05/12/17

Finalmente nella "Nuvola": Parte domani "Più Libri Più Liberi", la fiera della media e piccola editoria.


Più libri più liberi finalmente nella Nuvola
La 16° edizione apre domani con la Legalità.
Inaugura il Ministro Franceschini
Roma Convention Center - La Nuvola, 6 - 10 dicembre 2017

Finalmente, la Nuvola. Si inaugura domani la sedicesima edizione della Fiera Nazionaledella Piccola e Media Editoria Più libri più liberi, l’evento editoriale più importante della Capitale dedicato esclusivamente all’editoria indipendente, promossa e organizzata dall’Associazione Italiana Editori (AIE), nella nuova sede del Roma Convention Center La Nuvola, il centro congressuale progettato da Massimiliano e Doriana Fuksas e gestito da Roma Convention Group.  
La cerimonia inaugurale, domani 6 dicembre alle ore 10.30 presso il Caffè letterario, si aprirà con gli interventi di Dario Franceschini, Ministro dei Beni e delle attività culturali e del turismo, Lidia Ravera, Assessore alla Cultura e Politiche Giovanili della Regione Lazio, Luca Bergamo, Vicesindaco con delega alla Crescita Culturale di Roma Capitale, Ricardo Franco Levi Presidente dell’AIE, Annamaria Malato Presidente di Più libri più liberi e Diego Guida, Presidente del Gruppo Piccoli editori di AIE. 
Alle 12.30, nella sala La Nuvola il primo appuntamento sulla legalità – tema centrale di questa edizione di Più libri più liberi - con la diretta Rai della trasmissione Speciale Quante Storie condotta da Corrado Augias, durante la quale interverrà il Presidente del Senato Pietro Grasso con il giornalista Lirio Abbate, Alessandra Ballerini, Giancarlo De Cataldo, Nicola Gratteri, Andrea Franzoso e Lorenzo Terranera.  
Nei cinque giorni della Fiera, che cresce negli spazi, quasi raddoppiati e nei numeri, con più di 550 appuntamenti e di 500 editori, si moltiplicheranno le occasioni per incontrare gli autori, assistere a convegni o performance musicali.
Tra i molti appuntamenti della giornata inaugurale, la proiezione del documentario Un unico destino di Fabrizio Gatti (alle 10 e alle 11.45, Aldus Room – incontro a cura di “La Repubblica”), che apre il programma dedicato ai ragazzi,  insieme alla presentazione di Cosa saremo poi, il libro di Luisa Mattia e Luigi Ballerini (alle ore 10.30, Spazio Ragazzi). Sempre alle 10.30, e sempre dedicato ai più giovani, l’incontro Scrittori del ‘900, con la presentazione dei libri Italo Calvino. Lo scoiattolo della penna di Giorgio Biferali e Giuseppe Tomasi di Lampedusa. Il Gattopardo raccontato a mia figlia di Maria Antonietta Ferraloro (Sala Elettra).
Pietro Grasso sarà protagonista dell’incontro Politica e antimafia, con il giornalista Lirio Abbate alle 11.45 al Caffè letterario. 
Alle 14.30 (sala Polaris), l’annuncio e la presentazione dei finalisti al Premio Stendhal, l’importante riconoscimento per la traduzione dal francese verso l’italiano, con interventi di Ilide Carmignani, Valerio Magrelli, Stefano Montefiori, Cristophe Musitelli e Bernadette Vincent, e il coordinamento di Alessandro Zaccuri, a cura di Institut français Italia /  Service de coopération et d’action culturelle dell’Ambasciata di Francia in Italia.
Appuntamento alle 17.15 con due grandi protagonisti del giornalismo a confronto: Mario Calabresi e Michele Serra dialogano nell’incontro dal titolo Delle amache e di altri dondoli con il coordinamento di Gregorio Botta (sala La Nuvola). Grande attesa per l’incontro delle 18.30 con Luis Sepúlveda e Giancarlo De Cataldo, che parleranno di ribellione e di passione politica e civile (sala La Nuvola). Alla stessa ora, Luigi De Magistris e Francesca Fornario ci offriranno una ricognizione della situazione politica italiana attuale partendo dal libro Demacrazia di Giacomo Russo Spena (sala Polaris). Alle 19 in sala Luna Raffaele Cantone presenterà Il libro Il Disobbediente di Andrea Franzoso, colui che denunciò l’utilizzo improprio di denaro pubblico da parte di Ferrovie Nord Milano.
Il programma professionale si aprirà con la presentazione agli editori di Tempo di Libri, Fiera internazionale dell’editoria, a cui interverranno il presidente AIE Ricardo Franco Levi e il direttore di Tempo di Libri Andrea Kerbaker (ore 14.30 in Aldus Room). Seguirà l’incontro Essere piccoli in un mondo sempre più grande, a partire dall’indagine Nielsen sul mercato del libro in generale e sulla piccola editoria nello specifico. Ne discuteranno Alessandro Gallenzi, Renata Gorgani e Petra Kavčič, Monica Manzotti, Urpu Strellman, introdotti da Gregorio Pellegrino (ore 15.30 in Aldus Room). 
Più libri più liberi conferma e potenzia inoltre la vocazione internazionale della piccola e media editoria con la tredicesima edizione del Fellowship Program, realizzato grazie anche all’intervento di ICE-Agenzia e della Regione Lazio per il tramite di Lazio Innova, a favore dell’internazionalizzazione degli espositori, che quest’anno porta in Fiera il 6 e il 7 dicembre 23 operatori stranieri da 16 Paesi per far loro conoscere il meglio della produzione editoriale della piccola editoria e favorire così la cessione di diritti italiani all’estero. Ci saranno operatori provenienti da: Danimarca, Finlandia, Francia, Germania, Grecia, Indonesia, Olanda, Polonia, Regno Unito, Romania, Russia, Slovenia, Spagna, Svezia, Turchia, Ucraina. Per la prima volta oltre al fellowship tradizionale legato al solo settore dei libri, si aggiungerà anche un’intermediazione tra libri e film: sarà infatti presente un operatore per favorire la contaminazione tra questi due mondi. 
Per consultare il programma completo: www.plpl.it 
  
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È inoltre disponibile l’app Più libri più liberi scaricabile in tutti gli store. 

04/12/17

Libro del Giorno: "Mrs. Bridge" di Evan S. Connell.



Nato a Kansas City - la stessa città nella quale è ambientato questo romanzo - nel 1924, Evan S. Connell è uno scrittore finora piuttosto marginale nel panorama statunitense, appartato come la sua vita è stata fino alla fine. 

Trasferitosi in California, dopo aver studiato scrittura creativa a Stanford, Connell infatti ha vissuto per sempre a Sausalito, senza mai sposarsi, fino a terminare i suoi giorni in una casa di riposo nel New Mexico, nel 2013.

Solo sul finire della sua esistenza, ha ottenuto riconoscimenti, fino ad essere candidato al Man Booker International Prize nel 2010, dopo che James Ivory aveva portato al successo Mrs. Bridge e Mr. Bridge, due suoi romanzi, riuniti in un solo film, Mr. e Mrs. Bridge uscito nel 1990, con Paul Newman e Joanne Woodward. 

Da allora, questo Mrs. Bridge, primo romanzo di Evan S. Connell, pubblicato nel 1959, è diventato un piccolo classico.  La Einaudi, che lo pubblica in italia con la traduzione di Giulia Boringhieri, usa nelle bandelle il paragone con Stoner di John Williams, per rilanciarne il successo. 

Un paragone che a dire il vero, non regge. E' molto molto diverso la qualità di scrittura e l'intensità dell'inespresso in Stoner - romanzo capolavoro - rispetto a Mrs. Bridge, romanzo che si sviluppa in una teoria di 117 brevi o brevissimi capitoletti, che non raggiungono mai il vero respiro di una narrazione, soprattutto sotto l'aspetto della tensione psicologica e delle atmosfere rarefatte dei caratteri dei personaggi, che in Stoner raggiungono il massimo della perfezione. 

Ciò che può accomunare i due romanzi è solo la descrizione di un fallimento, o meglio di una vita inespressa.  Ma Stoner e Mrs. Bridge sono personaggi diversissimi: quanto il primo è probabilmente del tutto consapevole, tristemente consapevole e stoicamente saldo nei suoi principi di resistenza all'ordine del mondo, così Mrs. Bridge è invece totalmente passiva, rassegnata allo svolgersi nemmeno degli eventi, ma della nuda e insignificante ordinarietà. 

Nulla di nulla accade infatti in questo romanzo, che prende le mosse dal fidanzamento e dal matrimonio di questa ragazza della middle class, con un uomo taciturno e ordinario, che lavora e fa soldi, e nient'altro. 

Un matrimonio ordinario, tre figli ordinari, con ordinarissime ribellioni interiori e piccole ribellioni esteriori, e lei, Mrs. Bridge che guarda e osserva tutto, e segue senza riuscire ad essere mai veramente scossa da quel che accade intorno a lei.  Ogni piccolo disordine della vita viene riassorbito in breve tempo e come se non fosse mai accaduto. 

Invano si aspetta, per 230 pagine, una reazione della borghese signora: invano si spera in una catarsi della sua quieta depressione; invano si auspica che il misterioso assente marito dia un segnale di sé, si manifesti come persona, oltre che come personaggio. 

E' naturalmente anche questo il merito del romanzo, che nulla aggiunge ai personaggi di Todd Haynes visti al cinema (Lontano dal Paradiso), o alla casalinga disperata di Revolutionary Road. 

Insomma, una lettura che scorre via senza lasciare tracce sensibili: soltanto la descrizione a flebili colori pastello, di una ordinaria dissipazione di vita, dai toni fin troppo misurati, esacerbati e alla fine nemmeno troppo letterari. 

Fabrizio Falconi



01/12/17

Apre domani al Maxxi di Roma la grande mostra: "GRAVITY, immaginare l'Universo dopo Einstein". Una grande avventura tra arte e astrofisica.


GRAVITY Immaginare l’Universo dopo Einstein 

Dal modello di volo della Sonda Cassini alle installazioni di Tomás Saraceno, dal cannocchiale di Galileo a Marcel Duchamp, dagli interferometri per la caccia alle onde gravitazionali ai video d’artista

A poco più di un secolo dalla teoria della relatività di Albert Einstein, che ha trasformato radicalmente la Cosmologia, il MAXXI presenta la mostra GRAVITY. Immaginare l’Universo dopo Einstein, un percorso immersivo e interattivo tra installazioni scientifiche e artistiche, reperti storici e simulazioni di esperimenti, che indaga le connessioni e le analogie tra l’arte e la scienza, dimostrando la profonda influenza dello scienziato tedesco sul pensiero contemporaneo. 

Il progetto è il risultato di una inedita collaborazione del museo con l’Agenzia Spaziale Italiana (ASI) e l’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare (INFN), con il sostegno del Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca - Dipartimento per la formazione superiore e per la ricerca. 

Questa edizione curata da Elena Motisi, è una esplorazione dell’Utopia Radicale attraverso il lavoro di Urban Think Tank. 

Spazio-tempo, crisi, confini: un percorso attraverso questi concetti chiave fra loro dipendenti e interconnessi.

Nel 1917 Albert Einstein pubblica un articolo che fonda la cosmologia moderna e trasforma i modelli di cosmo e universo immaginati fino ad allora da scienziati e pensatori, rivoluzionando le categorie di spazio e tempo

A cento anni da questa pubblicazione il MAXXI dedica una mostra a una delle figure che più ha influenzato il pensiero contemporaneo. 

Gravity. Immaginare l’Universo dopo Einstein racconta gli sviluppi della teoria della relatività nella visione odierna dell’universo e le affascinanti ricadute che essa produce ancora oggi in campo artistico. Attraverso il coinvolgimento di artisti internazionali, la mostra rende omaggio allo scienziato che ha cambiato radicalmente le nostre conoscenze, la percezione e l’immaginario dell’universo. 

Installazioni artistiche e scientifiche immersive, reperti iconici e simulazioni di esperimenti per avvicinarsi all’essenza delle innovazioni scientifiche introdotte da Einstein e svelare le profondità sottese all’universo conosciuto, ma anche i meccanismi che legano insieme tutti gli uomini nella ricerca della conoscenza, in un processo collettivo nel quale gli artisti e gli scienziati svolgono un ruolo ugualmente significante e fondamentale per la società.

02 dicembre 2017 - 29 aprile 2018

GRAVITY. IMMAGINARE L’UNIVERSO DOPO EINSTEIN

Maxxi Galleria 4
a cura di Luigia Lonardelli, Vincenzo Napolano, Andrea Zanini
con la consulenza scientifica di Giovanni Amelino-Camelia

29/11/17

Apre a Roma la più grande mostra mai realizzata su Traiano, l'imperatore che portò l'Impero Romano alla sua massima espansione.



L’8 agosto di 1900 anni fa moriva l’imperatore Traiano. 

Una grande mostra lo celebrerà presso i Mercati di Traiano dal 29 novembre 2017

L’8 Agosto del 117 d.C. moriva Marco Ulpio Nerva Traiano, l’optimus princeps che portò l’impero romano alla sua massima estensione. 

Cosa significa costruire un Impero? E in che relazione sta l’Impero Romano con l’Europa attuale? Politica, economia, welfare, conquiste militari ottenute senza esclusione di colpi; inclusione di popolazioni diverse sotto un unico Stato che governa con leggi che ancora oggi sono alla base della giurisprudenza moderna; la buona amministrazione, influenzata anche da donne capaci, “first ladies” autorevoli; campagne di comunicazione e capacità di persuasione per ottenere il consenso popolare attraverso opere di pubblica utilità, “magnificentia publica” e lusso privato, ma discreto. 

Non è la trama di una fiction, né il programma di qualche politico, ma la traccia della mostra Traiano. Costruire l’Impero, creare l’Europa, ideata da Claudio Parisi Presicce e a cura di Marina Milella, Simone Pastor e Lucrezia Ungaro per celebrare la ricorrenza dei 1900 anni dalla morte dell’imperatore che ha portato l’Impero alla sua massima espansione

Ancora, è ospitata presso la via Biberatica anche “Columna mutãtio – LA SPIRALE”, un’installazione monumentale di arte contemporanea, ideata dall’artista Luminiţa Țăranu, che racconta la “mutazione” di significato della Colonna di Traiano nel volgersi della storia. 

TRAIANO, imperatore costruttore La mostra sarà caratterizzata dal racconto della vita “eccezionale” di un uomo “ordinario”, significativamente racchiusa in un “titolo” coniato per lui, optimus princeps, ovvero il migliore tra gli imperatori. Colui che seppe riportare gioia tra i romani! come ricordato dallo storico Plinio il Giovane, suo contemporaneo Traiano ci ha ordinato di essere felici e noi lo saremo. 

LA MOSTRA Il “racconto” della mostra si sviluppa attraverso statue, ritratti, decorazioni architettoniche, calchi della Colonna Traiana, monete d’oro e d’argento, modelli in scala e rielaborazioni tridimensionali, filmati: una sfida a immergersi nella grande Storia dell’Impero e nelle storie dei tanti che l’hanno resa possibile. II percorso espositivo si snoda attraverso 7 sezioni a partire dalla morte di Traiano, avvenuta in Asia Minore e, unico caso della storia romana, celebrata con trionfo nella capitale insieme alle sue gesta

Si prosegue con la contrapposizione tra le cruente campagne nella Dacia (parte dell’attuale Romania) e le grandi opere realizzate con la pace, dal ruolo delle donne della famiglia (vero “braccio destro” dell’imperatore per la politica sociale) agli spazi privati, fino alla “fortuna” della figura di Traiano dopo l’antichità, dovuta alla sua fama di uomo giusto, il più “cristiano” tra i pagani, decoroso e caritatevole

L’APPARATO MULTIMEDIALE Una mostra immersiva grazie alle nuove tecnologie e allo storytelling, protagonisti anch’essi dell’allestimento e dei contenuti. I visitatori si troveranno immersi nel mondo di Traiano. L’ imperatore, o meglio il suo fantasma, impersonato da un attore, introdurrà alla vita dell’optimus princeps. Profumi, petali e il rumore della folla daranno al visitatore le stesse sensazioni che il popolo di Roma provava durante un trionfo; stele di soldati si animeranno per mostrare gli affanni del vivere e del morire dei legionari impegnati nelle guerre di conquista di Traiano; si ascolteranno la descrizione dei nemici di Roma, i barbari - antagonisti prima, protagonisti poi delle sorti dell’impero - e le voci delle donne della famiglia reale, impegnate nel sociale e imprenditrici. E, ancora, grazie alla realtà aumentata e a video immersivi rivivranno i monumenti traianei e il fuoco delle fiamme da cui Traiano venne salvato per intercessione di Gregorio Magno.

 La mostra si avvarrà anche delle installazioni multimediali e interattive che sono state realizzate grazie alle collaborazioni che la Sovrintendenza Capitolina ha attivato, a scopi di ricerca, studio e divulgazione con la Duke University, Department of Classical Studies, Dig@Lab, con il coordinamento scientifico di M. Forte, la Real Academia de Bellas Artes de San Fernando (Madrid, Spagna), Laboratorio de Humanidades Digitales con il coordinamento di J. M. Luzon, la Divisione ICT del Dipartimento di Tecnologie Energetiche dell’ENEA nell’ambito del progetto CO.B.R.A. (COnservazione dei Beni culturali, con l’applicazione di Radiazioni e di tecnologie Abilitanti), responsabile A. Quintiliani. 

Traiano. 
Costruire l’Impero, creare l’Europa 
29/11/2017 - 16/09/2018 

Mercati di Traiano Museo dei Fori Imperiali 
Catalogo: De Luca Editori d’Arte Informazioni 
Luogo Mercati di Traiano Museo dei Fori Imperiali 
Orario Dal 29 novembre 2017 al 16 settembre 2018 Tutti i giorni 9.30 - 19.30 (la biglietteria chiude un’ora prima) 24 e 31 dicembre ore 9.30-14.00 Giorni di chiusura: 1 Gennaio, 1 Maggio, 25 dicembre 


28/11/17

A Ponte Milvio spunta una casa di età imperiale con marmi bellissimi!


L'antica Roma non smette di stupire. 

Nelle scorse settimane sono emersi nuovi reperti vicino Ponte Milvio: si tratta di resti di un edificio residenziale di eta' imperiale, ritrovati grazie all'archeologia preventiva in un cantiere di sotto servizi Acea-Areti, lungo l'argine del fiume. 

A ritornare alla luce è una vasta porzione di pavimento in "opus sectile", decorato, cioè, con straordinari marmi policromi. Tarsie marmoree rosse e verdi che disegnano splendidi motivi floreali (non così comuni) intorno ad un quadrato centrale con doppia cornice. Secondo i funzionari della Soprintendenza speciale di Roma responsabili dell'area, potrebbe trattarsi di una porzione di un ricco edificio a carattere residenziale risalente alla piena età imperiale. La bellezza del pavimento echeggia indubbiamente la preziosità di un complesso abitativo. Resta ancora da sciogliere l'enigma della posizione.


Lo annuncia la soprintendenza speciale di Roma Archeologia belle arti paesaggio. 

In vista dell'innalzamento stagionale del livello Tevere atteso a giorni e che potrebbe danneggiare i reperti - spiega la soprintendenza - lo scavo sara' richiuso temporaneamente nelle prossime ore.


In primavera l'indagine archeologica sara' ripresa in maniera estensiva e i risultati verranno presentati alla comunita' scientifica e ai media.

fonte ANSA e Il Messaggero


27/11/17

151 nuove grandi opere entrano nei Musei Italiani ! Da Courbet a Carracci, da Severini a Carrà .

San Michele Arcangelo, Stefano Maria Legnani, detto il Legnanino

Un'onda che si infrange nera sull'oro di una spiaggia deserta, sotto il cielo livido di un tramonto che e' quasi notte: e' l'intensa marina di Gustave Courbet, che andra' ad arricchire la collezione della Galleria D'arte moderna e contemporanea di Roma, come l'imponente Allegoria sul lavoro di Carlo Carra' appena acquisita per la Pinacoteca di Brera o la tenera, bellissima Santa Prassede di Antonio Carracci, salvata due anni fa da una vendita all'estero, che si puo' ora ammirare a Bologna, nelle sale della Pinacoteca nazionale. 

Tra il 2016 e il 2017 sono 151 le opere d'arte comprate dal ministero dei beni culturali e destinate a musei e istituti culturali statali. Acquisizioni particolari, perche' si tratta di tele ma anche sculture, fotografie , porcellane, per un totale di quasi 4 milioni di euro, che lo Stato e' riuscito ad aggiudicarsi, grazie alle segnalazioni delle soprintendenze o quelle dell'ufficio esportazione, agendo in prelazione sulle compravendite private o in acquisto coattivo per evitare che venissero vendute all'estero e disperse. 

"Arte restituita ai cittadini", dice il ministro Franceschini, rivendicando l'importanza per la tutela del patrimonio del fondo ministeriale dedicato a queste acquisizioni, le cui risorse nella legge di bilancio 2018 "sono state aumentate di altri 4 milioni di euro". E al ministro arrivano questa volta anche gli applausi dello storico dell'arte Tomaso Montanari, animatore del cartello di associazioni Emergenza Cultura. "E' una buona notizia che ricorda agli italiani che esistono e resistono le soprintendenze che Franceschini questa volta ha ascoltato", commenta all'ANSA il critico militante, Presidente di Giustizia e Liberta'. 

A scorrerne l'elenco nella serie di schede compilate dai tecnici del mistero, le opere acquisite dalla Direzione generale archeologia belle arti e paesaggio con il parere favorevole del Comitato tecnico scientifico Belle Arti, fanno l'effetto di un eterogeneo tesoro, dove alle tele del Cinquecento si mescolano i piatti di porcellana con lo stemma reale, capolavoro settecentesco della Manifattura Ginori di Doccia. E persino armi, come la particolarissima "Corseca", una sorta di lancia in ferro degli inizi del XVI secolo affidata al Polo Museale dell'Emilia Romagna per il Castello di Torrechiara a Langhirano. E ancora, c'e' una collezione etnografica di quasi cento pezzi fatta di delicate statuine in legno, fibre vegetali, argilla, conchiglie che ora andra' ad arricchire la collezione del Museo Preistorico Pigorini di Roma. 

Ma anche una serie di disegni di Gino Severini - pure questi come la Santa Prassede di Carracci fermati dall' Ufficio Esportazioni- che sono entrati a far parte della collezione del Gabinetto Disegni e stampe degli Uffizi. Cosi' come il tenero polittico a otto comparti dipinto dal trecentesco Taddeo di Bartolo per la chiesa di San Domenico da Gubbio: acquistato in prelazione grazie ad una segnalazione della soprintendenza, tornera' a Gubbio, dove fara' parte dei tesori del Museo di Palazzo Ducale. 

A Roma, sempre su segnalazione della soprintendenza, la Galleria Nazionale di Palazzo Barberini si e' aggiudicata uno splendido ritratto di Abbondio Rezzonico di Pompeo Batoni. A Venezia la Galleria dell'Accademia si arricchisce di un autoritratto del secentesco Pietro Bellotti. 

All'Archivio di Stato di Milano , infine, viene destinata una storica immagine fotografica del 1893 che ritrae insieme Puccini, Mascagni e Franchetti, mentre a Torino i Musei Reali acquisiscono un 'drago da passeggio' di Carlo Mollino in carta pieghettata e dipinta, vetro e legno. Tutte opere strappate a oblio e dispersione. Il compito del Mibact pero', sostiene Montanari, non e' finito: "Per essere tutelate, per vivere davvero - avverte- queste opere hanno bisogno ora di giovani storici dell'arte assunti a tempo indeterminato che le conservino, le studino, le restituiscano alla conoscenza di tutti". 

26/11/17

I Fantasmi di Roma: Storia infelice di Berenice, l'amante dell'imperatore Tito.



Storia infelice di Berenice, l’amante dell’imperatore Tito, e del suo fantasma

      Un fantasma romano molto popolare è quello di Berenice.
      E il suo luogo di elezione sembra essere il Portico d’Ottavia, a Roma, in quello stretto dedalo di vicoli e strade che si snodano tra il quartiere del vecchio Ghetto ebraico – il più antico d’Europa – e la Via del Teatro Marcello, alle spalle.  In particolare, il fantasma di Berenice pare scelga di manifestarsi proprio tra i ruderi romani sparsi in terra nello spazio antistante il teatro che fu dedicato nell’anno 13 a.C.  al generale Marco Claudio Marcello, nipote di Augusto (era infatti il figlio della sorella, Ottavia).

      Ma chi era Berenice ?
   
     La fortuna letteraria di questo personaggio è legata soprattutto, ovviamente, alla storia del teatro, e in specie al testo che a lei dedicò, nel 1670, Jean Racine, uno dei più grandi drammaturghi di tutti i tempi.
      Di Berenice, della vera Berenice, sappiamo che nacque nel 28 d.C. in Asia Minore,  e che era la figlia di Erode Agrippa, detto il Grande, che fu quel membro della dinastia dei re di Giudea che più ebbe contatti con il mondo romano, visto che fin da giovanissimo fu inviato nella capitale dell’Impero e divenne intimo dello stesso imperatore (Tiberio). 
      
     Berenice doveva essere davvero bellissima se è vero che a vent’anni era già stata sposata due volte, e alla morte del secondo marito – che era nientemeno che lo zio paterno -  si trasferì in Grecia, alla corte del fratello Agrippa II.   Ma anche in questo nuovo ambiente, decisamente più sofisticato del precedente, Berenice trovò il modo di ritrovarsi al centro di un nuovo scandalo, e per mettere fine alle voci di un incesto con il fratello, accettò di sposare il Re di Cilicia Polemone, molto più anziano di lei,  che la riportò in Asia Minore. 
      Ma il temperamento irrequieto di Berenice la portò ben presto a stancarsi di Polemone e della sua noiosa corte: riuscì a fuggire, e tornò nuovamente dal fratello.
      
      Ed è a questo punto della storia che nel cuore di quella che già era definita una meretrice si fece largo addirittura il nuovo imperatore di Roma, Tito, salito al potere nel 79 d.C. alla morte del predecessore, il padre Vespasiano.

     In realtà la tresca amorosa tra Tito e Berenice era cominciata ben prima della morte di Vespasiano,  allorquando l’imperatore aveva mandato proprio il suo prediletto figlio, Tito, che era stato allevato ai più nobili principi ed era un esempio di moderazione, in Palestina, per sedare le rivolte che erano scoppiate. Tito diede alle fiamme Gerusalemme, dove si erano asserragliati gli ebrei, distruggendo completamente il Tempio, e ottenne una vittoria completa.
     
      Quando tornò in patria, trovò che suo padre gli aveva preparato un tributo eccezionale (con l’erezione del celebre Arco che ancora fa mostra di sé nel foro Romano), ma l’anziano genitore rimase interdetto quando si accorse che il valoroso figlio attraversava l’Arco, tra le grida osannanti del Popolo Romano, portando al braccio una preda bellica imprevista, e cioè proprio quella bellissima principessa ebrea – Berenice -  che già numerosi cuori aveva infranto dall’altro lato del Mediterraneo, ma che aveva ben ventuno anni più di suo figlio.
      
       
Uno scandalo in realtà non v’era, perché questa di presentare le proprie conquiste amorose – specie se di rango regale – non era inconsueto per un comandante militare.  Il problema sorse però quando Tito comunicò al padre che non intendeva semplicemente inserire la nuova fiamma nell’elenco delle concubine, ma voleva addirittura sposarla, cioè inserire un’estranea nella linea di successione imperiale.  La vicenda divenne esemplare quando Vespasiano – ripetendo un copione consueto dei padri – cercò in ogni modo di convincere il figlio, adducendo anche la propria esperienza personale: anche lui, rimasto vedovo, aveva ceduto alle grazie di una concubina, ma s’era ben guardato dall’idea di sposarla. In questo caso poi, si trattava di un ebrea e la faccenda era ancora più grave.
           
          I dubbi e le insinuazioni paterne si unirono alle malelingue di corte, alle calunnie interessate, ma per qualche tempo non ottennero risultati e Berenice rimase al suo posto.  Soltanto, però, fino alla morte dell’imperatore Vespasiano: forse in un rigurgito di riconoscenza filiale, Tito, divenuto imperatore, trovò la forza di sottrarsi alla schiavitù amorosa impostole dalla bella e appassionata Berenice, e la cacciò – in omaggio alla ragion di stato – da Roma.  L’infelice, a quanto pare, stremata dai suoi tiramolla per sposarla, aveva finito anch’essa per disamorarsi del suo compagno, e come sintetizza eloquentemente Svetonio, Berenice statim ab urbe dimisit, invitus, invitam, ovvero Tito una volta diventato imperatore, controvoglia allontanò da Roma Berenice che anch’essa non lo voleva.    
      
      La vicenda di questo amore contrastato, che ripercorre l’antico tema del conflitto tra sentimento e doveri,  trovò come abbiamo detto in Racine un cantore memorabile, il quale rovesciò completamente gli stereotipi su Berenice, omettendo del tutto i suoi trascorsi scandalosi e incestuosi, trasformandola in un personaggio totalmente virtuoso, inventando un triangolo amoroso con il principe Antioco, re di Comagene (regione meridionale dell’Anatolia),  e facendone una vittima della bruta ragion di stato.   Nelle memorabili scene finali del dramma scritto da Racine, le reciproche minaccie di suicidio di Tito, di Antioco e di Berenice, finiscono in un nulla di fatto, e i tre decidono di accettare la volontà superiore e di separarsi, sacrificando totalmente l’amore, o quel che ne resta.
      
        È dunque senza alcun dubbio questo elemento romantico ante litteram, ad aver alimentato la leggenda dell’esistenza del fantasma di Berenice che ancora aleggerebbe sulla città di Roma: perché se quella dolorosa separazione fu accettata obtorto collo in vita,  essa brucerebbe ancora nell’intreccio delle anime.  E questo spiega perché la caratteristica attribuita al fantasma di Berenice sia proprio quella di manifestarsi nella zona del Portico d’Ottavia – non è un caso che la tradizione popolare abbia scelto questa zona, dunque,  ricordando le origini ebree della principessa -  per cercare di incontrare nuovamente il suo amante, l’imperatore Tito, e ottenere un tardivo risarcimento a quella inopinata cacciata.

       Il Portico d’Ottavia però, è legato strettamente anche al simbolo del potere esercitato da Tito, e quindi è davvero lo scenario perfetto per le ansie notturne del fantasma di Berenice:  è proprio in questo luogo infatti,  raccontano le cronache dell’epoca, che nel 71 d.C.  Tito e suo padre si presentarono dei tradizionali vestiti di seta color porpora, e con la corona d’alloro sul capo, circondati dai membri del senato e dai più alti magistrati, per ricevere l’omaggio delle truppe prima di iniziare il sacrificio  e la processione trionfale davanti a tutto il popolo di Roma festante.
      Per questo, sembra dire il fantasma di Berenice, per questo potere, oggi divenuto rovina,  tu mi hai sacrificato.











25/11/17

L'incredibile mistero della Piramide di Cheope: "Nelle stelle la mappa verso il trono".


E' scritta nelle stelle, la soluzione al mistero della cavita' della piramide di Cheope appena scoperta grazie alla 'radiografia' ai raggi cosmici: al suo interno potrebbe custodire il trono di 'ferro' del faraone, ovvero il sedile del corredo funerario realizzato con il ferro portato sulla Terra dai meteoriti.

A sostenere questa ipotesi, basata sullo studio degli antichi testi delle piramidi, e' l'archeoastronomo Giulio Magli del Politecnico di Milano, che con un articolo pubblicato sul sito ArXiv suggerisce di tentare una nuova esplorazione nella tomba con l'ausilio di mini 'Indiana Jones' robotici

L'idea, alquanto suggestiva, ha preso corpo dopo il clamore suscitato nei giorni scorsi dalla scoperta della cavita' della piramide, annunciata su Nature dall'equipe del progetto ScanPyramids. 

"Valutando la statica della struttura, e' chiaro che questa camera non poteva avere una funzione di scarico del peso, come invece avevano suggerito alcuni egittologi", spiega Magli all'ANSA. La radiografia fatta con i muoni, particelle prodotte dallo scontro dei raggi cosmici con l'atmosfera, "ha evidenziato che la cavita' si trova lungo l'asse Nord-Sud della piramide, e questo ha un particolare significato simbolico. 


Secondo gli antichi testi - ricorda l'archeoastronomo - l'anima del faraone defunto avrebbe preso il suo posto fra le stelle che non muoiono mai (quelle circumpolari delle costellazioni dell'Orsa e del Drago) dopo aver attraversato le porte del cielo

Due porticine sono state gia' identificate nella piramide: quella del condotto Sud (un quadrato di appena 20 centimetri per lato) non porta a nulla, mentre quella del condotto Nord e' ancora inesplorata. È probabile che comunichi con la nuova camera, dove si potrebbe trovare il trono su cui il faraone avrebbe dovuto sedersi fra le stelle"

 Anche la madre di Cheope, la regina Hetepheres I, si era fatta realizzare un trono, "una sedia bassa, fatta di legno di cedro ricoperto di lamine d'oro", spiega Magli. "E' dunque probabile che anche il trono del figlio sia una piccola sedia di legno, adornata pero' con lamine di ferro". Puo' lasciar sgomenti l'idea che un elemento cosi' importante del corredo funerario fosse fatto di un metallo cosi' semplice: in effetti non si trattava di ferro comune, ma di ferro venuto 'del cielo'.


 "Al tempo di Cheope non c'era alcun tipo di attivita' estrattiva del ferro, dunque - precisa l'esperto - l'unico che gli egizi conoscevano era quello portato sulla Terra dai meteoriti: lo fondevano per produrre piccoli oggetti rituali. 

Anche la lama del pugnale di Tutankhamon era fatta di ferro meteoritico, come ha dimostrato un recente studio internazionale a cui ha partecipato il Politecnico di Milano"

 Per scoprire se questo trono del cielo e' davvero nascosto nel cuore della piramide, "bisognerebbe usare dei piccoli robot esploratori, capaci di addentrarsi in cunicoli grandi pochi centimetri. E' una vita che aspettiamo, ma la decisione - conclude Magli - spetta solo alle autorita' egiziane".

24/11/17

++ Torna in Italia il "Codex Leicester" di Leonardo Da Vinci! Bill Gates lo presta agli Uffizi.





Il prezioso e celeberrimo Codex Leicester di Leonardo da Vinci tornera' in Italia dopo oltre 20 anni: ad accoglierlo ed esporlo, nell'ottobre prossimo, sara' la Galleria degli Uffizi di Firenze, come prestigiosa anteprima delle celebrazioni internazionali, al via nel 2019, per i 500 anni dalla morte del genio toscano.

Lo annuncia il direttore del museo Eike Schmidt. Il Codice, che restera' a Firenze fino alla fine di gennaio 2019, verra' prestato agli Uffizi dal suo proprietario, il fondatore di Microsoft Bill Gates.

fonte Ansa Qui la storia del preziosissimo codice.



Libro del Giorno: "L'arte dell'Attesa" di Andrea Kohler.



Esce per Add editore di Torino questo saggio della scrittrice e giornalista tedesca Andrea Kohler, che ha avuto notevole successo editoriale in Germania e poi negli Stati Uniti dove è stato tradotto lo scorso anno.

La Kohler, che è la corrispondente dagli Stati Uniti del quotidiano svizzero Neue Zurcher Zeitung affronta in questo saggio letterario, un tema originale e importante: quello dell'attesa e del cambiamento nel suo senso della percezione, provocato dalla modernità. 

Come è cambiato il nostro senso dell'attesa ?  Aspettare è una imposizione, è questo l'assunto da cui parte la Kohler. Chi attende immagina ciò che avverrà  e si sottopone - volente o nolente - a una rinuncia pulsionale.

Il saggio della Kohler prende le mosse - abbastanza prevedibilmente - dalla fatale identità dell'innamorato secondo Roland Barthes, nel celebre Frammenti di un discorso amoroso: come si ricorderà Barthes definisce l'innamorato, per l'appunto, come colui che aspetta. 

L'attesa è dunque il tempo dell'angoscia (per l'innamorato) come esprime La voce umana di  Cocteau. 

Ma ovviamente l'attesa non è solo questo: chi non sa aspettare, scrive la Kohler, deruba se stesso della dolce ricompensa della pazienza. 

Tra Handke (il suo Saggio sulla Stanchezza) e il Proust della Recherche, l'attesa indefinita è un accompagnamento silenzioso della nostra vita, da quando siamo bambini e aspettiamo il bacio della buonanotte della madre, a quando perdiamo le nostre ore seduti sulla panchina di un parco, nella contemplazione delle ore o nell'attraversamento della noia. 

Ma l'attesa è anche preparazione: è imparare a cogliere il momento importante: la vita punisce chi arriva tardi, è il titolo di uno dei veloci capitoli di questo libro, e l'arte del rinvio non è quasi mai utile. 

Anche se, citando Heidegger, nessun treno sarebbe mai arrivato se non avessimo imparato ad aspettare nel modo giusto, cioè mediante un'attesa che allo stesso tempo "lascia essere" e "riflette".

I capitoli del libro sono inframmezzati da brevi  Intermezzi dell'autrice che racconta in prima persona il suo rapporto con l'attesa. 

Alla fine forse il vero difetto di questo libro, comunque affascinante per il viaggio che attraversa, da Nietzsche a Sloterdijk è la mancanza di un vero centro teorico: l'idea dell'attesa della Kohler, forse influenzata dalla mentalità nordica, è quella dell'attesa come gabbia, come condizione claustrofobica, come palude emotiva, dalla quale liberarsi, da sublimare in comportamenti positivo-razionali.  Manca una valutazione creativa, feconda, liberatoria dell'attesa, come tempo propizio, come occasione e cura, che poteva - e forse doveva - essere sviluppato. E in questo contesto anche il tempo dell'attesa cristiana dei tempi di rivelazione viene soltanto sfiorata. 

Fabrizio Falconi



22/11/17

The Last Post - una eccellente nuova serie BBC One.




Una nuova opera per la televisione che arriva da BBC One, il primo canale della tv pubblica inglese, che ormai sforna, uno dopo l'altro, prodotti di alta o altissima qualità. 

The Last Post è andata in onda nel Regno Unito il 1o ottobre del 2017 ed è una miniserie in 6 puntate, ambientata sulla sfondo dell'Aden Emergency, una unità della Royal Military Police, distaccata nel porto di Aden, nel corno d'Africa, ultimo avamposto dell'Impero Britannico, durante gli anni '60. 

L'intera ambientazione è stata ricostruita minuziosamente in una base navale in disuso che domina la baia di Simon's Town, in Sudafrica. 

Il Capitano Joe Martin (Jeremy Naumark Jones) arriva alla base insieme alla moglie Honor (Jessie Buckley, già vista in Guerra e Pace, sempre BBC) per rimpiazzare il Capitano Nick Page, che viene assassinato proprio l'ultimo giorno di servizio.  Joe deve affrontare la rivalità del tenente Ed Laithwaite (Stephen Campbell Moore) che sperava di subentrare a Page nella linea di comando. E Honor diventa così amica della moglie Laithwaite (Jessica Raine, già vista in Fortitude). 


La vicenda si fa intricata quando viene rapito dalle forze ribelli locali - che vogliono il ritorno a casa degli Inglesi - il figlio del comandante, il maggiore Harry Markham (Ben Miles), di sei anni. 

Le trattative per la liberazione del bambino si intrecciano con le vicende claustrofobiche dei soldati nel campo base e delle loro mogli.

Ideata da Peter Moffat, la serie nel corso di sei puntate di un'ora ciascuno si fa apprezzare soprattutto per la qualità drammaturgica, l'ambientazione perfetta, e lo scavo psicologico dei personaggi, alle prese con l'eterno dissidio impulsi/regole.  

Senza compiacimenti e senza moralismi, The Last Post conduce lo spettatore dritto all'obiettivo: che è quello di intrattenere con una storia ai limiti del vero, di stampo quasi documentaristico, e di indurre una potente riflessione sulla natura ambigua umana, sempre in bilico tra ombre e possibili redenzioni.


Gli attori, tutti di scuola britannica, sono superlativi. La forza degli sceneggiatori britannici è in questo caso anche quella di guardarsi dietro, nelle zone oscure della storia (recente) dell'impero britannico: era un'altra vita e un altro mondo, una grandezza che forse suscita nostalgia, ma anche inquietudini. Anche perché molti disastri odierni trovano radici profonde nel colonialismo, e nel colonialismo britannico. 

Ma la vera particolarità della serie è di aver differenziato i piani di scrittura, mettendo in secondo piano quelli camerateschi e militareschi di solito preminenti nei film o nelle serie di guerra. Qui è decisamente più importante il lato femminile della storia. La catarsi della storia - quella scritta e quella reale - la fanno l'ingenua, pura Honor; l'inquieta Allison; la giornalista americana Martha Franklin; la musulmana Yusra: l'amore, il rifiuto, il coraggio. Di cui sono capaci le donne e che sciolgono come neve al sole i dubbi, le incertezze, le ambiguità, le piccolezze degli uomini e delle loro presunte regole. 

Fabrizio Falconi 

21/11/17

Vola alla Nuvola di Fuksas "Più libri più liberi" 2017, edizione dei record. Dal 6 al 10 dicembre.



Vola alla Nuvola di Fuksas, per quella che sara' l'edizione dei record, 'Piu' libri piu' liberi', la fiera nazionale della piccola e media editoria che, dal 6 al 10 dicembre 2017 all'Eur, avra' oltre 1000 autori ospiti con 500 editori (100 in piu' del 2016), 550 appuntamenti (200 in piu' del 2016). 

Quasi raddoppiato lo spazio rispetto alle precedenti edizioni con 3.500 metri quadri per le case editrici (nel 2016 erano 2000 mtq), oltre a un intero piano di 5 mila metri quadrati di stand collettivi e superfici comuni e un nuovo Caffe' Letterario. "Cominciamo un nuovo percorso e chiudiamo una storia partita 15 anni fa" ha detto alla presentazione il direttore della manifestazione, Fabio Del Giudice della 16/ma edizione di 'Piu' libri piu' liberi' che consentira' per la prima volta ai cittadini di entrare, dopo oltre un decennio di attese, nella nuova spaziale struttura

 A inaugurare questa nuova sfida il presidente del Senato Pietro Grasso che sara' ospite di Corrado Augias a 'Speciale Quante Storie' in onda in via eccezionale dalla Nuvola, in una diretta Rai che e' main media partner della manifestazione. Grasso sara' anche protagonista di un incontro dedicato a politica e antimafia con Lirio Abbate. "Il programma e' straordinario e vasto e credo che la scommessa sia gia' vinta. Con poco meno di 3 miliardi di fatturato all'anno, l'industria del libro e' la piu' grande del Paese, 14 volte quella della musica e 8 volte quella del cinema. Piu' libri piu' liberi e' l'unica fiera organizzata esclusivamente dall'Aie, stiamo parlando di una cosa che vale molto in termini di fatturato e di liberta'. Abbiamo chiuso ieri Bookcity con la partecipazione di 180 mila persone e nei giorni scorsi 'Io leggo perche'' con piu' del doppio dei libri dell'anno scorso. Sono sicuro che questa fiera avra' lo stesso successo" ha detto il presidente dell'Aie, Ricardo Franco Levi. 

"Sono un fervente sostenitore di questa fiera: l'editoria indipendente e' uno strumento fondamentale per la realizzazione dei diritti dei cittadini. Roma non e' mai stata una citta' industriale, ma ha una capacita' imprenditoriale diffusa e l'artigianato" ha sottolineato il vicesindaco e assessore alla cultura di Roma Capitale, Luca Bergamo che "e' il regista occulto dell'operazione Nuvola" come ha ricordato Del Giudice. "Questo e' un grande evento e il prossimo anno, se andra' come deve andare, vi chiedero' - ha sottolineato Bergamo - un altro grande salto". 

La legalita' e' l'argomento centrale di questa edizione che dara' ampio spazio alla politica e all'attualita' con ospiti Romano Prodi, Marco Minniti e Valeria Fedeli. Di Unioni civili parlera' Monica Cirinna', di mafia Attilio Bolzoni, della Russia Ezio Mauro, di corruzione delle squadre sportive Enrico Mentana e di legalita' nello sport Franco Gabrielli e Giovanni Malago'. "Ecco oggi la crescita che aspettavamo da anni. Saremo a pochi mesi dalle elezioni e si parlera' tanto di politica" ha spiegato la presidente di Piu' Libri piu' liberi, Annamaria Malato. "La nuvola e' un posto metaforicamente perfetto. La Regione Lazio e' affianco all'editoria altra" ha spiegato Lidia Ravera, assessore alla Cultura della Regione Lazio. 

Tra gli autori piu' attesi la scrittrice dissidente turca Asli Erdogan, la filosofa Agnes Heller, Taty Almeida, una delle madri di Plaza de Mayo che arriva nella Giornata Mondiale dei Diritti Umani, Sergio Maldonado, fratello del militante argentino ucciso e Fernando Aramburu, l'autore di Patria. E poi il Premio Pulitzer Margo Jefferson, Paul Beatty, Luis Sepulveda, Marc Auge', Alan Pauls

Tra gli italiani al primo posto Andrea Camilleri, Roberto Saviano, Alessandro Baricco, Giancarlo De Cataldo, Edoardo Albinati, Massimo Carlotto e Fulvio Ervas. Per la prima volta sara' allestito lo spazio The Photo Book Cloud con due mostre fotografiche: Zurumbático del venezuelano Luis Cobelo e Dear Japanese di Miyuki Okuyama. 

E, in collaborazione con il Maxxi, incontro con Letizia Battaglia e Giovanna Melandri. Tanti gli appuntamenti con le principali testate italiane e focus su Roma che vedra' un incontro tra Gigi Proietti e Walter Veltroni. Ricco il programma professionale che punta su innovazione e internazionalizzazione e quello dei ragazzi, in collaborazione con Biblioteche di Roma, che raddoppia gli spazi.

Fonte Mauretta Capuano per Ansa

20/11/17

"Il mondo è dei mediocri - E la politica in Primis". L'intervista a Alain Deneault.


è da leggere questo saggio di Alain Deneault, filosofo canadese, ora tradotto anche in Italia da Neri Pozza.  Analizza un fenomeno oramai diffuso in tutto l'Occidente e che ha ormai riscontri da tempo anche nel nostro paese.  Perché i mediocri hanno in mano la politica ? Perché le èlites e le eccellenze, ma più in generale le intelligenze, si tengono lontano dalla politica ? Risponde Alain Deneault, in questa intervista rilasciata a Sara Ricotta Vaza per la Stampa di Torino. 

Il mondo è dei mediocri. Sarà che è un assunto non difficile da sperimentare - e anche consolatorio per spiegarsi certi successi o insuccessi ugualmente distanti dalle vette del genio e dagli abissi dell’indegnità - ma il saggio La mediocrazia(Neri Pozza, pp. 239,  18) del filosofo canadese Alain Deneault a un anno dall’uscita è ormai un longseller internazionale. E dire che in centinaia di pagine, dense di pensiero e di citazioni, ne ha davvero per tutti. In politica, da Trump a Tsipras, vede solo un «estremo centro», nell’impresa la «religione del brand», il «consumatore-credente», la «dittatura del buonumore». Nel lavoro «devitalizzato» individua la skill fondamentale nel «fare propria con naturalezza l’espressione: alti standard di qualità nella governance nel rispetto dei valori di eccellenza». E, in ogni ambito, rileva certi tic verbali come «stare al gioco», «sapersi vendere», «essere imprenditori di se stessi». Insomma, dice, «non c’è stata nessuna presa della Bastiglia ma l’assalto è avvenuto: i mediocri hanno preso il potere».  

Lo abbiamo incontrato a Milano dove ha parlato al Wired Fest, il festival dell’innovazione, altra parola che non manca nel vocabolario mediocratico. Oggi sarà al Circolo dei Lettori di Torino.  

Professor Deneault, l’ha colpita questo successo? Anche perché a molti che la leggono lei dice in faccia che sono dei mediocri…  

«Mi aspettavo un’eco molto più ristretta, ma questo libro parla di un malessere sociale condiviso da molti. Detto ciò, ho cercato di evitare moralismi e di puntare il dito. Lo scopo era indicare la pressione sociale molto forte che incoraggia a restare persone “qualunque”». 

Lei è stato particolarmente duro con il mondo accademico a cui appartiene. Qualcuno si è offeso?  
«Sì, visto che sono stato bandito. Tengo corsi stagionali, la mia presenza è episodica. Gli ambienti universitari formano sempre meno una élite capace di gettare luce sulla strada giusta da seguire per l’uomo comune. Sono più simili a una corte d’altri tempi, vendono risultati di ricerca a dei finanziatori. Molta autocensura, molti format replicati per far piacere al potere».  

Ha avuto critiche «non mediocri»?  
«Nell’era della mediocrazia non si discute più… i pensieri seguono dei corridoi, si preferisce ricevere notizie che confortino». 

Perché bisogna temere la mediocrazia?  
«Perché fa soffrire. Chiede a persone impegnate nel servizio pubblico di gestire come si trattasse di una organizzazione privata, così si trovano in conflitto perché avevano un’etica diversa; chiede a ingegneri di progettare oggetti che si rompano in maniera deliberata perché vengano sostituiti, chiede ai medici di diagnosticare malattie che potrebbero diventare davvero pericolose a 130 anni… Senza parlare della manipolazione dei consumatori da parte del marketing». 

La mediocrazia è anticamera di dittature, anche edulcorate?  
«La dittatura è psicotica, la mediocrazia è perversa. Psicotica perché la dittatura non ha alcun dubbio su chi deve decidere. Hitler, Mussolini, Tito sono stati tutti personaggi ipervisibili, affascinanti, che schiacciano con le loro parole; la mediocrazia è perversa perché cerca di dissolvere l’autorità nelle persone facendo in modo che la interiorizzino e si comportino come fosse una volontà loro». 

L’inglese standard è la lingua ufficiale della mediocrazia?  
«L’inglese manageriale sì, e uccide l’inglese. È un suicidio linguistico parlare questa lingua quando si è anglofoni, non si può pensare il mondo nella sua complessità o qualsiasi fenomeno sociale utilizzando un vocabolario che non è utile se non alla organizzazione privata». 

Tecnologia, social, colossi del web. Anche lì domina la mediocrazia?  
«Dobbiamo immunizzarci da un certo lessico che parla di progresso, innovazione, eccellenza. Mi interessa che si utilizzino questi strumenti ma si deve analizzare l’impatto che hanno su pensiero, morale, politica. Un utilizzo mirato dei social media, per esempio durante le elezioni, può rendere le persone estremamente manipolabili».  

Il contrario del mediocre è il superuomo, l’eroe?  
«No. L’antidoto è il pensiero critico, perché smaschera l’ideologia, che è un discorso di interessi sotto la parvenza di scienza. E fa subire un trattamento critico analitico a una nozione che qualcuno ci vuole ficcare nel cervello, per esempio l’inevitabilità della vendita di armi o di una nuova autostrada». 

È più ottimista sul futuro?  
«Qualsiasi impegno politico è a metà tra lo scoraggiamento e la speranza. Ed è proprio quando la situazione è scoraggiante che ci vuole il coraggio». 

17/11/17

Ho paura della morte - che succederà dopo ? Il dialogo di due fratelli che ancora debbono nascere.




Due fratelli, gemelli. Erano al nono mese, nel ventre della loro madre. 

Erano al buio, ma il buio non lo sentivano nemmeno visto che erano ciechi. Bastava loro quel tanto di luce che traspariva dalla pelle del ventre della loro madre. 

Ma loro non sapevano di essere dentro il ventre di qualcosa, e nemmeno di avere una madre. 

Semplicemente, erano autosufficienti e felici.  Avevano da mangiare sempre, un calore accogliente sempre, nessun particolare trauma, tranne qualche piccolo contraccolpo ogni tanto "da fuori". Normale, quando si vive. 

Un giorno però sentirono che qualcosa stava cambiando nel loro mondo. Scoppiarono improvvisi dolori, e qualcosa premeva forte perché la loro vita lì avesse fine. 

"Non voglio, non voglio, non voglio che finisca!" disse uno dei due fratelli all'altro, che sembrava più saggio e rassegnato:
"Perché ? Non puoi dire cosa ci sarà dopo, oltre." 
"Nulla ci sarà oltre!" rispose il fratello angosciato, "cosa vuoi che ci sia ? E' tutto finito, è la nostra fine. Fuori da qui ci sarà il nulla! Saremo nulla!" 
"Non puoi dirlo", rispose il fratello, "nessuno può dirlo, perché mai nessuno è tornato da fuori, qui." 
"E questo non ti dice niente ? Se non è tornato nessuno è perché lì fuori non c'è niente."
"Dici?"
"Hai qualche altra alternativa ?" chiese sempre più disperato il fratello angosciato. 
"Potrebbe esserci qualcosa che non conosciamo," rispose l'altro, "e che nemmeno ci immaginiamo."
"Come fai anche soltanto a sospettarlo?"
"Non lo so, ogni tanto qui sembrano arrivare dei segnali, da là. Hai notato ? Quando c'è pieno silenzio, sembra di sentire delle voci fuori, una presenza; eppoi vediamo anche qualche luce."
"E' la nostra aurora boreale, non è una luce che venga da fuori! E le voci sono nella tua testa, sono frutto di fantasticherie, immaginazione...Non c'è niente là fuori, ti dico." 

Non c'era più tempo per parlare.  Quella pressione forte, come una specie di violento terremoto, li spinse, tra mille dolori nel buio più fondo. 

"E' finita, prendimi per mano!" chiese il fratello angosciato. Il saggio, spaventato anche lui, gli strinse forte la mano. 

Uno alla volta, faticosamente varcarono la soglia.  La morte li colse in un bagliore assoluto, una luce violenta, violentissima.  Qualcuno o qualcosa che si spingeva avanti per accoglierli. Il rosso del sangue si tramutò in bianco e poi in azzurro. 

Non erano morti.  Il fratello angosciato sentì il cuore del suo fratello a fianco al suo. Erano vivi. Erano oltre, ma erano ancora vivi. 


 Fabrizio Falconi