Il celebre aforisma: "Quando sento qualcuno parlare di cultura, metto mano alla pistola" (terribilmente attuale anche nel mondo analfabetizzato di oggi dove ormai nessuno legge più niente) è da sempre erroneamente attribuito a Goebbels, politico e gerarca nazista, braccio destro di Adolf Hitler (il quale Goebbels, era fin troppo sofisticato per pensare e pronunciare una cosa simile). La frase fu invece pronunciata da Hermann Goering, altro gerarca, anche lui vicinissimo al Fuhrer (ma molto più rozzo e "concreto"), e originariamente recitava: "Quando sento qualcuno parlare di cultura, la mano mi corre al revolver."
27/07/24
Chi ha pronunciato il celebre aforisma: "Quando sento qualcuno parlare di cultura, metto mano alla pistola"? (No non è stato Sangiuliano)
Il celebre aforisma: "Quando sento qualcuno parlare di cultura, metto mano alla pistola" (terribilmente attuale anche nel mondo analfabetizzato di oggi dove ormai nessuno legge più niente) è da sempre erroneamente attribuito a Goebbels, politico e gerarca nazista, braccio destro di Adolf Hitler (il quale Goebbels, era fin troppo sofisticato per pensare e pronunciare una cosa simile). La frase fu invece pronunciata da Hermann Goering, altro gerarca, anche lui vicinissimo al Fuhrer (ma molto più rozzo e "concreto"), e originariamente recitava: "Quando sento qualcuno parlare di cultura, la mano mi corre al revolver."
13/05/24
Tornano gli attori di "Shtisel" in una nuova serie sull'Olocausto, "We Were The Lucky Ones", bella e commovente
07/05/24
L'incredibile caso di due dei boia nazisti delle Fosse Ardeatine, che nel dopoguerra diventarono attori a Cinecittà, in un libro di Mario Tedeschini Lalli
Questo è un libro molto interessante.
29/04/24
"La Zona d'Interesse" NON è un film sulla "banalità del male", ma sulla "banalità di CHI COMPIE il male" !
A proposito de "La Zona di Interesse" di Jonathan Glazer, mi rammarica che ad esso sia stata appiccicato lo slogan stra-logoro e ormai insentibile (che di esso il film dovrebbe essere emblema) di "Banalità del male".
17/10/23
"Il Complotto contro l'America" - perché è una serie da vedere oggi
E' un'opera che tutti, specialmente oggi, dovrebbero vedere.
05/07/23
Un romanzo dimenticato e molto bello: "La Rossa" di Alfred Andersch
Se oggi andate a cercare su Amazon o altre librerie on line (non parliamo di quelle tradizionali/cartacee) il nome di Alfred Andersch, non troverete nulla di nulla pubblicato in Italia, negli ultimi 40 anni.
17/04/23
André Breton, Chagall, Max Ernst, Hannah Arendt, Walter Benjamin: protagonisti di una bellissima serie Tv su Netflix, "Transatlantic"
André Breton, Chagall, Max Ernst, Hannah Arendt, Walter Benjamin, sono loro qui i protagonisti.
23/10/22
Muore a 98 anni, Zilli Schmidt, sopravvissuta ad Auschwitz, portavoce del riconoscimento del genocidio nazista di Sinti e Rom
05/10/22
Libri: Arriva in Italia "Hitler, la manipolazione, il consenso, il potere"
29/08/22
Le incredibili circostanze che consentirono a Roman Polanski di salvarsi dall'Olocausto quando aveva 10 anni. L'emozionante incontro con i nipoti dei suoi salvatori
06/05/22
E' vero che Mussolini si fece costruire un Bunker sul Monte Soratte?
06/04/22
Libro del Giorno: "Stefan Zweig, L'anno in cui tutto cambiò" di Raoul Precht
E' di grande interesse, e anche di grande attualità, l'uscita in queste settimane del nuovo libro di Raoul Precht, edito da Bottega Errante, che si concentra sulla vicenda personale, umana e letteraria di Stefan Zweig, inquadrata in un anno cruciale della sua vita, il 1935.
Precht, studioso attento della letteratura europea e tedesca in particolare (lingua quest'ultima che egli conosce come la madre lingua italiana), dopo Kafka (Kafka e il digiunatore, Nutrimenti, 2014) e Sternheim (Carl Sternheim, Schulin, La Camera verde, 2015), si rivolge alla figura di Stefan Zweig, prolificissimo scrittore ebreo, nato a Vienna nel 1881, vissuto a cavallo tra i due secoli, profondo pacifista e umanista, travolto dagli eventi drammatici del Novecento, il quale abbandonò definitivamente il suo paese dopo l'Anschluss nazista, finì i suoi giorni nel lontano Sud America, suicidandosi, nel 1942, insieme alla sua seconda moglie Lotte.
Dal suo primo racconto pubblicato a 19 anni, Primavera al Prater, Zweig fu instancabile, pubblicando una mole incredibile di romanzi e racconti, poesie e testi teatrali, memorie e lettere, saggi e articoli, raccolte e antologie, e numerosissime biografie che vanno da Tolstoj a Fouché, da Maria Stuarda a Toscanini, da Magellano a Montaigne e tantissimi altri.
Il libro di Raoul Precht incrocia la vita di Zweig nel suo anno cruciale, da gennaio del 1935 al gennaio successivo, lo scrittore si trova ad attraversare le sliding doors che ne decideranno il destino: è l'anno in cui la moglie Friderike (che Zweig aveva sposato prendendo con sé anche le due figlie avute dalla donna dal suo precedente matrimonio) scopre la sua relazione con Lotte Altmann, la sua segretaria, alla quale lo scrittore si legherà definitivamente in seguito, sposandola, e condividendo con lei il gesto estremo del suicidio.
Ma è anche l'anno in cui, a seguito di un primo scontro con la polizia locale, Zweig decide di lasciare Salisburgo e l'Austria e di stabilirsi in Gran Bretagna. Il suo paese infatti, come la Germania, è irretito dalle sirene naziste e il clima per gli ebrei comincia a farsi irrespirabile.
Zweig inizia un inquieto pellegrinaggio che lo porta in dodici mesi a spostarsi tra Nizza e New York e poi Vienna, Zurigo e le alpi svizzere, Marienbad, Parigi, Londra e infine nuovamente Nizza.
In questo errare lo scrittore incontra, in giro per l'Europa, scrittori e artisti con i quali è in rapporti di amicizia, da Thomas Mann a Joseph Roth, da Sigmund Freud a Arturo Toscanini.
Precht sceglie la cifra stilistica di un romanzo biografico: né una vera biografia, né un vero romanzo. La ricostruzione accuratissima degli spostamenti, degli incontri, dei particolari anche apparentemente trascurabili, contribuiscono a ricostruire il clima di un tempo difficile, che lo spirito inquieto di Zweig attraversa come sotto effetto di una febbre cerebrale.
Si stringe la morsa intorno a lui e intorno ai suoi amici: si impone di abbandonare le scelte di una vita comoda, facile, colma - nel caso di Zweig - anche di riconoscimenti e onori. Si impone di predisporsi ad abbandonare ciò che è più caro e salpare verso l'ignoto.
Non solo: la vita di quei mesi obbliga anche a scegliere quale atteggiamento opporre di fronte all'avanzare dell'orrore, della discriminazione, dell'odio, incarnata dal tiranno Hitler, pronto a spaccare il mondo in due e a metterlo a ferro e fuoco.
Zweig, anche rischiando l'incomprensione o la censura dei suoi amici più cari - magari ebrei come lui, come è il caso di Roth - sceglie un atteggiamento riservato, di non aperta denuncia: non si schiera, non fa appelli, non dà la caccia al mostro.
Altri gli dicono che è ora, invece, di rompere gli indugi e chiamare il demonio con il suo nome. Ma Zweig temporeggia: la sua indole, il suo credo profondamente pacifista, gli impongono prudenza e desiderio di distacco. E' la natura umana a deluderlo, la triste evoluzione di un destino collettivo - e quindi anche personale - che distrugge il sogno della vita bella, della vita dedicata alla conoscenza, al sapere, alla consapevolezza.
Zweig si avvicina alla fine della sua vita, sentendo che le forze gli vengono meno, dopo anni di vagabondaggio e sa che il porto del ritorno per lui è precluso per sempre. Cerca rifugio dunque, nell'unica cosa che può dargli piacere e in fondo salvezza: il lavoro, il lavoro intellettuale.
Verrà un tempo - e verrà presto, di lì a sette anni - in cui anche questo non basterà più e Stefan abbraccerà il suo desiderio di dissoluzione in compagnia della donna che ha deciso di condividere con lui il suo destino.
Il libro di Raoul Precht, letto in questi tempi in cui i tamburi di guerra hanno ricominciato a rullare così forte - e proprio nel cuore della vecchia Europa - si impone come una lettura non solo qualitativa, ma necessaria.
Stefan Zweig, L'anno in cui tutto cambiò
Fabrizio Falconi - aprile 2022
04/04/22
Perché la Shoah (l'Olocausto) è un "unicum" nella storia umana?
Specialmente in questi anni così confusi, di negazionismi sfrenati, benaltrismi, narcisismi piccoli e grandi che si esaltano nella confutazione spavalda dell'ovvio e del naturale, col pretestuoso e l'inaccettabile, vale la pena riportare qui la risposta forse più chiara ed esaustiva possibile alla domanda che spesso si sente ripetere, ovvero: per quali motivi la Shoah, l'Olocausto degli ebrei da parte dei nazisti, durante la Seconda Guerra mondiale è un "unicum" nella storia umana, e perché è sbagliato concettualmente e materialmente equipararlo ad altri tipi di genocidi terrificanti che sono stati compiuti nella storia.
04/03/22
Come nacque il meraviglioso discorso di Chaplin nel "Grande Dittatore" ?
Specialmente in questi tempi di ansia e di guerra, torna alla mente il monologo finale del Grande Dittatore, uno dei più famosi monologhi cinematografici di sempre, nel capolavoro scritto, diretto, prodotto e interpretato da Charlie Chaplin.