16/10/24
13/09/24
"La Fine del Sogno - Beatles, Manson, Polanski" presentazione a Roma, alla Libreria Eli, Domenica 29 Settembre
29/08/24
E' in libreria - e su Amazon e in tutte le librerie online - "LA FINE DEL SOGNO - BEATLES, MANSON, POLANSKI", il libro sui due anni - 1969/70 che hanno cambiato il nostro mondo
E' da oggi in libreria "LA FINE DEL SOGNO - BEATLES, MANSON, POLANSKI", il libro sui due anni - 1969/70 che hanno cambiato il nostro mondo.
Attraverso un meticoloso lavoro di ricerca, "La fine del sogno" racconta in modo appassionante una delle storie più belle (e inquietanti) di sempre, ricostruendo i fatti di due anni cruciali della nostra storia: 1969-1970, quelli che decretarono la fine della cosiddetta “Summer of Love”, l’Era dell’Acquario, di Woodstock, del Flower Power, della liberazione sessuale.
Il sogno si infranse nel modo più tragico con la strage di Sharon Tate e dei suoi amici a Cielo Drive, Los Angeles, da parte di Charlie Manson e della sua lugubre “Famiglia”, ma anche con lo scioglimento dei Beatles, un trauma mondiale, dopo il travaglio seguito al celebre soggiorno in India nell’ashram di Maharishi e la preveggenza dell’orrore nei film di Roman Polanski usciti in quegli anni (tra i quali “Rosemary’s Baby”), di cui Sharon Tate era moglie all’epoca.
Il libro racconta gli “inspiegabili” grovigli di casualità e circostanze che legano queste vicende biografiche (soprattutto quelle dei quattro Beatles) l’una all’altra, molto strettamente, da un punto di vista del tutto particolare: il breve e folgorante periodo in cui cade l’illusione di un “noi” creativo (e rivoluzionario) rapidamente scalzato dall’emersione di un “io” narcisista e distruttivo, passaggio cruciale del contemporaneo.
“La fine del sogno” è un incredibile intreccio di musica, cinema, esoterismo e cronaca nera, appassionante come un romanzo.
Puoi acquistare il libro in tutte le librerie o su Amazon e tutte le altre librerie Online.
Presto, la prima presentazione a Roma.
- Editore : Arcana (23 agosto 2024)
- Lingua : Italiano
- Copertina flessibile : 336 pagine, Euro: 19.50 (18.50 su Amazon)
- ISBN-10 : 8892773011
- ISBN-13 : 978-8892773011
18/07/24
Una copia di "Passeggiate Letterarie a Roma" in dono alla Libreria Eli fino al 9 agosto, per gli amici vecchi e nuovi.
La Libreria Eli di Roma che quest'anno ha ospitato i miei incontri sulle Passeggiate Letterarie a Roma, quest'estate offre la possibilità agli amici vecchi e nuovi che si recheranno in Libreria in questi giorni, di ricevere una copia gratuita del mio libro.
Ne sono molto molto felice e ringrazio Marcello Ciccaglioni e gli amici della Eli, con l'augurio di ritrovarci presto. Qui sotto, un estratto dalla Lettera inviata dalla Libreria agli amici e soci come bilancio della stagione appena trascorsa e stimolo per la nuova che arriva. F.
Anche quest’anno, grazie alla tua presenza siamo riusciti a portare avanti questo bellissimo progetto che racchiude l’essenza di eli: un luogo di incontro in cui condividere Esperienze, Libri e Idee.
Sono passati sette anni da quando abbiamo mosso i primi passi e ognuno di voi, chi prima chi dopo e chi ora, ci ha accompagnato e sostenuto in questo nuovo viaggio.
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di Nuova Stagione Srl
Viale Somalia 50 A
00199 – Roma
Tel. 0686211712
24/05/24
I tesori di Santa Maria Sopra Minerva, una delle più belle chiese di Roma
I tesori di Santa Maria Sopra Minerva, una delle più belle chiese di Roma
Tratto da Fabrizio Falconi - Le Basiliche di Roma - Newton Compton, Roma, 2022 - tutti i diritti riservati
La meravigliosa Basilica
a pochi passi dal Pantheon è uno dei casi in cui il nome dell’edificio
chiarisce da se stesso la sua origine, le sue fondamenta. La Chiesa di Santa Maria sopra Minerva è
una delle più straordinarie di Roma. Fondata nel secolo
VIII sui resti di un tempio di Minerva Calcidica e
rifatta in forme gotiche nel 1280, deve il suo fascino anche a questo: il
sorgere sullo stesso luogo esatto dell'antico Tempio di Iside al Campo Marzio
(o Iseo Campense o Iseum et Serapeum) che
i Romani avevano dedicato al culto delle due divinità orientali, Iside e
Serapide e che nel corso dei secoli, dopo la caduta dell’impero, ha restituito
preziosissimi reperti, in gran provenienti dall'Egitto e trasportati a Roma
dopo che quella provincia fu acquisita da Augusto dopo la morte di Cleopatra
imperatrice. Non solo: nella stessa zona dell’Iseo Campense,
sorgeva anche il Tempio di Minerva Chalcidica, costruita dall’imperatore
Domiziano, l’ultimo della dinastia Flavia, alla fine del I secolo d.C.
L’appellativo di Chalcidica significava letteralmente “guardiana” o
“portiera” e si riferiva al fatto che il tempio in onore della dea (chiamato
anche in seguito Minerveum), era
stato costruito proprio di fronte al Porticus Divorum, la grande area
porticata voluta dallo stesso Domiziano, dedicata al padre Vespasiano e al
fratello Tito.
L’esistenza di una chiesa
cristiana, edificata sopra i resti di questi edifici è testimoniata già nel 700
d.C. ed era stata affidata alle suore basiliane provenienti da Costantinopoli, ma
fu rifatta completamente in forme gotiche intorno al 1280 da architetti toscani,
quando il possesso dell’oratorio era passato nelle meni dei frati domenicani. È
dunque particolarmente importante in una città come Roma dove sono piuttosto
rari gli esempi del puro gotico.
Modificata poi con vari interventi
nei secoli scorsi, la basilica è una delle più importanti di Roma per i tesori
d'arte che contiene e per contenere le tombe della Santa patrona d’Italia,
di quattro pontefici e di innumerevoli altre personalità.
La splendida facciata – quasi
minimalista – della chiesa, fu dovuta al conte Francesco Orsini che ne finanziò
la costruzione nel 1453. Sopraggiunti problemi economici però, evidentemente,
ne bloccarono il completamento ed essa rimase incompiuta fino al 1725, fino a
quando non intervenne papa Benedetto XIII. La facciata resta ancora oggi
semplicissima, nuda e disadorna abbellita però da due portali rinascimentali (i
laterali) e uno ottecentesco (il centrale), sovrastati da tre rosoni. La
facciata, nitida e bianca fa da sfondo alla piazza antistante, al centro della
quale si erge il celebre Elefantino (o Pulcino) della Minerva, opera
dello scultore Ercole Ferrata su progetto del Bernini, che sorregge uno dei
tredici, vetusti obelischi originali egizi romani, il più piccolo di tutti
(proveniente proprio dall’Iseum et Serapeum).
L’interno della basilica è imponente, a tre navate, separate da massicci pilastri e offre al visitatore il colpo d’occhio di uno sterminato cielo stellato che fa pensare ai simili soffitti medievali a crociera della Basilica superiore di San Francesco ad Assisi, o del duomo di Siena o di San Gimignano, ma invece è di fattura moderna: risale infatti al XIX secolo, quando si scelse una decorazione più in linea con le linee gotiche antiche dell’edificio. Nel pavimento sono invece incastonate moltissime e importanti iscrizioni e sepolture. Nelle due navate laterali si aprono invece diverse cappelle che contengono numerosi tesori. Cominciando dalla navata di destra, nel primo pilastro si ammira la tomba e il busto di Antonio Castalio, una delle più belle sculture del rinascimento romano. Più avanti, nella quinta cappella, la tomba seicentesca firmata dal Maderno, di Papa Urbano VII, il pontefice che detiene il record di minor durata del pontificato: soltanto tredici giorni in tutto, dal 15 al 27 settembre del 1590. Subito dopo la sua elezione, infatti, il papa fu colto da violente febbri malariche, che ne impedirono anche la cerimonia di incoronazione. Venne sepolto in San Pietro, ma fu poi trasferito qui per la sua generosità nei confronti della Arciconfraternita dell’Annunziata che si dedicava all’assistenza delle zitelle bisognose e che aveva sede vicino a Santa Maria sopra Minerva. Sull’altare di questa cappella, una bellissima Annunciazione di Antoniazzo Romano, del 1460. Nella settima cappella, un affresco di Melozzo da Forlì – Cristo giudice tra due angeli - che adorna una delle tombe rinascimentali.
Nella navata di sinistra, invece,
la terza cappella conserva un piccolo olio su tavola, che dopo una
dubbia attribuzione al Pinturicchio, è oggi unanimemente considerato opera
di Pietro di Cristoforo Vannucci, più famoso con il nome di Perugino
(1448-1523), il maestro di Raffaello. Perugino (o allievi della sua
stretta scuola) lo realizzò negli anni successivi al 1479, quando fu
chiamato da Papa Sisto IV per decorare l'abside della Cappella della Concezione
nel coro della Basilica Vaticana. È un ritratto, quello del Salvatore del
Perugino, estremamente affascinante. Per l'uso dei colori (il verde
intenso del mantello sul rosso pompeiano della tunica), per l'effige del
volto, in espressione dolcissima, con il capo debolmente reclinato sulla
destra, il viso incorniciato dai capelli castani, le guance rosee, lo sguardo
penetrante. Perugino usò la tecnica dello sguardo animato (comune
ad altri celebri ritratti rinascimentali, tra cui La Gioconda):
grazie ad un sapiente uso della prospettiva, lo sguardo del Cristo, infatti,
sembra seguire quello dell'osservatore. Lo si sperimenta davanti al
dipinto, spostandosi lentamente da destra verso sinistra e al contrario: lo
sguardo del Cristo sembra continuare ad osservare direttamente negli occhi,
colui che guarda.
Passando ora al transetto, alla fine
della navata di destra, eccoci davanti alla meravigliosa Cappella Carafa, uno
dei capolavori assoluti del Quattrocento, con gli straordinari affreschi di Filippino
Lippi, su commissione del cardinale Oliviero Carafa. Nelle quattro vele della
volta, sono rappresentate quattro Sibille. Lo stemma al centro è quello della
famiglia Carafa. La parete centrale inserisce all’interno della scena dell’Annunciazione
la figura di san Tommaso che presenta
alla Vergine Maria il cardinale Carafa,
inginocchiato. Nella parte alta c’è l’Assunzione della Vergine e una corona di angeli
che le danzano intorno, ciascuno con in mano uno strumento musicale diverso, un
vero e proprio inventario di strumenti musicali dell’epoca. Nella parete destra,
scene della vita di san Tommaso, mentre sulla lunetta,
verso sinistra è raffigurato il miracolo del Crocifisso che parlando al Santo
gli dice: “hai scritto bene di me Tommaso, che ricompensa vuoi?”. E sembra lui
abbia risposto: “Nient’altro che te Signore”. In basso, è
raffigurato invece il Santo in cattedra che tiene in mano un libro con la
scritta: "Sapientiam sapientum perdam", che significa
"Distruggerò la sapienza del sapiente", frase tratta dagli scritti di
san Paolo. Davanti a lui una figura con un volto inquietante, raffigurante il
peccato con un cartiglio che dice "Sapientia vincit malitiam",
"La sapienza vince la malizia”, chiara allusione alla spiritualità
domenicana da sempre caratterizzata da una ricerca della Verità e una lotta al
vizio e all’errore. Tommaso è circondato da quattro figure femminili che
rappresentano la filosofia, la teologia, la dialettica e la grammatica. I molti
personaggi in primo piano sono per lo più eretici (identificati anche da
iscrizioni dorate sui loro indumenti), tra cui il profeta persiano Mani,
fondatore del manicheismo , con un dito sulle
labbra, Eutiche con un orecchino di
perla, Sabellio, Ario e altri. I libri per
terra sono quelli eretici, che stanno per essere bruciati. All’interno della
Cappella anche la grande tomba di papa Paolo IV Carafa, opera di Pirro Ligorio.
Proseguendo a sinistra del presbiterio, una statua molto particolare:
pochi sanno infatti che la basilica di Santa Maria sopra Minerva, oltre ai
molti tesori custodisce anche un’opera di Michelangelo, il Cristo Portacroce,
che fu realizzata tra il 1519 e il 1520 con l’intervento di allievi del
maestro. Originariamente il Cristo era interamente nudo, cosa che ovviamente urtò
la suscettibilità di qualche notabile o cardinale, che ordinò di ricoprirne i
fianchi con una fascia di bronzo dorato. Con lo stesso metallo fu realizzata
anche una calzatura per il piede destro, sporgente, proprio per prevenirne la
consunzione ad opera dei fedeli, come è avvenuto per il piede della statua
dell’Apostolo, in San Pietro.
Al di sotto dell’altare maggiore, realizzato in stile neogotico,
riposano i resti del corpo di Santa Caterina da Siena, contenuti in un
sarcofago del Quattrocento. La Santa, patrona d’Italia e compatrona d’Europa
morì a Roma il 29 aprile del 1380 e fu sepolta nel cimitero di Santa Maria
sopra Minerva. Il teschio e un dito sono invece conservati e venerati nella
basilica di San Domenico, a Siena, città di nascita della Santa. Il sarcofago,
che si vede attraverso i vetri, sotto l’altare è assai suggestivo, perché
raffigura la santa, giacente.
L’abside della Basilica conserva poi le tombe di due papi, opere
di Antonio da Sangallo il giovane: Clemente VII e Leone X, entrambi
appartenenti alla famiglia dei Medici. Sempre nel transetto sinistro, nel
passaggio che viene comunemente usato per l’uscita secondaria dall’edificio,
un’altra importante sepoltura: quella del Beato Angelico, al secolo Guido di
Pietro. Il sommo pittore morì a Roma il 18 febbraio del 1455 e fu qui
sepolto. La lapide interrata mostra il
rilievo del corpo del pittore con indosso l’abito domenicano, entro una
nicchia rinascimentale e una iscrizione che recita: “Qui giace il venerabile
pittore Fra Giovanni dell'Ordine dei Predicatori. Che io non sia lodato
perché sembrai un altro Apelle, ma perché detti tutte le mie ricchezze, o Cristo, a te. Per
alcuni le opere sopravvivono sulla terra, per altri in cielo. la città di
Firenze dette a me, Giovanni, i natali.” |
Tornando a Santa Caterina, nella
sagrestia della Basilica si venera il piccolo Oratorio di Santa Caterina, con
la camera dove morì la Santa, ornata da affreschi del Quattrocento. Tra le
molte altre sepolture, nella Basilica, ricordiamo quelle di altri due papi,
oltre ai tre già citati: Urbano VII (morto nel 1590) e Benedetto XIII (1730); quella
del poeta, umanista e cardinale Pietro Bembo, del vescovo Guglielmo Durand e dello
scultore Andrea Bregno. Tra le molte vicende storiche di cui la Basilica fu
testimone, vanno annoverati anche due conclavi, da cui uscirono eletti Eugenio
IV nel 1431 e Nicolò V nel 1455. Quest’ultimo, come raccontano le cronache
dell’epoca, “fu posto a sedere sopra l’altare maggiore della chiesa e vi
ricevette l’obbedienza.”
La Basilica, ogni 25 marzo
ospitava la caratteristica cerimonia in occasione della festività
dell’Annunziata, alla presenza del papa: si trattava dell’elargizione dei
sussidi dotali alle zitelle che venivano prescelte tra tutti i rioni della
città e che si riunivano nella piazza Santa Chiara, dov’era la sede della
Arciconfraternita dell’Annunziata, fondata nel 1460. Da qui, le donne, a due a
due, vestite di bianco (dovevano essere vergini e di buona reputazione) e con
una candela in mano, procedevano in processione fino a Santa Maria sopra
Minerva per assistere alla messa solenne, al termine della quale, ricevevano
dalle mani del papa un sacchetto contenente la dote che variava da un minimo di
trentacinque a un massimo di ottanta scudi, oltre alle vesti e a un fiorino per
le scarpe.
Tratto da Fabrizio Falconi - Le Basiliche di Roma - Newton Compton, Roma, 2022 - tutti i diritti riservati
03/10/23
"Dalla perfezione spesso non nasce niente - Nina, una donna che lo impara a sue spese" - Intervista VIDEO a Fabrizio Falconi - RealTeamTV
16/07/23
2.500.000 di Visualizzazioni per Il Blog di Fabrizio Falconi - Si festeggia con il nuovo romanzo in uscita: "IL DONO PERFETTO"
01/07/23
"Il Dono Perfetto" - L'intervista di Giovanna Bandini a Fabrizio Falconi per il nuovo romanzo - VIDEO
Da ieri, 30 giugno, è in libreria Il Dono Perfetto, il nuovo romanzo di Fabrizio Falconi. Qui brevi clip dall'intervista realizzata da Giovanna Bandini con Dario Pettinelli, per Il Momento Perfetto - ItaliaTv
06/06/23
L'oscura Via del Mandrione, a Roma, amata da Pasolini
Fa una certa impressione immaginare che dalla costruzione dell’ultimo dei grandi maestosi acquedotti romani (i cui resti ancora giganteggiano per l’Italia) trascorsero ben tredici secoli prima che si sentisse la necessità a Roma di realizzarne uno nuovo.
18/04/23
Come nacque "Il Giorno più bello per Incontrarti"
06/04/23
La chiesa di San Lorenzo in Lucina e la misteriosa tomba di Poussin
La chiesa di San Lorenzo in Lucina e la misteriosa tomba
di Poussin
Uno dei più antichi titoli delle chiese di Roma è quello di Lucinae attribuito alla chiesa che ancora oggi sorge nella piazza omonima nel centro della città e che, sorto in tempi antichissimi, è già ricordato nel 366 sulla residenza di una matrona romana, chiamata appunto Lucina (anche se non mancano altre ipotesi, tra le quali quella che nel luogo sorgesse un boschetto (lucus) da cui l'edificio prese il nome).
Quel
che è certo è che sotto papa Sisto III (nell'anno 440 d.C.) avvenne la
trasformazione in luogo di culto pubblico. Un rifacimento complessivo fu
operato nel secolo XIII da Pasquale II, mentre al Duecento risale l'erezione,
sulla sinistra della chiesa, del palazzo Fiano che divenne la residenza dei
Peretti. Ma nuovi interventi furono compiuti nel corso dei secoli (anche Gian
Lorenzo Bernini vi mise mano per costruirvi la Cappella Fonseca) fino ai
successivi rimaneggiamenti sotto Papa Pio IX (1856) e del 1927 (anno in cui si
ripristinò il portico murato) che conferiscono alla chiesa l'aspetto odierno.
Essa,
oltretutto affonda le sue fondamenta, in parte, sotto il grandioso horologium
(centosessanta metri per sessanta), fatto costruire dall'imperatore
Augusto nel 10 a.C., la celebre Meridiana,
i cui resti affiorano in diversi punti nei sotterranei degli edifici del
quartiere di Campo Marzio (e anche della Chiesa).
San
Lorenzo in Lucina è una specie di museo, ospitando una serie di famose opere
d'arte, come il crocefisso dipinto da Guido Reni al centro dell'altare
maggiore.
Ma la
Chiesa è famosa anche per la celebre sepoltura del pittore francese Nicolas
Poussin (1594 – 1665), sulla quale sono fiorite leggende esoteriche di ogni
tipo.
Poussin
è uno dei più famosi pittori francesi, noto anche per essere il pittore di
corte del re Luigi XIII e per aver supervisionato i lavori per la realizzazione
del Louvre, ma a partire dai trent'anni trascorse la sua intera vita a Roma,
dove ricevette la prima commissione nel 1626 dai conti Barberini per la
realizzazione di un grande dipinto, Il sacco del tempio di Gerusalemme da
parte dell'imperatore Tito, creduto per molto tempo perduto e ritrovato
recentemente dal critico Denis Mahon.
Fautore
dapprima dello stile barocco, Poussin, a partire dal 1630 cominciò ad
abbandonare del tutto quel gusto artistico, per una rimeditazione attraverso
una ricerca di chiarezza razionale, sul senso dell'esistenza e sul ruolo
dell'arte come transito oltremondano.
A
Roma Poussin morì, nel 1665, e fu sepolto proprio all'interno della Chiesa a
Campo Marzio.
Il
suo monumento funebre è tra i più enigmatici. La tomba fu concepita da Francois
René de Chateaubriand (attivo a Roma fra il 1802 e il 1804), come si legge
nella dedica in epigrafe subito al di sotto del busto del pittore (realizzato
dallo scultore Jean-Louis Deprez) : F.A. De Chateaubriand a Nicolas Poussin
per la gloria delle arti e l'onore della Francia.
L'epitaffio
invece, scritta da Pietro Bellori, il bibliotecario della regina Cristina di
Svezia, recita: Trattieni il sincero pianto. In questa tomba vive Poussin
che aveva dato la vita ignorando egli stesso di morire; qui egli giace, ma egli
vive e parla nei quadri.
Infine,
al di sotto dell'epitaffio, è realizzato in bassorilievo il profilo di un suo
celebre capolavoro: Pastori in arcadia, che oggi è conservato al Museo
del Louvre di Parigi e che esiste anche in un'altra versione dello stesso
pittore, del 1627 e conservata in Inghilterra, a Chatsworth House.
E
sotto questa rappresentazione, è inscritto il celebre motto Et in Arcadia
ego, intorno al quale sono sorte le leggende più disparate e al quale sono
stati dedicati interi libri.
In
realtà Poussin non fu il primo ad utilizzare questo motto, che appare per la
prima volta in un dipinto del Guercino, realizzato intorno al 1620.
La
frase si riferisce alla mitica regione della Grecia, l'Arcadia, dove la
leggenda narra che i pastori vivevano una vita idilliaca, lontana dai clamori e
dagli affanni del tempo e della guerra e di ogni altra miseria umana.
La
frase però, da un punto di vista strettamente letterale, risulta monca e priva
di verbo. Se infatti il significato è
chiaramente: “anche io (sono stato o sono) in Arcadia”, è evidente che
la frase manca del verbo – sum – che dovrebbe essere posto dopo il
soggetto ego.
La
citazione è stata subito interpretata come un memento mori come è reso
esplicito anche dalle scene rappresentate dal Guercino – due pastori che si
imbattono in un grande teschio – e da Poussin – pastori ideali (c'è anche una donna, che nella versione di
Chatsworth esibisce anche delle pose sensuali) che scoprono una tomba austera.
In
pratica il significato della frase sembra essere: Anche la persona che
riposa in questa tomba una volta viveva in Arcadia. Oppure: Anche io ero
un Arcade, prima di incontrare la morte.
Il
motto latino e l'associazione alla scena allegorica è stata ricollegata
fantasiosamente con la pseudostoria (frutto di manipolazioni di tutti i tipi,
in epoche successive) del Priorato di Sion.
Il
legame con la morte (nel bassorilievo sulla tomba di Poussin i pastorelli
contemplano quella che sembra essere a tutti gli effetti la tomba stessa del
pittore) e la stranezza della frase senza verbo hanno fatto ipotizzare che la
citazione contenga in realtà un codice anagrammato.
C'è
stato chi ha tentato di sciogliere l'enigma, componendo la frase I! Tego
arcana Dei, ovvero Vattene ! Io celo i misteri di Dio, alludendo ad
un mistero del quale Poussin fosse al corrente, ossia che nella Chiesa fosse presente
una sepoltura di una importante figura biblica (o addirittura dello stesso
Gesù).
Ipotesi
rafforzata da altri autori che, aggiungendo il sum alla frase, hanno
ottenuto l'anagramma: Arcam dei tango Iesu, ovvero, Io tocco la tomba
di Gesù. In questo caso, però, si è spiegato, la tomba del Maestro non
sarebbe nella chiesa di San Lorenzo in Lucina, come ipotizzato, ma in un luogo
misterioso della Francia, che servì da ispirazione a Poussin per il dipinto dei
Pastori dell'Arcadia conservato al Louvre, il quale è modello del bassorilievo
tombale.
Le
tracce alla ricerca di questo luogo hanno portato dapprima in Francia, nella
località di Les Pontiles, vicino a Rennes-le-Chateau, e poi in Inghilterra,
nello Staffordshire, dove esiste una versione scolpita (non si sa in quale
epoca) del dipinto realizzato da Poussin, nel cosiddetto Sheperd's Monument nel
giardino della Sugborough house.
Ma
ricerche in loco, non hanno dato nessun esito e tutte queste teorie sono
state ripetutamente smentite dai critici d'arte e dagli storici.
Quel
che è certo è che Arcadia divenne dopo la morte di Poussin, la più
celebre delle Accademie romane, fondata nel 1690 dai frequentatori del circolo
di Cristina di Svezia (alla Lungara) che vollero così proseguire l'opera del pittore
e le sue ricerche, in ogni campo delle arti e della cultura.
Fabrizio Falconi, tratto da Roma Segreta e Misteriosa, Newton Compton, 2015