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13/06/08

Pavel A. Florenskij


Questo scriveva Pavel A. Florenskij (1882-1937), una delle più grandi anime che abbiano calcato la Terra negli ultimi cento anni:

Verità, bene e bellezza: questa triade metafisica è un unico principio, è un'unica vita spirituale esaminata sotto vari punti di vista.

La verità manifestata è amore. L'amore realizzato è bellezza. Il mio stesso amore è azione di Dio in me, e mia in Dio.

Se i rapporti stretti ben dispongono alle emozioni concordi, il loro terreno più propizio è l'amicizia. La potenza e la difficoltà dell'amicizia non si esprimono in un pirotecnico attimo d'eroismo, ma nella placida fiammella della pazienza di tutta una vita.

La legge dell'identità è un monarca assoluto, ma i suoi sudditi non protestano contro la sua autocrazia solo perché sono spettri senza sangue, privi di esistenza reale, non sono persone ma solo ombre razionalistiche di persone. Questo è lo sheol, il regno della morte.

Non è possibile il minimo dubbio riguardo a quanto è detto giustamente della vita eterna nell'Apocalisse di Giovanni: "Non vi sarà più notte; non hanno più bisogno né della luce della lampada, né di quella del sole, perché il Signore Iddio splenderà su di loro" (22,5).

Questo non si può intendere se non della luce vera sensibile con la quale saranno illuminati gli occhi dei beati.

Considera il vetro, un corpo tanto compatto che nemmeno i profumi che da per tutto dilagano possono attraversarlo e, anzi, ne restano prigionieri; con quanta facilità la luce l'attraversa! Quindi tanto più la luce divina deve penetrare tutti corpi.

Soltanto il Signore Gesù Cristo è l'ideale di ciascun Uomo modello, idea di ogni persona con tutto il suo contenuto vivo.

Esistono due mondi e questo nostro mondo si cruccia nelle contraddizioni se non vive delle energie dell'altro mondo.

L'essenza stessa della percezione geniale del mondo sta nella capacità di penetrare nel profondo delle cose, mentre l'essenza della percezione illusoria sta nel nascondere a se stessi la realtà.

Il pensiero è un dono di Dio ed esige che si abbia cura di sé Essere precisi e chiari nei propri pensieri è il pegno della libertà spirituale.

La mia più intima persuasione è questa: nulla si perde completamente, nulla svanisce, ma si si custodisce in qualche tempo e in qualche luogo. Ciò che è immagine del bene e ha valore rimane, anche se noi cessiamo di percepirlo.

Vita di Pavel Florenskij:
http://it.wikipedia.org/wiki/Pavel_Aleksandrovi%C4%8D_Florenskij

Foto in testa: Mikahil Nestorov: "Filofofi: Pavel Florenskij e Sergei Bulgakov a passeggio", 1917 - Olio su tela, Tretyakov Gallery, Mosca, Russia.

17/05/08

La Preghiera secondo Gesù.




Nei Vangeli Gesù fornisce spesso indicazioni molto molto precise su cosa è la fede.

E in un mondo che sembra aver puntato tutto sulla idolatria dello sguardo - "credo solo in ciò che vedo" - Gesù non si stanca mai di raccomandarci esattamente l'opposto.

Ovvero la fede. Che è basata sul prima e non sul dopo. Su quello che speriamo e non su quello di cui abbiamo certezza e che vediamo.

Nell'episodio evangelico della Maledizione del Fico, dopo che i discepoli hanno constatato che il Fico maledetto da Gesù si è nel giro di pochi minuti, di poche ore, seccato, Gesù ancora una volta li ammonisce su cosa è la fede.

Con queste parole (Mc. 11,22) :

Gesù allora disse loro: «Abbiate fede in Dio! [23]In verità vi dico: chi dicesse a questo monte: Lèvati e gettati nel mare, senza dubitare in cuor suo ma credendo che quanto dice avverrà, ciò gli sarà accordato. [24]Per questo vi dico: tutto quello che chiedete nella preghiera, credete di averlo già ottenuto e vi sarà accordato. [25]Quando vi mettete a pregare, se avete qualcosa contro qualcuno, perdonate, perché anche il Padre vostro che è nei cieli perdoni a voi i vostri peccati».

La fede dunque è 'credere che quanto si dice avverrà'.

Ma è molto più preciso di questo: tutto quello che chiedete nella preghiera, credete di averlo già ottenuto e vi sarà accordato.

Sembra dunque che bisogna pregare 'credendo di avere già ottenuto'.

Non è affatto semplice come sembra: chi è che mentre prega "crede già di aver ottenuto" ??

Mentre preghiamo, di solito, siamo tutto meno che sicuri. Siamo deboli, esitanti, dubbiosi, speranzosi, ma timorosi di illuderci, in una parola sola: non abbiamo poi così tanta fede. E' più vicino all'idea di come se stessimo partecipando ad una scommessa: io ci provo, e vediamo se verrò esaudito.

Non è così che Cristo ci dice di fare.

E chi è poi che - mentre prega - 'se ha qualcosa contro qualcuno' - mentre prega, perdona ???

Pregare: una cosa che sembra facile facile. Ma non lo è affatto.

09/04/08

La Sua predilezione per i Peccatori.


In tempi come questi, dove sembra che vi sia una caccia grossa a trovare il moscerino nell'occhio altrui, e tramutarlo in trave. E, anche in ambito di gerarchie e di dottrine, in ambito cattolico, vi sia sempre l'esigenza di dare addosso a 'chi sbaglia', a 'chi pretende di affermare verità', a 'chi va contro i dogmi', a chi osa mettersi di traverso - come se non ci si accorgesse per niente di cosa accade nel mondo - è forse utile per tutti riflettere ancora e sempre sull'atteggiamento di Gesù Cristo nei confronti dei peccatori.


Che si manifestò con ancora maggiore nettezza nelle sue ultime settimane tra noi, su questa terra.

Riprendo quello che scrive il dimenticato (purtroppo) Francois Mauriac in un libro per me memorabile: Vita di Gesù, scritto nel 1937.

Leggiamo:

Ma ora che è prossimo a lasciarli, l'Amore vivente li rassicura. Il suo desiderio è che i suoi fedeli lo temino con fiducia illimitata, che riposino su di lui con un cuore appassionato, ma tremando. "E io aspiro tremando". E' questo che il Figlio dell'Uomo ci chiede: diffidenza delle nostre forze, abbandono a occhi chiusi a una infinita misericordia.

Sappiano dunque ciò che già aveva loro lasciato intravedere: che il peccatore non è soltanto amato, ma sì anche
preferito.

E' per lui, ch'era perduto, che il Verbo si è fatto carne. Tutti i suoi ragionamenti, durante le ultime settimane di vita, tradiscono questa predilizione per i cuori semplici, capaci di eccessi.

Lui così duro coi dottori e coi Farisei, si addolcisce con i piccoli. Non è per umiltà nè per spirito di sacrificio, che rimane in mezzo a loro. E' perchè li preferisce, o meglio odia il mondo e si dà a quelli che del mondo non sono.

Erode che egli chiama "quella volpe" è il solo essere di cui parli con sprezzo. Per lui è un gioco battere i sapienti sul loro stesso terreno: ma di ridurre al silenzio dei dialettici imbecilli, non gliene importa nulla. La sua vera gioia è di rivelarsi a dei poveri uomini schiacciati da colpe abituali, e d'aprire sotto i loro passi un abisso di misericordia e di perdono.

E perciò si paragona al padrone delle pecore che ne abbandona novantanove per correre dietro alla centesima smarrita; e la riporta nelle sue braccia.

Ascoltandolo, ognuno doveva pensare: "E' per me che parla..."

Perchè chi di loro non aveva pesato con tutto il suo peso su quelle sacre spalle ? Sono stati raccolti, custoditi, e sporchi di fango, stretti a quel petto.

"Vi è più allegrezza in cielo per un solo peccatore pentito, che per novantanove giusti... "

Bisognerebbe pensarci: quando siamo convinti, con le nostre "certezze" cattoliche, quando siamo sicuri di essere dalla parte del giusto, e di saper - e dover - condannare chi lo "merita".

La nostra giustizia non è la sua giustizia.