Si pensava che fosse impossibile e impensabile imbarcarsi in un remake da un'opera mitologica come "Scene da un matrimonio" che Ingmar Bergman realizzò per la televisione qualcosa come 50 anni fa, nel 1973, archetipo e prototipo delle "serie" televisive, che nasceranno soltanto 30 anni più tardi.
29/01/22
Come rifare 50 anni dopo, "Scene di un matrimonio" di Bergman e come farlo meravigliosamente bene
Si pensava che fosse impossibile e impensabile imbarcarsi in un remake da un'opera mitologica come "Scene da un matrimonio" che Ingmar Bergman realizzò per la televisione qualcosa come 50 anni fa, nel 1973, archetipo e prototipo delle "serie" televisive, che nasceranno soltanto 30 anni più tardi.
10/09/21
Carrère, l'autofiction, le accuse della moglie e i confini dei racconti coniugali privati
03/11/20
Libro del Giorno: "Le cose dell'amore" di Umberto Galimberti
Quando dico “ti amo” che cosa sto dicendo di preciso? E soprattutto, chi parla? Il mio desiderio, la mia idealizzazione, la mia dipendenza, il mio eccesso, la mia follia? Non c’è parola più equivoca di “amore” e più intrecciata a tutte quelle altre parole che, per la logica, sono la sua negazione.
Tutti, chi più chi meno, abbiamo fatto esperienza che l’amore si nutre di novità, mistero e pericolo e ha come suoi nemici il tempo, la quotidianità e la familiarità. Nasce dall’idealizzazione della persona amata di cui ci innamoriamo per un incantesimo della fantasia, ma poi il tempo, che gioca a favore della realtà, produce il disincanto e tramuta l’amore in un affetto privo di passione o nell’amarezza della disillusione.
Qui Freud ci pone una domanda: “Quanta felicità barattiamo in cambio della sicurezza?”.
Umberto Galimberti ci consegna un volume in cui l’acutezza del pensiero penetra i meandri del sentimento e del desiderio, registrando i mutamenti intervenuti nelle dinamiche dell’attrazione, nel patto con l’amato/a, nei percorsi del piacere (dall’onanismo alla perversione). Sullo sfondo si muove, come un fantasma, continuamente evocato e rimosso, quello che propriamente o impropriamente gli uomini non smettono di chiamare amore.
In 19 capitoletti di poche pagine - originariamente articoli apparsi su La Repubblica - densissime, la parola amore viene declinata con parole-corrispettivo, in un range che ne scandaglia ogni risvolto: Trascendenza; Sacralità; Sessualità; Perversione; Solitudine; Denaro; Desiderio; Idealizzazione; Seduzione; Pudore; Gelosia; Tradimento; Odio; Passione; Immedesimazione; Possesso; Matrimonio, Linguaggio; Folli
08/10/18
Quanto amore c'è in una passione ? Umberto Galimberti.
16/05/18
"Miracoli d'amore coniugale" di Vittorio Sgarbi.
Ma la seconda può essere utile a rispondere alla prima. Parliamo di amor sacro e, anche, del matrimonio: per molti una pena e una dannazione, tenacemente perseguita, per consuetudine, per ordine sociale, come la maturità, la patente e la laurea. Per altri l’apice di un rapporto amoroso (che di per sé non lo richiederebbe). Per chi crede fermamente: un sacramento.
La mia visione del Cristianesimo è troppo legata alla sua ragione storica perché io mi possa dire di fede cristiana. Dirò che sono di ragione cristiana. E testimone grato della civiltà cristiana. Non coincidendo in me fede e ragione, devozione a Dio e vita quotidiana, nella loro frequente contraddizione, non mi sono mai sposato.
Ma ne provo nostalgia, pensando ai miei genitori e, più ancora, meditando a una pagina sublime della storia dell’arte: l’affresco di Giotto con l’incontro di Gioacchino e Anna alla Porta aurea nella Cappella degli Scrovegni, a Padova.
Chi vi si reca in pellegrinaggio (pur disturbato dalla fastidiosa camera iperbarica dell’ingresso posteriore, per contingentare e “spolverare” i turisti) può astrarsi davanti a quella visione, e trasferire in una dimensione ideale, di una propria vita mancata o non vissuta, l’incontro di quegli sposi. Giotto descrive un ricongiungimento dopo una lunga assenza. Gioacchino è andato nel deserto per insofferenza e infelicità. Anna non riesce a renderlo padre. E il matrimonio è, letteralmente, il “dono della madre”.
Malinconico, tra i pastori, nel deserto, Gioacchino ha l’apparizione dell’Angelo. Che lo esorta a rientrare a casa, dove tutto si è compiuto. Così, alla buon’ora, accompagnato da un pastore che, nel taglio della composizione, è diviso a metà per farci sentire il cammino di lungi, Gioacchino torna verso Gerusalemme.
E, sul ponte, subito fuori dalla Porta aurea, incontra Anna. Giotto riesce, per la prima volta, a farci sentire l’intensa emozione del loro abbraccio. Gioacchino inchina leggermente in avanti il corpo, Anna piega il busto, così che loro vesti si fanno una sola, in un congiungimento che allude alla maternità.
E, mentre si abbracciano, i loro corpi diventano uno solo: un naso, due occhi, una bocca, contro lo spigolo della torre di guardia, dalle cui feritoie possiamo immaginare lo sguardo commosso dei soldati. Ma l’intimità, che genera una profondissima nostalgia, è espressa nei gesti: lui l’avvicina con il braccio destro sulla schiena; lei, tenerissimamente, gli mette una mano tra la barba e l’altra dietro la nuca.
Mai gesto fu più intenso e delicato di questo. Dietro, sotto l’arco, il corteo delle donne che hanno seguito Anna, frementi, sorridenti, con i loro abiti variopinti, e i gesti di approvazione. Una tiene lo scialle di Anna. Ma, a dividere loro, felici, dalla coppia felice, c’è una donna vestita di nero, con il velo che le copre metà del volto. Una intuizione formidabile, per contrasto.
Nella sua austera e dolorosa solitudine, questa immagine nera indica la vedovanza, il lutto. È attraverso questa intuizione che si potenzia il dialogo muto dei gesti di Gioacchino e Anna, colmi di affetto e di gratitudine al Dio che li ha uniti e resi fecondi.
Qualcuno ha scritto: il primo bacio della storia dell’arte. No, l’immagine stessa dell’amore coniugale, come unione per la famiglia. La famiglia cristiana, quella dei miei genitori, quella che io non ho costituito. E che, davanti a Giotto, e alla sua eloquenza, rimpiango.
13/03/18
Il Libro del Giorno: "Distacchi" di Judith Viorst
22/09/15
Il matrimonio di Jonathan Franzen: vita e ispirazione.
tratto da Repubblica online, 30 ottobre 2012.
Jonathan Franzen, Farther Away, 2012.
27/08/14
Erica Jong: "Ho detto tante cose terribili, ma ero giovane e cinica."
27/06/12
"Il matrimonio ucciso dal sesso." Un articolo di Keith Botsford.
16/06/11
'Considerate ciò che c'è sulla terra !'
25/06/08
"Fare sesso" - Lucetta Scaraffia.
Come proclamò il famoso mantra di Nanni Moretti anni fa, le parole sono importanti. Anche quando non ce ne accorgiamo.
Così è importante questa riflessione pubblicata ieri da Lucetta Scaraffia sul Calendario del Corriere della Sera che induce a soffermarsi su un (ormai) vieto modo di dire:
"Mai però si era sentita una espressione volgare come "fare sesso", scrive Aldo Cazzullo su Io Donna di sabato scorso, e non si può non dichiararsi d'accordo.
Dal momento che le cose sono anche il loro nome, questo modo di dire ormai universalmente diffuso (naturalmente noi italiani l'abbiamo importato dagli americani 'make sex', nota mia) - che fa il paio con l'altra definizione "sessualmente attivo" - costituisce la dimostrazione più evidente del fallimento della rivoluzione sessuale, della grande utopia che ha attraversato il Novecento e che prometteva a tutti una felicità a portata di mano.
Invece, dopo aver liberato il sesso prima dalla procreazione, poi dal matrimonio, e infine dall'amore, lo si è ridotto ad una attività ludica simile a tante altre: un po' come si dice 'fare jogging', ' fare shopping', o 'fare un week end'.
E quello che è andato perso non è soltanto l'impegno procreativo, o l'impegno amoroso: in questa dissacrante leggerezza si è forse perso il senso dell'umano, dell'incontro tra due esseri che, come bene dice un antico testo di una qualche notorietà, unendosi ' si conoscono."