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15/02/22
Il dramma di Nastassja Kinski, alle prese con un "padre-orco"
Aveva pianto a lungo, ma poi aveva manifestato tutta la sua ammirazione e fierezza per il coraggio che sua sorella Pola aveva manifestato, nove anni fa, nel 2013, quando aveva dato alle stampe un libro sconvolgente - intitolato "Parole di bambini" - in cui per la prima volta rivelava gli abusi sistematici subiti dal padre, il famoso attore Klaus Kinski.
Intervenendo su 'Bild', Nastassja Kinski, icona cinematografica nei decenni '70, '80, '90 aveva detto a proposito delle rivelazioni nel libro della sorella: "Aiuteranno tutte le vittime della pedofilia. Sì, è un momento difficile per me - spiega - Io però sono con mia sorella, la sostengo. Sono profondamente sconvolta. Ma sono anche orgogliosa della forza che ha avuto nello scrivere un libro del genere. Conosco il contenuto. Ho letto le sue parole. E ho pianto a lungo...".
"Bambini e adolescenti devono essere protetti:" aveva proseguito Nastassja, "devono sapere che ci può essere subito aiuto per loro, quando succede qualcosa di così raccapricciante. Un libro come quello di Pola aiuta tutti i bambini, i giovani, e le mamme che hanno paura del padre, e che mandano giù questa paura e la nascondono nell'anima". "Mia sorella è un'eroina", aggiunge, e così "ha liberato dal peso della segretezza il suo cuore, la sua anima e il suo futuro".
"Queste cose succedono a bambini di tutto il mondo" aveva continuato, "ogni giorno. Più se ne sa, più si può essere di aiuto. Soltanto perché uno si chiama padre, non vuol dire che sia davvero un padre. L'orrore è successo, anche i padri fanno cose orribili".
Ma cosa successe esattamente nell'infanzia e nella adolescenza di Pola e di Nastassja, figlie dell'attore tedesco morto nel 1991?
Lo stesso Klaus Kinski aveva rivelato anni prima, in un libro di memorie, le sue perversioni: nel 1975 era infatti apparso in libreria un volume con uno strano titolo: "Sono così pazzo della tua bocca di fragola", che fu poi ritirato dal mercato nella sua edizione originale.
Cosa scriveva? Kinski sosteneva di portare sua figlia di 3 anni in un bordello, raccontò "Bild". E scriveva: "Se la madre non vuole darmi mia figlia, io gliela strappo dalle braccia".
Il tabloid ricordava anche che Kinski scriveva di "aver violentato una quindicenne", e di aver alzato il volume dela tv per non farne sentire le urla.
Nel 1985, a 59 anni, si lamentò pubblicamente del fatto di non poter fare del sesso, legale, con minorenni: "Da noi si va in prigione, in altri paesi si sposano..."
D'altronde i traumi vissuti dalla giovane Nastassja, dovettero avere conseguenze, se è vero che, quando aveva appena 15 anni, e in altri tempi molto lontani dal me too, fece molto parlare una sua relazione con l'allora quarantaduenne Roman Polanski.
Nastassja, figlia della seconda moglie di Kinski, Brigitte Ruth Tocki, non ha mai voluto rivelare se fosse mai stata a conoscenza delle molestie nei confronti di Pola, la sorellastra, nata dal primo matrimonio della star di “Aguirre, furore di Dio” (1972), con la cantante Gislinde Kuehbeck, e non ha voluto nemmeno mai scendere nei particolari della sua relazione con il padre.
Ancora Nastassja adolescente, con il padre Klaus |
La settantenne Pola, anche lei attrice, ha raccontato invece senza mezzi termini, che Kinski l’ha violentata regolarmente da quando aveva 5 anni fino ai 19.
Le sorelle hanno un altro fratellastro, Nikolai, 36 anni. “Lo faceva anche se mi difendevo, come succedeva spesso, o dicevo di non volere: per lui era uguale”, ha ricordato la primogenita.
Bild ha pubblicato anche alcuni estratti delle memorie di Klaus Kinski, del 1975, in cui l'attore raccontava la sua attrazione per le giovani donne.
Nel testo racconta di avere portato Pola con sé durante una visita in un bordello, quando aveva appena tre anni, e, in un altro passaggio, afferma di avere tolto la verginità di una minorenne alla presenza della sua sorella 17enne. Inoltre, raccontò che da adolescente era stato a letto con la sorella più piccola Inge.
Insomma, una vita davvero difficile per Nastassja, che del resto l'allora bellissima attrice portava scritta negli occhi e nel suo malinconico sorriso.
Fabrizio Falconi - 2022
19/01/22
Stanlio e Ollio (Laurel & Hardy) - L'ultimo commovente video super 8 che li ritrae insieme
Ricorre in questi giorni (ieri per l'esattezza), il 130mo anniversario della nascita del grande Oliver Hardy che insieme a Stan Laurel, formò la più grande (e immortale) coppia comica del cinema.
Ma quale fu l'ultima occasione che li ritrae insieme, prima della morte di Hardy, avvenuta nel 1957?
Si tratta di un raro video amatoriale, girato l'anno prima, nel 1956 in formato super 8, in cui i due attori, già attempati, sorridono davanti alla cinepresa, nel corso di un incontro conviviale. Stan Laurel, aveva 66 anni; Oliver Hardy, profondamente segnato dalla malattia e assai dimagrito per i postumi di un infarto, con indosso una semplice t-shirt rossa.
Quest'ultimo video, girato insieme a casa di Stan, mostra la coppia ancora affiatata, con la voglia di sorridere e di scherzare, nonostante Stan mostri i segni di una una paralisi che rende difficile anche solo abbracciare il suo amico, mentre Oliver è reduce dalla ferrea dieta prescrittagli dopo l'attacco di cuore.
Poco dopo la realizzazione di questo filmato, il 14 settembre 1956, un nuovo ictus paralizza quasi completamente Hardy, che l'anno dopo lascia per sempre il suo amico Stan, dopo alcuni giorni in coma.
Anche questo video mostra comunque l'affetto e la complicità che legarono i due fino alla fine, nonostante episodi di reciproci dissapori nel passato, che vennero sempre superati e che non sono smentiti dall'assenza di Laurel al funerale di Hardy: la ragione di quell'assenza infatti non nascondeva alcun dissapore, come scrisse qualche giornale scandalistico, ma era motivata dal divieto imposto a Stan dal suo medico curante, che temeva ripercussioni sulla salute precaria. Ed è celebre la frase che Laurel pronunciò quando seppe della morte del suo compagno e amico: Babe avrebbe capito.
Qui sotto il bellissimo video:
05/10/21
Matthew McConaughey, un attore strepitoso e il suo incredibile dimagrimento in Dallas Buyers Club
C'è un grande e doloroso film che non ci si stanca di rivedere: Dallas Buyers Club diretto da Jean-Marc Vallée nel 2013, con protagonisti Matthew McConaughey e Jared Leto. La pellicola ricevette sei candidature ai premi Oscar 2014, vincendo in tre categorie, tra cui miglior attore protagonista e miglior attore non protagonista, assegnati rispettivamente a Matthew McConaughey e Jared Leto.
Come si ricorda, il film racconta la storia di Ron Woodroof, un malato di AIDS diagnosticato a metà degli anni '80 quando i trattamenti per l'HIV/AIDS erano poco studiati, mentre la malattia non era compresa e altamente stigmatizzata. In quel periodo, parte del movimento sperimentale per il trattamento dell'AIDS, contrabbandava farmaci farmaceutici non approvati in Texas per curare i suoi sintomi e li distribuiva a persone con AIDS istituendo il "Dallas Buyers Club" mentre affrontava l'opposizione della Food and Drug Administration (FDA).
E' stupefacente il cambiamento fisico che McConaughey affrontò per girare questo film, e che lui stesso ha raccontato in una intervista di quell'anno:
Fonte Silvia Bizio, Matthew McConaughey, la trasformazione: "Questa volta ho messo in gioco il mio corpo", La Repubblica, 13 settembre 2013
01/06/21
Richard Gere all'Unione buddhista italiana: "Siamo tutti interconnessi, proteggiamoci gli uni con gli altri"
29/06/20
29 giugno 2000 - 20 anni senza "Il Mattatore" - Ricordo di Vittorio Gassman
25/06/20
La drammatica storia d'amore tra John Cazale e Meryl Streep
Furono la stessa Streep, Robert De Niro e il regista Michael Cimino a convincere i dirigenti della Universal Studios a consentire a Cazale di continuare a lavorare fino alla fine della produzione. E grazie ad alcune modifiche del piano di lavorazione del film fatte da Cimino, l'attore fu in grado di terminare tutte le sue scene, ma non vide mai il film finito.
Al corrente del peggioramento della malattia del compagno, il cui cancro si era propagato alle ossa, l'attrice fece immediatamente ritorno e gli restò accanto fino alla sua morte avvenuta il 12 marzo 1978.
Nel frattempo, la serie, con un pubblico stimato di 109 milioni, ebbe un notevole successo e la Streep venne ricompensata con un Emmy come miglior attrice protagonista in una miniserie.
Per cercare di superare lo shock della morte del compagno, la Streep accettò il ruolo in un film minore, La seduzione del potere e poi in un piccolo ruolo in Manhattan di Woody Allen, nel ruolo di Jill.
Nel film seguente, Kramer contro Kramer, la Streep recitò accanto a Dustin Hoffman nel ruolo di donna infelice che abbandona marito ed affronta una crisi coniugale che sfocia in una pesante battaglia giudiziaria per l'affidamento del figlio (all'inizio l'attrice non approvò il ruolo perché ritraeva le donne come "troppo perfide" e non le rappresentava in modo reale. Gli autori, d'accordo con lei, revisionarono la sceneggiatura. Riscrisse lei stessa alcuni dialoghi nelle scene chiave del film e frequentò l'Upper East Side, dove sarebbe stato grato il film, per osservare le interazioni tra madri e figli del quartiere).
Per Kramer contro Kramer, la Streep vinse sia il Golden Globe che l'Oscar alla miglior attrice non protagonista, che come è noto, dimenticò nel bagno subito dopo aver fatto il discorso.
Kramer contro Kramer e Il cacciatore furono dei successi al botteghino ed entrambi vinsero l'Oscar al miglior film.
John Cazale detiene ancora oggi un singolare record: tutti i lungometraggi nei quali sia comparso come interprete nel corso della sua breve carriera, inclusi quelli usciti postumi, sono stati candidati al premio Oscar al miglior film