19/07/22
In un'epoca senza maestri, un grande tributo a Philip Glass da Woody Allen, Scorsese e tanti altri
22/12/21
Quali sono le cose per cui vale la pena vivere? Risponde Woody Allen
E' una scena cult, di un film cult.
Considerato uno dei capolavori di Woody Allen, Manhattan uscì nel 1979 e presentato fuori concorso al 32º Festival di Cannes, ottenne un enorme successo in tutto il mondo.
Oggi è considerato un classico, al punto che nel 2001 il film è stato scelto per la conservazione nel National Film Registry della Biblioteca del Congresso degli Stati Uniti.
Come si ricorderà, il film racconta le vicende di Isaac Davis (lo stesso Allen), autore televisivo di 42 anni che abita a Manhattan e che ha appena divorziato dalla sua seconda moglie, Jill, che l'ha lasciato per un'altra donna, Connie, e che sta scrivendo un libro su quel matrimonio fallimentare.
A sua volta, Isaac frequenta una ragazza di 17 anni, Tracy, in una relazione che egli immagina breve, a causa della differenza di età e a causa dell'attrazione che prova per Mary, una giornalista divorziata e sofisticata.
Nella scena in questione, Allen è alle prese, da solo in casa sua, con le sue questioni esistenziali, nuove idee da scrivere e soprattutto un bilancio sulla sua vita.
Ed è così che, utilizzando un registratore, ad un certo punto prende a elencare i motivi, o meglio le cose per cui vale la pena vivere.
Un gioco che forse ciascuno di noi ha fatto almeno una volta nella vita.
Ed è interessante riflettere sulle cose scelte da Allen.
Riportiamo per intero il brano del suo monologo sul divano:
Idea per un racconto sulla gente a Manhattan, che si crea costantemente dei problemi veramente inutili e nevrotici perché questo le impedisce di occuparsi dei più insolubili e terrificanti problemi universali. Ah, ehm… Deve essere ottimistico. Perché vale la pena di vivere? È un’ottima domanda. Be’, ci sono certe cose per cui valga la pena di vivere. Ehm… Per esempio… Ehm… Per me… boh, io direi… il vecchio Groucho Marx per dirne una e… Joe DiMaggio e… secondo movimento della sinfonia Jupiter e… Louis Armstrong, l’incisione di Potato Head Blues e… i film svedesi naturalmente… L’educazione sentimentale di Flaubert… Marlon Brando, Frank Sinatra… quelle incredibili… mele e pere dipinte da Cézanne… i granchi da Sam Wo… il viso di Tracy…
Dunque ricapitolando. Ecco i must alleniani:
1. Groucho Marx, uno dei più grandi attori e autori comici di sempre e vero feticcio per Allen.
2. Joe Di Maggio (ma qui potrebbe essere un qualsiasi campione sportivo a cui si è legati)
3. Il secondo movimento della Sinfonia Jupiter di Mozart. (lo puoi ascoltare qui).
4. Louis Armstrong (e la sua Potato Head Blues, che puoi ascoltare qui).
5. I film svedesi (si intende ovviamente soprattutto Ingmar Bergman, vero mito per Allen).
6. L'educazione sentimentale, un grandioso, bellissimo romanzo di Flaubert (che puoi acquistare qui).
7. Marlon Brando.
8. Frank Sinatra.
9. Le mele e pere dipinte da Cézanne (che puoi vedere qui).
10. I granchi di Sam Wo (immaginiamo sia il suo piatto preferito, e qui ciascuno potrebbe scegliere il suo piatto e il suo ristorante).
11. Il viso di Tracy, che nel film ha le fattezze di Mariel Hemingway (e che puoi vedere qui).
Questa dunque la Lista di Woody.
Naturalmente, ciascuno di voi può fare la sua.
Qua sotto la sequenza del film.
Fabrizio Falconi - 2021
23/10/21
I VENTI Capolavori di Woody Allen - Una collezione da guardare e riguardare
E' davvero incredibile la quantità di film d'alto livello prodotta dal geniale Woody Allen nel corso della sua cinquantennale attività di regista. Qui ho stilato la lista dei 20 capolavori imperdibili, all'interno di una filmografia estremamente feconda.
20 film straordinaria da vedere e rivedere.
1. BROADWAY DANNY ROSE, 1984
Una sceneggiatura meravigliosa, senza pause e in crescendo, un centinaio tra battute e gags travolgenti, la storia dell'agente teatrale ed ex comico Danny Rose, talmente fallito che i suoi unici clienti rimasti sono uno xilofonista cieco, un ballerino di tip tap con una gamba sola e un'anziana coppia di strozzapalloni.
La fotografia è del meraviglioso Gordon Willis.
E una fantastica Mia Farrow è Tina Vitale, l'amante dell'italoamericano Lou Canova, ex crooner di un certo successo.
Girato a New York in piena estate.
Rutilante e divertentissimo.
Un cast di attori strepitoso che va dalla Farrow a John Malkovich, da Donald Pleasence a Lily Tomlin, da Jodie Foster a Cathy Bates, da Joh Cusak (nella foto) fino addirittura a Madonna Ciccone.
3. AMORE E GUERRA, 1975
Si toglie dai protagonisti, limitando a girare un film assai rigoroso, quasi teatrale e a tratti gelido, privo di colonna sonora.
La critica lo snobba giudicandolo quasi un plagiatore.
Il pubblico diserta le sale.
Ma i membri dell'Academy lo candidano a ben 5 statuette (non ne vincerà nessuna).
Il dramma è interamente famigliare e quasi claustrofobico con una famiglia che va in pezzi dopo che il padre decide di lasciare la madre e si sposa, davanti alle tre figlie con una donna più giovane e apparentemente assai più volgare.
Rivisto oggi, il film è un Bergman rivisitato con rispetto e personalità da Allen in un bellissimo copione. Splendida la fotografia di Gordon Willis e le scene di Mel Bourne.
Un cast prestigiosissimo con Geraldine Page, Maureen Stapleton, E.G. Marshall, e naturalmente la giovane Diane Keaton.
7. MANHATTAN, 1979
8. ZELIG, 1983
11. MATCH POINT, 2005. L'ultimo capolavoro di Woody Allen, che risale ormai a 16 anni fa.
Girato a causa delle difficoltà economiche di quel periodo di Allen non a New York, come avrebbe voluto, ma a Londra e con cast interamente inglese (a parte Scarlet Johansson).
Un film tirato e crudele, che racconta la vicenda di Chris, giovane irlandese, bello e sicuro di sé, insegnante di tennis, che ha la possibilità di dare lezioni ai membri della famiglia Hewitt, nobili e ricchi, che sin da subito lo accolgono nel loro giro di amici.
Ne nascono intrighi e delitti che sottopongono allo spettatore questioni morali importanti.
Chris infatti riuscirà a restare impunito per i suoi misfatti grazie a un banale colpo di fortuna, come quello di una pallina da tennis lanciata sulla rete che può cadere da una parte all'altra del campo.
Sceneggiatura perfetta che mette in luce ancora una volta il pessimismo fondamentalista di Allen, che non recita ma resta dietro la macchina da presa.
Il botteghino arrise al film, che fu premiato da grandi incassi in tutto il mondo, fungendo da definitivo trampolino di lancio per la Johansson.
La splendida fotografia è di Remi Adefarasin, anche lui inglese di origini nigeriane.
15/07/21
Arriva su Sky l'attesa docu-serie "Allen vs. Farrow" targata HBO
19/10/20
Arriva il 5 Novembre nelle sale il nuovo film di Woody Allen: "Rifkin's Festival"
29/03/19
100 film da salvare alla fine del mondo: 7. "Crimini e Misfatti (Crimes and Misdemeanors)" di Woody Allen (1989)
Questo blog dedica, ad appuntamenti fissi - ogni lunedì e ogni venerdì - un catalogo personale dei miei 100 film da salvare "alla fine del mondo". Non saranno ovviamente vere e proprie recensioni, ma un piccolo campionario degli affetti per queste opere che hanno segnato epoche e vite di molti, se non di tutti.
Nella assai estesa filmografia Alleniana spuntano numerose perle, di differente sostanza e forma, la più perfetta è il dostoevskijano Crimini e Misfatti, girato dal talento newyorchese nel 1989.
La trama è presto riassunta: l'oculista Judah Rosenthal (Martin Landau) tradisce la moglie Miriam (Claire Bloom) con la hostess Dolores (Anjelica Houston), ma quando questa mette in pericolo la sua tranquillità, la fa assassinare da un sicario e continua a condurre la sua vita senza neanche l'ombra di un rimorso. Parallelamente a questa vicenda, si snoda quella dell'eterno perdente, il documentarista Cliff Stern (lo stesso Woody Allen) che, innamorato della bella Halley (Mia Farrow), la vede preferirgli l'arrogante Lester (Alan Alda), fratello di sua moglie Wendy (Joanna Gleason).
Girato in dieci settimane, nell'autunno del 1988, quasi interamente a New York (si riconoscono le sale del grande albergo Waldorf-Astoria al Tavern on the Green nel Central Park), Crimini e Misfatti è un brillante, amarissimo apologo sulla incapacità dell'uomo contemporaneo di orientarsi nelle questioni morali, quindi nelle relazioni, nei rapporti, e nel confronto con la propria coscienza. E' - si potrebbe dire oggi - la preconizzazione, con quasi 30 anni di anticipo, delle teorie sulla società liquida e sull'amore liquido di cui ha teorizzato a lungo Zygmunt Bauman.
La grandezza estetica nel film è - oltre che nella perfetta sceneggiatura, un congegno mirabile, senza falle - nella magica fusione tra dramma e commedia. Sotto la veste di una commedia apparentemente convenzionale, infatti, Allen dice cose serissime. E, all'inverso, ogni considerazione che il film e i suoi controversi personaggi fruttano, è sottoposta alla lente dell'ironia e del tono della commedia.
Giunto al suo 19mo film e all'età di 55 anni, Allen regalò agli spettatori dunque il suo frutto più maturo, nel quale il riso si inasprisce (senza prendere i toni troppo bergmaniani di Interiors o di altri suoi film), e attraverso la metafora dell'oculista (di qualcuno cioè che di professione esamina gli occhi degli altri) illustra l'impossibilità di osservarsi veramente per ciò che si è e per ciò che si fa, in una sorta di moderno Delitto e Castigo, dove il senso di colpa è sostituito e completamente rimosso da un principio edonistico che domina la vita ordinaria borghese.
Un criminale cioè senza rimorsi e un omicidio impunito fa da contraltare al fallimento nevrotico sentimentale di Cliff, mentre è alle prese con un documentario sulla figura di un eminente professore ebreo che incarna i valori veri o tradizionali, e che prima delle fine delle riprese si suicida.
Nel silenzio del senso (e di Dio), i due protagonisti, così differenti e così simili nel loro disorientamento, si incontrano in un'ultima lunga scena nella quale si confessano amaramente i propri sbagli e le proprie vite.
Insomma un grande film morale travestito da commedia, con attori in stato di grazia e una regia magnifica e impeccabile.
Candidato a 3 premi Oscar in quell'anno (miglior regia, migliore sceneggiatura, migliore attore non protagonista (Martin Landau)).
Fabrizio Falconi
Crimini e misfatti
(Crimes and Misdemeanors)
di Woody Allen
durata: 104 minuti
Usa, 1989
07/12/14
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22/09/12
Contro il "Pensiero-Corto" dominante.
Penso che sarebbe ora di scrivere un Manifesto contro il Pensiero-Corto.
Se ne ha un esempio eloquente nel modo limitato in cui spesso si sente liquidare l'indefinito, il misterioso, il non spiegato, il non evidente.
Ci sono molte cose intorno a noi che non comprendiamo e che funzionano. Si pensi al principio omeopatico nel campo medico: nessuno sa come funzioni, però pare proprio che funzioni visto che 300 milioni di persone nel mondo ne fanno uso (11 milioni in Italia).
Anche l'effetto placebo funziona (esistono ormai moltissimi studi che lo dimostrano) e nessuno sa perché.
Eppoi funzionano anche spesso i sogni e le premonizioni o l'intuito quando si sceglie o si respinge qualcuno.
Ma tutto questo il Pensiero-Corto lo chiama 'casualità'.
E' il sintomo di una pigrizia, di una impotenza del pensiero che - se si vuole restare umani - bisognerebbe fare di tutto per combattere, in tutti i campi.
Come scrive C.G. Jung: A chi può procedere malgrado gli enigmi, si apre una via. Sottomettiti agli enigmi e a ciò che è assolutamente incomprensibile. Ci sono ponti da capogiro, sospesi su abissi di perenne profondità. Ma tu segui gli enigmi. (Liber Novus, Libro Rosso, Bollati Boringhieri, 2011, pag.308).
Fabrizio Falconi
in testa : Men Asleep on a Girder, 20 settembre 1932