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31/07/24

Lo Spirito olimpico è morto.

 


Seguo ormai poco le Olimpiadi, a parte l'Atletica leggera che guarderò tutta.

Mi sembra che, nonostante l'inutile prosopopea macroniana, ormai sia stato del tutto calpestato e cancellato dai Giochi lo spirito olimpico.
Mi allontana l'insopportabile retorica patriottarda dei telecronisti, per cui ogni medaglia d'oro vinta da un italiano, anche nel tiro al piattello, è "leggenda", "eroica", "trionfale", è una "impresa" da consegnare agli Annales di Tacito.
Mi allontana il totale tradimento dello spirito decoubertiano per il quale la vera vittoria che conta a una olimpiade è quella del partecipare. Qui invece conta solo l'oro, se arrivi secondo o terzo sei uno sconfitto, se arrivi quarto sei un pezzente.
Mi allontana il marketing che ha fagocitato da tempo ogni ideale olimpico: gli atleti sono tutti professionisti pagati a peso d'oro [è il caso di dire] dai comitati olimpici nazionali e dalla manna dorata degli sponsor.
Mi allontana che ogni medaglia d'oro sia pagata, in Italia, 220.000 euro, e in proporzione l'argento e il bronzo: tra le più alte tariffe in assoluto stabilite dalle federazioni olimpiche di tutti i paesi del mondo, anche se ci sono ancora paesi virtuosi come la Norvegia che si rifiutano di monetizzare le medaglie olimpiche e prevedono un compenso pari a zero euro.
Mi allontanano le scelte della programmazione televisiva nazionale che ignorando del tutto la bellezza dello e degli sport e la differenza qualitativa delle diverse competizioni, privilegia sempre e comunque il seguire la gara dove c'è un compatriota. Se ce n'è uno che sta facendo i sedicesimi nel Badminton, si segue lui anche se c'è Simone Biles che sta facendo un esercizio spaziale a corpo libero.
Mi allontana infine il vittimismo complottistico quando non si vince o si sfiora una medaglia, come a una banale partita di campionato italiano dove c'è l'arbitro cornuto.
Insomma, questo è, almeno per me, ahimé.

Fabrizio Falconi - 2024