Si pensava che fosse impossibile e impensabile imbarcarsi in un remake da un'opera mitologica come "Scene da un matrimonio" che Ingmar Bergman realizzò per la televisione qualcosa come 50 anni fa, nel 1973, archetipo e prototipo delle "serie" televisive, che nasceranno soltanto 30 anni più tardi.
29/01/22
Come rifare 50 anni dopo, "Scene di un matrimonio" di Bergman e come farlo meravigliosamente bene
Si pensava che fosse impossibile e impensabile imbarcarsi in un remake da un'opera mitologica come "Scene da un matrimonio" che Ingmar Bergman realizzò per la televisione qualcosa come 50 anni fa, nel 1973, archetipo e prototipo delle "serie" televisive, che nasceranno soltanto 30 anni più tardi.
24/01/22
Elezione del Presidente della Repubblica: quanti anni avevano i presidenti eletti finora al momento della loro proclamazione? Il più giovane e il più vecchio
E' morto Paolo Taggi - Il ricordo di un amico
21/01/22
Quando Gregory Peck interpretò (con sue grandi perplessità) il ruolo del criminale nazista Josef Mengele, "l'angelo della morte"
Nel 1976 uscì un romanzo, "I ragazzi venuti dal Brasile", dello scrittore americano (ebreo) Ira Levin che ebbe un successo strepitoso, raccontando l'immaginaria seconda vita del criminale nazista Josef Mengele, autore di atroci pratiche nei lager nazisti e sfuggito alla cattura dopo la fine della seconda guerra mondiale. Levin, appunto, lo immagina fuggito in Brasile sotto falsa identità e dedito, nella sua fazenda immersa nella foresta, alla realizzazione di un folle esperimento per creare dei cloni attraverso il sangue e i tessuti di Hitler, prelevati dallo stesso Mengele.
Nell'agosto 1976, visto il grande successo del romanzo, fu annunciato che il gruppo di produttori formato da Robert Fryer, Martin Richards, Mary Lee Johnson e James Cresson, aveva opzionato i diritti cinematografici. Il film, inizialmente offerto al regista Robert Mulligan fu poi assegnato a Franklin Schaffner, incaricato di dirigerlo. Nel maggio 1977 fu annunciata la notizia che il grande Laurence Olivier avrebbe recitato nel film.
A Olivier però, già malato (stava accettando tutti i lavori cinematografici ben retribuiti che poteva, ottenere per provvedere a sua moglie e ai suoi figli dopo la sua morte) che aveva appena interpretato la parte di un sadico medico nazista nel bellissimo The Marathon Man (Il maratoneta) di John Schlesinger (1976), non andava a genio l'idea di calarsi nuovamente nella parte di un criminale nazista come Mengele.
A questo punto, i produttori chiesero a Gregory Peck, che si era unito al film a luglio, di interpretarlo. Peck, che al cinema aveva quasi sempre interpretato ruoli virtuosi, era assai riluttante per questioni personali, ma alla fine accettò di interpretare Mengele solo perché in questo modo avrebbe avuto l'opportunità di lavorare con Sir Laurence Olivier, che stimava da sempre.
Anche Lilli Palmer, nel cast, accettò un piccolo ruolo solo per lavorare con Olivier.
Olivier ebbe così il ruolo dell'altro protagonista del film, l'immaginario Ezra Lieberman, che si ispirava direttamente al "cacciatore di nazisti" SimonWiesenthal
Il film fu girato quasi interamente in Portogallo.
Ne scaturì un film di grande qualità, soprattutto per la stellare levatura dei suoi interpreti, con diverse scene che vedono il confronto tra Peck e Olivier, tra cui quella del violento litigio tra Lieberman e Mengele che, raccontano le cronache, richiese circa tre o quattro giorni di riprese a causa della salute cagionevole di Olivier in quel momento.
Peck, più tardi, ricordò che lui e Olivier "erano sdraiati sul pavimento" ridendo dell'assurdità di dover filmare una scena di combattimento del genere alla loro età avanzata. Non solo due grandi attori, ma due vere pietre miliari nella storia del cinema.
19/01/22
Stanlio e Ollio (Laurel & Hardy) - L'ultimo commovente video super 8 che li ritrae insieme
Ricorre in questi giorni (ieri per l'esattezza), il 130mo anniversario della nascita del grande Oliver Hardy che insieme a Stan Laurel, formò la più grande (e immortale) coppia comica del cinema.
Ma quale fu l'ultima occasione che li ritrae insieme, prima della morte di Hardy, avvenuta nel 1957?
Si tratta di un raro video amatoriale, girato l'anno prima, nel 1956 in formato super 8, in cui i due attori, già attempati, sorridono davanti alla cinepresa, nel corso di un incontro conviviale. Stan Laurel, aveva 66 anni; Oliver Hardy, profondamente segnato dalla malattia e assai dimagrito per i postumi di un infarto, con indosso una semplice t-shirt rossa.
Quest'ultimo video, girato insieme a casa di Stan, mostra la coppia ancora affiatata, con la voglia di sorridere e di scherzare, nonostante Stan mostri i segni di una una paralisi che rende difficile anche solo abbracciare il suo amico, mentre Oliver è reduce dalla ferrea dieta prescrittagli dopo l'attacco di cuore.
Poco dopo la realizzazione di questo filmato, il 14 settembre 1956, un nuovo ictus paralizza quasi completamente Hardy, che l'anno dopo lascia per sempre il suo amico Stan, dopo alcuni giorni in coma.
Anche questo video mostra comunque l'affetto e la complicità che legarono i due fino alla fine, nonostante episodi di reciproci dissapori nel passato, che vennero sempre superati e che non sono smentiti dall'assenza di Laurel al funerale di Hardy: la ragione di quell'assenza infatti non nascondeva alcun dissapore, come scrisse qualche giornale scandalistico, ma era motivata dal divieto imposto a Stan dal suo medico curante, che temeva ripercussioni sulla salute precaria. Ed è celebre la frase che Laurel pronunciò quando seppe della morte del suo compagno e amico: Babe avrebbe capito.
Qui sotto il bellissimo video:
18/01/22
Il Mistero degli autoritratti africani di Rimbaud - Foto destinate a scomparire
17/01/22
Storia di una foto veramente incredibile. Gianni Minà racconta come fu possibile mettere seduti allo stesso tavolo Alì, Marquez, Leone e De Niro
16/01/22
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15/01/22
Addio o Arrivederci o Ciao? Le esequie di Sassoli e qualche riflessione sulla percezione del distacco
14/01/22
Il lato oscuro di Fabrizio De André: come possono essere crudeli i padri (anche se sono grandi poeti)
Fa impressione la crudeltà dei padri. Anche - e a maggior ragione - quando sono persone illuminate, grandi musicisti e poeti, che hanno lasciato il patrimonio della loro arte a tutti.
Il lato oscuro del grande Fabrizio De André emerge da questi passaggi della intervista rilasciata dal figlio, Cristiano a Massimo Cotto, qualche tempo fa, su Sette del Corriere della Sera.
Lo riporto qui:
Un padre assente?
12/01/22
Quella volta che David Bowie cantò a Sanremo. Ma perché?
Pochi lo ricordano ma perfino il grande, immenso David Bowie cadde su Sanremo (oltre che Sulla Terra, come avveniva all'extraterrestre che impersonava, nel film diretto da Nicolas Roeg).
In quella occasione andò in scena anche un vero e proprio "corto circuito" che soltanto la televisione riesce ad assemblare. A presentare David fu infatti il povero Mike Bongiorno (all'epoca già 73enne), che di fronte al Duca Bianco, che chiaramente non capiva una sola parola di italiano, disse: “Non mi è mai successo di presentare uno spettacolo presentando un mito… Pensate, è un cantante così famoso da essere l’unico quotato in Borsa!”
L’ UNITA’ – Venerdì 21 febbraio 1997
Biondissimo, sorridente, felice. Se la categoria degli “splendidi cinquantenni” cercasse un rappresentante ideale, David Bowie sarebbe una scelta naturale. Di passaggio a Sanremo per promuovere il suo nuovo album, Earthling, il Duca Bianco si concede alla stampa. Per raccontare le nuove delizie del drum’n’bass che esplode dal suo disco. Parole chiave: spontaneità, arte e, naturalmente, money. Ecco l’ uomo che cadde su Sanremo.
di Roberto Giallo
SANREMO. Cap Ferrat. Come un gioiello in uno scrigno, David Bowie se ne sta tranquillo in un albergone elegante della. Costa Azzurra, a Cap Ferrat, coccolato a vista da guardie del corpo e discografici, in attesa di suonare al Festival. Compare di colpo tutto di nero vestito, biondissimo, con quegli occhi uno azzurro e uno blu che gli danno (pure!) un’aria sorniona. Qualche anno fa si era definito “oscenamente felice”, e il suo sorriso dice subito che si sente ancora così. In più, sembra un ragazzino, segno inequivocabile che il rock mantiene giovani. Ghigna e scherza, disponibile finché una Erinni multinazionale fa cenno, burbera, che il tempo è finito, e se lo porta via.
Bowie, ha un’idea di dove capiterà questa sera, in che tipo di manifestazione canterà?
No, francamente non ho la minima idea di che show sarà, e altrettanto francamente non mi interessa. Tengo moltissimo a questo mio nuovo disco e voglio fare ogni sforzo per promuoverlo a dovere. La casa discografica mi ha assicurato un’audience altissima e questo va benissimo. Quello che mi interessa è far sentire la mia band, la migliore che ho mai avuto. Per noi 7.000 o 40.000 persone è la stessa cosa, stiamo bene ovunque, indipendentemente dal contesto.
11/01/22
Il bellissimo discorso (integrale) di insediamento di David Sassoli - 3 luglio 2019
Pubblico nel giorno della scomparsa di David Sassoli, l'integrale del suo bellissimo discorso di insediamento alla carica di Presidente del Parlamento Europeo, pronunciato il 3 luglio 2019
Discorso Presidente Sassoli
Cittadine e cittadini dell’Unione europea, signore e signori parlamentari, cari amici, colleghi, rappresentanti delle Istituzioni, dei Governi, donne e uomini di questa Amministrazione. Tutti voi capirete la mia emozione in questo momento nell’assumere la Presidenza del Parlamento europeo e di essere stato scelto da voi per rappresentare l’Istituzione che più di ogni altra ha un legame diretto con i cittadini, che ha il dovere di rappresentarli e difenderli. E di ricordare sempre che la nostra libertà è figlia della giustizia che sapremo conquistare e della solidarietà che sapremo sviluppare. Permettetemi di ringraziare il Presidente Antonio Tajani per il lavoro svolto in questo Parlamento, per il suo grande impegno e la sua dedizione a questa Istituzione. Voglio anche dare il benvenuto ai nuovi colleghi, che sono il 62% di quest’Aula, un bentornato ai parlamentari confermati e alle donne, che rappresentano il 40% di tutti noi. Un buon risultato, ma noi vogliamo di più. In questo momento, al termine di una intensa campagna elettorale, ha inizio una legislatura che gli avvenimenti caricano di grande responsabilità perché nessuno può accontentarsi di conservare l’esistente.
Ce lo dice il risultato elettorale, ce lo testimonia la stessa composizione di questa Assemblea. Siamo immersi in trasformazioni epocali: disoccupazione giovanile, migrazioni, cambiamenti climatici, rivoluzione digitale, nuovi equilibri mondiali, solo per citarne alcuni, che per essere governate hanno bisogno di nuove idee, del coraggio di saper coniugare grande saggezza e massimo d’audacia.
Dobbiamo recuperare lo spirito di Ventotene e lo slancio pionieristico dei Padri Fondatori, che seppero mettere da parte le ostilità della guerra, porre fine ai guasti del nazionalismo dandoci un progetto capace di coniugare pace, democrazia, diritti, sviluppo e uguaglianza. In questi mesi, in troppi, hanno scommesso sul declino di questo progetto, alimentando divisioni e conflitti che pensavamo essere un triste ricordo della nostra storia. I cittadini hanno dimostrato invece di credere ancora in questo straordinario percorso, l’unico in grado di dare risposte alle sfide globali che abbiamo davanti a noi. Dobbiamo avere la forza di rilanciare il nostro processo di integrazione, cambiando la nostra Unione per renderla capace di rispondere in modo più forte alle esigenze dei nostri cittadini e per dare risposte vere alle loro preoccupazioni, al loro sempre più diffuso senso di smarrimento. La difesa e la promozione dei nostri valori fondanti di libertà, dignità e solidarietà deve essere perseguita ogni giorno dentro e fuori l’Ue.
Cari colleghi, pensiamo più spesso al mondo che abbiamo, alle libertà di cui godiamo. E allora diciamolo noi, visto che altri a Est o ad Ovest, o a Sud fanno fatica a riconoscerlo, che tante cose ci fanno diversi - non migliori, semplicemente diversi - e che noi europei siamo orgogliosi delle nostre diversità. Ripetiamolo perché sia chiaro a tutti che in Europa nessun governo può uccidere, che il valore della persona e la sua dignità sono il nostro modo per misurare le nostre politiche... che da noi nessuno può tappare la bocca agli oppositori, che i nostri governi e le istituzioni europee che li rappresentano sono il frutto della democrazia e di libere elezioni... che nessuno può essere condannato per la propria fede religiosa, politica, filosofica... che da noi ragazze e ragazzi possono viaggiare, studiare, amare senza costrizioni...che nessun europeo può essere umiliato e emarginato per il proprio orientamento sessuale...che nello spazio europeo, con modalità diverse, la protezione sociale è parte della nostra identità, ...che la difesa della vita di chiunque si trovi in pericolo è un dovere stabilito dai nostri Trattati e dalle Convenzioni internazionali che abbiamo stipulato.
Il nostro modello di economia sociale di mercato va rilanciato. Le nostre regole economiche devono saper coniugare crescita, protezione sociale e rispetto dell’ambiente. Dobbiamo dotarci di strumenti adeguati per contrastare le povertà, dare prospettive ai nostri giovani, rilanciare investimenti sostenibili, rafforzare il processo di convergenza tra le nostre regioni ed i nostri territori. La rivoluzione digitale sta cambiano in profondità i nostri stili di vita, il nostro modo di produrre e di consumare. Abbiamo bisogno di regole che sappiano coniugare progresso tecnologico, sviluppo delle imprese e tutela dei lavoratori e delle persone. Il cambiamento climatico ci espone a rischi enormi ormai evidenti a tutti. Servono investimenti per tecnologie pulite per rispondere ai milioni di giovani che sono scesi in piazza, e alcuni venuti anche in quest’Aula, per ricordarci che non esiste un altro pianeta. Dobbiamo lavorare per una sempre più forte parità di genere e un sempre maggior ruolo delle donne ai vertici della politica, dell’economia, del sociale. Signore e Signori, questo è il nostro biglietto da visita per un mondo che per trovare regole ha bisogno anche di noi. Ma tutto questo non è avvenuto per caso.
L’Unione europea non è un incidente della Storia. Io sono figlio di un uomo che a 20 anni ha combattuto contro altri europei, e di una mamma che, anche lei ventenne, ha lasciato la propria casa e ha trovato rifugio presso altre famiglie. Io so che questa è la storia anche di tante vostre famiglie... e so anche che se mettessimo in comune le nostre storie e ce le raccontassimo davanti ad un bicchiere di birra o di vino, non diremmo mai che siamo figli o nipoti di un incidente della Storia.
Ma diremmo che la nostra storia è scritta sul dolore, sul sangue dei giovani britannici sterminati sulle spiagge della Normandia, sul desiderio di libertà di Sophie e Hans Scholl, sull’ansia di giustizia degli eroi del Ghetto di Varsavia, sulle primavere represse con i carri armati nei nostri paesi dell’Est, sul desiderio di fraternità che ritroviamo ogni qual volta la coscienza morale impone di non rinunciare alla propria umanità e l’obbedienza non può considerarsi virtù.
Non siamo un incidente della Storia, ma i figli e i nipoti di coloro che sono riusciti a trovare l’antidoto a quella degenerazione nazionalista che ha avvelenato la nostra storia. Se siamo europei è anche perché siamo innamorati dei nostri Paesi. Ma il nazionalismo che diventa ideologia e idolatria produce virus che stimolano istinti di superiorità e producono conflitti distruttivi. Colleghe e colleghi, abbiamo bisogno di visione e per questo serve la politica. Sono necessari partiti europei sempre più capaci di essere l’architrave della nostra democrazia.
Ma dobbiamo dare loro nuovi strumenti. Quelli che abbiamo sono insufficienti. Questa legislatura dovrà rafforzare le procedure per rendere il Parlamento protagonista di una completa democrazia europea. Ma non partiamo da zero, non nasciamo dal nulla.
L’Europa si fonda sulle sue Istituzioni, che seppur imperfette e da riformare, ci hanno garantito le nostre libertà e la nostra indipendenza. Con le nostre Istituzioni saremo in grado di rispondere a tutti coloro che sono impegnati a dividerci. E allora diciamo in quest’Aula, oggi, che il Parlamento sarà garante dell’indipendenza dei cittadini europei. E che solo loro sono abilitati a scrivere il proprio destino: nessuno per loro, nessuno al posto nostro. In quest’aula insieme a tanti amici e colleghi con molta esperienza, vi sono anche tantissimi deputati alla prima legislatura. A loro un cordiale saluto di benvenuto. Ho letto molte loro biografie e mi sono convinto si tratti di una presenza molto positiva per loro competenze, professionalità. Molti di loro sono impegnati in attività sociali o di protezione delle persone, e questo è un campo su cui l’Europa deve migliorare perché abbiamo il dovere di governare i fenomeni nuovi.
Sull’immigrazione vi è troppo scaricabarile fra governi e ogni volta che accade qualcosa siamo impreparati e si ricomincia daccapo. Signori del Consiglio Europeo, questo Parlamento crede che sia arrivato il momento di discutere la riforma del Regolamento di Dublino che quest’Aula, a stragrande maggioranza, ha proposto nella scorsa legislatura. Lo dovete ai cittadini europei che chiedono più solidarietà fra gli Stati membri; lo dovete alla povera gente per quel senso di umanità che non vogliamo smarrire e che ci ha fatto grandi agli occhi del mondo.
Molto è nelle vostre mani e con responsabilità non potete continuare a rinviare le decisioni alimentando sfiducia nelle nostre comunità, con i cittadini che continuano a chiedersi, ad ogni emergenza: dov’è l’Europa? Cosa fa l’Europa? Questo sarà un banco di prova che dobbiamo superare per sconfiggere tante pigrizie e troppe gelosie. E ancora, Parlamento, Consiglio e Commissione devono sentire il dovere di rispondere con più coraggio alle domande dei nostri giovani quando chiedono a gran voce che dobbiamo svegliarci, aprire gli occhi e salvare il pianeta. Mi voglio rivolgere a loro: considerate questo Parlamento, che oggi inizia la sua attività legislativa, come il vostro punto di riferimento.
Aiutateci anche voi a essere più coraggiosi per affrontare le sfide del cambiamento. Voglio assicurare al Consiglio e alle Presidenze di turno la nostra massima collaborazione e lo stesso rivolgo alla Commissione e al suo Presidente.
Le Istituzioni europee hanno la necessità di ripensarsi e di non essere considerate un intralcio alla costruzione di un’Europa più unita. Tramite il Presidente del Consiglio europeo voglio rivolgere anche un saluto, a nome di quest’Aula, ai Capi di Stato e di Governo.
Ventotto paesi fanno grande l’Unione europea. E si tratta di 28 Stati, dal più grande al più piccolo, che custodiscono tesori unici al mondo. Tutti vengono da lontano e posseggono cultura, lingua, arte, paesaggio, poesia inimitabili e inconfondibili. Sono il nostro grande patrimonio e tutti meritano rispetto. Ecco perché quando andrò a visitarli, a nome vostro, non sarò mai distratto. E davanti alle loro bandiere e ai loro inni sarò sull’attenti anche a nome di coloro che, in quest’Aula, non mostrano analogo rispetto.
Lasciatemi infine rivolgere un saluto ai parlamentari britannici, comunque la pensino sulla Brexit. Per noi immaginare Parigi, Madrid, Berlino, Roma lontane da Londra è doloroso. Sì sappiatelo, con tutto il rispetto che dobbiamo per le scelte dei cittadini britannici, per noi europei si tratta di un passaggio politico che deve essere portato avanti con ragionevolezza, nel dialogo e con amicizia, ma sempre nel rispetto delle regole e delle rispettive prerogative. Voglio salutare i rappresentanti degli Stati che hanno chiesto di aderire all’Unione europea. Il loro percorso è avviato per loro libera scelta. Tutti capiscono quanto sia conveniente far parte dell’Unione. Le procedure di adesione proseguono e il Parlamento si è detto più volte soddisfatto dei risultati raggiunti. Infine, un in bocca al lupo a tutta l’amministrazione e ai lavoratori del Parlamento.
Ci siamo dati un obbiettivo nella scorsa legislatura: far diventare il Parlamento europeo la Casa della democrazia europea. Per questo abbiamo bisogno di riforme, di maggiore trasparenza, di innovazione. Molti risultati sono stati raggiunti, specie sul bilancio, ma questa legislatura deve dare un impulso maggiore. Per fare questo c’è bisogno di un maggior dialogo fra parlamentari e amministrazione e sarà mia cura svilupparlo. Care colleghe e cari colleghi, l’Europa ha ancora molto da dire se noi, e voi, sapremo dirlo insieme. Se sapremo mettere le ragioni della lotta politica al servizio dei nostri cittadini, se il Parlamento ascolterà i loro desideri e le loro paure e le loro necessità. Sono sicuro che tutti voi saprete dare il necessario contributo per un’Europa migliore che può nascere con noi, con voi, se sapremo metterci cuore e ambizione.
Grazie e buon lavoro.
David Sassoli