Per dirmi che sei fuoco- romanzo di Fabrizio Falconi, scrittore e giornalista
romano- Gaffi Editore (pgg. 287, €16, 50), è titolo di vaghezza evocativa, oltre che di suggestiva citazione-Giuseppe Ungaretti-poetica,
e nello stesso tempo di forte impatto e incisività. Nella metafora del fuoco che “consuma e riaccende”
si concentra il senso di un'opera
narrativa che non si lascia inquadrare in un genere. Pur presentando i tratti
ora del giallo, ora del romanzo d'inchiesta, di denuncia civile, per i temi di
impellente, drammatica attualità che affronta- la fecondazione artificiale
con i suoi risvolti culturali, etici,
umani, esistenziali; lo smaltimento clandestino, abusivo, criminoso dei rifiuti
radioattivi, con quanto implica di
illegalità, di contiguità con le mafie locali e internazionali, di rischi
ambientali e di degrado-, il libro non esaurisce nell'ambito di queste
tipologie le potenzialità, gli intenti
espressivi e di racconto.
La vicenda personale del
protagonista, Nico, giovane universitario studioso di Ungaretti, uno dei tanti
figli della provetta, nato da una procreazione eterologa, il suo percorso
biografico di ricostruzione di una identità
soggettiva attraverso la ricerca del padre biologico- che nello
svolgersi della trama si scopre essere un uomo-contro, un uomo-lupo, in guerra
contro le devastazioni dei boschi, delle montagne, delle valli, delle foreste,
dei fiumi, ad opera dei suoi simili-si intrecciano con storie di crimine, di
violenza, di affari sporchi e inchieste giudiziarie. Michele, temerario e
solitario, ambiguo eroe di una lotta senza quartiere e senza speranze contro forze che lo sovrastano e di cui
resterà vittima, da inquietante fantasma, sfuggente e inafferrabile, diventerà
figura di padre, nel momento della fine e in quello successivo del viaggio che
il figlio intraprende insieme con la sorella naturale, Brigitte, alla scoperta
di una appartenenza filiale in cui riconoscersi e ritrovarsi.
Il romanzo si muove su un
doppio binario, come ogni accadimento della vita reale: quello del dentro,
degli eventi introspettivi del
protagonista e l'altro del fuori, dei fatti esterni. Binari che si intersecano,
si incrociano, si separano, si sdoppiano, per
reincrociarsi e procedere in parallelo in direzione di un'ultima
stazione che viene a configurarsi come il punto di arrivo di un itinerario di
formazione, di educazione ai sentimenti, ai grandi temi dell'uomo: l'amore, il
dolore, la perdita, il male di vivere.
In una sorta di discesa agli
Inferi alla ricerca di una paternità di sangue che sia anche consanguineità
dello spirito, dove affondare radici e portare alla luce nascoste oscurità, il
giovane Nico segue il fil rouge di un altro viaggio, di un altro tempo,
di un'altra dimensione d'esistenza: il ritorno in Brasile del poeta dagli occhi
cinesi e dalla barba da sciamano, Giuseppe Ungaretti, sulle tracce
del figlioletto morto anni addietro, sepolto entro il recinto erboso del
cimitero di San Paolo, e destinato a durare nei versi del padre come la
forte, maestosa araucaria dai fiori viola. Indefesso odisseo, piegato, non
vinto dalle prove e dalle durezze della vita, è in prossimità della tomba di
Antonietto che gli viene concessa un'ultima, estrema chance di opporsi alla
fine: l'amore improvviso, imprevisto per la donna vestita di rosso, Bruna
Bianco, che consuma e riaccende. Il viaggio al termine della notte, di
Nico, figlio in cerca di un padre che gli sia stato padre pur nell'assenza, si
conclude con il ritrovamento nella casa di Michele, di una foto di sé bambino
in una vecchia polaroid. Anche la sua ricerca di Bruna, approda a una foto di
lei in una cornice, mentre viene incontro al poeta, per dirmi che sei
fuoco/che consuma e riaccende.