più. Esule lo divenne nel 1933, per sopravvivere, per avere un qualche reddito. Da rifugiato, negli ultimi anni fu povero fino alla miseria, divenne apolide, poi ancora profugo. […] Walter Benjamin fu quindi innanzitutto un migrante economico».
Massimo Palma, Introduzione a Walter Benjamin, Esperienza e povertà


«Migranti e rifugiati non sono pedine sullo scacchiere dell’umanità. Si tratta di bambini, donne e uomini che abbandonano o sono costretti ad abbandonare le loro case per varie ragioni, che condividono lo stesso desiderio legittimo di conoscere, di avere, ma soprattutto di essere di più. È impressionante il numero di persone che migra da un continente all’altro, così come di coloro che si spostano all’interno dei propri Paesi e delle proprie aree geografiche. I flussi migratori contemporanei costituiscono il più vasto movimento di persone, se non di popoli, di tutti i tempi».
Papa Francesco, Le frontiere dellʼamore


«Se il pensiero razziale fosse un'invenzione tedesca, allora il "pensiero tedesco" (qualunque cosa sia) avrebbe trionfato in molte parti dell'universo spirituale assai prima che i nazisti dessero inizio al loro sciagurato disegno di conquista del mondo. Se l'hitllerismo ha esercitato un grande richiamo in Europa, in particolare nel corso Degli anni '30, è stato perché il razzismo, benché dottrina di Stato solo in Germania, costituiva ovunque una forte tendenza all'interno dell'opinione pubblica. La macchina da guerra politica del nazismo era già in moto da tempo quando nel 1939 o carri armati tedeschi iniziarono la loro marcia di distruzione, poiché il razzismo, nella battaglia politica, era considerato un alleato più potente di quaunque agente prezzolato (...) la verità storica è che il pensiero razziale (...) emerse simultaneamente in tutti i paesi occidentali nel XIX secolo. Fin dall'inizio di quel secolo, il razzismo ha costituito la potente ideologia dell'imperialismo».
Hannah Arendt, Il razzismo prima del razzismo


«Immigrati uguale profughi, straccioni, poveracci, rifugiati, ladri. Prevale una narrazione pietistica, paternalista, una narrazione standardizzata. Finché continueremo a rappresentare gli immigrati soltanto come profughi, poveracci e delinquenti, gli immigrati resteranno sempre e soltanto – nell’immaginario collettivo – profughi, poveracci e delinquenti. E magari terroristi».
Jacopo Storni, Siamo tutti terroristi


«Per fortuna quella mattina pioveva. Nei giorni di pioggia sembrava che il cielo avesse pietà delle anime dei migranti e impedisse al mare di diventare la loro tomba. Quel giorno non si partiva».
Asmae Dachan, Il silenzio del mare


«Per l’anarchismo “io non sarò libero finché non saranno liberi tutti”. Questo è il principio che soggiace a ogni costruzione sociale che meriti il nome di umana, e il nazionalismo inteso in senso positivo non può essere altro che un nazionalismo umile e aperto, contrario alla xenofobia e allo sciovinismo, orgoglioso del suo meticciato e responsabile della costruzione di una unità politica di dimensione umana».
Teresa Forcades, Nazione e compassione

«L’ideologia nazionalista, i miti e le leggende nazionali mobilitano ancora le popolazioni frustrate.  Tanto più sono frustrate, tanto più ne sono mobilitate. Il vero straniero non è più l’altro europeo, ma il migrante. Sono i migranti gli stranieri che arrivano in mezzo a noi da chissà dove, che hanno costumi, religioni, tradizioni e leggende diverse e un’opinione diversa su ciò che è vero e ciò che è falso. Sono terroristi, occupano la nostra terra e la distruggono interamente. Il pericolo intrinseco agli Stati nazionali si presenta di nuovo. Lo straniero deve assimilarsi, o sparire. Da un lato la popolazione europea non si riproduce, perciò ha bisogno dei migranti. In non più di sessant’anni gli Europei hanno ucciso cento milioni di persone solo tra gli Europei. Non sono soltanto i bambini a mancare, ma anche i genitori, i nonni, i bisnonni. I peccati dei padri e dei nonni devono essere espiati. Dall’altro gli Europei sono pronti ad accettare migranti (se proprio devono) solo a condizione che si assimilino. Non all’Europa, che non possiede una memoria culturale e tradizionale comune né un’unica lingua, ma all’uno o all’altro degli Stati nazionali».
Ágnes Heller, Paradosso Europa


«Bisogna che tutti gli Europei si abituino a considerare l’immigrazione un fenomeno normale, non un’emergenza: in un mondo in cui circolano liberamente capitali e merci non si può negare agli esseri umani lo stesso diritto. Le nostre società saranno sempre più multietniche, lo si voglia o no, e dunque dobbiamo tutti, anche noi, attrezzarci a vivere in rapporto con i diversi da noi. Dobbiamo imparare a dialogare, a innestarci gli uni negli altri, e questo ci renderà tutti più ricchi».
Luciana Castellina, Postfazione a Domenico Di Cesare, Migranti

«“Tu non m’interessi”. Ecco una frase che un uomo non può rivolgere a un altro uomo senza com- mettere una crudeltà e ferire la giustizia. In ciascun uomo vi è qualcosa di sacro. Ma non è la sua persona. Non è neanche la persona umana. È lui, quest’uomo, molto semplicemente. È lui. Lui, tutto intero».
Simone Weil, La persona è sacra


«Chiudo l’intervista a Fadi con una non domanda. Puoi terminare con le parole che vuoi: “Io ormai ho ventisette anni, tutti vissuti nell’ingiustizia, e ogni anno è stato peggio dell’altro. Togliermi la vita non sarebbe neanche un grande peccato, anche se l’Islam condanna questo gesto; ho sofferto così tanto che sono davvero stanco. I miei carnefici sono stati tanti: persone, città, Stati interi, sistemi, e io non perdono nessuno di essi”».
Domenico Di Cesare, Migranti


«Ciò che emerge è la miseria culturale di un’Europa incapace di reggere l’impatto del fenomeno migratorio dal punto di vista psicologico e intellettuale, prima ancora che sul piano strettamente politico e normativo».
Umberto Curi (a cura di), Vergogna ed esclusione


«Le rotte che hanno solcato il Mediterraneo raccontano di un destino comune che da millenni condividiamo. Gli scambi hanno creato una rete che legava porti e città di tutto il Mediterraneo e oltre, impegnando cristiani, musulmani ed ebrei, senza troppe distinzioni e spesso indipenden- temente dalle guerre che si combattevano tra regioni o imperi. Le migrazioni ci hanno fatto condividere lingue, abitudini e gusti, e ci hanno mescolato il sangue più di quanto molti amino pensare. Per il resto, è tutto da fare. Sta a noi riconoscerci parte di una cittadinanza più ampia, complessa e variegata di quella che siamo abituati ad attribuirci. E questa cittadinanza siamo noi a doverla costruire. È la posta in gioco e insieme la scommessa offertaci dal Mediterraneo, se vogliamo che davvero diventi il comune denominatore del nostro futuro».
Alessandro Vanoli, Migrazioni mediterranee


«Abbiamo bisogno di decisioni che riguardino il mondo intero. Coloro che cercano di attraversare il Mediterraneo non sono poveri dell’Africa, sono poveri dell’umanità. E per favore, non è un proble- ma dell’Italia, è un problema del mondo! Ma non c’è un governo mondiale. Non c’è nessuno che si occupi di governare il mondo. Noi ci limitiamo a parlare delle elezioni e a chiederci: chi vincerà?  So che non è dicendo queste cose che troveremo una soluzione ai problemi del pianeta, ma non possiamo continuare a ignorare che apparteniamo tutti alla tribolazione di questa barchetta che sta facendo le giravolte nell’universo».
José “Pepe” Mujica, La felicità al potere


27/03/18

Lunedì 9 aprile 2018 alle ore 19 la Presentazione di "Cercare Dio" a Roma.




Lunedì 9 aprile 2018, alle ore 19, la Presentazione di Cercare Dio, il nuovo libro di Fabrizio Falconi, edito da Castelvecchi, alla Sala Baldini, in Piazza Campitelli 9, a Roma. 

Insieme all'autore, interverranno Andrea Lonaro, direttore dell'Ufficio Cultura e Università della Diocesi di Roma e Antonella Palermo, giornalista e conduttrice di Radio Vaticana e poeta. 




03/03/18

Dieci foto, le Dieci Grandi Anime di cui si parla in "Cercare Dio" di Fabrizio Falconi.

Ecco dieci ritratti delle dieci Grandi Anime di cui si parla in Cercare Dio, di Fabrizio Falconi, appena uscito da Castelvecchi Editore, in tutte le librerie. 

Etty Hillesum (1914-1943)

Jiddu Krishnamurti (1895-1986)

Ingmar Bergman (1918-2007)

Frère Roger Schutz (1915-2005)

Dag Hammarskjöld (1905 – 1961)

Antonia Pozzi (1912-1938)

Andrej Tarkovskij (1932-1986)


Raimon Panikkar (1918-2010)


Clive Staples Lewis (1898 – 1963)


Pavel Florenskij (1882-1937)


14/01/18

11/01/18

Esce a Febbraio 2018 "Cercare Dio", il nuovo libro di Fabrizio Falconi.




E' in uscita a Febbraio 2018 "Cercare Dio", il nuovo libro di Fabrizio Falconi

Sinossi

Dieci ritratti di grandi personalità, di grandi anime che hanno fatto della ricerca interiore spirituale lo scopo di vita, ciascuno nel proprio campo: filosofi come Panikkar, poeti come Antonia Pozzi, morta suicida per amore e troppa sensibilità o registi di film che fanno parte del patrimonio dell’umanità come Ingmar Bergman e Andrej Tarkovskij, scrittori come C.S. Lewis, l’inventore di Narnia, guide spirituali come Krishnamurti il cui pensiero continua fortemente a influenzare la modernità o Frère Roger, fondatore della Comunità di Taizé, dove vanno ogni anni migliaia di persone, testimoni del dialogo interiore che oggi vengono riletti in tutto il mondo come Etty Hillesum, morta ad Auschwitz o il segretario generale dell’ONU Dag Hammarskjold, ucciso in un attentato, che ha lasciato un diario interiore tra le testimonianze più alte del Novecento.  I dieci agili profili  ripercorrono le vicende umane e personali – attraverso citazioni, brani di meditazione, scritti, diari – con gli interrogativi, i dubbi e le illuminazioni di cui questi uomini hanno lasciato testimonianza, e che restano come orientamento e traccia sulle  questioni fondamentali di sempre, in tempi apparentemente sempre più confusi.

  
Quotes

Saper ascoltare e vedere ciò che dentro di noi è nel buio. E nel silenzio. (Dag Hammarskjold); Dobbiamo abbandonare i nostri pregiudizi. Noi non sappiamo vedere. Dio solo vede e ci insegna ad amare il nostro prossimo. (Andrej Tarkovskij); Signore, per tutto il mio pianto,/ridammi una stilla di Te,/ch’io riviva. (Antonia Pozzi); Dio è qualcosa di cui non si può parlare. (Krishnamurti); E se la fede non trasforma la mia vita, allora questa fede è morta. (Raimòn Panikkar); Non so se l’amore dimostri l’esistenza di Dio o se l’amore sia Dio stesso… Questo pensiero è il solo conforto alla mia miseria e alla mia disperazione (Ingmar Bergman); In fondo la mia vita è un ininterrotto ascoltar dentro me stessa, gli altri, Dio. (Etty Hillesum).




Dov’è Dio ? La domanda che i nostri anni sembrano aver seppellito e che invece è sempre viva, più che mai viva nel cuore di ogni uomo. 


30/07/17

L'introduzione da "Le rovine e l'ombra", in vendita in libreria.





Introduzione tratta da Le rovine e l'ombra, in tutte le librerie in questi giorni (edizioni Castelvecchi)


Ho letto un giorno tra centinaia di notizie trascurabili, che durante la ferocissima Guerra Civile in Siria è accaduto anche un piccolo miracolo: gli abitanti di Dārayyā, quartiere alla periferia di Damasco, ridotto in poltiglia dopo cinque anni di bombardamenti e l’assedio del regime, hanno salvato 15 mila libri dagli appartamenti e dalle scuole distrutte trasportandoli al sicuro in un grande scantinato sottoterra, trasformato in biblioteca. 

A questo sotterraneo è stato dato anche un nome – Fajr, ovvero ‘alba’ – e gli uomini che lo gestiscono – il loro capo si chiama Ahmad – lo tengono aperto, bombardamenti permettendo, dalle 11 del mattino alle 5 del pomeriggio. 

Così, ogni giorno, venti, venticinque persone si fermano a leggere al riparo dei barili-bomba, prendono un libro in prestito e lo portano al fronte, la prima linea dietro casa, la casa che non c’è più e che ora è soltanto un ammasso di rovine. Fuori dal romanticismo che una notizia del genere può inspirare, mi ha incuriosito l’istinto primitivo che sembra aver mosso questi uomini, pressati da ben altre urgenze. Se hanno sentito il bisogno di preservare qualcosa così gelosamente e di farne una sorta di simbolo di sopravvivenza o di rinascita significa che anche sotto (o dentro) le rovine è possibile trovare vita. 

Che anzi le rovine sono quel luogo dove la vita torna a scorrere. Le rovine infatti sono luoghi deputati a nascondere, a preservare ciò che non è stato completamente distrutto e può tornare a nascere. Le rovine – proprio per la loro attitudine al nascondimento – sono anche i luoghi dell’ombra. È facile, come hanno fatto i ribelli siriani, nascondere il loro sotterraneo-biblioteca sotto cumuli di rovine dove presumibilmente oggi nessuno ha più voglia di spingersi. 

Nel sottosuolo, nell’ombra, come anticamente accadeva nelle arcaiche catacombe romane, la vita – e lo spirito che essa alimenta – ha potuto preservarsi, conservarsi, rinnovarsi. Anche l’ombra, infatti, è propizia alla vita. Come accade in natura, nelle estensioni dei sottoboschi, nel folto delle foreste, nel fondo degli oceani. Mi sembra che rovine e ombra siano due connotati sempre più precisi della contemporaneità. Del futuro non so dire. Molto dipenderà, naturalmente, da come si sapranno affrontare e gestire ombra e rovine. La cosa certa è che nessuno più può fare finta di nulla e fingere che il mondo sia un luogo pulito, sicuro, senza rovine e senza ombra. Ombra e rovine sono, anzi, territori sempre più estesi, e qualsiasi rinascita, personale o collettiva, dipenderà per forza – come per i dannati di Dārayyā  dalla capacità che si avrà di attraversare le rovine, di attraversare l’ombra.


03/05/17

Ritorna in Libreria "Roma, la pioggia" di Robert P. Harrison.






Ritorna in libreria, dopo quasi un ventennio dalla prima edizione di Garzanti, il bellissimo libro di Robert P. Harrison dedicato a Roma. 

Un giovane studioso di letteratura e un enigmatico personaggio, entrambi stranieri, discorrono passeggiando per le strade e le piazze di Roma. Nella metropoli caotica e decadente – disorientato fantasma della città eterna – le loro cinque conversazioni si accendono a contatto con il quotidiano vuoto di senso e i suoi nevrotici surrogati. Risucchiate nelle spirali di questo romanzo-saggio, che si legge come un “dialogo” della tradizione classica, le odierne crociate antifumo, l’industria del restauro, le automobili, la visita al cimitero in un giorno di pioggia, si trasformano in altrettante occasioni per interrogarsi sulla letteratura, la vera strada che apre all’interpretazione del mondo.

ROBERT POGUE HARRISON (Smirne, 1954). Insegna Letteratura italiana alla Stanford University ed è membro dell’American Academy of Arts and Sciences dal 2007. Ha dedicato i suoi primi studi a Dante, poi ha approfondito i simboli delle immagini e della letteratura occidentali in diversi saggi, molti dei quali tradotti in italiano: Foreste (1995), Il dominio dei morti (2004), Giardini (2009) e L’era della giovinezza. Una storia culturale del nostro tempo (2016).