16/09/15

Da Van Gogh a Chagall, da Guttuso a Fontana, una grande mostra a Firenze a Palazzo Strozzi.





Dal 24 settembre 2015 al 24 gennaio 2016 Palazzo Strozzi a Firenze ospita Bellezza divina tra Van Gogh, Chagall e Fontana, un’eccezionale mostra dedicata alla riflessione sul rapporto tra arte e sacro tra metà Ottocento e metà Novecento attraverso oltre cento opere di importantissimi artisti italiani, tra cui Domenico Morelli, Gaetano Previati, Felice Casorati, Renato Guttuso, Lucio Fontana, Emilio Vedova, e internazionali come Vincent van Gogh, Jean-François Millet, Edvard Munch, Pablo Picasso, Max Ernst, Georges Rouault, Henri Matisse.

Bellezza divina costituisce un’occasione straordinaria per confrontare opere famosissime studiate da un punto di vista inedito, presentate accanto ad altre di artisti oggi meno noti, il cui lavoro ha contribuito a determinare il ricco e complesso panorama dell’arte moderna, non solo sacra

A cura di Lucia Mannini, Anna Mazzanti, Ludovica Sebregondi e Carlo Sisi, l’esposizione nasce da una collaborazione della Fondazione Palazzo Strozzi con l'Ex Soprintendenza Speciale per il Patrimonio Storico, Artistico ed Etnoantropologico e per il Polo Museale della città di Firenze, l’Arcidiocesi di Firenze e i Musei Vaticani e si inserisce nell’ambito delle manifestazioni organizzate in occasione del V Convegno Ecclesiale Nazionale, che si terrà a Firenze tra il 9 e il 13 novembre 2015, al quale interverrà anche papa Francesco.


Grandi protagonisti della mostra sono capolavori come l’Angelus di Jean-François Millet, eccezionale prestito dal Museo d’Orsay di Parigi, opera che emana una religiosità atavica, un senso del sacro trasversale e universale; la Pietà di Vincent van Gogh dei Musei Vaticani, fondamentale perché – nonostante la vocazione religiosa e mistica – l’artista ha rappresentato raramente soggetti sacri, e lo ha fatto ispirandosi a opere di altri autori; la Crocifissione di Renato Guttuso delle collezioni della Galleria Nazionale d’Arte Moderna di Roma, opera emblematica con un’intensa connotazione politica che esprime, come Guernica, un grido di dolore, la Crocifissione bianca di Marc Chagall, proveniente dal The Art Institute Museum di Chicago, l’opera d’arte più amata da papa Bergoglio.

 La mostra è promossa e organizzata dalla Fondazione Palazzo Strozzi e l’Arcidiocesi di Firenze con la collaborazione dell’ Ex Soprintendenza Speciale per il Patrimonio Storico, Artistico ed Etnoantropologico e per il Polo Museale della città di Firenze, Musei Vaticani e con il sostegno del Comune di Firenze, la Camera di Commercio di Firenze, l’Associazione Partners Palazzo Strozzi, la Regione Toscana. 

Viaggio in Russia sulle orme dei grandi scrittori russi.



Un viaggio nella Russia centrale sulle orme dei grandi protagonisti della letteratura e delle arti russe. 

E' l'iniziativa dell'Associazione Conoscere Eurasia di Verona che fino al 20 settembre guiderà nove giovani scrittori italiani alla scoperta di Lev Tolstoj, Fedor Tjutcev, Anton Cechov, Alexander Blok, ma anche del pittore Vasilij Polenov e di Petr Cajkovskij. I

Il tour, organizzato in collaborazione con l'Agenzia Federale per la stampa e le comunicazioni, l'Istituto delle traduzioni Ad Verbum con il sostegno di Banca Intesa Russia, farà tappa in 7 citta': Mosca, Melikhovo, Polenovo, Tarusa, Ja'snaja Polia'na, Spasskoe-Lutovinovo, Klin e Shakhmatovo. 

"Italia e Russia hanno relazioni culturale dal X secolo - ha spiegato Antonio Fallico, presidente di Conoscere Eurasia e di Banca Intesa Russia -. Nel corso della storia i protagonisti della letteratura, dell'arte e della musica di entrambi i Paesi hanno approfondito e arricchito la reciproca conoscenza". 

"Le contaminazioni che ne sono scaturite - ha aggiunto - confluiscono nel grande patrimonio culturale che, come un fil rouge, lega questi due popoli tradizionalmente amici". 

 Tra le mete del viaggio dei nove giovani talenti italiani, quest'anno scelti tra i finalisti e i vincitori delle scorse edizioni del Premio letterario italo russo 'Raduga' (sempre organizzato dall'Associazione Conoscere Eurasia), la casa museo Muranovo, patria di Tjutcev, uno dei piu' grandi poeti russi, il museo Polenovo con le opere del pittore Polenov, il museo di Tolstoj e di Blok, oltre alla visita al Gran Palazzo del Cremlino.

"Il viaggio degli scrittori italiani in Russia - ha concluso Fallico - e' una delle tante iniziative culturali dell'Associazione Conoscere Eurasia che, dal 2009, promuove in entrambi i Paesi attivita' volte alla conoscenza e al dialogo tra le due culture; presupposto necessario per lo sviluppo anche economico dei popoli". 

15/09/15

La Venere di Urbino di Tiziano, un celebre quadro misterioso.





Cosa piangi, donna ?   Cosa rovisti in quella cassapanca sotto la finestra, inginocchiata ? Cosa vuole da te la donna in piedi che aspetta ?  Cosa ostenta la meravigliosa donna in primo piano che mi osserva ?

La pretesa di spiegare tutto dei grandi quadri, si mortifica davanti alla Venere di Urbino, dipinta da Tiziano Vecellio nel 1538 su incarico di Guidobaldo II Della Rovere, quasi venti anni dopo la Venere dormiente del Giorgione. 

Tiziano aggiorna la versione dell'altro maestro, e apre gli occhi alla Venere (che non è più dormiente come in quella di Giorgione), le assegna una posa ancor più seducente, indirizza il suo sguardo direttamente negli occhi dell'osservatore, conserva il particolare della mano pudica proprio a coprire il pube, anche le gambe incrociate, adorna la donna di preziosi monili (un anello al dito mignolo della mano sinistra, un bel bracciale d'oro al polso destro, un orecchino di perla a goccia al lobo sinistro), sistema la sua capigliatura in una meravigliosa treccia, porge alla mano un mazzetto di rose rosse scarlatto, come la trama dei due materassi che sporgono sotto i cuscini. 

Ma è l'ambiente a rendere questo quadro davvero magico.  Saranno sicuramente due fantesche quelle che si vedono sullo sfondo - intente a scegliere i vestiti per ricoprire la nudità della padrona dea, ma che impressione produce sulla scena, la luce proveniente dalla finestra, dolcemente in penombra, con le sfumature di arancio del tramonto appena concluso, le prime stelle nel cielo indaco, l'ombra proiettata all'interno della casa. 

Tutto sembra sospeso e immobile.  Tutto è concentrato, nella forma del triangolo e delle diagonali che attraversano il quadro, verso l'inguine di Venere, con lo sguardo ipnotico da una parte e l'ombra delle donne dall'altra, che suggellano l'offerta vitale. 

Tiziano Vecellio, Venere di Urbino (119 x 165 cm), 1538, Galleria degli Uffizi, Firenze. 

Fabrizio Falconi


14/09/15

1998, Un anno d'oro per il cinema italiano: in due giorni si presentano a Cannes 'Aprile' e 'La vita è bella'.



Grande anno per l'Italia, il 1998. Sulla Croisette, a distanza in due giorni vengono presentati La vita è bella di Roberto Benigni (domenica 17 maggio) e Aprile di Nanni Moretti (lunedì 18 maggio), con esiti contrari:  applausi scrocianti e standing ovation per Benigni, risate, pochi applausi e anche qualche fischio per Nanni. 

Il film di Benigni conquista il secondo premio (il Gran Premio della Giuria) - vince L'eternità è un giorno di Theo Anghelopoulos, mentre qualche mese più tardi sbancherà Los Angeles, con tre premi Oscar (miglior film straniero, migliore interpretazione maschile, miglior colonna sonora); ignorato Moretti.

Non potrebbero essere due film più diversi.  La vita è bella è diventato un classico, quasi un miracolo di neo-neo realismo, che la coppia Cerami-Benigni seppe inventare calibrandolo sull'estro smisurato di Benigni e la sua affidabilità di immagine internazionale.  Oggi forse avverte di più il peso degli anni, e quello che nei cineclub degli anni Sessanta veniva definito il messaggio, ha finito per prevalere sui meriti del film, al punto che oggi viene proiettato (giustamente) nelle scuole, più nelle scuole, che nei canali tv. 

Aprile è un film considerato minore di Moretti, che io personalmente continuo ad apprezzare più degli ultimi suoi lavori.  Risente ancora della forma diaristica del film precedente (Caro Diario, 1996), frammentaria, e dappertutto riemerge il folletto irriverente e iconoclasta che aveva fatto irruzione alla fine degli anni '70 nel panorama un po' ingrigito del cinema italiano con Io sono un autarchico e Ecce Bombo.  

In una intervista alla Stampa, il 17 maggio, Fulvia Caprara non risparmia a Nanni una battuta riferita a Vittorio Gassman, il quale intervistato da Le film francais, dice che il film non gli è piaciuto e che il cinema italiano "resta ancora piccolo, provinciale".

L'osservazione di Gassman, in quegli anni giustamente inacidito dalla piega che aveva preso l'industria del cinema italiano, è smentibile proprio dal film di Benigni. E Moretti lo fa osservare:

"Non è vero che si raccontano solo storie piccole, quello di "la vita è bella", per esempio non è certo un tema piccolo. Il problema è che noi tutti abbiamo difficoltà nel raccontare il nostro Paese e le sue contraddizioni. Una cosa che, invece, è riuscita benissimo al cinema inglese."

Insomma, Nanni fece il modesto. 

Ma forse, questa è la mia opinione, hanno raccontato meglio il nostro Paese proprio film anarchici  e un po' folli come Caro Diario e Aprile, che i seriosi film che seguirono, ottimamente confezionati, ma forse privi di vera verve, privi in definitiva, di anima. 



13/09/15

"Sono un uomo abituato al sogno" - Stephane Mallarmé (Giuliano Gramigna)

Mallarmé fotografato da Nadar




Insegui' per tutta la vita il "Libro" per eccellenza ma mori', cento anni fa, lasciando un'opera esigua. Che anticipa l'esperienza freudiana dell'inconscio 

Mallarme', la disfatta in versi 

A 56 anni fu vittima di una crisi di soffocamento la mattina del 9 settembre 1898. E' passato alla storia come un poeta oscuro ma nessuno ha avuto un influsso maggiore nel nostro secolo 

"Dicevo qualche volta a Mallarme': c'e' chi vi critica, chi vi beffa. Voi irritate, fate pieta'... Ma sapete, sentite almeno questo: c'e' in ogni citta' di Francia un giovane sconosciuto che si farebbe uccidere per i vostri versi, per voi?": e' un passaggio ben noto di Variete' III di Paul Valery. 

Nel viso di Mallarme', come ce l'hanno consegnato le foto di fine secolo, si fondono una mitezza delusa e un orgoglio irriducibile: l'orgoglio di aver inseguito per tutta la vita il Grande Sogno, la Grande Opera, insomma il Libro per eccellenza, insieme impossibile e possibile ai suoi occhi, come a quelli di Valery, "che non e' mai guarito da quella specie di ferita...". 

Della Grande Opera parlano anche le poche righe che Stephane Mallarme' indirizzo' alla moglie e alla figlia, a Mere e Veve, la notte dell'8 settembre 1898 - quando uno spasmo della glottide quasi lo soffoco' - invitandole a bruciare il "mucchio semisecolare" di suoi appunti, note, abbozzi. 

"Non c'e' nessuna eredita' letteraria, mie povere care... E voi, soli esseri al mondo capaci di rispettare fino a questo punto tutta una vita di artista sincero, credete che doveva essere molto bello...". 

L'indomani, 9 settembre, mentre il medico lo sta visitando, Mallarme' e' ripreso da una crisi di soffocazione; non la supera; muore. 

Ha appena 56 anni, essendo nato a Parigi nel 1842. Lascia un'opera relativamente esigua: un libro di Poesies, poemi come Herodiade, Un coup de des, Igitur, L'apres - midi d'un faune, una raccolta di saggi, interventi, poemi in prosa, Divagation, una quantita' di deliziosi versi d'occasione, fra cui i proverbiali eventails (un genere letterario, addirittura!). 

Certo agli occhi del loro autore, quei sonetti memorabili, celebrazioni funebri per Baudelaire, Poe, Verlaine, eccetera, o amorose, dovevano rappresentare solo le schegge introduttorie al Libro; sono bastati per assicurare a Mallarme' un posto capitale nella letteratura moderna

Se due dioscuri, Marcel Proust e James Joyce, si collocano alle origini del romanzo novecentesco, Mallarme' sara' il deus absconditus anzi molto patente di una fetta cospicua della poesia moderna, giu' giu' fino ai nostri giorni

Parlarne, nel centenario della morte, non e' un semplice ossequio allo scadenzario letterario; soprattutto se serva a mettere in chiaro cio' che ancora puo' (deve) dire l'autore di Igitur allo scrittore e al lettore contemporanei. 

"Un uomo abituato al sogno" si era definito aprendo una conferenza su Villiers de l'Isle - Adam. Ecco qui gia' introdotto uno dei significanti r - eve che identificano infallibilmente il suo discorso poetico. Non sono semplici tic, idiosincrasie lessicali, ma punti di condensazione dell'immaginario mallarmeano. Si potrebbe comporne una sfilza - sostantivi e aggettivi riconoscibili anche da un mediocre lettore: sogno, assoluto, nulla, vuoto, bianchezza, volo, stella, cigno, notte, naufragio, caso, assenza, ghiaccio - eppoi sterile, abolito, amaro, puro... elenchi meschini, che depauperano della energia originaria tali vocaboli, che il verso fonde in "una parola totale, nuova, straniera alla lingua, et comme incantatoire", secondo la splendida dizione di una pagina delle Devagations; il verso che nega per un attimo il Caso, le hasard, "vinto parola per parola". 

Non si puo' rendere minimamente giustizia alla poesia di Mallarme' in una nota volante, come questa. Ma si capira' subito che tali presenze di linguaggio non hanno piu' niente a che fare con le sostanze dense, succulente, antefatte dai poeti parnassiani da cui tuttavia Mallarme' discendeva. "Dipingere non la cosa ma l'effetto che essa produce" scriveva il giovane autore all'amico Gazalis, esponendogli la sua estetica in nuce - come ricorda Mario Luzi, che e' stato forse il piu' mallarmeano dei nostri poeti, nel suo Studio su Mallarme', uno dei primi contributi critici significativi in Italia, insieme con il memorabile Mallarme' di Carlo Bo. 

La lezione di fedelta' al proprio impegno, di rigore supremo credo abbia valore anche cent'anni dopo - devozione feroce e insieme accettazione della sconfitta. Perche' non dirlo? La poesia di Mallarme' segna una disfatta, almeno secondo i parametri del suo autore. Disfatta grandiosa, almeno quanto il progetto inseguito. Poche volte nei secoli la letteratura ha raggiunto picchi maggiori. Un professeur d'attention lo chiama Paul Claudel; etichetta criticamente pertinente, di la' dall'allusione agli anni ingrati dell'insegnamento. Mallarme' ha espulso dal suo lavoro retorica, gonfiezza, facilita', approssimazione. 

Come "professione d'attenzione" ha molto da insegnarci. 

Nessuna vaghezza - che e' appunto disattenzione profonda; nei suoi versi non si danno sinonimi: ogni parola, nome aggettivo verbo, e' unica, centrata nel suo valore radicale, detta una volta sola per sempre

Le Muse indefettibili di Mallarme' sono la sintassi e l'etimologia: l'ha mostrato in maniera eccellente (si pensi solo al ricorso "creativo" al dizionario Littre'). Stefano Agosti, oggi il piu' autorevole e acuto mallarmista, non solo in Italia, con le analisi capillari del "Cigno" e del "Fauno". Mallarme' e il simbolismo hanno avuto influsso determinante sulla poesia italiana del secolo: futuristi, ermetici, fino ai piu' prossimi poeti visivi. 

Capisco che ai giovani scrittori "simbolismo" suoni qualifica vitanda. Ma Mallarme' e' davvero un simbolista?

In effetti il suo lavoro apre una progettazione piu' ampia e nuova. Mallarme' muore nel 1898; 

L'interpretazione dei sogni di Freud inaugura il secolo; pero' certi esemplari mallarmeani non s'inscrivono in una esperienza (testuale) d'inconscio, avant lettre? Non e' del tutto attuale il rapporto fra soggetto e linguaggio, alla base della esperienza mallarmeana? 

Mettiamo pure, scriveva Valery, che Mallarme' sia oscuro, sterile, prezioso: ma se attraverso tali difetti mi ha spinto ad anteporre a tutto il possesso cosciente della funzione del linguaggio e il sentimento di una liberta' superiore dell'espressione, questo e' un bene incomparabile, che non mi e' stato mai offerto da nessun libro trasparente e facile.



L'ultima lettera a moglie e figlia "Mere, Veve, il terribile spasmo di soffocazione appena sofferto puo' ripresentarsi durante la notte e sopraffarmi. Allora non vi stupira' che pensi al mucchio semisecolare delle mie note, che diventera' per voi un grande imbarazzo; visto che non un solo foglietto puo' essere utilizzato. Solo io potrei cavarne fuori cio' che contiene... L'avrei fatto se gli ultimi anni non mi avessero tradito. Percio', bruciate tutto: non c'e' nessuna eredita' letteraria, mie povere care. Non sottomettetelo al giudizio di qualcuno: o rifiutate ogni ingerenza curiosa o amichevole. Dite che non ci si capirebbe niente, del resto e' la verita', e voi, mie povere prostrate, i soli esseri al mondo capaci di rispettare fino a questo punto tutta una vita d'artista sincero, credete che doveva essere molto bello...". (da Vie de Mallarme' di Henri Mondor) Gramigna Giuliano.

12/09/15

La Visitazione di Pontormo, un quadro assoluto.



Pura intensità.

Jacopo Carucci (o Carrucci), detto il Pontormo lo dipinse tra il 1528 e il 1530 per l'altare della famiglia Pinadori ed è rimasto per cinque secoli sempre nello stesso luogo per cui era destinato: la Cappella Capponi nella propositura dei Santi Michele e Francesco a Carmignano, in provincia di Prato.

L'episodio evangelico raffigurato è la Visitazione di Maria a Sant'Elisabetta.

Ricordiamo i fatti raccontati: nell'Annunciazione, il Signore per mezzo dell'arcangelo Gabriele chiedeva la disponibilità di Maria a ricevere un figlio, il Cristo; ma avendo Maria desiderato la verginità, l'angelo spiegò che la concezione sarebbe stata miracolosa per opera dello Spirito Santo, e per esemplificare la potenza di Dio, annunciava l'incredibile maternità di sua cugina Elisabetta, già al sesto mese di gravidanza, nonostante la sua presunta sterilità e anzianità.

Elisabetta era sposata con Zaccaria, sacerdote del tempio di Gerusalemme, e quindi della tribù di Levi.

Dopo l'annunciazione e ricevuto lo Spirito Santo, Maria si recò da Nazaret in Galilea a trovare Elisabetta in Giudea, in una città tradizionalmente ritenuta Ain-Karim situata 6 km ad occidente di Gerusalemme.

Quando Maria giunse nella casa di Zaccaria, Elisabetta ebbe la percezione di trovarsi di fronte alla donna che portava in grembo il Cristo, lodando Maria per essere stata degna e disponibile al progetto di Dio.

In risposta alla lode, la Vergine Maria espresse il ringraziamento a Dio attraverso quello che è conosciuto come il "Magnificat" riportato dall'evangelista Luca e denso di reminiscenze bibliche. Maria rimase con Elisabetta circa tre mesi, cioè fino alla nascita di suo nipote Giovanni, il futuro Battista.

Pontormo ambienta questa scena in una anonima via oscura.  In uno spazio imprecisato e metafisico, quattro donne sembrano quasi avvolte in un'unica figura. I loro drappi, di diversi colori, definiscono in primo piano l'incontro tra Maria ed Elisabetta, mentre altre due misteriose donne assistono sullo sfondo con lo sguardo rivolto fissamente all'osservatore del quadro.

L'incrocio delle braccia segue l'incrocio degli sguardi, di una intensità quasi insostenibile.


Tra Maria ed Elisabetta c'è un muto sguardo che dice tutto. La terza donna, tra le due, ci osserva come interrogandoci. 

La composizione del quadro - a rombo - è puro genio. I colori, come sempre in Pontormo, parlano una loro lingua specifica, un dialogo di consistenza e proporzioni. 

Le quattro donne - nella corrispondenza due anziane, due giovani, nei due sguardi, due allacciati, due dispersi oltre il quadro - sembrano suggerire una rappresentazione che oltrepassa il tempo e che si fissa nella ricerca di un punto esatto di destini e di eternità (assoluto).

Nel 1995 Bill Viola ha celebrato questo grandioso quadro in una sua installazione.



Fabrizio Falconi

11/09/15

Una libreria giapponese sfida lo strapotere di Amazon, con Murakami e compra 90.000 copie del suo nuovo libro.




La libreria Kinokuniya di Tokyo tenta lo "sgambetto" al colosso Amazon e agli store online e di ebooks con l'appeal di Haruki Murakami: la catena di librerie giapponesi ha comprato il 90% delle copie della prima stampa dell'ultimo lavoro del piu' volte candidato al Nobel per la Letteratura, "Shokugyo toshiteno Shosetsuka" ('Romanziere per professione').

Un totale di 90.000 copie, rilevate direttamente dall'editore Switch Publishing, per contrastare lo strapotere delle librerie online

50.000 pezzi saranno poi girate da Kinokuniya agli shop locali, a tutela dei piccoli rivenditori.

Al netto delle prenotazioni fatte da altri player, ad Amazon e simili non resterà che il magro bottino di 5.000 copie. Il rischio tuttavia, rileva la stampa locale, e' che lo sforzo di rivitalizzare la libreria tradizionale possa scontrarsi con il rischio di perdite dato che non sara' possibile restituire i libri invenduti in mancanza di un distributore.

Allo stato, in Giappone il 40% dei libri distribuiti nelle librerie e' riconsegnato. Kinokuniya, forte della popolarita' dell'autore di capolavori e bestseller come "Norwegian Wood" e "1Q84" e dell'ultima opera in cui Murakami guarda indietro alla sua vita di romanziere, è convinta di poter vendere ogni copia grazie a un'iniziativa ritenuta in grado di contribuire a stabilizzare le entrate degli editori. 

10/09/15

Orhan Pamuk: "La foto del bimbo più forte di appelli dei Premio Nobel."



intervista di Alessandra Magliaro per ANSA

Il premio Nobel per la letteratura Orhan Pamuk alla Mostra del cinema di Venezia per la prima mondiale, nelle Giornate degli Autori del film di Grant Gee Innocence of Memories, che evoca il titolo di unodei suo romanzi piu' noti, Il museo dell'innocenza (Einaudi), non e' voluto mancare alla proiezione dell'opera che sara' distribuita in Italia da Nexo Digital. 


C'e' ancora un ruolo che gli intellettuali possono svolgere rispetto a quello che accade in Europa con l'ondata biblica di rifugiati di guerra? 

"Non bisogna esagerare con il ruolo degli intellettuali. Pubblicare la foto del povero bambino Aylan e' stato centinaia di volte più' forte di tanti nostri appelli. Scegliendo di mostrare quell'immagine si e' riusciti a provocare un vero cambiamento. Anche in Turchia come in altri paesi si e' discusso se fosse da mettere in prima pagina o no, ma io sono stato d'accordo e felice che sia stato fatto anche nel mio paese. Questo non significa che l'impegno degli intellettuali non abbia piu' senso: possiamo criticare, non restare passivi, ma la nostra azione nel mondo dominato dalle immagini e' decisamente inferiore a quello che aveva un tempo". 

La Turchia, non solo geograficamente, e' stata centrale nei cambiamenti del corso della storia, pensa che lo sia ancora oggi? 

"Istanbul e la Turchia sono da sempre crocevia di movimenti demografici, non solo dall'Asia verso l'Europa ma anche dalla Russia verso il sud e dai Balcani verso l'Europa. Abbiamo avuto due milioni di migranti in Turchia, mentre l'Europa ne voleva accogliere duemila. Ora sono felice che anche la Germania abbia deciso di aprire le porte". 

Istanbul, dove e' nato nel '52, e' il centro di tutto. Pamuk e' lo scrittore di Istanbul come Dickens lo era di Londra e' stato detto. Cosa rappresenta per lei? 

"Ci sono nato, cresciuto, ci vivo, da sempre cerco di vedere il mondo attraverso questa citta' che negli anni si e' sviluppata immensamente. Sono le mie fondamenta, la mia famiglia, il mio corpo, ma non l'ho mai immaginata e descritta sotto una lente romantica, sdolcinata o glamour, ne ho viste tutte le contraddizioni". 

Nel 2012 ha finalmente realizzato il sogno di aprire a Istanbul il Museo dell'Innocenza, che accoglie tutti gli oggetti descritti nel libro, gli oggetti di un amore innocente come quello sbocciato fra i due protagonisti del romanzo, perche' renderli reali, concreti

"Sono gli oggetti a dare la definizione di memoria, come quando nella tasca di una giacca trovi due biglietti di un film che hai visto anni prima, immediatamente ricordi quei momenti. Gli oggetti risvegliano la memoria. Noi siamo memoria e non esiste la possibilita' di felicita' e sopravvivenza senza la memoria. Ricordare ci rende intelligenti"

Innocence of Memories, il film di Grant Gee, che relazione ha con lei e la sua opera letteraria? 

"Il film non e' la versione cinematografica del romanzo, e' la storia del museo del romanzo Il museo dell'Innocenza. I principali protagonisti di quella storia, Kemal e Fusun che vivono un amore contrastato nella Turchia degli anni '70, sono ampliati e poi c'e' la citta', il mio lavoro, in una narrazione che e' poetica, un lungo unico ponte tra immaginazione e realta'".

Dopo questo documentario e' cambiato il suo rapporto con la narrazione e con il cinema? 

"E' una delle mie più grandi gioie poter andare al cinema. Uscire da un bel film immediatamente da' felicita', e' un grande potere che ha il cinema. Da ragazzo ero un assiduo frequentatore della Cineteca di Istanbul, ora un po' meno. Dopo aver partecipato alla realizzazione di questo film e aver visto il processo creativo che c'e' dietro, quasi quasi mi e' venuta voglia di fare un film. Del resto in passato le ambizioni cinematografiche erano frustrate dal costo di realizzazione, oggi con lo sviluppo tecnologico puoi fare un piccolo film con uno smartphone. Quei piccoli video sono come il diario segreto che avevamo da ragazzi". 

Tra i libri piu' attesi del 2015 c'e' il suo nuovo romanzo, sette anni dopo Il Museo dell'Innocenza. Di cosa si tratta?

 "A strangeness in my mind. In Italia a fine novembre lo pubblichera' Einaudi come tutti i miei libri, non so ancora con quale titolo. E' un romanzo d'amore che ha come sfondo i cambiamenti sociali della Turchia. Si parte dalle lettere d'amore che un venditore ambulante scrive, tra il 1969 ed il 2012, alla ragazza di cui si e' innamorato". 



03/09/15

SaggiaMente. La sofferenza dell'anima.




La mente non è (solo) il cervello.  Gli occidentali ci hanno messo parecchio a giungere a questa conclusione che nel pensiero orientale era già assodata migliaia di anni orsono. 

Non è solo il cervello - l'organo biologicamente preposto al pensare - l'autore dei nostri stati d'animo, delle nostre ansie, delle nostre intuizioni, dei nostri dolori.   La mente si muove oltre i confini strettamente biologici, oltre le semplici connessioni neuronali (cellule neuronali fra l'altro non esistono solo nel cervello, ma anche in altri organi del corpo): si pensa anche quindi con il cuore, si pensa con lo stomaco, si pensa con gli organi genitali, si pensa con l'intestino. 

Si è felici o tristi anche con il cuore, con lo stomaco, con gli organi genitali, con la pelle, con l'intestino. 

Ma c'è qualcosa che trascende ancora il pensiero, la mente, biologicamente intesa come cervello o in modo più esteso come prosecuzione del/nel corpo. 

Questo qualcosa è stato variamente denominato nel corso dei millenni della storia dell'uomo.  Ad esso, a questo quid, ci si è riferito e ci si riferisce, non sapendo cosa sia, nei più diversi modi.  James Hillman, ne Il codice dell'anima, ha meticolosamente e dettagliatamente elencato questi nomi, che seppure con sfumature diverse, indicano questo quid, che non è, è non sembra essere soltanto mente: carattere;  predisposizione; anima; Sè; destino; istinto; talento.

Si tratta di quel nucleo originario della nostra personalità, della nostra individualità.  

Anche nella consapevolezza e nella accettazione e ricerca di questo quid, il pensiero orientale ha trovato strade di comprensione molto tempo prima, anche se dal pensiero greco platonico in poi, anche la tradizione occidentale ha preso le misure di una componente così essenziale della natura umana. 

Per verificare la potenza di questo quid - e anche la sua reale sussistenza - ci sono diverse strade e diversi cammini personali.   La strada più evidente è quella della sofferenza.   Cioran scrive che è proprio la sofferenza che plasma e crea la coscienza.  

Ma un certo tipo di sofferenza, rende evidente la potenza del quid, cioè dell'anima. 

Sono quelle sofferenze che non appartengono a stati mentali o a patologie o processi meramente cerebrali/neuronali.  Quasi tutti hanno sperimentato quel particolare malessere dell'individuo che non dipende da una malattia biologica - si è perfettamente sani nella mente e nel corpo - ma che sembra insinuarsi direttamente nella nostra radice più profonda dell'essere. 

Si può essere molto felici, esteriormente - avere tutto ciò che apparente-mente serve per essere felici, ogni condizione di bisogno appagata - ed essere al contempo interiormente enormemente infelici. 

Nel recinto di esistenze normali, si dibattono inquietudini interiori, vere crisi, mancanze di senso, infelicità diffuse che dipendono da ciò che il nostro quid silenziosamente o rumorosamente richiede, e che se non ascoltato procura danni enormi. 

La sofferenza dell'anima può infatti generare vere malattie della mente e del corpo. O del corpo e della mente, che appaiono così inestricabilmente legati. 

Ma la sofferenza dell'anima è anche un meraviglioso segnale, di cui disponiamo - se riusciamo a dare ascolto ad esso, e spazio, spazio, spazio - per capire cosa la vita ci chiede e cosa noi possiamo dare alla vita.


Fabrizio Falconi - 2015 


02/09/15

"Lacrime e santi" di E.M.Cioran - Una preziosa perla.



Lacrime e santi (Lacrimi si Sfinti) fu pubblicato per la prima volta a Bucarest nel 1937. Cioran aveva esordito tre anni prima, all'età di ventidue anni, nel 1934 con Pe culmile disperarii (Sulle cime della disperazione).

Dal 1933 al 1935, Cioran aveva vissuto a Berlino, proprio negli anni della ascesa hitleriana (aveva vinto una borsa di studio della fondazione Humboldt), poi dal 1937 si trasferì definitivamente a Parigi e da quel momento in poi pubblicò tutti i suoi libri in francese.  

Apparso nel 1937, l'anno del suo arrivo a Parigi, dunque, Lacrime e santi è ancora del tutto impregnato di quel "filosofare poeticamente" che egli aveva auspicato nella sua prima opera (Sulle cime della disperazione). 

In questo libretto folgorante si trovano già molti dei temi principali del pensiero di Cioran. La frequentazione appassionata dei mistici, l'attraversamento della via delle lacrime come conoscenza non illusoria, la musica come rimpianto del paradiso, il problema della sofferenza, lo scetticismo che non separa dalla vita, ma anzi rende la vita sempre più intensa, il pensatore privato sul letamaio del mondo, lo humour irriverente e paradossale. 

La lettura di queste 92 pagine è corroborante per l'anima, risveglia sentimenti primari e profondi, illumina con il fuoco di lampanti aforismi, riflessioni profondissime sul groviglio della natura umana. 





31/08/15

"La donna in bianco" di Wilkie Collins, un autore da riscoprire.



Una intricata trama si sviluppa lungo le 688 pagine de La donna in bianco scritto da Wilkie Collins nel 1860 sulle pagine della rivista All The Year Round che era diretta da Charles Dickens, amico dello scrittore.

Collins, laureato in legge, divenuto avvocato, non praticò mai la professione: nato a Londra nel 1824 era attratto dal demone della narrativa, e ad essa si dedicò con una furia fuori dal comune, firmando 25 romanzi, più di 50 racconti e numerose opere teatrali.

Fu penalizzato dal confronto con l'amico e contemporaneo Dickens, ma oggi viene riscoperto. 

La donna in bianco è interessante perché si tratta di un mystery ante litteram, anzi forse dell'antesignano di tutti i mystery.

I protagonisti sono una sfortunata protagonista, Anne Catherick (la donna in bianco del titolo), Lady Glide, e la sua sorellastra Marian Halcombe, il perfido e intelligentissimo Conte Fosco, e l'aspirante artista Walter Hartright (insegnante di disegno di Mrs. Fairlie, futura Lady Glide, di cui s'innamora), oltre a Sir Percival Glyde, altro pessimo figuro. 

Rispetto a Dickens, la narrativa di Collins è meno profonda, meno incisiva, meno fulminante.  Ma la macchina narrativa di questo romanzo che fu pubblicato a puntate per un anno intero appassionando i lettori dell'Inghilterra vittoriana, funziona alla perfezione, con i dovuti colpi di scena. 

Wilkie Collins, La donna in bianco, introduzione di Paolo Ruffilli, traduzione di Stefano Tummolini, 1996, Fazi Editore, Roma.


Fabrizio Falconi

30/08/15

E' morto Oliver Sacks.




(ANSA) - ROMA, 30 AGO - Il famoso neurologo e scrittore britannico Oliver Sacks e' morto oggi a New York all'eta' di 82 anni. Lo scrive il New York Times online citando Kate Edgar, la sua assistente. 

Sacks, come lui stesso aveva annunciato a febbraio in un editoriale sul Nyt, era affetto da cancro, che lo aveva colpito al fegato ed era entrato nella sua fase terminale. 

Uno dei suoi piu' famosi libri e' 'L'uomo che scambio' sua moglie per un cappello', uscito nel 1985. (ANSA).




27/08/15

Sonetto della valle meravigliosa (14) - Finale.




Sonetto della valle meravigliosa

14. Finale.

La valle è cieca, il fiume addormentato, è rimasto
Dar a contare l'acqua che scorre, e non finisce
mai, Ermus è su di lui e lui è il suo pasto

Heloisa in salvo, tutto si spegne e tutto scolora
anche un fauno ha il suo punto di inciampo
piange Dar, piange nella muta foresta, piange ancora

ogni gloria si innalza, ogni ansia svanisce
gli occhi son chiusi e i fiori si spengono sul campo.

Fabrizio Falconi-© riproduzione riservata 2015
Foto dell'autore.

26/08/15

Sonetto della valle meravigliosa (13) - Appassita.



Sonetto della valle meravigliosa 

13. Appassita.

E' la fine dell'isté, il sole è sparito, manomesso
dal funerale delle illusioni, nell'Ade non esiste
scampo, Dar insegue i petali caduti e il nesso

di quel che non trova: 'usciremo insieme,
aspettami,' tutto arriva, prima del fuoco
tutto insiste e proclama, tutto teme,

Heloisa raccoglie il suo anello e resiste
quello che serve per terminare il gioco.

Fabrizio Falconi-© riproduzione riservata 2015
Foto dell'autore.



25/08/15

Sonetto della valle meravigliosa (12) - La voce dei fantasmi.



Sonetto della valle meravigliosa.

12. La voce dei fantasmi

Conosce la porta dell'Ade, Ermus il custode
ci porta i suoi figli, e quelli degli altri,
li lascia senza cibo come un silvano Erode

Apre il passaggio per i due amanti persi
vi giungono Dar e Heloisa per mano
cantando canzoni, celebrando versi

non hanno paura, non sanno le coltri
basse, gli abissi, gli inciampi, le insidie del pantano.

Fabrizio Falconi-© riproduzione riservata 2015
Foto dell'autore.

24/08/15

Sonetto della valle meravigliosa (11) - Premonizioni.


Sonetto della valle meravigliosa

11. Premonizioni 

Una sola foglia rossa, vicino alla tomba caduta
in piena estate, il sangue di Heloisa, il sangue
di Dar: Giulan a te, amante mia perduta

Nia da dì, amore non ci perderemo mai
improvviso il cuore del nubifragio si spande
per la valle, generoso e tetro sopra i granai,

corrono e s'inseguono, il piatto di Ermus langue
ha fame, s'ode nel bosco il suo lamento grande.

 Fabrizio Falconi-© riproduzione riservata 2015
Foto dell'autore.

23/08/15

Sonetto della valle meravigliosa (10) - La casa delle sofferenze.



Sonetto della valle meravigliosa 

10. La casa delle sofferenze.

Ermus il guardiano pretende di celebrare i funerali
del desiderio, minaccia concretamente la fonte,
Dar si dibatte tra il fuoco sacro e i temporali;

la casa va a fuoco, si fugge perché è più semplice
lascia il campo ad Ermus e ai suoi stivali
di foglie, niente è più vero, niente più complice

frana la valle, cede il terreno, abbatte il ponte
scappano le mandrie, sono liberi i maiali.


Fabrizio Falconi-© riproduzione riservata 2015
Foto dell'autore.




22/08/15

Sonetto della valle meravigliosa (9) - Lo scialo.



Sonetto della valle meravigliosa 

9. Lo scialo.

Il tuo racconto equivale a uno scialo, le foglie morte
appartengono al passato, tu le coltivi per darti
senso, ma il racconto è sbagliato e tu non sei la sorte;

come un presentimento ti avverto, divorare vanamente
disseminare alibi, sperare che crescano prima
della notte e ti diano ragione, come al fiume la corrente,

il coraggio di essere se stesso, chiudi gli occhi e parti
il bosco è infinito e del monte non si vede la cima.

Fabrizio Falconi-© riproduzione riservata 2015
Foto dell'autore.