Appuntamento Mercoledì prossimo, 19 settembre, alle ore 17.30 all'Auditorium Comunale di Arezzo, con molte foto, per la conferenza sulla Leggenda di Sant'Eustachio, il primo Cristianesimo a Roma, la fondazione del Santuario della Mentorella, gli studi del geniale Athanasius Kircher, Costantino il Grande imperatore e la Leggenda della Vera Croce con il Sogno di Costantino di Piero della Francesca nel duomo di Arezzo.
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16/09/18
18/10/12
1700 anni dalla Battaglia di Ponte Milvio - Celebrazioni in tutto il mondo.
C’è una ragione che appare evidente a tutti del motivo per cui la
Battaglia di Ponte Milvio è unanimemente considerata una delle più importanti
della storia moderna: già dalle lezioni mandate a memoria sui banchi scolastici
si è imparato a comprendere che la vittoria dell’esercito di Costantino I il
Grande, il 28 ottobre del 312 d.C. contro le truppe rivali di Massenzio, segnò
i destini non solo dell’Impero Romano, ma dell’Occidente intero, visto che già
dall’anno seguente la Battaglia, nel 313, lo stesso Costantino promulgò il
celebre Editto di Tolleranza o Editto di Milano, primo passo del rapido
processo di cristianizzazione che contrassegnò la storia dell’Europa prima e
dell’Occidente poi.
Quella battaglia ha rappresentato a lungo un rompicapo per gli storici.
Non ci sono infatti motivi razionali sufficienti per spiegare le ragioni per
cui Massenzio, “l’usurpatore” – colui che aveva occupato, nel difficile periodo
della tetrarchia nel quale il potere nell’Impero era massimamente frazionato –
pur disponendo di forze superiori e comodamente asserragliato nelle mura mai
violate della città di Roma, decise di affrontare il nemico, Costantino,
in campo aperto, andando così incontro
ad una delle più cocenti sconfitte della antica storia bellica.
Costantino arrivò alle porte di Roma dopo una dispendiosa campagna
militare nel nord Italia contro le truppe avversarie e dopo aver attraversato
l’Italia centrale discendendo lungo l’antico tracciato della Via Flaminia.
Giunto in prossimità dell’Urbe, Costantino, il grande condottiero nato e
cresciuto sui campi di battaglia, si accampò subito prima della collina di
Prima Porta, ultimo rilievo prima della valle del Tevere che conduce a Roma.
Ed è proprio in quel luogo – là dove sorge l’Arco di Malborghetto, un
monumento che pochi romani ancora conoscono – che sarebbe stato testimone di
quella visione dai contorni leggendari:
nella notte prima della battaglia, riferiscono due diverse fonti, lo scrittore latino Lattanzio e il vescovo
Eusebio di Cesareo, l’Imperatore avrebbe visto nel cielo notturno quel segno –
la Croce – insieme al volto di Cristo, che gli assicurava protezione e vittoria
contro l’avversario pagano.
Sui contenuti di questa Visione si è molto
discusso, nei secoli. Illusione, suggestione, realtà, abile strategia ? Insieme
a Bruno Carboniero in un recente saggio pubblicato per Edizioni Mediterrenee (‘In Hoc vinces’, 2011) abbiamo fornito i
risultati di una sorprendente scoperta (che ha già avuto risonanza in ambito
scientifico e accademico) che legherebbe la visione ad un preciso ed eloquente fenomeno
astronomico visibile proprio in quella notte.
Il resto della storia è noto: Costantino,
persuaso dalla visione – che tutto il mondo conosce con la sigla ‘In hoc signo vinces’ – fece iscrivere
il segno della Croce criptato nel simbolo del Labarum sulle insegne del suo esercito e il giorno dopo la
clamorosa vittoria gli arrise: le truppe di Massenzio, fuoriuscite dalla città
affrontarono quelle di Costantino nella piana di Saxa Rubra. Con una manovra a
tenaglia le seconde ebbero subito il sopravvento, costringendo l’esercito di
Massenzio ad indietreggiare fino all’argine naturale del Tevere, nelle cui
acque l’usurpatore stesso finì per annegare insieme al suo cavallo.
Costantino, con questa schiacciante vittoria, divenne il più importante
pretendente al potere assoluto imperiale, che assunse di lì a poco, nel 324
d.C., dopo la morte di Licinio, restando
l’unico regnante fino alla morte che avvenne nel 337.
Nel giro di soli due decenni dunque, l’Impero Romano cambiò totalmente
pelle, diventando cristiano, nacquero le prime grandi basiliche romane, il
culto fu istituzionalizzato, l’Impero conobbe una nuova stagione di enorme e
stabile prosperità.
Di tutto questo Flavio Valerio Costantino fu il fautore, e a coloro che
oggi vivono a Roma questa vecchia storia millenaria dovrebbe comunque essere
molto familiare, se non altro per la stessa etimologia dei luoghi che si
attraversano, in particolare nel territorio del XXmo Municipio: Labaro,
Malborghetto, Saxa Rubra, Ponte Milvio.
Luoghi costantiniani che parlano ancora oggi, di una storia vera e
concreta che ci riguarda da vicino e che racconta non solo dei nostri padri ma
anche di noi, per capire chi siamo e
come siamo arrivati ad essere quello che siamo.
Fabrizio
Falconi
in testa: Piero della Francesca, Vittoria di Costantino su Massenzio, ciclo della Leggenda della Vera Croce, Basilica di San Francesco, Arezzo.
in testa: Piero della Francesca, Vittoria di Costantino su Massenzio, ciclo della Leggenda della Vera Croce, Basilica di San Francesco, Arezzo.
14/02/12
La visione di Costantino e l'Arco di Malborghetto - 6. Croce nel cielo.
6. Croce nel Cielo.
Procediamo con ordine.
Accettando la premessa di cui al paragrafo precedente, e cioè che l’Arco
di Malborghetto sia stato edificato sotto il regno di Costantino sul luogo
esatto dove sorgeva l’accampamento delle truppe dell’Imperatore, prima della
Battaglia, luogo nel quale era avvenuta la Visione, si è deciso di ricostruire – attraverso l’ausilio
di un normale programma astronomico-matematico - il cielo di quella notte, la notte del 27
ottobre del 312 d.C. (7).
Puntando il programma astronomico sulle coordinate del
Casale di Malborghetto - 42°03'08"
log N e 12°29'16" lat E - alle ore
22,00 (orario puramente indicativo) del 27 ottobre del 312 d.C. è risultata
brillantissima, verso ovest la
costellazione del Cigno. (azm 277°51' alt +40°40'), che così viene descritta
dal Dizionario Astronomico:
Ricca costellazione della via lattea settentrionale, in
forma di croce allungata vista come un cigno in volo. Era tra le 48 elencate da
Tolomeo (ca 140 dC) ed è a volte chiamata Croce del Nord
(8).
Contiene 11 stelle più luminose della 4° grandezza tra cui
Deneb (I grandezza) ed Abireo (stella doppia)".
In effetti questa costellazione - la costellazione del
Cigno - era già famosa dai tempi di Eratostene, che fu il primo a chiamarla
così.
Fu poi denominata da Ipparco Uccello, e in epoca
cristiana Croce, e ancora oggi si chiama Croce del Nord per
distinguerla dalla Croce del Sud, visibile solo dall'emisfero sud.
Gli arabi, grandi astronomi, le conferirono il nome poco
aulico di Gallina. Poi, nel 1627 l’astronomo gesuita Julius
Schiller (1580-1627) nel suo monumentale trattato Coelum Stellatum
Christianum, pubblicato ad Augusta, tentò di ristabilire il nome cristiano.
Schiller scelse anzi questo nome: Croce
sostenuta da sant’Elena.
Questa che appare come
semplice coincidenza, può implicitamente fornire una suggestiva ipotesi di
lavoro, come vedremo, se rapportata alla rappresentazione pittorica di Arezzo.
(C)(riproduzione riservata)
03/02/12
La visione di Costantino e l'Arco di Malborghetto - 4. Il Labarum.
4. Il Labarum.
Ma come era fatto
esattamente questo simbolo, il Labarum ?
Ripartiamo dal racconto di
Eusebio di Cesarea, nel brano della Vita di Costantino I, 30-31,
e leggiamo:
" La sua foggia era la seguente. In un'alta asta
ricoperta d'oro s'innestava un braccio trasversale in modo da formare una
croce; in cima a tutto era fissata una corona intessuta di pietre preziose e
oro. Su questa corona due segni, indicanti il
nome di Cristo, mostravano per mezzo delle prime lettere ( con il rho che
si incrociava giusto nel mezzo ), il simbolo della formula salvifica:
l'imperatore prese poi anche in seguito questo monogramma inciso sul suo
elmo. Al braccio trasversale che era infisso
nell'asta, si trovava sospesa una tela di gran pregio... Di questo
segno salvifico l'imperatore si servì sempre contro tutte le forze avversarie e
nemiche, e ordinò che altri oggetti simili ad esso fossero messi alla testa di
tutti i suoi eserciti. "
Sappiamo, non soltanto da
questa descrizione, ma soprattutto dalle centinaia di riproduzioni su monete, e
monumenti che la foggia del Labarum era questa:
Un simbolo realizzato con le prime due lettere
dell'alfabeto greco della parola Cristo: Chi (χ) e Rho, (ρ).
Ma il Labarum ha
sempre comportato per gli storici un piccolo grande rompicapo. Per vari
motivi: Innanzitutto Lattanzio,
nonostante la descrizione particolareggiata della Visione, ignora il Labaro, e
non lo cita nel suo racconto. Lattanzio parla di un monogramma, ma non
specifica che si tratti del Labaro, così come è pervenuto fino a noi. In secondo luogo nelle molte scene
raffigurate sull'Arco di Costantino al Foro Romano, che
venne eretto soltanto tre anni dopo la battaglia, il Labarum non
compare, né è presente alcun indizio della miracolosa affermazione di quella
particolare protezione divina che era stata testimoniata, dice Eusebio, da così
tanti. Ciò può essere spiegato in parte con il fatto che, come è
risultato da recenti e approfonditi studi, l'Arco è un'opera ricavata da pezzi
di altri monumenti più antichi.
Nell'Arco di Costantino al Foro Romano,
come è noto, esiste in realtà una famosa
iscrizione nella quale si dice che l'imperatore ha salvato la res publica INSTINCTU
DIVINITATIS MENTIS MAGNITUDINE ("per
grandezza della mente e per istinto [o impulso] della divinità"). Questo riferimento così
generale, non indicante un simbolo specificatamente cristiano, ha fatto
ritenere da alcuni studiosi che la divinità in questione fosse nient'altro che
il Sol
Invictus — il Sole Invincibile (identificabile anche con
Apollo o Mitra)— inscritto anche sul conio costantiniano del
periodo. E’ del resto stato avanzato con molte ragioni l’argomento che
Costantino, da abile uomo politico, seppure fosse stato sinceramente convinto
di aver avuto contatto con una divinità nuova rispetto al parco degli
dei pagani adorati nell’Impero, ben difficilmente avrebbe osato sfidare la
benevolenza e il potere dei pretoriani romani, esponendo questa divinità nuova,
cristiana – del tutto invisa – in un arco monumentale appena eretto.
Oltretutto, il Labarum
fu sicuramente adottato in età costantiniana come simbolo assai diffuso, al punto
che Giuliano l'Apostata, fautore del ripristino
ad ogni livello del paganesimo, eliminò il segno sospetto dalle insegne
militari, cosicché il Labarum ricomparve
soltanto durante il regno degli imperatori successivi.
In conclusione: sembra certo, storicamente plausibile, che la Visione (o
Sogno) sia avvenuta. L'imperatore Costantino vide o credette di vedere un segno
divino. Ciò risulta dal raffronto di tutte le fonti, tra le quali
anche il celebre panegirico dell'Imperatore letto a Treviri nel 313, dopo che
Costantino ebbe incontrato Licinio a Milano, nel quale si parla di una 'mente
divina' rivelatasi soltanto a Costantino, e di una suggestione divina (divino
instinctu), che lo rese indifferente alle superiori forze di Massenzio.
Questa Visione (o Sogno) coincide con l'avvento della
concezione monoteistica, la quale irrompe nel mondo romano, raccogliendo
l'eredità del culto del Sol Invictus, ma identificandosi ben presto con
il Cristo dei Cristiani.
E' certo inoltre, che sul destino della celebre Visione
ebbe grande importanza la propaganda compiuta da Eusebio di Cesarea e dei suoi
successori. Eusebio scrive la sua Vita di Costantino
parecchi anni dopo la Battaglia di Ponte Milvio, e mosso sostanzialmente dalla
esigenza di sistematizzare la vicenda del "più grande degli
Imperatori" in un quadro teologico-divino che avrebbe trovato compiutezza
con il battesimo e la conversione al cristianesimo dello stesso Costantino avvenuta
in punto di morte. (4 - segue)
21/01/12
La visione di Costantino e l'Arco di Malborghetto - 1.
La visione
di Costantino e L’Arco di Malborghetto sulla Via Flaminia.
1. Le vie consolari e l’età di Costantino.
Nella loro lunghissima
storia le vie consolari di Roma sono state
teatro di misteriosi eventi,
celebri visioni, alcune di esse
fondamentali per la Storia del Cristianesimo.
Vale la pena ricordarne
soltanto alcune: la visione di San
Pietro sulla Via Appia (64 d.C.)- del Domine
Quo Vadis, riferita da molte fonti,
pagane e cristiane (a seguito della quale la quale l’apostolo Pietro avrebbe
deciso di tornare per accettare il martirio a Roma); la visione dell’Imperatore
Costantino sulla Via Flaminia (312 d.C.) prima
della Battaglia di Ponte Milvio; la visione di Sant’Ignazio di Loyola sulla Via Cassia,
in zona La storta, nel 1537, prima di entrare a Roma e fondare la Compagnia di
Gesù.
Della prima e della terza esistono
memorie in luoghi venerati a lungo e poi caduti nell’oblio. Riscoperti soltanto
negli ultimi tempi da un certo turismo, non solo religioso. Per quanto riguarda la seconda, invece, sembrerebbe
quasi che l’episodio storico, tramandatoci dalla tradizione e dalle varie fonti
che vedremo, sia stato completamente dimenticato. Eppure, chi abita a Roma e si trova a passare
nel popoloso quartiere denominato “Labaro” dovrebbe sapere che l’etimologia di
quel nome è legata strettamente ad uno dei più celebri episodi della vita
dell’Imperatore Costantino il Grande, e al misterioso segno che egli dichiarò
di aver visto nel cielo prima della definitiva battaglia contro Massenzio.
Ma prima di addentrarci
nella Visione della Via Flaminia, descriviamo più succintamente che si può la
complicatissima situazione che vigeva nell'Impero prima dell'avvento di
Costantino.
Il potere, all''inizio del 300 d.C., era incredibilmente
frazionato.
Il declino di Diocleziano lasciò l'impero in mano alla tetrarchia ,
cioè in mano a quattro persone: due Augusti (Diocleziano e
Massimiano, i quali avevano scelto come sedi del potere rispettivamente
Nicomedia, in Asia Minore, e Milano), che a loro volta avevano scelto due
Cesari (il primo Galerio, il quale pose
la sua capitale a Mitrovizza, nell'attuale Croazia; il secondo Costanzo Cloro,
padre di Costantino, che scelse Treviri, in Germania).
Roma, perciò, era apparentemente fuori dai giochi, sempre
più periferica.
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