16/04/20

100 film da salvare alla fine del mondo: 61. Rosso Sangue (Mauvais Sang) di Leos Carax, 1986


Questo blog dedica, ad appuntamenti fissi - ogni lunedì - un catalogo personale dei miei 100 film da salvare "alla fine del mondo". Non saranno ovviamente vere e proprie recensioni, ma un piccolo campionario degli affetti per queste opere che hanno segnato epoche e vite di molti, se non di tutti. 

100 film da salvare alla fine del mondo: 61. Rosso Sangue (Mauvais Sang) di Leos Carax, 1986


Mauvais Sang, tradotto in Italia con Rosso Sangue, fu diretto da Leos Carax  nel 1986 e andrebbe la pena di rivederlo oggi, anche perché tratta di tematiche molto contemporanee che riguardano la misteriosa diffusione di un virus (all'epoca, ovviamente, tutti pensarono all'AIDS

Il titolo originale del film si riferisce alla poesia di Arthur Rimbaud "Mauvais Sang" (in Una stagione all'inferno ) e il film è denso di riferimenti a lui e all'opera di Louis-Ferdinand Céline.

La storia, come d'abitudine nella filmografia di quell'originalissimo e genialmente stravagante autore che è Leos Carax non segue un andamento regolare e ordinato. 

Le vicenda prende spunto da Marc e Hans, due vecchi gangster, che si ritrovano con i coltelli sotto la gola, dovendo ripagare un debito da uno squalo mutuo soprannominato "l'americano". 

Stanno pianificando il furto in un laboratorio di un vaccino contro una nuova malattia, chiamata STBO, che colpisce le coppie che fanno l'amore senza amarsi. 

Dopo la morte di Jean, che doveva essere l'elemento centrale del colpo, si appellano ai talenti del prestigiatore Alex, suo figlio. Alex, che vuole volare verso nuovi orizzonti dopo la morte di suo padre, lascia la giovane Liza e accetta di far parte della squadra.

Sulla strada per unirsi a loro nel loro nascondiglio, è attratto da una giovane donna in abito bianco, che il caso gli mette davanti nella persona di Anna, l'amante di Marc. 

Alex è sotto l'incantesimo di Anna che rappresenta un amore impossibile. Il furto delle colture dei virus va male: tradito da un amico, Alex viene colto in flagrante. 

Riuscendo a fuggire Alex si unisce a Marc e Hans, non senza incrociare il suo cammino gli scagnozzi americani, che gli spararono allo stomaco e gli rubano il bottino. 

Alex riesce al momento a sopravvivere e la squadra parte per l'aeroporto che deve portarli in Svizzera; lungo la strada, Alex vede la donna vestita di bianco che non era Anna, seduta al suo fianco. Ferito comunque a morte, collassa tra le braccia di Marc e Anna che manterranno una traccia indelebile del loro amore platonico.

Un film esteticamente ricchissimo, quasi estremo, come nello stile di Carax, che qui però raggiunge il massimo della sua efficacia espressiva collegata al tema dell'angoscia e dell'inquietudine che gli è familiare.  

Memorabile l'incredibile piano sequenza con la corsa del protagonista (attore-feticcio di Carax) Denis Lavant, sulle note di Modern Love di David Bowie.

Il film che ha lanciato Juliette Binoche.




14/04/20

Il ricordo letterario del mitico Festival dei Poeti di Castelporziano del 1979. Il romanzo di Raoul Precht è online

Da oggi il sito online SUCCEDE OGGI pubblica, in dieci puntate, un romanzo inedito dedicato alle avventure ormai mitiche del Festival dei poeti di Castelporziano del 1979. La storia di un traduttore che si aggira tra i "giganti" della poesia dell'epoca
Viene dunque pubblicato qui a puntate, con scadenza bisettimanale, il lunedì e il giovedì, il romanzo di Raoul Precht intitolato Castelporziano e dedicato al Festival dei poeti svoltosi sulla spiaggia di Ostia nel giugno 1979.
Il romanzo segue le avventure di un giovanissimo traduttore chiamato a occuparsi in particolare dei poeti tedeschi presenti al Festival, e tocca argomenti come l’essenza della poesia, il poeta come personaggio pubblico nonché il confine fra letteratura e spettacolo, unico modo di attirare l’attenzione di un pubblico sempre più distratto.

Da sinistra a destra Robert P. Harrison, (?), Allen Ginsberg e Fernanda Pivano 
al Festival Internazionale dei Poeti di Castelporziano, estate 1979

13/04/20

Nasce "Diario Comune" - Per ricominciare insieme, per restare umani




Da ieri, 12 aprile 2020, giorno di Pasqua, è online diario comune…un almanacco che mensilmente raccoglierà gli interventi di 12 artisti europei e  internazionali di diverse generazioni - diari, storie, osservazioni e visioni, ma anche omaggi, ricordi, progetti in corso

Un fecondo contagio che include vecchi e nuovi amici, e includerà coloro che, ora a noi sconosciuti, contribuiranno a costruire questo diario comune - per ricominciare insieme, per “restare umani”.

Koen Broucke, Maria Bussmann, Selene de Condat, Elzevir, Marilù Eustachio, Andrea Fogli, 
Lorand Hegyi, Giuseppe Gallo, Ugo Giletta, Felice Levini, Stefano Minzi, Lazslo Revesz, 
Petra Richar, Stefano Minzi…insieme a Caspar David Friedrich e Jean Dubuffet…
e tutti gli altri che parteciperanno ai prossimi numeri






12/04/20

Poesia della Domenica di Pasqua: "Noli me tangere" di Yves Bonnefoy




Noli me tangere

Esita il fiocco per il cielo azzurro
ancora, l'ultimo fiocco della grande nevicata.

E così entrerebbe nel giardino colei che
aveva ben dovuto sognare ciò che potrebbe essere,
quello sguardo, quel dio semplice, senza ricordo
del sepolcro, senz'altro pensiero che la gioia,
senza futuro
se non il suo vanificarsi nell'azzurro mondo.

"No, non toccarmi," le direbbe
ma anche il dire no sarebbe luce.


Yves Bonnefoy (1923-2016)
in Poesia 45 (1991) p. 6
Traduzione di D. Bracaglia

NOLI ME TANGERE
Hésite le flocon dans le ciel bleu
A nouveau, le dernier flocon de la grande neige.

Et c’est comme entrerait au jardin celle qui
Avait bien du rêver ce qui pourrait être,
Ce regard, ce dieu simple, sans souvenir
Du tombeau, sans pensée que le bonheur,
Sans avenir
Que sa dissipation dans le bleu du monde.

‘Non, ne me touche pas’, lui dirait-il,
Mais même dire non serait de lumière.















11/04/20

Oggi, Sabato 11 aprile, vigilia di Pasqua, adorazione straordinaria davanti alla Sindone. Le dirette tv.



Preghiera straordinaria, che potrà essere seguita in tutto il mondo in tv o sui social, davanti alla Sacra Sindone, il sabato della vigilia di Pasqua. 

Centro di tutte le attivita' della diretta social, sarà la pagina Facebook'Sindone 2020', che andra' in rete a partire dalle 16.30 e terminera' alle 18.30

In Italia la preghiera straordinaria davanti alla Sindone sara' trasmessa in diretta su RaiTre nazionale dalle 16,55 alle 17,30, e contemporaneamente su TV2000. 

Nel corso della diretta, a cura dell'Ufficio di Pastorale giovanile della diocesi, verranno proposte testimonianze, riflessioni, esperienze che collegano la Sindone ai tempi difficili che in tutto il mondo stiamo vivendo

Monsignor Nosiglia, sarà solo di fronte alla Sindone. 

Saranno dunque rispettate le disposizioni del governo per contener i contagi da Cornavirus e neanche reporter e fotografi avranno accesso al Duomo di Torino, che conserva la Sindone. 

"Più forte è l'amore" e' il tema scelto dal Custode del Sacro lino, l'arcivescovo di Torino, monsignor Cesare Nosiglia, tradotto in un segno grafico che si pone in continuita' con le ostensioni del 2015 e del 2018 . 

Il segnale viene rilanciato in tutto il mondo grazie al collegamento con il Centro Televisivo Vaticano - Vatican Media che provvedera' a distribuirlo via satellite a tutte le emittenti cattoliche italiane ed estere, in Europa, negli Stati Uniti, in Brasile e nell'Africa subsahariana. 

Tramite la distribuzione su Telepace il segnale sara' rilanciato in Nord Africa, Medio Oriente sul canale Sky 515 HD e Australia e ancora sul canale 815 TVSAT. 

La trasmissione sara' raggiungibile anche attraverso i siti di comunicazione della Santa Sede (www.vaticanews.va

Fonte: Askanews

08/04/20

Galimberti sul Coronavirus: "Riaprire ora è una follia. La biologia è più forte dell'economia."






Al centro degli interrogativi e delle risposte di questi giorni difficili d’isolamento anticontagio c'è quella che viene chiamata ‘Fase 2', cioè la riapertura graduale di alcune attività commerciali e quelle lavorative. La task force italiana parla dell’individuazione di una fascia di popolazione immunizzata vicina al 10%, c'è ‘1 italiano su 20 che è immune al coronavirus' ha detto Silvio Brusaferro presidente dell’Iss. Molte persone rischiano, dunque, un possibile contagio. L'istituto Superiore di Sanità sta preparando la validazione dei test sierologici da poter usare su larga scala su campioni della popolazione. Sarebbero pronti già 100mila test. Tra le condizioni per la riapertura ad una qualche normalità in un suo articolo al Nyt, James Horowitz considera il fatto che potrebbero essere solo i cittadini immuni a poter rientrare a lavoro e quindi ad avvicinarsi ad una vita normale, a differenza di quelli più fragili o deboli. 

Abbiamo chiesto al filosofo Umberto Galimberti cosa pensa della Fase 2 e se una soluzione del genere possa minare i valori democratici ed etici della nostra società. 

Non si rischia di far vincere il più forte sul più debole, professore? 

Etica e democrazia sono modalità con cui si organizza la vita, prima bisogna cominciare a vivere e poi forse potremo discutere di etica e democrazia. Abbiamo una visione troppo ottimistica se pensiamo a tornare a lavoro e alla economia, in questa fase dobbiamo, invece, essere severissimi almeno finché non c’è il vaccino. Prevedo che l’epidemia possa tornare, per esempio in autunno, anche in Cina. Vede mia moglie – scomparsa qualche anno fa - era biologa molecolare e parlavamo molto di scienza, per me davanti a un virus così non c’è salvezza, ora è lui il più forte, se apriremo a chi è immune o si è auto-vaccinato insieme a loro seguiranno anche gli altri che non lo sono, e non faremo che peggiorare il problema. 

Eppure c’è una parte consistente di Paese che crede nell’importanza di una ripresa economica..

L’Economia viene dopo la biologia che di per sé è più forte. La frenesia con cui si lavora - dovremmo averlo già capito - crea precarietà biologica, ed è per questo che ci indeboliamo a discapito del nostro sistema immunitario. La biologia viene prima, sia nel bene che nel male. In questa fase bisogna essere ossequiosi rispetto a quello che dicono i sanitari, l’unica ancora di salvezza è la scelta biologica, solo quella conta. 

Allora cosa è successo all’inizio dell’epidemia? Parte di scienza e parte di politica hanno sottovalutato il problema? 

La scienza non è la verità, la scienza dice solo cose esatte ‘exacto’ cioè ‘ottenute da’, dalle premesse da cui parte l’indagine, non è la verità, essa si colloca accanto a ciò che è esatto. Inoltre la scienza si riferisce spesso alla probabilità, ecco che se uno dice cose sbagliate, allora loro hanno sbagliato. 

Qual è il problema di chi si sente spinto a reagire contro le restrizioni? 

La gente sbaglia, pensa di essere furba e immune, ma è solo molto disordinata, come quelli che pensano che la morte non li debba mai toccare, e invece poi arriva per tutti. Io vivo a Milano. Possibile che in un capoluogo così importante ci siano state 9000 persone denunciate? Forse potremmo tornare a pensare… 

Pensare a cosa? 

Ispezionare la nostra interiorità a cui non badiamo mai, non sappiamo chi siamo e non è bello vivere a nostra insaputa. Ciascuno guardi in faccia se stesso e il suo stile di vita, appena finirà lo si vedrà, tutti si butteranno a rifare le stesse cose che facevano prima e non sarà cambiato proprio nulla. Tutti si comporteranno esattamente come fanno i tossicodipendenti dopo un periodo di astinenza. Io, per esempio, sono contentissimo perché ho l’occasione di studiare più di prima, restando a casa mia. Dunque riaprire la cosìdetta Fase 2 sarebbe solo una follia, se sono i principi economici che contano allora bisogna invertire le priorità. 

Lo direbbe a chi prende decisioni, alla Politica? 

Vede, la politica non è più luogo della decisione che è riservata esclusivamente all’economia. Chi fa polemica politica in questo momento è un criminale. L’Europa concede aiuti, ma poi chi pagherà questi aiuti? Saranno i giovani, per me vittime sacrificali già da tempo. 

Non pensa a chi non ha i soldi per fare la spesa perché ha perso il lavoro? 

Tutti possono mangiare. Ci sono le opere di carità, non siamo in guerra, ecco questa è un’altra cosa su cui bisogna stare attenti: chi parla di guerra adesso lo fa in modo improprio, non stiamo vivendo una guerra, la guerra è un’altra cosa, lì non si arriva al cibo, per esempio. In guerra conosco il nemico e posso concluderla facendo un trattato di pace con lui, mentre qui è impossibile, perché questo nemico non lo conosciamo. Ci lamentiamo delle code da fare al supermercato, mentre in guerra non c’è da mangiare. Ci lamentiamo che siamo in casa, ma quando c’è guerra, le case vengono distrutte dalle bombe. Lei non crede che bisogna riflettere anche su questo? 


Fonte: 

07/04/20

Esce il "Dizionario dei tempi incerti". Parole per riflettere al tempo del Covid-19. "INFODEMIA" è la parola scelta da Franco Cardini


E' bellissima l'iniziativa lanciata in queste ore dal  Circolo dei lettori di Torino con il Dizionario dei tempi incerti, una collezione di parole scelte da filosofi, filologi, storici, antropologi e scrittori, protagonisti e protagoniste delle rassegne autunnali Torino Spiritualita' e Festival del Classico, da selezionare tra quelle che riempiono pagine di giornali, miriadi di chat e trasmissioni televisive, bisbigliate o urlate di queste giornate.

Serve a riflettere su quello che stiamo vivendo, come collettività e come individui.

Riporto qui la voce scritta da Franco Cardini: INFODEMIA 


L’età postmoderna ha velocizzato e intensificato in modo esponenziale ogni tipo di comunicazione. Ciò ha comportato un’autentica rivoluzione nei rapporti sociali e nei modi nei quali essi vengono ordinariamente concepiti: tale rivoluzione si è espressa anzitutto e soprattutto ai livelli informatico-telematici. Dove esiste contatto, esiste il pericolo di contagio. I due termini sono praticamente sinonimi, anzi tautologici: indicano la stessa cosa. Ma tra etimologia e semantica come sappiamo, v’è sovente un abisso. 

Il contagio è termine esprimente il concetto di affezione che transita da un individuo all’altro sulla base del contatto fisico, mediato o immediato che sia. Sul piano dei concetti e delle idee avviene la stessa cosa

L’informazione è una delle massime ricchezze di cui disponiamo, ieri come oggi. 

Diceva bene Dario Fo: “Il padrone è padrone perché conosce diecimila parole, mentre l’operaio ne conosce solo mille”. 

Informarsi significa imparare a conoscere meglio al realtà nel suo intimo, saperne conoscere meccanismi e strutture e quindi prevederne lo sviluppo. 

Anche sul piano negativo: una realtà negativa, ove se ne conosca in anticipo lo sviluppo, diviene più facilmente neutralizzabile o attutibile. 

Come dice Dante, “saetta previsa vien più lenta”.

Le informazioni, però, hanno due difetti. Primo, per essere adeguatamente e vantaggiosamente gestite hanno bisogno di una verifica che diviene tanto più complessa quanto più la notizia che ne costituisce l’oggetto è importante; e le notizie, quanto più sono o appaiono importanti, tanto più si diffondono accompagnate da una problematica che le rende complesse; per cui il tempo di arrivo di una notizia e quello d’una sua certa e proficua fruizione attraverso adeguata verifica sono inversamente proporzionali. 

Secondo, le informazioni dispongono di una massa volumetrica concettuale che, come qualunque altra massa volumetrica, tende a saturarsi più o meno rapidamente: unico antidoto metodologico a ciò sarebbe un’adeguata gerarchizzazione e selezione delle notizie che dipende da due fattori, vale a dire la competenza del soggetto chiamato a selezionarle e la loro obiettiva complessità. 

Quando una notizia complessa s’incontra (o, come più opportuno sarebbe dire, si scontra) con un destinatario incompetente a valutarla, la deflagrazione delle conseguenze negative di ciò può essere dirompente. 

 Conseguenza di ciò è che, come il rumore violento dell’acqua che precipita da una cascata finisce per produrre un effetto simile al silenzio, l’accesso della quantità delle notizia che si riversano su un qualunque soggetto finisce con l’annullare la loro qualità impedendone l’analisi selettiva e producendo ignoranza, incompetenza, incapacità di giudizio. 

L’infodemia è l’incontenibile e incontrollabile abbondanza qualitativa e quantitativa delle notizie: il primo aspetto di ciò, il qualitativo, ostacola o addirittura impedisce la loro gerarchizzazione e quindi la loro verifica selettiva; il secondo travolge chi ne è oggetto seppellendolo sotto una massa di dati ch’egli è impossibilitato a recepire e a ordinare. 

Risultato primario dell’infodemia è l’incapacità individuale e collettiva di accedere allo scopo primario dell’informazione: la possibilità di accortamente servirsene. 

06/04/20

100 film da salvare alla fine del mondo: 60. "Reds" di Warren Beatty (1981)



Questo blog dedica, ad appuntamenti fissi - ogni lunedì - un catalogo personale dei miei 100 film da salvare "alla fine del mondo". Non saranno ovviamente vere e proprie recensioni, ma un piccolo campionario degli affetti per queste opere che hanno segnato epoche e vite di molti, se non di tutti. 

100 film da salvare alla fine del mondo: 60. "Reds" di Warren Beatty (1981)

Reds  fu girato nel 1980 da Warren Beatty, con uno straordinario cast tra cui figurano come protagonisti lo stesso regista e Diane Keaton .

Il film gira intorno alla vita di John Reed, attivista comunista americano, giornalista e scrittore che ha raccontato la rivoluzione russa del 1917 e autore del celebre Dieci Giorni che Sconvolsero il Mondo, il libro che raccontò in Occidente la rivoluzione russa d'Ottobre. 

Warren Beatty ha ricevuto l' Oscar (edizione 1981) come miglior regista per il film. E 'stato anche in lizza per il miglior film, battuto da Momenti di Gloria (Chariots of Fire) di Hugh Hudson, primo film non americano (inglese) ad aggiudicarsi nella storia la statuetta di miglior film.

Il film racconta la storia di John Reed e Louise Bryant dal loro incontro nel 1915 fino alla morte di Reed nel 1920. La vicenda ricostruita sullo schermo è intrecciata con testimonianze di persone che hanno realmente vissuto quel periodo.

Louise Bryant, scrittrice sposata con un dentista di Portland, si incontra in una conferenza con il giornalista John Reed che è appena tornato dall'aver raccontato con i suoi reportages la Rivoluzione messicana .

Lascia il marito e si unisce a Reed a New York, nel distretto di Greenwich Village, dove inizia a frequentare artisti e attivisti, in particolare l'anarchica Emma Goldman , il drammaturgo Eugene O'Neill (interpretato sullo schermo da Jack Nicholson) e lo scrittore Max Eastman .

Reed e Bryant decidono di andare a Pietrogrado (ora San Pietroburgo) nel settembre del 1917 e sono testimoni diretti e  entusiasti della rivoluzione di ottobre da cui Reed trarrà la sua opera più famosa Dieci giorni che sconvolsero il mondo .

Questo è il secondo film diretto dall'attore Warren Beatty, che interpreta anche il ruolo principale.

Beatty aveva iniziato a preparare Reds negli anni '70, iniziando a realizzare interviste con autentici "testimoni " che hanno vissuto la rivoluzione bolscevica durante la loro vita.   

Il film è stato per lungo tempo l'ultimo ad essere stato nominato contemporaneamente nelle quattro categorie di attori (miglior attore, migliore attrice, miglior attore in un ruolo secondario e migliore attrice in un ruolo secondario) 

Il film ha vinto tre Oscar per: Miglior regista (Warren Beatty) Migliore attrice non protagonista (Maureen Stapleton nel ruolo di Emma Goldman ) Migliore fotografia, andato allo straordinario Vittorio Storaro, che in questo film realizzò uno dei suoi capolavori. 

Complessivamente il film ricevette DODICI nominations. Le altre, oltre alle tre categorie vinte, sono: Miglior film Miglior attore (Warren Beatty) Migliore attrice (Diane Keaton) Miglior attore non protagonista (Jack Nicholson) Migliore direzione artistica Miglior design del costume Miglior montaggio Il miglior suono Migliore sceneggiatura originale .

Reds
Regia di Warren Beatty. 
Stati Uniti, 1981 
con Diane Keaton, Jack Nicholson, Warren Beatty, Maureen Stapleton, Bessie Love, Gene Hackman.  durata 200 minuti




03/04/20

"I Misteri dei Rioni e dei Quartieri di Roma" di Fabrizio Falconi disponibile in ebook a 5.99 euro





Dalle leggende di Roma sotterranea agli enigmi delle chiese e dei vicoli più nascosti 

Quanti libri sono stati scritti su Roma e sulle sue meraviglie? Eppure, nella città de La dolce vita, non si finisce mai di scoprire qualcosa di nuovo, di imbattersi in un reperto, una pittura, un palazzo o una semplice pietra in grado di dischiudere un mondo nuovo di conoscenze

Roma è un insieme di storie e di luoghi che viaggiano nel tempo da tremila anni e parlano agli uomini d’oggi. In questo libro affascinante si viaggia per i rioni e per i quartieri della Capitale, dai più antichi a quelli di nuova costruzione, alla ricerca di aspetti e di angoli poco conosciuti, di storie dimenticate, di fantasmi e apparizioni, di antiche leggende, di curiosità e piccoli segreti, di palazzi e abitazioni davanti ai quali si passa tutti i giorni senza conoscerne il fascino nascosto e ciò che custodiscono.

02/04/20

Coronavirus: La vita segreta dei Musei Italiani chiusi al tempo della Pandemia.



Negli splendidi giardini di Villa Adriana e Villa d'Este, a Tivoli, la natura e' tornata prepotentemente protagonista. 

Liberi dalla calca dei turisti, piante e sentieri patrimonio dell'umanita' hanno ripreso a respirare, amorevolmente accuditi dai giardinieri del parco. 

"Non potrebbe essere altrimenti - spiega Andrea Bruciati, da tre anni alla guida del complesso che raccoglie la rinascimentale Villa d'Este insieme con i resti della villa di delizie dell'imperatore Adriano e il santuario di Ercole - la manutenzione del verde qui e' fondamentale, cosi' come quella ingegneristica per il funzionamento complesso di fontane e corsi d'acqua".

Lo stop obbligato dall'emergenza coronavirus e' diventato quindi per questa fetta specialissima del patrimonio italiano, "un tempo di rigenerazione", e anche l'occasione per una rimodulazione, sottolinea Bruciati, "che sarebbe stato impossibile fare in presenza del pubblico"

Non e' cosi' al museo Egizio, nel Piemonte bersagliato dall'epidemia. "Qui siamo tutti in smart working", racconta Christian Greco, direttore della fondazione torinese. Faraoni e scarabei, cosi' come i preziosi papiri, sono da settimane a riposo, come fosse sempre notte, protetti dal sistema di climatizzazione e da una vigilanza armata ampiamente rafforzata. Muniti di lap top e vpn per l'accesso agli archivi, i 59 addetti dello staff si danno un da fare matto tra studio, ricerca, catalogazione, ma anche per portare avanti l'amministrazione, risolvere da remoto i problemi causati dallo stop, come l'allagamento dello scavo archeologico che era appena stato avviato in Egitto, a Saqarah . C'e' pero' da fare i conti con il disastro economico: "Abbiamo chiesto il ricorso alla Cig prevista dal Cura Italia - si rammarica Greco- Noi viviamo del nostro bilancio, che e' fatto per il 68% dai biglietti e per il resto da iniziative e mostre itineranti, con questo stop perdiamo 34 mila euro al giorno." 

Senza contare le mostre rimaste bloccate all'estero. Una a San Paolo in Brasile, un'altra a Kansas City negli Usa, una terza ad Ottawa in Canada. Anche queste sono colpi al bilancio. Tant'e', le assicurazioni, almeno, sono state tutte estese. Dal Piemonte alla Puglia, c'e' il caso del museo archeologico di Taranto, l'imponente Marta, molto piu' povero in termini di visitatori, ma in questi anni sempre piu' sentito come presidio di cultura in un territorio particolarmente disagiato: "Per la citta' un gravissimo danno" , lamenta la direttrice Eva Degli Innocenti, che organizza una squadra di lavoratori in smart working. 

Anche qui si e' dato spazio alle pratiche che si possono seguire da remoto, dalla catalogazione dei reperti alle pubblicazioni. Per chi non poteva essere riconvertito al lavoro da casa ci si e' inventati corsi di lingue e di formazione. Ma tante energie sono impegnate sull'online che garantisce il contatto con la popolazione. "E la risposta c'e', in queste settimane abbiamo avuto mezzo milione di utenti unici". 

Il rapporto con il territorio e' un punto di forza anche per il Parco archeologico di Paestum, in Campania: qui Gabriel Zuchtriegel guida una squadra di 80 persone. Tutte in smart working, fatta eccezione per gli addetti alla sorveglianza e alla manutenzione. Spazio allo studio, alla ricerca, alla messa a punto dei dati arrivati dagli ultimi scavi, alle pubblicazioni, alla comunicazione di contenuti online. 

Ma non solo: "abbiamo pensato che fosse giusto usare questo tempo per la condivisione tra noi delle competenze e delle conoscenze", spiega il quarantenne archeologo tedesco.

E cosi' ognuno si e' messo ad insegnare agli altri le cose in cui si e' perfezionato o ha scoperto in questi anni, dalla accessibilita' per il pubblico con disabilita', alle tecniche di comunicazione, dai fondamenti dell'archeologia alle ultime teorie sui ritrovamenti. "Cosi', quando finalmente si riaprira' saremo tutti piu' preparati".

Diverso l'esempio di Pompei, bellissima e struggente nelle cartoline postate in questi giorni dal direttore Massimo Osanna: qui, dove si era appena festeggiata la conclusione del Grande progetto di restauro, sono rimasti solo gli addetti alla guardiania e una squadra per la manutenzione. Tutti gli altri lavorano da casa: "Stiamo mandando avanti le procedure burocratiche in modo da essere pronti per quando usciremo dall'emergenza", spiega Osanna.

Di fatto un gran da fare per tutti, dalle gare alle pubblicazioni, dalla sistematizzazione dei dati raccolti nelle campagne di scavo ai progetti esecutivi per la protezione delle domus riportate alla luce nei mesi scorsi. Anche qui il peso economico dello stop sara' violento ("l'incasso medio annuo era di 40 milioni di euro, quest'anno potremo non superare i 10 milioni") e non manca la preoccupazione per i reperti rimasti bloccati all'estero. Uno per tutti, lo straordinario "tesoro della fattucchiera", tra le sorprese piu' belle dell'ultima campagna di scavi: i parigini si erano prenotati a frotte per ammirarlo in una mostra che avrebbe dovuto aprire il 23 marzo. Spediti in Francia per tempo, pietre e amuleti giacciono ora nel caveau del Gran Palais. Di nuovo al buio, com'e' stato per tanti secoli. 

01/04/20

Coronavirus: Libri a domicilio per tutti, l'iniziativa di Librerie.coop


Librerie.coop da' il via da oggi alla consegna a domicilio da 16 librerie in tutta Italia: l'iniziativa parte grazie alla collaborazione di 'Libri da Asporto', promosso da NW, progetto con il quale molti editori stanno supportando l'attivita' delle librerie indipendenti italiane facendosi carico dei costi di consegna. 

Sono coinvolte librerie.coop di Bologna, Cesena, Imola, Lugo, Mantova, Cuneo, Venezia, Genova, Savona, Grosseto, Piombino, Pesaro, Guidonia, Pescara e Napoli. 

I clienti potranno ordinare sul sito www.librerie.coop.it mandando una mail alla libreria di riferimento per l'ordine, pagando con bonifico o, per i docenti e gli studenti nati nel 2001, anche con il bonus docenti e con 18app

"Anche i libri sono un bene fondamentale - commenta Nicoletta Bencivenni, presidente di librerie.coop - Siamo felici di poter riavviare in qualche modo l'attivita' delle nostre librerie, per restare vicini alla comunita' dei lettori e far fronte alle richieste dei tanti amici che frequentano le nostre librerie". 

31/03/20

100 film da salvare alla fine del mondo: 59: La mia vita a quattro zampe (Mitt liv som hund) di Lasse Hallström, Svezia, (1985)


Questo blog dedica, ad appuntamenti fissi - ogni lunedì - un catalogo personale dei miei 100 film da salvare "alla fine del mondo". Non saranno ovviamente vere e proprie recensioni, ma un piccolo campionario degli affetti per queste opere che hanno segnato epoche e vite di molti, se non di tutti. 

100 film da salvare alla fine del mondo: 59: La mia vita a quattro zampe (Mitt liv som hund) di Lasse Hallström, Svezia, (1985) 


Io vivo nella possibilità scriveva quasi due secoli fa Emily Dickinson. 

Ci sono due modi di vivere. 

Quello del sentirsi intero a se stesso, di calcolare la possibilità solo come opportunità, e quello del sentirsi realmente e concretamente aperto al mondo, di vivere cioè la possibilità in quanto tale. 

Possibilità è attraversamento del mondo. Con le sue paludi, le sue zone d'ombra, i suoi territori pericolosi, le sue estasi. 

Non è necessario viaggiare, non è necessario esplorare.  E' necessario aprire il cuore. 
Una operazione niente affatto semplice, niente affatto banale.

E' quello che è chiamato a fare il piccolo Ingemar ne La mia vita a quattro zampe (purtroppo titolo italiano infelicissimo, bruttissimo), di Lasse Hallstrom, Golden Globe per il miglior film straniero nel 1988, quando rimane tristemente orfano.  Il quale avrebbe ogni giustificazione per chiudere, barricare il suo cuore e non desiderare più alcuna possibilità. 

Invece Ingemar imparerà a vivere, nonostante tutto. L'istinto di vivere è più forte in lui del dolore e del lutto e della pesantezza apparentemente insostenibile della vita. 

Io vivo nella possibilità. 

E se io non fossi questo, non sarei nemmeno vivo.  E' questa la grande lezione di un film stilisticamente impeccabile. Da vedere e rivedere.


29/03/20

Poesia della Domenica: "La peste" di Fabrizio Falconi







La peste


Non c’è posto, ogni spazio è stato occupato,
ogni fondo di pozzo, ogni bicchiere, ognuno
dei quanti, degli eoni, delle faglie, dei corsi;

la natura ritratta cerca scampo nell’indefinito,
nell’insito e nel contrario: avvelenando i cuori
e i polmoni, rinsavisce chiedendo ascolto.

Nelle trincee assolate cadono le foglie dell’inverno,
il nemico è ovunque e da nessuna parte, si sente
il suo richiamo e poi svanisce insieme alla nebbia

la truppa è stanca, il vento assente, i morti contano
se stessi e si danno appuntamento altrove, dove
la disattenzione non li fulmini come alberi nella radura,

tutto è venuto in un tempo, tutto nel tempo tornerà
alla luce, come una volta, come mai, come sempre.
Tornando a casa, canteranno, e mille bicchieri berranno.


Fabrizio Falconi - inedita 2020 


28/03/20

L'integrale della Omelia pronunciata ieri dal Papa in Piazza San Pietro per l'emergenza da Coronavirus

pubblico qui di seguito il testo dell'Omelia pronunciata ieri sera dal Papa in Piazza San Pietro, nel Momento di Preghiera per l'emergenza del Coronavirus nel mondo, prima di concedere l'Indulgenza Plenaria

«Venuta la sera» (Mc 4,35). Così inizia il Vangelo che abbiamo ascoltato. Da settimane sembra che sia scesa la sera. Fitte tenebre si sono addensate sulle nostre piazze, strade e città; si sono impadronite delle nostre vite riempiendo tutto di un silenzio assordante e di un vuoto desolante, che paralizza ogni cosa al suo passaggio: si sente nell’aria, si avverte nei gesti, lo dicono gli sguardi. Ci siamo ritrovati impauriti e smarriti. Come i discepoli del Vangelo siamo stati presi alla sprovvista da una tempesta inaspettata e furiosa. Ci siamo resi conto di trovarci sulla stessa barca, tutti fragili e disorientati, ma nello stesso tempo importanti e necessari, tutti chiamati a remare insieme, tutti bisognosi di confortarci a vicenda. Su questa barca… ci siamo tutti. Come quei discepoli, che parlano a una sola voce e nell’angoscia dicono: «Siamo perduti» (v. 38), così anche noi ci siamo accorti che non possiamo andare avanti ciascuno per conto suo, ma solo insieme.
È facile ritrovarci in questo racconto. Quello che risulta difficile è capire l’atteggiamento di Gesù. Mentre i discepoli sono naturalmente allarmati e disperati, Egli sta a poppa, nella parte della barca che per prima va a fondo. E che cosa fa? Nonostante il trambusto, dorme sereno, fiducioso nel Padre – è l’unica volta in cui nel Vangelo vediamo Gesù che dorme –. Quando poi viene svegliato, dopo aver calmato il vento e le acque, si rivolge ai discepoli in tono di rimprovero: «Perché avete paura? Non avete ancora fede?» (v. 40).
Cerchiamo di comprendere. In che cosa consiste la mancanza di fede dei discepoli, che si contrappone alla fiducia di Gesù? Essi non avevano smesso di credere in Lui, infatti lo invocano. Ma vediamo come lo invocano: «Maestro, non t’importa che siamo perduti?» (v. 38). Non t’importa: pensano che Gesù si disinteressi di loro, che non si curi di loro. Tra di noi, nelle nostre famiglie, una delle cose che fa più male è quando ci sentiamo dire: “Non t’importa di me?”. È una frase che ferisce e scatena tempeste nel cuore. Avrà scosso anche Gesù. Perché a nessuno più che a Lui importa di noi. Infatti, una volta invocato, salva i suoi discepoli sfiduciati.
La tempesta smaschera la nostra vulnerabilità e lascia scoperte quelle false e superflue sicurezze con cui abbiamo costruito le nostre agende, i nostri progetti, le nostre abitudini e priorità. Ci dimostra come abbiamo lasciato addormentato e abbandonato ciò che alimenta, sostiene e dà forza alla nostra vita e alla nostra comunità. La tempesta pone allo scoperto tutti i propositi di “imballare” e dimenticare ciò che ha nutrito l’anima dei nostri popoli; tutti quei tentativi di anestetizzare con abitudini apparentemente “salvatrici”, incapaci di fare appello alle nostre radici e di evocare la memoria dei nostri anziani, privandoci così dell’immunità necessaria per far fronte all’avversità.
Con la tempesta, è caduto il trucco di quegli stereotipi con cui mascheravamo i nostri “ego” sempre preoccupati della propria immagine; ed è rimasta scoperta, ancora una volta, quella (benedetta) appartenenza comune alla quale non possiamo sottrarci: l’appartenenza come fratelli.
«Perché avete paura? Non avete ancora fede?». Signore, la tua Parola stasera ci colpisce e ci riguarda, tutti. In questo nostro mondo, che Tu ami più di noi, siamo andati avanti a tutta velocità, sentendoci forti e capaci in tutto. Avidi di guadagno, ci siamo lasciati assorbire dalle cose e frastornare dalla fretta. Non ci siamo fermati davanti ai tuoi richiami, non ci siamo ridestati di fronte a guerre e ingiustizie planetarie, non abbiamo ascoltato il grido dei poveri, e del nostro pianeta gravemente malato. Abbiamo proseguito imperterriti, pensando di rimanere sempre sani in un mondo malato. Ora, mentre stiamo in mare agitato, ti imploriamo: “Svegliati Signore!”.
«Perché avete paura? Non avete ancora fede?». Signore, ci rivolgi un appello, un appello alla fede. Che non è tanto credere che Tu esista, ma venire a Te e fidarsi di Te. In questa Quaresima risuona il tuo appello urgente: “Convertitevi”, «ritornate a me con tutto il cuore» (Gl 2,12). Ci chiami a cogliere questo tempo di prova come un tempo di scelta. Non è il tempo del tuo giudizio, ma del nostro giudizio: il tempo di scegliere che cosa conta e che cosa passa, di separare ciò che è necessario da ciò che non lo è. È il tempo di reimpostare la rotta della vita verso di Te, Signore, e verso gli altri. E possiamo guardare a tanti compagni di viaggio esemplari, che, nella paura, hanno reagito donando la propria vita. È la forza operante dello Spirito riversata e plasmata in coraggiose e generose dedizioni. È la vita dello Spirito capace di riscattare, di valorizzare e di mostrare come le nostre vite sono tessute e sostenute da persone comuni – solitamente dimenticate – che non compaiono nei titoli dei giornali e delle riviste né nelle grandi passerelle dell’ultimo show ma, senza dubbio, stanno scrivendo oggi gli avvenimenti decisivi della nostra storia: medici, infermieri e infermiere, addetti dei supermercati, addetti alle pulizie, badanti, trasportatori, forze dell’ordine, volontari, sacerdoti, religiose e tanti ma tanti altri che hanno compreso che nessuno si salva da solo. Davanti alla sofferenza, dove si misura il vero sviluppo dei nostri popoli, scopriamo e sperimentiamo la preghiera sacerdotale di Gesù: «che tutti siano una cosa sola» (Gv 17,21). Quanta gente esercita ogni giorno pazienza e infonde speranza, avendo cura di non seminare panico ma corresponsabilità. Quanti padri, madri, nonni e nonne, insegnanti mostrano ai nostri bambini, con gesti piccoli e quotidiani, come affrontare e attraversare una crisi riadattando abitudini, alzando gli sguardi e stimolando la preghiera. Quante persone pregano, offrono e intercedono per il bene di tutti. La preghiera e il servizio silenzioso: sono le nostre armi vincenti.
«Perché avete paura? Non avete ancora fede?». L’inizio della fede è saperci bisognosi di salvezza. Non siamo autosufficienti, da soli affondiamo: abbiamo bisogno del Signore come gli antichi naviganti delle stelle. Invitiamo Gesù nelle barche delle nostre vite. Consegniamogli le nostre paure, perché Lui le vinca. Come i discepoli sperimenteremo che, con Lui a bordo, non si fa naufragio. Perché questa è la forza di Dio: volgere al bene tutto quello che ci capita, anche le cose brutte. Egli porta il sereno nelle nostre tempeste, perché con Dio la vita non muore mai.
Il Signore ci interpella e, in mezzo alla nostra tempesta, ci invita a risvegliare e attivare la solidarietà e la speranza capaci di dare solidità, sostegno e significato a queste ore in cui tutto sembra naufragare. Il Signore si risveglia per risvegliare e ravvivare la nostra fede pasquale. Abbiamo un’ancora: nella sua croce siamo stati salvati. Abbiamo un timone: nella sua croce siamo stati riscattati. Abbiamo una speranza: nella sua croce siamo stati risanati e abbracciati affinché niente e nessuno ci separi dal suo amore redentore. In mezzo all’isolamento nel quale stiamo patendo la mancanza degli affetti e degli incontri, sperimentando la mancanza di tante cose, ascoltiamo ancora una volta l’annuncio che ci salva: è risorto e vive accanto a noi. Il Signore ci interpella dalla sua croce a ritrovare la vita che ci attende, a guardare verso coloro che ci reclamano, a rafforzare, riconoscere e incentivare la grazia che ci abita. Non spegniamo la fiammella smorta (cfr Is 42,3), che mai si ammala, e lasciamo che riaccenda la speranza.
Abbracciare la sua croce significa trovare il coraggio di abbracciare tutte le contrarietà del tempo presente, abbandonando per un momento il nostro affanno di onnipotenza e di possesso per dare spazio alla creatività che solo lo Spirito è capace di suscitare. Significa trovare il coraggio di aprire spazi dove tutti possano sentirsi chiamati e permettere nuove forme di ospitalità, di fraternità e di solidarietà. Nella sua croce siamo stati salvati per accogliere la speranza e lasciare che sia essa a rafforzare e sostenere tutte le misure e le strade possibili che ci possono aiutare a custodirci e custodire. Abbracciare il Signore per abbracciare la speranza: ecco la forza della fede, che libera dalla paura e dà speranza.
«Perché avete paura? Non avete ancora fede?». Cari fratelli e sorelle, da questo luogo, che racconta la fede rocciosa di Pietro, stasera vorrei affidarvi tutti al Signore, per l’intercessione della Madonna, salute del suo popolo, stella del mare in tempesta. Da questo colonnato che abbraccia Roma e il mondo scenda su di voi, come un abbraccio consolante, la benedizione di Dio. Signore, benedici il mondo, dona salute ai corpi e conforto ai cuori. Ci chiedi di non avere paura. Ma la nostra fede è debole e siamo timorosi. Però Tu, Signore, non lasciarci in balia della tempesta. Ripeti ancora: «Voi non abbiate paura» (Mt 28,5). E noi, insieme a Pietro, “gettiamo in Te ogni preoccupazione, perché Tu hai cura di noi” (cfr 1 Pt 5,7).

27/03/20

Bob Dylan mette sul web inedito sull'omicidio di Kennedy e scrive: "State al sicuro"


Bob Dylan ha pubblicato la sua prima canzone originale in 8 anni.

Si chiama "A Murder Most Foul", dura 17 minuti e parla dell`omicidio del Presidente degli Stati Uniti John F. Kennedy, avvenuto nel 1963. 

"Saluti ai miei fan e follower con gratitudine per tutto il vostro supporto e lealta' nel corso degli anni. Questa e' una canzone inedita che abbiamo registrato qualche tempo fa che potreste trovare interessante. State al sicuro, state attenti e che Dio sia con voi. Bob Dylan" il messaggio di Bob Dylan su Twitter. 

Gli ultimi inediti di Dylan risalgono al 2012 con "Tempest", album seguito da tre antologie di cover di standard americani. 

Sarebbe atteso proprio per quest'anno un suo nuovo lavoro. 

"Murder Most Foul" sembra raccontare proprio l'omicidio di Kennedy - come nota Variety - anche se poi la canzone diventa "piu' liberamente una fantasia di cultura pop". 

Dylan fa molti riferimenti agli anni '60, con versi che includono: "I Beatles stanno arrivando, ti terranno la mano" oppure "Vado a Woodstock, e' l'eta' dell'Acquario"

Parlando della morte del Presidente sembra parlare in prima persona, come fosse il defunto Kennedy: "Cavalcando sul sedile posteriore accanto a mia moglie, andando dritto verso l'aldila', mi chino a sinistra e ho la testa sul suo grembo"