24/03/15

Meravigliosi quadri dell'Impressionismo italiano a Milano, dal 27 marzo.

Federico Zandomeneghi, La lettera

DA BOLDINI A SEGANTINI 
RIFLESSI DELL'IMPRESSIONISMO IN ITALIA 
 Milano, GAMManzoni (via Manzoni 45) 
27 marzo 2015 - 28 giugno 2015 
Inaugurazione: giovedì 26 marzo ore 18.00 

La mostra presenta 35 opere, molte mai esposte a Milano, di alcuni tra gli indiscussi protagonisti dell’arte italiana dell’Ottocento.

Tra i capolavori, Alpe di maggio di Giovanni Segantini, La lettera di Federico Zandomeneghi, appartenuta alla celebre raccolta di Giacomo Jucker, Via di Ravenna di Telemaco Signorini, mai visto a Milano. 

Dal 27 marzo 2015 al 28 giugno 2015, GAMManzoni. Centro Studi per l’Arte Moderna e Contemporanea di Milano (via Manzoni 45) ospita la mostra Da Boldini a Segantini. Riflessi dell’impressionismo in Italia, che presenta 35 opere, alcune mai esposte a Milano, di alcuni tra gli indiscussi protagonisti dell’arte italiana dell’Ottocento, provenienti da prestigiose collezioni private europee

 La rassegna, curata da Enzo Savoia e da Francesco Luigi Maspes, con il patrocinio di: Commissione Europea – Rappresentanza Milano; Comune di Milano, Città Metropolitana, Regione Lombardia, permette di ammirare alcuni dei lavori più celebri dei maestri che hanno segnato l’arte italiana dell’800, quali Giovanni Segantini, Giovanni Fattori, Angelo Morbelli, Gerolamo e Domenico Induno, Mosé Bianchi, Giacomo Favretto, Guglielmo Ciardi, Giovanni Boldini, Giuseppe De Nittis, Telemaco Signorini, Federico Zandomeneghi, Antonio Fontanesi, Antonio Mancini. 

In occasione di EXPO 2015, GAMManzoni propone un evento dedicato alle eccellenze della pittura italiana del XIX secolo, attraverso quegli esponenti che hanno partecipato, con le loro creazioni, alle più importanti Esposizioni Universali a cavallo dei due secoli, come Vienna 1873, Philadelphia 1876, Parigi 1878 e 1900, Anversa 1885, St. Louis 1904 e Milano 1906

Il percorso espositivo presenta capolavori come La lettera di Federico Zandomeneghi, appartenuta alla celebre raccolta di Giacomo Jucker e Dall’alto di Filippo Carcano, non più esposto in Italia da circa un secolo e di proprietà di un’importante raccolta statunitense. 

Tra i macchiaioli spiccano Via di Ravenna di Telemaco Signorini, anch’esso mai visto a Milano, proveniente da una nobile famiglia fiorentina, pendant dell’altrettanto celebre dipinto di analogo soggetto custodito alla Galleria Nazionale d’Arte Moderna di Roma ed Esercizi di cavalleria di Giovanni Fattori che, dopo diversi decenni esce dalla collezione che lo ospita.

Tra le varie opere, si segnalano, inoltre, Scavi di Pompei di Filippo Palizzi, dalla Quadreria Edison di Milano, L’uscita dal Duomo di Mosé Bianchi, rimasta in Francia per quasi un secolo e riportata in patria da Enrico Piceni che ne curò l’acquisto da parte di uno dei più celebri collezionisti del dopoguerra e la seconda versione del Ritratto dell’attrice Emma Ivon di Tranquillo Cremona del Museo Malinverni. 

Chiuderà idealmente la mostra, la straordinaria Alpe di maggio di Giovanni Segantini. 


Riflessi dell'impressionismo in Italia Milano, GAMManzoni (via A. Manzoni, 45 - 20121 Milano) 27 marzo - 28 giugno 2015 Inaugurazione: giovedì 26 marzo ore 18.00 (su invito) Orari: da martedì alla domenica 10-13 e 15-19 (ultimo accesso 18.30) Ingresso: 6 Euro Catalogo: GAMManzoni edizioni Info: Tel. e Fax 02.62695107; info@gammanzoni.com; www.gammanzoni.com 

giovedì 26 marzo alle ore 18.00 inaugurano anche:

PITTURA LOMBARDA DELL'800. Da Faruffini a Morbelli Milano, Gallerie Maspes (via A. Manzoni, 45 - 20121 Milano) Curata da Francesco Luigi Maspes 27 Marzo – 16 maggio 2015 Orari: da martedì a sabato 10-13 e 15-19 Ingresso gratuito Catalogo: Gallerie Maspes Edizioni Info: Tel. e Fax 02.863885; info@galleriemaspes.com; www.galleriemaspes.com 

DALLA SCAPIGLIATURA AL DIVISIONISMO. Le origini della Modernità Milano, Galleria Bottegantica (via A. Manzoni, 45) Curata da Enzo Savoia e Stefano Bosi 27 marzo – 30 maggio 2015 Orari: da martedì a sabato 10-13 e 15-19 Ingresso libero Info: Tel. +39 02 62695489, Fax +39 02 62027120; milano@bottegantica.net; www.bottegantica.com 


23/03/15

Le catacombe di Santa Priscilla e il "Lupo Mannaro" della seconda guerra mondiale.

Cortile delle Catacombe di Santa Priscilla (foto Fabrizio Falconi)


Le catacombe di Santa Priscilla e il Lupo Mannaro della seconda guerra mondiale.

La fama di quelle catacombe – che si è sempre saputo essere molto estese, secondo alcuni le più grandi di Roma, con oltre tredici chilometri di cunicoli sotterranei – ha sempre fortemente influenzato il quartiere Trieste che le ospita, al confine con il Salario. 

Un altro toponimo di queste strade – la piazza Acilia, che è attraversata dalla Via Nemorense – rimanda direttamente alla storia delle catacombe. Il nome infatti non si riferisce alla cittadina sulla via Pontina, ma alla gens Acilia, alla quale con ogni probabilità apparteneva la donna che oggi dà il nome alle catacombe, anzi per l’esattezza alla famiglia degli Acilii Glabriones. 

Priscilla era, secondo quanto hanno ricostruito gli archeologi e secondo quanto risulta da una iscrizione funeraria, insieme agli Acilii, la proprietaria dei terreni su cui fu costruita la necropoli.  
Il nucleo più antico delle catacombe risale al II secolo d.C. quando si iniziò a scavare la collinetta tufacea nella zona che oggi sovrasta Villa Ada e che anticamente permetteva di dominare la confluenza dei due fiumi, il Tevere e l’Aniene. 

 Ma fu nel III e nel IV secolo che il cimitero divenne vastissimo, quando esso cominciò ad ospitare i numerosi martiri delle persecuzioni anticristiane di quell’epoca, compresi i corpi di sette papi. 

Nei cunicoli, disposti su tre livelli che si spingono fino a quaranta metri di profondità, furono sepolti migliaia di corpi, secondo alcune stime fino a quarantamila persone, non soltanto cristiane. 

Come capitò ad altre catacombe anche queste, dopo le invasioni barbariche furono abbandonate nel VI secolo dopo Cristo, finché a partire dalla fine dell’Ottocento non furono riscoperte, insieme ai resti della Basilica (poi divenuta soltanto una chiesetta) di San Silvestro sulla Via Salaria, costruita nel IV secolo d.C., dopo l’Editto di Costantino e ricostruita in forme moderne. 

Fu proprio durante questo periodo, nella prima parte del Novecento, che lo scalpore per la scoperta delle catacombe e della loro incredibile estensione, si diffuse per il quartiere che si andava in quegli anni densamente popolando. 

Come sempre, le catacombe portarono con loro una fama oscura, gotica. Era stato così da sempre a Roma, nel corso dei secoli e fu così anche nei primi del Novecento. 

Quei misteriosi cunicoli, che si snodavano per chilometri e per molte profondità, alimentarono la fantasia popolare, insieme al crescere degli incubi che la minaccia bellica diffondeva anche sulla Capitale

Cominciarono a diffondersi sinistre leggende su inquietanti visitatori di quei cunicoli che si diceva vi emergessero soltanto nottetempo. 

Proprio negli anni del secondo conflitto mondiale, la zona di Piazza Vescovio, poco distante dalle Catacombe cominciò a convivere con una misteriosa presenza che terrorizzava i cittadini: si sentivano strane urla di notte, si scorgevano ombre curve, una sinistra figura inafferrabile che gli abitanti del quartiere si dissero certi fosse un lupo mannaro, visto che le sue visite parevano manifestarsi con maggiore frequenza nelle notti di plenilunio. 

Preoccupati da ben altre incombenze, quelle derivanti dai bombardamenti degli alleati, le autorità dell’epoca non tardarono a risolvere la questione assicurando che il responsabile era stato trovato: si trattava di un povero malato mentale che passava le notti ad urlare ed ululare. 

E che fu per questo condotto in manicomio, liberando il quartiere da quei funesti sospetti. 

Le catacombe di Santa Priscilla, oggi visitabili soltanto in minima parte, colpiscono i visitatori con le loro splendide pitture, sopravvissute ai secoli e ai millenni

In particolare quella dell’Orante del III secolo (in realtà si tratta di una donna velata, con le braccia levate, raffigurata in un lunetta); la figura della Madonna con Bambino – ritenuta la prima raffigurazione mariana della storia – al lato del profeta Isaia che addita una stella (II secolo); la cosiddetta Cappella Greca, con iscrizioni tracciate in rosso, con stucchi pregevoli; l’affresco con Santa Susanna; quello che raffigura l’Epifania e la fractio panis; il ninfeo; l’ipogeo degli Acilii con splendide decorazioni. 

Alle catacombe, il cui sito è curato dalle Suore Benedettine di Priscilla, si accede oggi dal civico 430 di Via Salaria.


Fabrizio Falconi © - proprietà riservata/riproduzione vietata. Tratto da Misteri e segreti dei Rioni e dei Quartieri di RomaNewton Compton Editore

20/03/15

'Qualunque cosa succeda agli animali in seguito capiterà anche agli uomini.' La lettera del capo indiano al Presidente USA.


Lettera inviata nel 1855 al presidente degli Stati Uniti Franklin Pierse dal capo Sealth della tribù Duwamish.

Il grande capo di Washington ci manda a dire che vuole comprare la nostra terra. 

Il grande capo ci manda anche espressioni di amicizia e di buona volontà. Ciò è gentile da parte sua, poiché sappiamo che egli non ha bisogno della nostra amicizia in contraccambio. 

Ma noi consideriamo questa offerta perché sappiamo che se non venderemo, l'uomo bianco potrebbe venire con i fucile a prendere la nostra terra. 

Quello che dice capo indiano Seattle, il grande capo di Washington può considerarlo sicuro, come i nostri fratelli bianchi possono considerare sicuro il ritorno delle stagioni. 

Le mie parole sono come le stelle e non tramontano. 

Ma come potete, comprare o vendere il cielo, il calore della terra? Questa idea è strana per noi. Noi non siamo proprietari della freschezza dell'aria o dello scintillio dell'acqua: come potete comprarli da noi? 

Ogni parte di questa terra è sacra al mio popolo. Ogni ago scintillante di pino, ogni spiaggia sabbiosa, ogni goccia di rugiada nei boschi scuri, ogni insetto ronzante è sacro nella memoria e nella esperienza del mio popolo. La linfa che circola negli alberi porta le memorie dell'uomo rosso. I morti dell'uomo bianco non dimenticano il paese della loro nascita quando vanno a camminare tra le stelle. 

Noi siamo parte della terra ed essa è parte di noi. I fiori profumati, sono nostri fratelli. Il cervo, il cavallo e l'aquila sono nostri fratelli. le creste rocciose, le essenze dei prati, il calore del corpo dei cavalli e l'uomo, tutti appartengono alla stessa famiglia. 

Perciò quando il grande capo che sta a Washington, ci manda a dire che vuole comprare la nostra terra, ci chiede molto. Egli ci manda a dire che ci riserverà un posto dove potremmo vivere comodamente per conto nostro. Egli sarà nostro padre e noi saremo i figli. Quindi noi consideriamo la vostra offerta di acquisto. 

Ma non sarà facile, perché questa terra per noi è sacra. L'acqua che scorre nei torrenti e nei fiumi non è soltanto acqua ma è il sangue dei nostri antenati. Se noi vi vendiamo la terra, voi dovete ricordare che essa è sacra e dovete insegnare ai vostri figli che essa è sacra e che ogni tremolante riflesso nell'acqua limpida del lago parla di eventi e di ricordi, nella vita del mio popolo. Il mormorio dell'acqua è la voce del padre, di mio padre. 

I fiumi sono i nostri fratelli ed essi saziano la nostra sete. I fiumi portano le nostre canoe e nutrono i nostri figli. Se vi vendiamo la terra, voi dovete ricordare e insegnare ai vostri figli che i fiumi sono nostri fratelli e anche i vostri dovete perciò dovete usare la gentilezza che usereste con un fratello. 

L'uomo rosso si è sempre ritirato davanti all' avanzata dell'uomo bianco, come la rugiada sulle montagne si ritira con il sole del mattino. Ma le ceneri dei nostri padri sono sacre. Le loro tombe sono terreno sacro e così queste colline e questi alberi. 

Questa porzione di terra è consacrata, per noi. Noi sappiamo che l'uomo bianco non capisce i nostri pensieri. Una porzione di terra è la stessa per lui come un'altra, perché egli è uno straniero che viene nella notte e prende dalla terra qualunque cosa gli serve. La terra non è suo fratello, ma suo nemico e quando l'ha conquistata, egli si sposta lascia le tombe dei suoi padre i diritti dei suo figli vengono dimenticati. 

Egli tratta sua madre, la terra e suo fratello, il cielo, come cose che possono essere comprate, sfruttate e vendute, come fossero pecore o perline colorate. Il suo appetito divorerà la terra e lascerà dietro solo un deserto. 

Non so, i nostri pensieri sono differenti dai vostri pensieri. La vista delle vostre città ferisce gli occhi dell'uomo rosso. Ma forse questo avviene perché l'uomo rosso è selvaggio e non capisce. Non c'è alcun posto lieto nelle città dell'uomo bianco. Alcun posto in cui sentire lo stormire di foglie in primavera e il ronzio delle ali degli insetti. Ma forse io sono un selvaggio e non capisco. Il rumore delle città sembra quasi che ferisca le orecchie.

E che cos'è mai la vita, se un uomo non può ascoltare il rumore del succhiacapre o delle rane attorno ad uno stagno di notte ? Ma io sono un uomo rosso e non capisco. 

L'indiano preferisce il dolce sapore del vento che soffia sulla superficie del lago o l'odore del vento stesso, pulito dalla pioggia o dagli aghi di pino. L'aria è preziosa per l'uomo rosso poiché tutte le cose partecipano allo stesso respiro. 

L'uomo bianco sembra non accorgersi dell' aria che respira e come un uomo da molti giorni in agonia, egli è insensibile alla puzza. Ma se noi vi vendiamo la nostra terra, voi dovete ricordare che l'aria ha per noi lo stesso spirito che essa sostiene. Il vento che ha dato i nostri padri il primo respiro, riceve anche il loro ultimo respiro. 

E  il vento deve dare ai nostri figli lo spirito della vita. e se vi vendiamo la nostra terra, voi dovete tenerla da parte e come è sacra, come un posto dove anche l'uomo bianco possa andare a gustare il vento addolcito dei prati. 

Perciò noi considereremo l'offerta di comprare la nostra terra, ma se decideremo di accettarla, io porrò una condizione: l'uomo bianco deve trattare gli animali di questa terra come suoi fratelli. 

Io sono un selvaggio e non capisco altri pensieri. ho visto centinaia di bisonti marciare nelle praterie, lasciati lì dall'uomo bianco dal treno che passava. Io sono un selvaggio e non riesco a capire come un uomo bianco preferisca un cavallo di ferro sbuffante che un bisonte che noi uccidiamo solo per sopravvivere. 

Che cos'è l'uomo senza gli animali? Se non ce ne fossero più gli indiani morirebbero di solitudine. perché qualunque cosa capiti agli animali in seguito capiterà agli uomini. tutte le cose sono collegate. 

Voi dovete insegnare ai vostri figli che la terra sotto i loro piedi è la cenere dei nostri antenati. Affinché rispettino la terra, dite ai vostri figli che la terra è ricca delle vite del nostro popolo. Insegnate ai vostri figli quello che noi abbiamo insegnato ai nostri: LA TERRA E' NOSTRA MADRE. Qualunque cosa capiti alla terra, capita anche ai figli della terra. Se gli uomini sputano in terra, sputano a se stessi. 

Questo noi sappiamo: la terra non appartiene all'uomo ma è l'uomo che appartiene alla terra.Questo noi sappiamo.Tutte le cose sono collegate, come il sangue che unisce la famiglia. 

Qualunque cosa capiti alla terra, capita anche ai figli della terra.Non è stato l'uomo a tessere la tela della vita, egli è soltanto un filo. Qualunque cosa egli faccia alla tela, lo fa a se stesso. Ma noi consideriamo la vostra offerta di andare nella riserva da voi stabilita per il mio popolo. 

Noi vivremmo per conto nostro e in pace. 

Importa poco dove spenderemo la fine dei nostri giorni. I nostri figli anno visto i loro padri umiliati nella sconfitta. I nostri guerrieri hanno provato la vergogna. E dopo la sconfitta, essi passano i giorni nell'ozio e contaminano il loro corpo con cibi, dolci e bevande forti. Poco importa dove passeremo il resto dei nostri giorni: essi non saranno molti. 

Ancora poche ore, ancora pochi inverni, e nessuno dei figli delle grandi tribù, che una volta vivevano sulla terra e che percorrevano in piccole bande i boschi, rimarrà a piangere le tombe di un popolo, una volta potente e pieno di speranze come il vostro. 

Ma perché dovrei piangere la morte del mio popolo? Le tribù sono fatte di uomini e nient'altro. gli uomini vanno e vengono come le onde del mare. Anche l'uomo bianco, il cui dio cammina e parla con lui da amico ad amico, non può sfuggire al destino comune.  Può darsi che siamo fratelli dopo tutto. Vedremo. 

Noi sappiamo una cosa che l'uomo bianco forse un giorno scoprirà: il nostro dio è lo stesso dio. Può darsi che voi ora pensiate di possederlo, come desiderate possedere la nostra terra. Ma voi non potete possederlo. 

Egli è dio dell'uomo e la sua compassione è uguale sia per l'uomo rosso che per l'uomo bianco. 

Questa terra è preziosa anche per lui. E far male alla terra è come far male al suo creatore. Anche l'uomo bianco passerà, forse prima di altre tribù. Continuate a contaminare il vostro letto e tra qualche notte soffocherete nei vostri rifiuti.


19/03/15

"Perché Narciso non vale l'amore" di Umberto Galimberti.

Caravaggio, Narciso alla fonte, 1597-1599. Olio su tela, cm 112 x 92 cm. Galleria Nazionale d'Arte Antica, Palazzo Barberini, Roma


“Perché Narciso non vale l’amore” - Umberto Galimberti 29 marzo 2014 

Secondo il mito, quando amiamo chi non sa amare, dobbiamo attenderci le punizioni di Eros. Nella realtà, vuol dire imparare a non credersi onnipotenti Sono una psicoterapeuta e insegno in una scuola di formazione in psicoterapia relazionale, dove le sue pagine sono un utile materiale di riflessione e di confronto per le discussioni con i miei allievi. Le scrivo a proposito del narcisismo, tema che più volte lei ha affrontato, e che secondo me oggi è di grande attualità. Vorrei interrogarmi e interrogarla circa la “relazione narcisistica”, ampliando lo sguardo sulla ninfa Eco che, nel mito, di Narciso è vittima – per intenderci – e tornare al “miracolo dell’amore” che Lei auspicava per il collega psicologo narcisista che in una lettera le sottoponeva i suoi tormenti.

Nella mia esperienza clinica vedo tante donne spesso belle, intelligenti e affascinanti, che fanno a pezzi la propria vita rincorrendo questo “miracolo d’amore”. Non smetto mai di sorprendermi per la quantità di energia che sono disposte a investire in questa relazione “disperante” che, proprio nell’accanimento onnipotente a diventare “qualcuno” per il partner (per il quale sono invece solo estensione narcisistica del sé) trova la sua marca patologica. 

Quando pare che, ridotte ormai come Eco nel mito, si decidano a mollare, ecco che si riattiva il gioco del partner che, proprio nella conquista di donne così importanti, alimenta il senso del suo sé (il cosiddetto “amore”). 

Poiché poi il narcisista è un magnifico incantatore, ci riesce e tutto ricomincia, anche il dolore che si cronicizza in sofferenza. Vorrei che nelle sue pagine, che sono un riferimento per tante donne, lo scrivesse, che il miracolo dell’amore non consiste nel cambiare l’altro, semmai nella possibilità che, attraverso l’altro, ci è data di cambiare noi stessi. Per esempio facendo quanto è possibile per ritrovare in noi stessi il senso del nostro vivere, senza delegarlo al valore che l’altro è disposto a riconoscergli. 

Maria Luisa 
Campobasso 


Narciso era un giovane bellissimo circondato dall’amore e dall’ammirazione di quanti lo incontravano, ma alle profferte d’amore, che pure lo gratificavano, restava indifferente. 

Un giorno, di Narciso si innamorò la ninfa Eco che, non ricambiata e respinta, si consumò di dolore fino a morirne. Di lei rimase solo il ritorno della sua voce, l’eco appunto. 

Questo è il destino che attende le donne che amano i narcisisti, spinte dalla persuasione, tutta femminile, di poter cambiare col tempo e con le loro premure gli uomini che amano.

Questa convinzione, che penso abbia le sue radici nello sfondo di onnipotenza presente in ogni donna – forse derivato dal fatto che, in quanto generatrice, la donna ha il potere di vita e di morte – è tipico non solo di colei che ama i narcisisti, sopportando ogni sorta di frustrazione e delusione, ma anche di chi ama i violenti, subendo ogni sorta di brutalità, maltrattamento, abuso, sopraffazione, come ogni giorno le cronache ci riferiscono.

E allora è bene che le donne ricordino che possono generare i bambini, ma non ri-generare gli adulti, ormai solidificati e direi anche pietrificati nella loro identità.

L’amore, è vero, è una potenza che può trasformare gli uomini. Ma non i narcisisti, che sono tali proprio perché, oltre a se stessi, non sanno amare nessun altro.

Lo stesso Freud riteneva che non ci fosse cura per loro, per il semplice fatto che, incapaci di una relazione con l’altro da sé, non sono in grado di instaurare una relazione emotiva neppure con il loro terapeuta.

Eppure incontrare un narcisista e innamorarsi di lui non è del tutto inutile, perché la sofferenza che si accumula in questa relazione può indurre la donna, se saggia, a ridurre il suo vissuto di onnipotenza ed evitare così l’autoinganno che le fa credere che, insistendo, possa cambiare le cose.

Capisco che l’idea di riuscire a cambiare le cose costituisce per la donna a sua volta una gratificazione narcisistica, ma siccome il tentativo non approda, è inutile sprecare la propria esistenza per gratificazioni narcisistiche che comunque non arrivano.

E allora la conclusione è quella indicata dalla psicoterapeuta che ha scritto questa lettera, ove si lascia intendere che amore non è solo conoscenza dell’altro, ma innanzitutto conoscenza di sé, nelle regioni, mai frequentate, dove veniamo a trovarci quando ci innamoriamo.

Nello scenario tutto nuovo che amore dischiude possiamo conoscere, oltre alle nostre virtù che prima ignoravamo, anche i nostri limiti che nessun desiderio, neanche il più spasmodico, può superare. E il primo limite che dobbiamo riconoscere è quello della onnipotenza che la follia d’amore alimenta in noi, lasciando il narcisista, che non sa amare, nella più assoluta indifferenza. 

di Maria Luisa Campobasso e Umberto Galimberti,

D Repubblica, 22 marzo 2014

18/03/15

Su "Fargo". La banalità del male è più forte del male puro.




C'è genialità nella serie televisiva Fargo, del resto dominatrice dei premi della stagione. 

Quanto ci sia dei Coen è facile arguire. Perché l'opera si riconnette direttamente alla filmografia dei fratelli di St. Louis Park e in particolare al loro film omonimo, anche se con parecchie differenze. 

La serie televisiva - in dieci puntate - è una epopea sul male. Lester Nygaard (il bravissimo Martin Freeman) è il prototipo dell'uomo medio: middle class, assicuratore, mediamente sposato senza figli, mediamente infelice. Non intelligente, ma furbo. Deciso - con la forza della disperazione - a riscattare la frustrazione che ha fatto di lui un uomo eternamente vessato. 

Il corto circuito che manda in pezzi la vita di Lester è la capacità di uccidere a sangue freddo (e con violenza inaudita, come capita molto spesso leggendo le cronache dei giornali) l'insopportabile moglie (che lo vessa continuamente e lo giudica), durante un banale litigio.

Da lì comincia una furibonda lotta di Lester contro se stesso e contro tutto il mondo.  Di guaio in guaio entra in rotta di collisione con lo spietato killer Lorne Malvo (Billy Bob Thornton), epigono del male assoluto, uomo che ha scelto convintamente il male come filosofia di vita: l'esistenza è una giungla, le regole non esistono, esiste solo la legge del più forte.  Sopravvive chi è più forte.

Lester se la cava molto bene, e a lungo, per confondere - complice anche una polizia sgangherata, con l'eccezione della poliziotta Molly (Allison Tolman) - le tracce dei suoi misfatti.  Con incredibile nonchalance viola ogni regola morale, tradisce il fratello, lo fa incarcerare, passa sopra ogni affetto e ogni norma primaria di comportamento.

Lo scopo è sopravvivere. Lo scopo è rovesciare la frustrazione e trasformarla in sopraffazione. A scapito dunque di altri frustrati.  Lester  è un ambizioso.  Rappresenta il male banale di Harendtiana memoria, quello che sembra debole e goffo, normale  e prudente e invece è il più devastante. 

La capacità del plot è nell'indurre lo spettatore a schierarsi senza alcuna esitazione dalla parte del malvagio (ma gentleman) Lorne. A indurlo a sperare che sia il male puro a spazzare via quel microbo di Lester e a dargli la punizione che merita, in virtù del patto faustiano che i due hanno stipulato (è stato Lester a chiedere l'aiuto di Lorne, nella prima puntata, perché lo tiri fuori dal casino che ha combinato).

Ma - e qui c'è una avvertenza di spoiler (chi non ha ancora visto la fine, non vada avanti) - non sarà così.  Il sottovalutato Lester - il male banale - è molto più duro a morire e più pervicace di chi è male per istinto, per purezza costitutiva. 

Ad affondare Lester (in tutti i sensi) sarà solo il destino. Il ghiaccio che si sbriciola sotto i suoi piedi e lo inghiotte è una efficace metafora del fatto che prima o poi tutti i giocolieri finiscono per cadere vittime della propria ambizione (il vero male in senso lato).   Non a caso Molly non è ambiziosa. Non è nemmeno così interessata alla carriera. Lo è nel modo giusto, sano. E' una persona che sa stare al suo posto. E' questo, forse che le permette di vedere - l'unica che riesce a vedere - quello che gli altri non vedono. 

In questo senso Fargo è una leggenda morale nera (il tocco leggiadro della narrazione la rende altamente spettacolare) che parla al cuore di ognuno di noi, costringendo a farsi continue domande: cosa si salva ? cosa resta ? perché si è così prigionieri ? perché non si sa apprezzare nulla (dei doni) dell'esistenza ? perché il nostro sistema è così disincarnato ? perché siamo sempre più soli ? perché non riusciamo più a comunicare ? perché non troviamo conforto se non nella nostra dissoluzione ?

Fabrizio Falconi 

17/03/15

"Cristo e te siete tutto per me." L'iscrizione in un anello vecchio di 300 anni ritrovato nel fango in Inghilterra.



Le iniziali del proprietario e la data 1657 sono sul Bodkin, un tipo di stiletto. 

Oggetti trovati nel fango a Cornish saranno mostrati al pubblico dopo essere stati dichiarati tesoro nazionale. 

I pezzi includono un gancio in argento gancio Tudor, un solido punteruolo d'argento - una specie di stiletto nel 1657 - e un anello d'oro inscritto. 

I reperti sono stati trovati da esperti detectorists di metallo, i quali sono tenuti per legge a segnalare reperti preziosi. 

Sono esposti in mostra dal 12 marzo presso il Museo Reale di Cornwall. 

I reperti, subito chiamati "tesoro dichiarato" in un'inchiesta, sono stati trovati in un punto imprecisato nel West Cornwall, in Cornovaglia. 

Essi comprendono anche una metà di una coppia di gemelli argento con l'immagine di un cuore ardente stampato.

I reperti potrebbero procurare una ricompensa per i loro cercatori o potrebbero essere restituiti loro a seconda di procedimenti giudiziari che seguono tali scoperte. Fantastico il particolare dell'anello, vecchio di 300 anni, con l'iscrizione interna: "Christ and thee are all to me", Cristo e te siete tutto per me. 

fonte BBC


16/03/15

David Lynch parla di Dio e della creatività. (intervista di Antonio Monda).


Brano dell'intervista a David Lynch realizzata da Antonio Monda per il suo libro: Tu credi ? Conversazioni su Dio e la religione, Fazi editore, 2006, pagg. 95 e seguenti. 


A.M.: Vorrei chiederti come mai le tue storie privilegiano il mistero, il paranormale e l'assurdo.

D.L. : Potrei limitarmi a dire che sono affascinato da tutti questi elementi, ma anche che ritengo che nessuno possa arrogarsi il diritto di dire cosa sia assurdo e cosa logico, cosa sia normale e cosa paranormale.
E sul concetto di mistero potremmo parlare a lungo: la mente umana lavora di intuizione, e quindi è in grado di intuire anche l'astrazione. 
Il cinema è il linguaggio delle immagini in movimento, e quindi costringe l'autore ad esprimere queste astrazioni con gesti e azioni. Come artista sono affascinato da ogni creazione che nasce da questo contrasto. 

A.M. : Una domanda diretta: credi in Dio ?

D.L. : Credo che esista un essere divino, onnipotente ed eterno. 

A.M. : Come te lo immagini ?

D.L. : Non me lo immagino, se non per le caratteristiche che ti ho appena detto.

A.M.: Nei tuoi film il male è assoluto, e il bene è segno di una purezza infinita che sconfina nella santità. Non ti sembra una impostazione manichea ?

D.L. : La prima risposta che mi viene da darti è che si tratta unicamente di un modo di esprimermi artisticamente. Ma voglio aggiungere che non credo esista qualcosa che sia in sé cattivo o buono: è il nostro modo di vederlo che lo rende tale.

A.M. : Intendi dire che non esiste il bene o il male ?

D.L. ; Quello che intendo è che sono dentro di noi, e da lì provengono.

A.M. : Negli ultimi anni hai dedicato molta energia e passione alla meditazione trascendentale. Cosa c'è di diverso dal Noli foras ire, in te ipsum redi, in interiore homini habitat veritas di Sant'Agostino?

D.L. : La meditazione trascendentale è una tecnica mentale - che io pratico due volte al giorno - che consente ad ogni essere umano di tuffarsi nel proprio io e raggiungere la pura coscienza e la pura felicità. In Sant'Agostino è invece tutto strettamente legato alla rivelazione cristiana. Detto questo, ritengo che ogni essere umano sia destinato alla felicità, che ogni forma di negatività sia come il buio, che scompare appena accendi la luce della pace, della pietà e dell'unità. 


Brano dell'intervista a David Lynch realizzata da Antonio Monda per il suo libro: Tu credi ? Conversazioni su Dio e la religione, Fazi editore, 2006, pagg. 95 e seguenti.

15/03/15

Poesia della domenica - 'Limone' di Fabrizio Falconi.



Limone


Tra il passato che rimpiangi e il futuro che aspetti c'è
un limone,
sorvegliato dalle ore del mattino e da quelle
del pomeriggio, così indifferente alla pioggia del sole
al calore insano della tempesta
pieno di foglie, austero occlude gli occhi dall'interno
della casa
il gialloverde intasa lo specchio delle ore
i minuti gli girano intorno giocondi
la sofferenza esausta del giorno,
il riposo temerato della notte
la pressione dei millibar la propensione aurea
della foliazione clorofilliana
segretamente matura,
segretamente prende spazio
segretamente sprigiona acidi frutti
segreti, pieni di succo stillanti di brina
occhieggianti alla luna
ossidante e fresco come una notte che scende
a primavera
secco e persistente come un pomeriggio d'estate
libero e perduto come un sonno d'agosto
quieto e bastante come il sogno d'inverno;
il limone sei tu, è il tuo compimento sottile
il tuo vieto inganno, la calma costante di te
che divori
costantemente
durando
il piatto ricco della terra
facendone altro.


Fabrizio Falconi (C) riproduzione riservata 2015

14/03/15

Il grande Piero della Francesca sbarca in America .



Cecilia Frosinini, direttore del Settore Restauro dipinti murali dell’Opificio delle Pietre Dure di Firenze, terrà una conferenza su Piero della Francesca il prossimo 16 di marzo presso l’Ambasciata italiana a Washington D.C. 

Il tema della conferenza è la distinzione, al fine di una fondamentale e completa comprensione dell’arte di Piero, fra il significato di “disegno come progetto” e “disegno come espressione grafica” nella sua pratica pittorica. Le due parole (in inglese “design” e “drawing”) sono spesso usate come sinonimi e, soprattutto in italiano, il più delle volte riassunti nel concetto unico di “disegno”. 

Eppure, i significati dei due termini sono differenti e questa distinzione concettuale era perfettamente nota a Piero e ai suoi contemporanei. 

Nell’opera di Piero si è spesso sottolineato come il disegno potesse essere una riproduzione meccanica, testimoniato anche dall'ampio uso di spolvero nei suoi dipinti murali, anche se nessuno dei suoi cartoni è sopravvissuto fino al nostro tempo. Ricerche più recenti condotte dall'Opificio delle Pietre Dure hanno fornito evidenze per una più approfondita fase di pianificazione della tecnica artistica di Piero della Francesca. 

Una progettazione così meticolosa delle sue composizioni, al punto di renderlo quasi ossessivo nell'uso dei cartoni, accuratamente progettati e anche riutilizzati, anche attraverso scalature geometriche. 

Piero non utilizzava quindi i cartoni per economizzare il tempo di realizzazione delle sue opere, ma come mezzo di controllo dello spazio pittorico e per l'inserimento degli elementi figurativi in esso. La conferenza di Washington illustrerà molti esempi dei risultati di questa ricerca, dalle pitture murali alle opere su tavola. 

I dati sono stati raccolti con l’ausilio di attrezzature scientifiche avanzate e sono, altresì, contestualizzati in una cornice storico-artistica più ampia e circostanziata. 

A New York, il 18 di marzo, presso l’Istituto Italiano di Cultura, l’assessore alla Cultura del Comune di Sansepolcro, Chiara Andreini, e in collaborazione con Toscana Promozione, assieme a Cecilia Frosinini presenteranno ancora il progetto del restauro della Resurrezione di Piero della Francesca. 

L’operazione newyorchese nasce nell’ambito delle attività di promozione della Regione Toscana, che ha trovato nel restauro in essere della Resurrezione di Piero un evento di sicuro rilievo per il lancio, anche su piano internazionale del progetto: “Una Toscana sempre nuova da scoprire nell’anno dell’Expo”. 

Di questo progetto, il restauro della Resurrezione, è parte sostanziale. L’appuntamento di New York vede anche la volontà, da parte del Comune di Sansepolcro, del suo Museo Civico e delle Istituzioni regionali, di promuovere oltreoceano l’esperienza più vera e profonda che si può vivere a Sansepolcro sulle tracce di Piero. 

La città dove Piero della Francesca è nato, ha vissuto, e dove ha concluso la sua vita è, ancora oggi, un gioiello fra i borghi della Toscana più bella e antica, qui si respira quell’atmosfera che fu parte sostanziale della vita di Piero della Francesca. 

Proprio qui si possono calpestare ancora le strade che Piero stesso ha percorso e penetrare quell’aria di cultura e d’arte che resero grande fra i grandi il borghigiano d’eccellenza, pittore e matematico fra i più importanti della sua epoca e di tutta la storia. 

Sansepolcro è una cittadina viva e attiva, i suoi palazzi offrono una visione di architetture, dal passato al presente, che ben compenetrano la storia e la contemporaneità. E’ un luogo dove il turista, attento e raffinato, può trovare la bellezza, la cultura e il piacere di vivere un’esperienza unica che resta nel tempo. 

Il Museo Civico di Sansepolcro, da sempre meta turistica del viaggiatore colto offre tesori di inestimabile valore, dalla Resurrezione di Piero, oggi in restauro, ma straordinariamente visibile anche in questo periodo, al Polittico della Madonna della Misericordia, al San Giuliano. Piero della Francesca è qui. 

E qui si incontrano anche le opere di Andrea della Robbia, del Pontormo, di Santi di Tito, di Raffaelino del Colle, e di molti altri artisti del passato che hanno lavorato nel segno di Piero e contribuito alla cultura e alla bellezza della Val Tiberina. 

Il restauro della Resurrezione di Piero della Francesca si presenta a Washington e New York 

Comune di Sansepolcro Museo Civico Opificio delle Pietre Dure di Firenze Washington DC, 16 marzo 2015, Ambasciata d’Italia New York, 18 marzo 2015, Istituto Italiano di Cultura.

12/03/15

Vele spiegate.



Tutto quello che appassiona, divora. 


Tutto quello che si innalza, conserva.  


Tutto quello che viene, rinnova.  

E' la cura dell'essere, queste nostre palpitazioni notturne che ritornano come onde accurate di un destino.  Non è avverso, non è propizio.  Bisogna aspettare, bisogna curare abbastanza. 
Quel che basta è quel che di compimento, già esiste.
Dargli forma, costruirgli intorno humus , spazio favorevole.
Dipende da noi. 
Dipende dall'essere con, non dallo star male senza. 
Uscire dai percorsi mentali, vivere e respirare, sorridere all'umile vita, rendersi conto e rendere conto che tutto è nato da un dono. 
Ogni responsabilità, ogni frutto, ogni libertà. 
Senza dono, nessuna libertà esiste. 
Essere capaci, dunque, di donare. 
Sentirlo non come puro atto di volontà, ma come gesto immane del cuore. 

Non si può spiegare: da lì, partire, come una nave a vele spiegate, dentro il vento che soffia, nonostante. 


Fabrizio Falconi - (C) riproduzione riservata 2015.

11/03/15

Studiosi spagnoli: "Ritrovati i resti di Cervantes".



Gli studiosi che da mesi conducono le ricerche dei resti del padre di don Chisciotte, Miguel deCervantes, nella chiesa delle Trinitarie scalze di Madrid, sono convinti di aver ritrovato le ossa dello scrittore e di sua moglie, Catalina de Salazar. 

Caute le fonti del Comune madrileno, che finanzia i lavori: i frammenti recuperati "sono in pessimo stato".

Per il Comune al momento "non si puo' garantire si tratti dei resti di Cervantes e della moglie". 

I residui di ossa, secondo le fonti, sono stati ritrovati assieme a materiale osseo di vari adulti e bambini in una delle cripte, che non e' nel punto in cui l'autore del Don Chisciotte fu sepolto nel 1616, ma dove la salma fu successivamente trasferita nel 1673, quando cominciarono i lavori di riforma della chiesa, ubicata nel quartiere de las Letras di Madrid. 

"Non troveremo Cervantes con il suo nome iscritto sul feretro", ha ironizzato il medico forense, Francisco Etxebarria, che guida la squadra di ricercatori, in dichiarazioni ai media. 

I particolari del ritrovamento saranno resi noti in una conferenza stampa al Comune di Madrid, ancora senza data. 

L'istituzione ha promosso e finanziato le ricerche dei resti di Cervantes, del quale si celebreranno i 400 anni dalla morte nell'aprile 2016, devoto dell'ordine delle Trinitarie scalze, che lo salvarono da cinque anni di prigionia ad Algeri. 

10/03/15

Fabiola Gianotti (direttrice del CERN di Ginevra): Una mente intelligente ordinatrice nella Natura ?




Riporto dal sito GLI SCRITTI curato da Andrea Lonardo un brano dell'intervista realizzata da Giovanni Minoli a Fabiola Gianotti (che QUI si può ascoltare in tuta la sua interezza), scienziato, direttrice del CERN di Ginevra

All’inizio la Gianotti parla dei suoi studi classici, di latino, greco e filosofia, affermando che “è stata una formazione complementare. Consiglierei un percorso simile a giovani che vogliono intraprendere la ricerca scientifica”. 

Ricorda di essersi avvicinata alla scoperta della bellezza della ricerca scientifica durante il liceo classico, leggendo una biografia di Marie Curie, che univa la cucina e il laboratorio. Ma è stata poi la scoperta “dell’interpretazione che Einstein dette dell’effetto fotoelettrico” che la avvicinò ancor più: “mi colpì per la sua semplicità, per la sua eleganza”. 

Minoli le domanda del rapporto tra filosofia e fisica e lei risponde

“La filosofia mi piaceva moltissimo perché come la fisica affronta le questioni fondamentali”. 

Perché allora il passaggio alla fisica? 

“La fisica va al dunque, da delle risposte. Ho percepito che la fisica dava delle risposte più concrete”. 

Parla poi della scoperta del Bosone di Higgs che ci ha avvicinato ad un centesimo di miliardesimo di secondo dopo il Big Bang. 

“Non sappiamo cosa c’era prima, è una domanda per le speculazioni, non per la scienza”. 

Allora Minoli domanda
(e qui trascriviamo letteralmente il dialogo) 

Giovanni Minoli: Questa ricerca la avvicina o la allontana dall’idea dell’esistenza di Dio? 

Fabiola Gianotti: Penso che la scienza e la religione siano due domini separati. Non si contraddicono. La scienza non potrà mai dimostrare l’esistenza o no di Dio. Quindi penso che sia una situazione di parallelismo, di approcci diversi. 

Minoli: Ma lei che è filosofa e scienziata personalmente [la ricerca] l’ha avvicinata o è un problema che non si pone? 

Gianotti: Quello che io vedo nella natura, la sua semplicità, la sua eleganza, mi avvicina all’idea di una mente intelligente ordinatrice dietro, perché la natura è bellissima e anche le leggi fondamentali della fisica sono estremamente esteticamente belle, essenziali e, come diremmo in inglese, compelling, si motivano quasi da sé. 

Minoli: Insomma ci crede in Dio sì o no? 

Gianotti: Sì.

L'intervista è stata realizzata da Giovanni Minoli per Mix24 nel Faccia a Faccia con Fabiola Gianotti, mandato in onda il 4/2/2014. I passaggi riportati si riferiscono dal minuto 7.33 circa al minuto 8.36 circa.

09/03/15

Una serata tutta dedicata al genio di Athanasius Kircher !



Ermetismo, alchimia e connessione dei saperi nell'opera di Athanasius Kircher, stasera al Cenacolo di Cultura Archetipica, Via Clementina 7, ore 19,30 Roma.

PerìArχôn – Cenacolo di Cultura ArchetipicaLunedì 9 Marzo 2015

Ermetismo, alchimia e connessione dei saperi nell’opera
di Athanasius Kircher


Via Clementina 7, Roma
 
ore 19.30- 22.30

Programma:

Appunti-segnalazioni di Luigi Turinese

“L’Antidotum Tarantulae di Kircher”
 
video di Gianna Tarantino
“Il Museo come specchio dell'Universo.
Dal Kircheriano a Internet”  
di Alessandro Orlandi*
Pausa

Il museo kircheriano e il collezionismo
tra arte, scienza e mistero
  
di Simona Capodimonti*

Presentazione del libro 

“Gli Argonauti a Roma” (Ed. La Lepre)
 
di Maria Fiammetta Iovine* 
(sarà presente l’autrice)

Discussione


*Alessandro Orlandi è editore e saggista
**Simona Capodimonti  è storica dell’arte e studiosa di Roma e di Storia della Farmacia*Maria Fiammetta Iovine è studiosa di Alchimia, saggista

Contributo 20€
Info e prenotazioniperiarxon@gmail.com  
Blog di Luigi Turinese: http://luigiturinese.blogspot.it/          Gruppo facebook: PerìArχôn


Grafica di Gianna Tarantino

06/03/15

Libri in carcere - "Leggere è un diritto?" a Firenze, da marzo a novembre.



Leggere è un diritto? coinvolge un gruppo di persone detenute presso la Casa circondariale «Mario Gozzini» di Firenze che - seguiti dalla Scuola interna - avvieranno una riflessione sui testi di quattro scrittori italiani con i quali si incontreranno alla fine di ogni ciclo di letture. 

Filo rosso nella scelta dei brani sarà il tema della diversità, come valore in sé ma anche come fonte di stereotipi

La lettura come ponte fra il dentro e il fuori è un diritto affatto scontato, capace di aprire alla possibilità di esercitarne altri: dall’istruzione, alla salute intesa come benessere, da una piena cittadinanza al sentirsi parte di una comunità. 

Un percorso che avvicinerà Voci della narrativa italiana e persone detenute, viste non come soggetti passivi, ma artefici del proprio futuro reinserimento

Ideazione e progetto di Giada Ceri con la consulenza di Manuela La Ferla - Casa dell’autore ®

Incontri fra persone detenute e scrittori italiani 

Casa circondariale «Mario Gozzini» 

FIRENZE marzo - novembre 2015 

Leggere è un diritto? è promosso da LILA Toscana Onlus con la collaborazione di Comune di Firenze (Direzione Cultura, Turismo, Sport – Servizio Biblioteche, archivi e eventi), Fondazione Sistema Toscana, Garante dei diritti dei detenuti a Firenze; Provveditorato regionale dell’amministrazione penitenziaria, Associazione Donne di carta - Persone libro, Associazione Fiesolana 2b - Libreria delle Donne (Firenze); Associazione volontariato penitenziario; Centro europeo teatro e carcere, CNCA (Centro Nazionale Comunità di Accoglienza); Robert F. KennedyCenter for Justice&Human Rights, Unione Camere Penali Italiane. 

Programma 

A piedi nudi sulla terra (Mondadori 2011) Folco Terzani Incontro con l’Autore: 5 marzo 

Lisario o il piacere infinito delle donne (Mondadori 2014) Antonella Cilento Incontro con l’Autore: 28 maggio 

Ogni altra vita, storia di italiani non illustri (Il Saggiatore 2015) Paolo Di Stefano Incontro con l’Autore: 24 settembre 

Pugni (Sellerio 2006) Pietro Grossi Incontro con l’Autore: 5 novembre 

Leggere è un diritto? nasce sotto gli auspici del Centro per il libro e la lettura #leggereèundiritto? Info/comunicati stampa: 3349540947

05/03/15

L'orologio di Roma, sul campanile del Palazzo Senatorio al Campidoglio.



L’orologio di Roma, sul campanile del Palazzo Senatorio al Campidoglio


La torre campanaria del palazzo senatorio al Campidoglio – che come si sa è il più antico palazzo municipale del Mondo – viene chiamata popolarmente anche “Torre della Patarina”, a causa di una delle campane che custodisce, la celebre Patarina portata da Viterbo nel 1200 e che da allora (anche se quella esistente oggi è una copia dell’ottocento della campana originaria) scandisce gli eventi più importanti della vita cittadina, come l’elezione del sindaco e la ricorrenza del 21 aprile, il Natale di Roma. 

Ma un’altra particolarità di questa torre, dalla cui sommità si gode forse il panorama più esclusivo della Capitale, è quella del grande orologio che divide in due il profilo del campanile e che è famoso anche per la sua precisione, da quando fu qui collocato, nel 1806, dopo essere stato smurato dalla vicina basilica dell’Aracoeli. 

Si trattava quindi di un meccanismo ancora più antico e con assoluta certezza del primo orologio pubblico cittadino, peraltro ancora perfettamente in funzione. 


In origine, segnava la cosiddetta “ora italica”, aveva cioè il quadrante diviso in sole sei ore. La suddivisione in dodici ore si ebbe soltanto nel 1847, dopo la riforma voluta da Pio IX, che metteva così lo Stato pontificio al passo con il resto dell’Europa. 

La storia di quel vetusto orologio si arrestò nel 1922, quando si rese necessario sostituire il meccanismo con uno più moderno. 

Quello attuale, sospeso a quarantacinque metri di altezza rispetto alla piazza, fu realizzato con un complesso meccanismo di pesi in ghisa e di acciaio tutti marchiati con la sigla capitolina, S.P.Q.R. Da allora, la manutenzione dei suoi ingranaggi, è affidata a un solo mastro orologiaio. 

I nomi di coloro che si sono alternati nei decenni in questo delicato ruolo sono iscritti su una targa nel muro dello stanzino da cui si accede al cuore del cronografo. 

Nei primi tempi, dopo il 1922, il movimento delle lancette era sincronizzato con il suono delle campane, i cui rintocchi coincidevano con le ore e con i quarti. Questa usanza fu poi abolita, ma ancora oggi, nell’epoca dei cellulari e del digitale, il grande orologio del Campidoglio continua a non perdere un colpo e a scandire il trascorrere del tempo nella città eterna.


Fabrizio Falconi - (C) riproduzione riservata. Tratto da Misteri e segreti dei rioni e dei quartieri di Roma, Newton Compton, Roma, 2013. 

04/03/15

Elogio della canzone (e del cantore) popolare. Lucio Dalla, 4 marzo 2015.



Rievocando la data di nascita di Lucio Dalla - 4 marzo 1943, eternizzata dal titolo della canzone forse più famosa di questo stesso autore - si può forse riflettere sulla importanza della canzone (e del cantore) popolare, specie nel nostro paese, con una tradizione che viene direttamente dai Trovatori medievali e poi dalla romanza melodica, che nelle Arie della Lirica italiana ha trovato la più vasta eco mondiale. 

Una sorte curiosamente crudele ha accomunato diversi di questi cantori moderni - Ivan Graziani, Fabrizio De André, Lucio Battisti, Lucio Dalla, Pino Daniele - tutti morti prematuramente, lasciando vuoti praticabili abitati dal loro lascito artistico. 

Cantori che hanno apparentemente cantato cose banali, figlie di un Dio minore rispetto a quelle ritenute più profonde e complesse (la Letteratura, l'Arte, l'indagine intellettuale).

Eppure in queste canzoni, in questi modi emotivi, c'è una traccia ulteriore, come un filo rosso che continua ad allungarsi nel cielo sopra le nostre teste e le nostre condizioni limitate terrestri. 

Canzone.... vai per le strade e tra la gente... diglielo veramente. Cantava Lucio Dalla. Non può restare indifferente, e se rimane indifferente non è lei. 

Nessuno, a quanto pare, resta indifferente.  

Questo vuoto continua ad essere abitato. E non è solo una .. illusione popolare. 

Fabrizio Falconi - (C) riproduzione riservata - 2015





02/03/15

Il Barocco a Roma, una grande rassegna a Roma dal 1 aprile.



BAROCCO A ROMA. LA MERAVIGLIA DELLE ARTI 

Una mostra con una ricca serie di eventi satellite presso alcuni tra i principali siti del Barocco a Roma Roma, 1 aprile - 26 luglio 2015 Fondazione Roma Museo - Palazzo Cipolla Dal 1 aprile al 26 luglio 2015 


Un’esperienza irripetibile, un viaggio nel Barocco a Roma, la città che nel Seicento divenne il centro culturale del mondo attirando a sé i più importanti artisti, italiani e stranieri, che toccarono i vertici di una creatività senza eguali. 

L’esposizione offre al pubblico quasi 200 opere: dipinti, sculture, disegni, medaglie e oggetti. Tra i capolavori più ricercati troviamo i bozzetti del Bernini per le statue di ponte Sant’Angelo e per l’Estasi di Santa Teresa (Museo Ermitage di San Pietroburgo), Ritratto di Costanza Bonarelli del Bernini (Museo Nazionale del Bargello), Atalanta e Ippomene di Guido Reni (Museo di Capodimonte), Trionfo di Bacco di Pietro da Cortona (Musei Capitolini), Santa Maria Maddalena penitente di Giovan Francesco Barbieri detto il Guercino (Musei Vaticani), Il Tempo vinto dalla Speranza e dalla Bellezza di Simon Vouet (Museo Nacional del Prado).

La mostra, oltre ad essere una preziosa occasione di conoscenza, studio e aggiornamento sulle tematiche del periodo e i suoi protagonisti, valorizza il patrimonio storico-artistico ed architettonico attraverso una serie di eventi satellite in alcuni dei luoghi più belli del Barocco romano. 

Non soltanto una mostra, quindi, ma una vera e propria operazione culturale, fortemente voluta dal Presidente della Fondazione Roma, Emmanuele F.M. Emanuele. 

Al di fuori del percorso espositivo, l’evento offre, infatti, itinerari esclusivi (Musei Vaticani), tour tematici (Complesso di Sant’Ivo alla Sapienza; chiesa dei Santi Luca e Martina; Oratorio dei Filippini; Cappella dei Re Magi presso Propaganda Fide; Galleria Doria Pamphilj), percorsi barocchi (Musei Capitolini; Galleria Nazionale di Arte Antica in Palazzo Barberini), visite speciali (Palazzo Colonna; Wunderkammer al Collegio Romano), mostre di approfondimento (Museo di Roma-Palazzo Braschi; Palazzo Chigi in Ariccia; Sala Alessandrina presso l’Archivio di Stato), giornate di studio, convegni, concerti e la rievocazione storica di Castel Sant’Angelo, con la sua girandola di fuochi pirotecnici, che celebra la festa dei santi Pietro e Paolo. La mostra Barocco a Roma. 

La meraviglia delle arti, a cura di Maria Grazia Bernardini e Marco Bussagli, vanta importanti prestiti dai più autorevoli musei del mondo, tra cui: Musée du Louvre, Museo statale Ermitage di San Pietroburgo, Kunsthistorisches Museum e Albertina Museum di Vienna, Museo Nacional del Prado di Madrid, Victoria & Albert Museum di Londra, Musei Vaticani, oltre ai principali istituti museali italiani. 

La mostra è promossa dalla Fondazione Roma e organizzata dalla Fondazione Roma-Arte-Musei, con la partecipazione di: Roma Capitale, Assessorato alla Cultura e al Turismo-Sovrintendenza Capitolina e Dipartimento Cultura; Musei in Comune; Archivio Storico Capitolino; Soprintendenza Speciale per il Patrimonio Storico-Artistico ed Etnoantropologico e per il Polo Museale della Città di Roma, Galleria Nazionale di Arte Antica in Palazzo Barberini; Archivio di Stato di Roma; Galleria Doria Pamphilj; Palazzo Colonna; Propaganda Fide; Accademia Nazionale di San Luca; Palazzo Chigi in Ariccia. Fondazione Roma Museo-Palazzo Cipolla 

Roma, 1 aprile – 26 luglio 2015