16/10/24
07/10/24
La Magia Beatles continua: Paul Mc Cartney la notte scorsa incanta 70.000 persone allo stadio Monumental di Buenos Aires !
Grande successo, la notte scorsa a Buenos Aires, per Paul McCartney: l'ex Beatle ha incantato il pubblico con quasi tre ore di concerto e 33 canzoni, facendo tremare di emozione lo Stadio monumentale, nell'ultimo dei suoi due show nella capitale argentina.
02/10/24
Al via il più importante progetto mai tentato sui Beatles: un grande Bio-pic formato da quattro differenti film, uno per ogni membro del leggendario Quartetto di Liverpool
Prende forma uno dei progetti cinematografici più ambiziosi e difficili di sempre: portare sul grande schermo la storia dei Beatles attraverso quattro differenti biopic, uno per ogni membro della leggendaria band di Liverpool.
Secondo quanto riportato da ScreenRant e Vogue sarebbe stato scelto il cast delle quattro pellicole e in questi giorni si sarebbe riunito per le prime fasi della preproduzione.
Secondo il portale InSneider a interpretare Paul McCartney dovrebbe essere Paul Mescal (NapoleOn, Il Gladiatore 2, All Of Us Strangers, Normal People), John Lennon il giovane Harris Dickinson (A Murder at the End of the World), il talentuoso Barry Keoghan (The Batman, Saltburn, Dunkirk, Eternals, Gli Spiriti Dell'Isola) dovrebbe prendere il ruolo di Ringo Starr e Charlie Rowe (Rocketman, I Love Radio Rock, La Bussola D'Oro) in quello di George Harrison.
Al momento le indiscrezioni pubblicate dai magazine sopra citati non sono state confermate né smentite dalla Sony Pictures, che distribuirà i quattro film di Sam Mendes.
Per la realizzazione del progetto e la scrittura della sceneggiatura la Apple Corps Ltd. e i Beatles (Paul McCartney, Ringo Starr e le famiglie di John Lennon e George Harrison) concederanno i diritti completi sulla storia della vita dei componenti della band e i diritti musicali.
Come concepito da Mendes che dirigerà i quattro lungometraggi cinematografici, uno dal punto di vista di ciascun membro della band, le quattro pellicole si intersecheranno per raccontare "la sorprendente storia della più grande band mai esistita".
Sempre dal sito ufficiale dei Beatles si apprende che la SPE finanzierà e distribuirà le pellicole in tutto il mondo nel 2027. La modalità del rilascio dei film, i cui dettagli saranno condivisi in prossimità dell'uscita, sarà innovativa e rivoluzionaria.
Mendes dirigerà tutti e quattro i film e li produrrà insieme alla sua partner della Neal Street Productions Pippa Harris e Julie Pastor. Jeff Jones sarà il produttore esecutivo per conto della Apple Corps Ltd.
“Sono onorato di raccontare la storia della più grande rock band di tutti i tempi ed entusiasta di sfidare il concetto di ciò che costituisce un viaggio al cinema”, ha affermato Sam Mendes.
"Vogliamo che questa sia un'esperienza cinematografica unica, elettrizzante ed epica: quattro film, raccontati da quattro diverse prospettive che raccontano un'unica storia sulla band più celebre di tutti i tempi", ha affermato Pippa Harris. “Avere la benedizione dei Beatles e della Apple Corps per fare tutto questo è un immenso privilegio. Dal nostro primo incontro con Tom Rothman ed Elizabeth Gabler, è stato chiaro che condividevano sia la nostra passione che l’ambizione per questo progetto, e non possiamo pensare a una casa più perfetta di Sony Pictures”.
“La Apple Corps è lieta di collaborare con Sam, Pippa e Julie per esplorare la storia unica di ogni Beatle e riunirli in un modo adeguatamente accattivante e innovativo”, ha affermato Jeff Jones, CEO di Apple Corps Ltd..
26/09/24
Quando il sogno si spezzò: 1970, la dichiarazione di guerra di Lennon ai Beatles. Nel libro "La fine del Sogno - Beatles, Manson, Polanski", presentato domenica prossima alla Libreria Eli
Qui di seguito un estratto (p. 162 e ss), de "La Fine del Sogno - Beatles, Manson, Polanski", libro che verrà presentato domenica prossima, 22 settembre alla Libreria Eli di Roma. E' uno dei momenti cruciali della storia, quando Lennon pubblica un album immediatamente dopo l'annuncio dello scioglimento della band che ha cambiato il mondo. E' un regolamento di conti durissimo, principalmente tra i due fautori - John e Paul - della grande rivoluzione musicale (e non solo) del Novecento, e la definitiva rottura del loro "patto di sangue" siglato quando avevano quindici anni e mai violato sino ad allora.
La prima bordata contro Paul, ma contro la storia stessa dei Beatles, è una iniziativa di John– che del resto non si è mai fatto problemi a “lavare i panni sporchi in pubblico” – ed è contenuta in John Lennon/Plastic Ono Band, uscito pochi mesi dopo lo scioglimento: God, penultima traccia del LP, ballata dai toni ultimativi (da resa dei conti appunto), rappresenta il più esplicito “manifesto programmatico” di Lennon, all’indomani del divorzio dei/dai Beatles.
John mette le cose in
chiaro: vuole esprimere in modo essenziale e definitivo, quello in cui egli
crede – quello cioè che lui sostanzialmente è ora – ora che
l’incantamento dei dieci anni sull’Helter Skelter è finito. Quella
giostra si è fermata. Lui è sceso. Cosa è rimasto? Cosa è adesso John, appena oltrepassata
la linea d’ombra dei suoi primi trent’anni di vita?
God lo afferma esplicitamente, ma nel tipico stile di John, cominciando
dall’enunciazione di ciò in cui lui non crede. Di ciò che lui non è o
non è più.
Anche God, come Mother,
viene scritta durante il periodo della Primal Therapy, nella casa di
Nimes Road, a Bel-Air. John ne incide una prima versione acustica, suonata alla
chitarra, oggi presente in diversi bootleg bramati dai collezionisti,
nella quale fa ironicamente precedere al testo vero e proprio, un proclama
nello stile dei predicatori americani: “Ho una missione
dall'alto. E sono qui per dirvi che questo messaggio riguarda il nostro amore.
Gli angeli devono avermi mandato per consegnarvi questo messaggio. Ora
ascoltatemi, fratelli e sorelle.” L’iconoclasta Lennon usa questo espediente
per lanciarsi così, di seguito, in un radicale peana contro-religioso, il
manifesto di un ateismo che sembra radicale e che viene affermato con forza già
a partire dai primi versi:
God
is a concept
By which we measure our pain
I'll say it again
God is a concept
By which we measure our pain
Yeah
Pain
Yeah
Dio, dice Lennon, è
semplicemente un concetto che gli uomini hanno inventato per dare un
nome, o meglio, per misurare, il loro dolore. È una definizione filosofica
lapidaria, che sembra provenire dal pensiero filosofico di Janov, dalle
conversazioni fatte con il dottore, prima del rilascio delle urla del paziente,
nella stanza insonorizzata.
A questo punto, sull’incalzare dello stesso tema, ribattuto in
crescendo, ad ogni rima John elenca ciò in cui non crede, non ha mai creduto o
non crede più. Anche questo è un elenco radicale, che non ammette discussioni,
e che Lennon stila con tono perentorio, definitivo:
I don't believe in magic
I don't believe in I-Ching
I don't believe in Bible
I don't believe in Tarot (cioè nei tarocchi)
I don't believe in Hitler
I don't believe in Jesus
I don't believe in Kennedy
I don't believe in Buddha
I don't believe in Mantra
I don't believe in Gita
I don't believe in Yoga
I don't believe in Kings
I don't believe in Elvis
I don't believe in Zimmerman (cioè in Bob Dylan)
E qui, con un abile colpo di teatro, dopo una improvvisa pausa della
sequenza, e un eloquente vuoto, arriva la voce dell’elenco più difficile
da mandar giù, specie per le moltitudini di fans che avevano fatto del gruppo
di Liverpool, i loro idoli:
I
don't believe in Beatles
John, dunque, ha fatto finalmente a pezzi tutto: non solo non crede ad
alcuna divinità – e Gesù e la Bibbia sono stati inseriti nell’elenco subito
prima e dopo dei Tarocchi e di Hitler - ma non crede nemmeno in alcun idolo
della musica, né Elvis (che pure fu un suo idolo giovanile), né in Dylan, né
nei “suoi” Beatles, che sono, al pari delle altre voci in capitolo, puri idoli,
simulacri, simboli rivestiti di un valore immaginario e inconsistente. Al
dunque, inutili.
E dunque, cosa resta? In cosa crede l’uomo John, al termine di questa
distruzione di miti, divinità e simboli? John crede alla realtà. E la realtà si
restringe, con un cambio di passo drastico della melodia, all’improvviso fattasi
dolce e malinconica, a “me” e a “Yoko e me”:
I
just believe in me
Yoko and me
And that's reality
Ogni sogno è dunque
tramontato, continua John. Anche i Beatles erano fatti di quel sogno.
Adesso che egli è rinato, tutto è più chiaro: il sogno era “Ieri”, con una
velenosa allusione alla canzone di Paul, Yesterday (sempre considerata,
da John, la sua migliore), e ai tempi dei Beatles. Che vengono ripudiati con i
versi seguenti, di facile interpretazione per tutti i fans del gruppo: John non
è più The Walrus (il “tricheco”), nel chiaro riferimento a una delle
canzoni più celebri e autobiografiche di John (scritta sotto acido e ispirata a
una poesia di Lewis Carroll, I’m the Walrus, contenuta nel Doppio
Bianco). The Walrus, cioè il John-nei-Beatles, il dreamweaver (cioè
il “tessitore di sogni”) è diventato ora, soltanto John, il ri-nato.
The
dream is over
What can I say?
The dream is over
Yesterday
I was the dreamweaver
But now I'm reborn
I was the walrus
But now I'm John
And so dear friends
You'll just have to carry on
The dream is over
Il sogno è finito: ed è piuttosto singolare che a decretarlo sia proprio
John che - con le sue utopie pacifiste, i bed-in, le tirate contro i
potenti e il loro cinismo - tutto il mondo identifica come il sognatore
per eccellenza. E lui stesso, del resto, così si definisce nella sua più famosa
canzone, Imagine: You may say, i’m a dreamer, but i’m not the only
one. Tu puoi chiamarmi un sognatore. Lui non lo nega, risponde soltanto che
di certo non è l’unico.
Questa canzone, God, è allora un proclama nel più caratteristico
stile provocatorio di John. La sua identità – se ne esiste una – è ora ciò che
risulta da una serie di negazioni: “non posso affermare ciò che sono, posso
soltanto dire ciò che non sono.”
Di sicuro, la canzone è uno shock per molti fan dei Beatles, con effetti
potenziali imprevedibili e violenti, come vedremo tra poco.
Ma ciò che sta a cuore a John, al di là dei toni, è smontare il mito dei
Beatles e ridimensionarlo, nel momento in cui sta “imparando a nuotare”. I
Beatles andavano bene, ma non il loro mito. E lo ribadisce con chiarezza nella
famosa intervista del 1980: “Se i Beatles hanno un messaggio, era quello. Con i
Beatles, il punto sono i dischi, non i Beatles come individui. Non hai bisogno del
pacchetto, così come non hai bisogno del pacchetto cristiano o del pacchetto
marxista per ricevere il messaggio… Se i Beatles o gli anni Sessanta hanno un
messaggio, era imparare a nuotare. Punto. E una volta che impari a nuotare,
nuoti. Le persone che sono attaccate al sogno dei Beatles e degli anni Sessanta
hanno perso il punto, quando il sogno dei Beatles e degli anni Sessanta è
diventato il punto. Portare in giro il sogno dei Beatles o degli anni
Sessanta per tutta la vita è come portare in giro la Seconda Guerra Mondiale e
Glenn Miller. Questo non vuol dire che non puoi goderti Glenn Miller o i
Beatles, ma vivere in quel sogno è una zona crepuscolare. Non è vivere adesso. È
un’illusione.” [1]
Sembra un discorso impeccabile, e in effetti lo è, ma c’è sicuramente di
più, oltre a questo: la lunga intervista di Lennon – una sorta di bilancio,
senza sapere che stava arrivando la sua morte – è in realtà una presa di
distanza dalle biografie dei Beatles, non soltanto dal fenomeno musicale,
culturale che essi hanno rappresentato. Perché ogni aspetto, in questa vicenda,
parla prima di tutto di vite, traumi, mancanze, nevrosi, sogni, utopie,
delusioni, malinconie, perdite, fallimenti. In primis, di John e Paul. Così, il
mistero che resta – l’argomento che John scantona nell’intervista – è perché
queste vicende personali, queste vite, si siano assemblate così stranamente e
per quali cause – con potenza simbolica – esse abbiano collegato le anime di
così tanta gente nel mondo, fino a oggi. Forse Lennon, morendo nel 1980, non ha
fatto in tempo a constatare la durevolezza, la consistenza e l’autorevolezza
nel tempo, del “mito” dei Beatles. E forse se fosse vivo ancora oggi, avrebbe
una percezione parecchio diversa di quello che realizzò con i suoi compagni di
allora.
[1] D.
Sheff, Lennon Interview, op. cit.
Ogni diritto d'autore riservato. Testo tratto da: Fabrizio Falconi, La Fine del Sogno, Beatles, Manson, Polanski, Arcana Editore, Roma, 2024.
13/09/24
"La Fine del Sogno - Beatles, Manson, Polanski" presentazione a Roma, alla Libreria Eli, Domenica 29 Settembre
09/04/13
Intervista a Peter Greenway: "Sto pensando a un film sul "Figlio di Maria" "
22/09/11
Carnage, il nuovo film di Roman Polanski. La recensione.
Bastano poco più di 70 minuti per mettere in scena, con una efficacia tragica e comica insieme, la disperazione della condizione umana, di occidentali all'alba del terzo millennio.
Il pretesto narrativo è noto: in una lite al parco, un ragazzino di 11 anni colpisce un coetaneo al volto con un bastone. I genitori, due coppie di Brooklyn, decidono di incontrarsi per discutere del fatto e risolvere la cosa da persone civili. Gli iniziali convenevoli si trasformano però subito in battibecchi velenosi e il comportamento delle due coppie degenera in situazioni paradossali.
Quel che qui interessa - a parte l'inaudita bravura dei 4 interpreti claustrofobicamente chiusi nell'appartamento middle class newyorchese, Jodie Foster/Penelope, Kate Winslet/Nancy, John C.Reilly/Michael, Christoph Waltz/Alan) è quello che quest'opera ci racconta, a noi, disincantati e spersi viaggiatori di questi tempi fragili.
Credo che davvero ci sia molto da riflettere. E questo film parli da molto vicino di noi.
Penelope, Nancy, Michael e Alan partono con tutte le migliori intenzioni (riparare una brutta cosa, la violenza dei figli, nel modo più civile).
Ma come scrisse quel tale, delle migliori intenzioni è lastricato l'inferno.
Ed ecco così che in quei 70 minuti quello che si spalanca davanti agli occhi di ciascuno dei 4 'operatori di pace' sarà proprio l'inferno: il personale inferno e quello degli altri tre. Tanto è vero che: questa è la giornata più infelice della mia vita, ripeteranno uno dopo l'altro, a conclusione dello spettacolo osceno che metteranno in scena, dando generosamente ciascuno il peggio di sé
Ecco, ma perché l'operazione di pace fallisce così clamorosamente ? Perché i 4, incapaci di trovare un minimo di accordo su ciò che è giusto fare, o al limite anche solamente ciò che è giusto dire, finiscono con l'assecondare i loro peggiori istinti ?
L'operetta morale di Reza/Polanski è particolarmente preziosa, perché ci illumina su una delle caratteristiche primarie del nostro tempo e - ahimè - della generazione dei 50enni che oggi questo tempo dovrebbe illuminare di senso, dirigere, orientare: l'inautenticità.
Penelope, Nancy, Michael, Alan, non sono persone autentiche.
Non è autentico il cinismo adulto di Alan, alle prese con la sua dipendenza dal gioco degli affari e dalla tecnologia del telefonino; non è autentico il nichilismo di Michael, fragile come un bambino; non è autentica la disperazione di Nancy, borghese annoiata e viziata, non è autentico il volontarismo altruistico di Penelope, fatto di stereotipi.
Penelope, Nancy, Michael, Alan, alle prese con una questione morale piuttosto semplice: di chi è la colpa di ciò che è successo ? Perché due ragazzini si sono picchiati selvaggiamente ? come si può riparare il danno ? vanno nel pallone più totale.
Non sono in grado di stabilire risposte morali, perché in realtà non conoscono cosa è la morale. E non conoscono (più) la morale, perché ormai da troppo tempo vivono come bambini, senza la più piccola consapevolezza di cosa sono diventati, di quel che sono come persone. Non sanno nulla delle proprie anime. Dunque, non sono in grado di dire nulla di sensato su ciò che è il mondo, su ciò che bisognerebbe o non bisognerebbe fare. Sono allo sbando.
Le frasi che ripetono ossessivamente sono soltanto formule senza significato, che tentano penosamente di riempire il vuoto delle loro vite. Il cinismo (Alan), il nichilismo (Michael), il capriccio (Nancy), il volontarismo (Penelope) sono soltanto le figure e i nomi che hanno saputo dare, in mancanza di meglio, a un vuoto esistenziale spaventoso.
E' piuttosto eloquente - e geniale - il fatto che l'epilogo del film (chi ancora non l'ha visto può astenersi dal leggere ulteriormente) sia l'immagine dei due bambini - che all'inizio abbiamo visto all'inizio picchiarsi - riconciliati. Naturalmente riconciliati.
Può essere anche una chiave di lettura generazionale. Le nuove generazioni - forse - sapranno fare a meno di queste orrende sovrastrutture mentali (inautentiche) che hanno ucciso il pensiero delle generazioni precedenti, dei quarantenni/cinquantenni, partiti con le migliori intenzioni per cambiare il mondo e finiti ad annegare la loro disperazione nell'alcol, nei sigari e nel vomito incontrollato.
La riappropriazione della vita, comincia da piccoli gesti. Come quello di perdonare e di comprendersi. E soprattutto di non spaccare ogni pretesa di verità in infinite piccole derive personali senza spessore, senza sofferenza vera, senza dolore vero, senza pathos vero, che avvelenano la vita rendendola, per l'appunto, un inferno.
Fabrizio Falconi