07/10/17

Che fine ha fatto l'innocenza ? Una riflessione.

foto di Loretta Lux - The Dove

Una delle parole d’ordine dei tempi sembra essere diventata questa: nessuno è innocente. Tutti sono colpevoli.
Se anzi, si presenta all’orizzonte qualcuno che possegga o che pretenda di avere le qualità dell’innocenza, la regola del cinismo imperante vuole che quell’uno venga immediatamente infangato.
La motivazione che spingerebbe tale forma mentis a rafforzare questo stato collettivo è chiara: se TUTTI sono colpevoli, NESSUNO è veramente colpevole.  E di conseguenza a me è consentito fare quello che voglio.
E’ indubbio però che questo non ha proprio nulla a che vedere con l’innocenza.
La parola innocenza – come spiega la stessa radice etimologica – significa: NON (in) NOCENTEM: cioè che non nuoce.
Ora: il pragmatismo moderno, cancellando questo concetto dall’orizzonte comune – “non esiste nessuno che non nuoce, nessuno che sia DAVVERO innocente” –  dimentica, cancella il fatto che l’Uomo, per sua stessa natura, NASCE innocente.
Un bimbo appena nato E’, per definizione, INNOCENTE: è cioè incapace di pensare e di realizzare il male. Non solo: sembra attitudinalmente capace soltanto di recepire il bene che riceve dalla propria madre sotto forma di attenzione, cibo, conforto, calore.
Ma, come sappiamo, qualcosa deve essere andato storto nella Creazione, perché a un certo punto TUTTI NOI CHE PURE SIAMO STATI INNOCENTIperdiamo questa dimensione di purezza, potremmo dire di neutralità, e con lo sviluppo della coscienza e della consapevolezza entriamo in quel girone dantesco che è la vita adulta, dove mantenersi innocenti è difficilissimo.
Eppure, questo abdicare alla propria estasi innocente ( l’enfant que abdique a son extase come scriveva Mallarmé) è la messa in scena di un eterno dramma, per ognuno di noi:  ciascuno di noi, nella vita, non sembra far altro che ricercare disperatamente quel primario stato di innocenza, sforzandosi di ritrovarne le tracce in qualche fenomeno (spesso del tutto contro figurato) che susciti l’illusione di poter rimettere piede, anche solo per pochi istanti, nel Paradiso Perduto.
Non sarebbe meglio, invece,  cercare di preservare quella nuce di quella benedetta innocenza primaria – che deve essere iscritta nell’animo di ognuno – nella vita di tutti i giorni ? Non sarebbe meglio, pur nella inevitabile contaminazione con un mondo di duri, dove solo “i duri ballano”, non abdicare mai del tutto, rivendicare quell’istinto iniziale, ricorrervi nei momenti di disperazione, riaccendere la meraviglia di fronte alla vita che pure tutti noi abbiamo provato nel momento di mettere piede in questo mondo ? Non si vivrebbe meglio tutti?
E’ forse superfluo ricordare che fu proprio Gesù, il Cristo, l’innocente “totale”: colui che pur incarnandosi, non perse mai nulla della propria innocenza. Al punto tale che, da innocente, sacrificò interamente se stesso sull’altare del cinismo degli uomini, per formulare una salvezza che ci riguarderebbe tutti.
Fabrizio Falconi

06/10/17

Quando vi chiederanno: "Dove siamo ?" potete dare ora Una risposta molto precisa.





Questa è l'epoca del "Dove sei?"  la domanda che ci sentiamo ripetere e che facciamo in ogni minuto, quando chiamiamo al cellulare qualcuno che chissà dove si trova in quel momento.  "Dove sei?" però anche, più metaforicamente la domanda simbolo dell'oggi, momento storico di estremo straniamento. Se comunque intendete essere precisi, nella vostra risposta, oggi potete esserlo con cura quasi maniacale (dopo almeno 4 secoli di osservazione astronomica dei cieli).

Viviamo su un confortevole pianeta a 150 milioni di chilometri da una stella di media grandezza, il Sole, collocata a 27.000 anni luce dal centro di una galassia spirale, la Via Lattea (centomila anni luce di diametro), che fa parte del Gruppo Locale (dieci milioni di anni luce di diametro), un insieme di galassie appartenenti al Superammasso della Vergine (cento milioni di anni luce diametro), una delle componenti del Complesso dei Pesci-Balena, che si estende per un miliardo di anni luce.


Tratto da: Vincenzo Barone, I nuovi confini del cosmo, Il sole 24 ore, Domenica 24 settembre 2017

04/10/17

Libro del Giorno: "Il cuore di tutte le cose" di Elizabeth Gilbert.



Mi sono accostato a questo libro con perplessità e qualche pregiudizio dovuto al successo planetario che ha arriso a Elizabeth Gilbert per la versione cinematografica tratta dal precedente romanzo della scrittrice, Mangia, prega, ama

Per questo la sorpresa procuratami dalla lettura de Il cuore di tutte le cose, scritto nel 2013 e pubblicato in Italia da Rizzoli, è stata ancor più grande. 

C'è da dire subito che il titolo italiano rende un pessimo servizio al libro. Il titolo originale del romanzo è infatti The signature of all things, un preciso riferimento alle teorie del filosofo mistico  Jakob Böhme sulla analogia morfologica, che riprendono un concetto (La Signatura Rerum, la Firma delle Cose) caro a Egiziani, Cinesi, Indiani, alchimisti Medioevali, fino a Paracelso: la credenza cioè che tutti i tipi di vegetali (e più in generale delle cose viventi) seguono un modello che rispecchia gli organi del corpo umano. 

La trama allestita dalla Gilbert intorno a questo tema così impegnativo, è però di leggibilità e piacevolezza assoluta:  Nella Filadelfia di inizio Ottocento, una grande serra di piante e di idee,  infatti, seguiamo le vicende di Alma che nasce in seno a una delle famiglie più scandalosamente ricche del Nuovo Mondo. 

Il padre Henry è un botanico autodidatta e uno spregiudicato uomo d'affari che ha costruito la sua fortuna commerciando in chinino e altre piante medicinali. Sua madre Beatrix, un'austera studiosa olandese, alleva la figlia senza concessioni al sentimentalismo e alla frivolezza. Alma impara a leggere le ore osservando l'aprirsi e chiudersi delle corolle dei fiori, studia da vicino l'operosa natura che la circonda, cresce respirando scienza e cultura.

Brillante e curiosa, ben presto si mette in luce nell'ambiente internazionale della botanica. E mentre si addentra sempre più nei misteri dell'evoluzione, l'uomo di cui, nella piena maturità,  si innamora la trascina nella direzione opposta: verso il regno della spiritualità, del divino, della magia

Se Alma è una scienziata razionale e concreta, Ambrose è un giovane idealista votato all'arte e alla purezza. Ma li unisce il desiderio appassionato e struggente di comprendere i meccanismi segreti che regolano il mondo e danno origine e senso alla vita.

La complessa trama, che abbraccia l'intera esistenza di Alma, si snoda attraverso lutti e privazioni, prove psicologiche e istinti repressi, navigazioni in mare e scoperte entusiasmanti, rilevazioni scientifiche, descrizione di mondi sconosciuti. 

Alma diviene una grandissima studiosa del muschio (qualcosa a cui nessuno sembra essersi dedicata con pazienza prima di lei); dopo il fallimento del suo matrimonio e la morte del padre si trasferisce senza più nulla, nella lontanissima Tahiti, per ritrovare se stessa e il senso della sua vita e della sua ricerca; torna infine in Olanda, di dove è originaria la famiglia di sua madre, in tempo per assistere al trionfo della teoria di Darwin. 

La perfetta coerenza razionale/analitica di Alma resta immutata fino alla fine. Semmai, stonano nel lungo dispiegarsi del racconto, i toni mitici che avvolgono l'entrata in scena di Tomorrow Morning, l'indigeno che conosce il destino finale del marito di Alma.  Ma l'improbabilità di questo personaggio e dell'incontro, non rovinano il piacere di questa lettura. 

Un romanzo che si mantiene sempre straordinariamente in equilibrio tra il gusto per il racconto e il rispetto per la conoscenza (è un romanzo documentatissimo, veramente una miniera per chi è interessato all'argomento botanico e alla vita delle piante). 

Qualcosa che è piuttosto difficile trovare oggi nel panorama letterario italiano. 

03/10/17

Dopo 40 anni riaprono dal 1 novembre il IV e V livello del Colosseo !!






Dopo piu' di 40 anni, saranno riaperti al pubblico, a partire dal prossimo 1mo novembre, il IV e il V livello del Colosseo

Posizionati a circa 40 metri d'altezza rispetto al piano dell'arena, i due livelli erano destinati alla plebe e non consentivano una veduta dettagliata di quanto accadeva nell'arena, ma in compenso erano coperti dalla tettoia che riparava dal sole e dalla pioggia

"E' una giornata importante, riapriamo i piani alti dell'Anfiteatro Flavio in seguito a un restauro importante", ha detto il ministro dei Beni e delle Attivita' culturali e del Turismo, Dario Franceschini, nel corso della visita organizzata per la stampa. 

Fino ad oggi era possibile visitare l'anfiteatro Flavio soltanto fino al III livello

Dal 1 novembre saranno invece visitabili il IV e il V livello con delle visite guidate, che occorre prenotare attraverso il sito www.coopculture.it o chiamando il numero 06-39967700. 

Con una vista veramente incomparabile sul monumento:



Questo nuovo percorso di visita, consentito per ragioni di sicurezza soltanto se accompagnati da una guida e per gruppi di massimo 25 persone, comincia con l'attraversamento dell'unica galleria conservata come in origine. 

E' uno spazio con copertura a volta destinato allo smistamento del pubblico che si trova tra il II e il III livello

"Il V livello del monumento - ha spiegato la direttrice del Colosseo, Rossella Rea - era destinato alla plebe, il IV alla classe dei commercianti e la piccola borghesia, il III ad una categoria che potremmo definire 'middle class', il II ai cavalieri (gli equites), e il I, infine, era destinato ai senatori, che sedevano su dei troni di marmo e agli ospiti pubblici". 

La capienza dell'Anfiteatro era di 50-60 mila posti.

02/10/17

Le meravigliose Gallerie dell'Accademia di Venezia compiono 200 anni storia ! Una grande mostra.


Sette anni, dal 1815 al 1822, a testimonianza di rilancio culturale per una citta', Venezia, che era uscita con le "ossa rotte" dalla stagione napoleonica, sul piano politico con la fine della millenaria Repubblica "Serenissima" e la cessione all'Austria e sul piano artistico con i beni trafugati da palazzi e chiese. 

 Attorno a questi anni cruciali per la "nuova" Venezia - segnati dal ritorno da Parigi dei Cavalli di San Marco, sul finire del 1815, e la morte di Antonio Canova, il 13 ottobre 1822 - si sviluppa la mostra promossa dalle Gallerie dell'Accademia, aperta al pubblico dal 29 settembre al 2 aprile 2018, a cura di Fernando Mazzocca, Paola Marini e Roberto De Feo, in occasione del bicentenario dell'inaugurazione delle prime cinque sale delle Gallerie, il 10 agosto 1817

Un'esposizione di 130 opere, articolata in dieci sezioni a pianterreno, ma che si espande nella 'permanente' ai piani superiori, che ruota attorno a tre personaggi chiave: il conte Francesco Leopoldo Cicognara, presidente dell'Accademia, Canova e Francesco Hayez


La narrazione della mostra - "Canova, Hayez, Cicognara. L'ultima gloria di Venezia" attraverso dipinti, sculture, disegni, libri - si sviluppa a partire dal ruolo centrale svolto dai tre nella "rinascita" culturale lagunare, ma offre spunti sui grandi temi che l'hanno caratterizzata: dal ritorno a Venezia delle opere d'arte asportate dai francesi, all'acquisizione della collezione di disegni del segretario dell'Accademia di Belle Arti di Milano Giuseppe Bossi, dalla ricostruzione dell'Omaggio delle Province Venete all'Austria nel 1817, in occasione delle quarte nozze dell'Imperatore Francesco I d'Austria con Carolina Augusta di Baviera, alla produzione degli artisti d'allora, fino agli albori del Romanticismo.


La mostra, di fatto, e' anche un modo per guardare alle origini per porre le basi per il futuro, con le Gallerie veneziane impegnate, grazie anche al Mibact e ai comitati privati, in una serie di acquisizioni di dipinti e disegni, di formazione, di restauri, come per il ciclo delle Storie di Sant'Orsola di Carpaccio, di prossime mostre, come per Tintoretto e forse Leonardo. 

29/09/17

L'eremita che viveva nel Colosseo. Una storia particolare.

  



Anche Roma ha avuto i suoi santi mistici. E alcuni di loro, vissuti in tempi relativamente recenti, hanno lasciato tracce ben visibili nella storia e nei luoghi cittadini.
E’ il caso di San Benedetto Giuseppe Labre, un santo di cui oggi si è persa quasi la memoria, nato il 26 marzo del 1748 ad Amettes, un villaggio di cinquecento abitanti nel Passo di Calais, nel nord della Francia, che ancora oggi dalla Chiesa è celebrato come il patrono di tutti i barboni, o clochard, e quindi anche di tutti i senzatetto che ancora vivono nella Roma industrializzata di oggi.

Nato poverissimo, Benedetto, detto il Vagabondo di Dio, dopo diversi tentativi di inserirsi in una vita monacale, si convinse di essere destinato a predicare il Vangelo nelle strade, insieme ai più umili. Così fece, e come un Forrest Gump ante litteram in pochi anni percorse qualcosa come trentamila chilometri a piedi, visitando i santuari più famosi dell’epoca in mezza Europa, e arrivando finalmente a Roma, la città santa, il 3 dicembre del 1770, da dove non si allontanò più, se non per la visita annuale che si concedeva a Loreto, alla Santa Casa.

Viveva e dormiva per strada, vivendo di semplici offerte che gli venivano concesse anche se egli non chiedeva l’elemosina, donando tutto ciò che aveva, e avendo stabilito come sua dimora, uno degli antichi archi del Colosseo, esattamente l’arco XLIII dove visse per ben sette anni.  Da qui si trasferì alle grotte che all’epoca si trovavano nella zona di Montecavallo (il Quirinale) e infine – quando era già molto malato – all’ospizio di San Martino ai Monti.


La sua fama di mistico e di santo dei poveri si era nel frattempo diffusa nella città, al punto che nobili e cardinali lo cercavano e lo convocavano per ottenere consigli spirituali.
La gente del popolo lo aveva soprannominato Il penitente del Colosseo o il povero delle Quarantore, perché lo si vedeva sempre nelle Chiese di Roma che svolgevano il rito delle Quarantore, secondo la tradizione il tempo trascorso da Gesù Cristo fra la sua morte e la Resurrezione.

A lui si attribuivano, già in vita, numerosi miracoli. E quando le sue condizioni di salute, già fragili, peggiorarono, una folla si riunì in preghiera quando, il giorno del mercoledì santo del 1783, Benedetto si sentì male mentre era in preghiera nella chiesa di Santa Maria dei Monti e fu trasportato a braccia nella bottega di un macellaio di Villa dei Serpenti, tale Zaccarelli, che era stato il primo a soccorrerlo.

Le preghiere furono inutili: in quello stesso pomeriggio morì, a soli trentacinque anni di età. Il corpo fu esposto per tre giorni a Santa Maria dei Monti, in coincidenza con i riti pasquali, e a rendergli tributo arrivò una folla immensa. I riti furono sospesi, e  il giorno della Pasqua, il 20 aprile del 1783 fu sepolto nella stessa chiesa.

E ancora oggi, il corpo del Santo è conservato al primo piano della casa al numero civico 2 di Via dei Serpenti, dove è possibile leggere esternamente questa lapide:  In questa casa, portatovi morente dalla vicina Chiesa della Madonna dei Monti, il 16 aprile 1783, spirava San Benedetto Giuseppe Labre, miracolo di carità e di penitenza, apostolo pellegrino dei maggiori santuari d’Europa.


E’ uno dei pochi casi a Roma, dove è stata conservato e protetto, da ogni destinazione futura, il luogo della morte di un Santo. Il palazzo era all’epoca di proprietà dell’ambasciata del Portogallo (come si evince dallo stemma e dalla iscrizione che si può leggere al portone vicino, il civico 3), che aveva dato il locale in concessione ad un certo Petazzotti, e da questo subaffittata al macellaio Zaccarelli.

La casa dove morì Benedetto fu acquistata dal postulatore della causa di beatificazione, Raffaele Virili, e di passaggio in passaggio fu affidata infine alla custodia delle Volontarie del Movimento pro Sanctitate che la gestiscono ancora oggi.

La casa-Cappella, che ancora oggi è aperta al pubblico ogni 16 aprile (giorno di San Benedetto) e a richiesta dell’istituto, conserva quadri ispirati alla figura del Santo, le assi del letto e il materasso dove l’eremita morì e alcune reliquie:  gli indumenti, due scatole contenenti documenti, i libri di preghiera, una scarpa, le sue bisacce e una maschera di cera. Nell’angolo preciso della Casa dove Benedetto morì, infine, protetta da una inferriata,  una statua in gesso che rappresenta il santo nei suoi ultimi istanti di vita, con due cuscini sotto il capo e la scritta: Hic jacet corpus S.B.J. Labre.



Nella parete di fronte, a rendere ancora più evidente la suggestione del luogo, i cuori in argento ed ex voto per grazie ricevute dal Santo dai fedeli nel corso degli ultimi due secoli.

28/09/17

Riapre Sabato 30 settembre dopo molti anni il meraviglioso Tempio di Ercole a Tivoli !





Nella Roma imperiale era uno dei luoghi piu' importanti e gettonati, frequentato dall'aristocrazia che in queste terre aveva le sue ville da vacanza, amato da Augusto che forse ne apprezzava la suggestione dei tramonti sulla grande spianata a picco sulla valle dell'Aniene, affollato da pellegrini e da mercanti, dai banchieri e dai pastori

Maestoso e spettacolare, il tempio di Ercole Vincitore, eretto nel II secolo avanti Cristo sulla sommita' di una collina a Tivoli, alle porte di Roma, era tra i piu' importanti centri di culto romani, per quasi cinquecento anni frequentatissimo luogo religioso e di spettacolo e nello stesso tempo nevralgico snodo commerciale, tanto che era stato costruito proprio sopra la via Tiburtina, che quindi per un tratto lo attraversava. 

 Poi sopravvennero decadenza e rovina, i marmi e le meravigliose statue vennero razziati, le colonne del tempio abbattute, ma la magia e la spettacolarita' del posto non si e' mai persa. 

Dal '700 in poi, accanto e sopra alle rovine del complesso romano, e' sorto un polo industriale dalle destinazioni piu' varie, da laboratorio di guanti a fonderia di cannoni, dalla centrale elettrica - la prima in Italia - alla cartiera degli anni Cinquanta del Novecento, edifici e capannoni oggi vincolati come esempio di archeologia industriale. 

Ed e' da qui, racconta all'ANSA Andrea Bruciati - da maggio direttore del parco autonomo che comprende Villa Adriana, Villa d'Este e il Santuario di Ercole - che si riparte oggi per dare una nuova vita a questo magico luogo, rilanciare le visite e nello stesso tempo, dice, "un modello culturale dalla grande forza identitaria". 

 Restaurato nel 2011 con un finanziamento di 15 milioni, brutalizzato all'epoca con una ricostruzione in cemento del teatro romano e dalla collocazione accanto alla cavea di una ricostruzione in ferro del frontone del tempio (che fece parecchio discutere), il complesso, a dispetto degli annunci dell'epoca (il ministro era Giancarlo Galan), non e' stato mai veramente riaperto se non su prenotazione e d'estate per gli spettacoli allestiti nel teatro. Ora si cambia. 

Da sabato 30 settembre, annuncia Bruciati, il sito riapre al pubblico tutti i fine settimana con un nuovo percorso di visita e ambienti di grande impatto emotivo dell'antico tempio da poco recuperati e mai visti. 

Entro il 2018 poi, assicura il direttore, gia' da marzo, il Santuario verra' aperto tutti i giorni, "con un biglietto unico per i tre siti e un servizio di navetta" che fara' la spola anche con la stazione dei treni.

Intanto, fianco a fianco con il comune della cittadina (il sindaco di Tivoli Giuseppe Proietti, archeologo di fama, e' stato per anni il segretario generale del Mibact), si lavora alla messa in sicurezza di tutto il complesso e con i 13 milioni di euro appena messi a disposizione dal Mibact parte il progetto di restauro e messa in sicurezza, che entro il 2020-21 dotera' il complesso anche di un parcheggio multipiano e di un auditorium per spettacoli e conferenze ("Niente nuove edificazioni" assicura Proietti, "faremo tutto all'interno della ex cartiera oggi di proprieta' del comune"). 

Tutto per recuperare la magia di questo posto unico e farla scoprire al visitatore, guidandolo con serieta' scientifica tra antico e nuovo. Senza ricostruzioni e rievocazioni. "Puntiamo ad un approccio diverso - spiega Bruciati, una vita di impegni nell'arte contemporanea - a far capire la metamorfosi del sito, che da duemila anni continua a vivere, le sue stratificazioni e anche le sue contraddizioni. E' importante per una lettura piu' consapevole dell'oggi e una proiezione sul domani. La nostra sfida e' questa, creare un modello di cultura sostenibile. In tre anni contiamo di vincerla". 

27/09/17

Torna la Notte dei Ricercatori, il 29 settembre manifestazioni in tutta Italia tra telescopi e Galassie.



Seminari scientifici, mostre, laboratori, visite guidate. Tante le iniziative proposte dalle sedi dell'Istituto Nazionale di Astrofisica sparse sul territorio italiano in occasione della Notte Europea dei Ricercatori, iniziativa promossa dalla Commissione europea, che chiudera' il prossimo 29 settembre l'edizione 2017 della Settimana della Scienza

Obiettivo dichiarato: divulgare la scienza al grande pubblico e rendere piu' familiare la figura del ricercatore. 

Tantissimi gli appuntamenti da nord a sud della penisola (maggiori dettagli su media.inaf.it). 

A Brera - ad esempio - all'Osservatorio Astronomico presso l'Aula Magna del Museo di Storia Naturale, Giardini di Via Palestro, venerdi' 29, dalle 16 alle 22, e sabato 30, dalle 16 alle 21, sara' possibile visitare la mostra "Grandi telescopi, grande scienza", organizzata congiuntamente dall'Osservatorio Europeo Australe (Eso) e dal progetto europeo "Darklight", finanziato dall'European Research Council (Erc). 

Il cuore dell'Universo e della sua straordinaria zoologia di forme e colori sara' scandagliato con gli occhi del VLT (Very Large Telescope), il telescopio all'avanguardia che ha portato a scoperte scientifiche straordinarie, come la gigantesca mappa dell'Universo creata e studiata dal progetto Darklight. 

Non manchera' uno sguardo al futuro, con immagini del progetto ELT (Extremely Large Telescope), l'enorme telescopio da 39 m di diametro in fase di costruzione da parte dell'Eso, di cui sabato 30 parlera' il responsabile di programma dell'ELT, Roberto Tamai dell'ESO. 

A Milano, presso il Museo della scienza e della tecnologia Leonardo Da Vinci, venerdi' 29 dalle 19 alle 20.30, presso l'Area Spazio si svolgera' l'inaugurazione della musealizzazione del telescopio Merz Repsold, utilizzato da Giovanni Virginio Schiaparelli alla fine del XIX secolo per i suoi studi del pianeta Marte. 

A seguire, nella Sala delle Colonne, si svolgera' l'incontro "150 anni col naso all'insu': dal telescopio di Schiaparelli agli strumenti astronomici di prossima generazione", con il presidente dell'Istituto Nazionale di Astrofisica, con il responsabile tecnico del progetto europeo dell'ESO che costruira' in Cile il telescopio piu' grande e sofisticato mai realizzato e con alcuni scienziati che collaborano alla sua realizzazione e che lo utilizzeranno per indagare sempre piu' a fondo i segreti dell'Universo

A Padova proprio il 29 settembre si concludono le celebrazioni per i 250 anni dell'Osservatorio Astronomico della citta': ci saranno cacce al tesoro e robot spaziali per i piu' piccoli, si parlera' di storia, cieli da salvare, missioni da spedire nello spazio e galassie a forma di medusa per i piu' grandi, tutto fino a tarda sera. 

"Cari Pianeti vicini e Lontani" - informa l'Inaf - e' invece il titolo della tavola rotonda sullo sviluppo delle missioni spaziali future per l'esplorazione dei pianeti del nostro Sistema solare e per la scoperta di nuovi pianeti extrasolari che si terra' nel cortile interno dalle 19 alle 20.30. 

Dalle 19 alle 23 nella Sala Pigne ci sara' la presentazione "Galassie medusa e i buchi neri supermassicci" con filmati, simulazioni e proiezioni 3D dei recentissimi clamorosi risultati su queste galassie a forma di medusa che alimentano famelici buchi neri nascosti negli ammassi di galassie. 

 Tra gli appuntamenti di Bologna, l'evento congiunto Inaf/Infn "L'Universo oscuro: viaggio ai limiti della nostra conoscenza del Cosmo" una conversazione tra fisici e astrofisici sul tema della Materia e dell'Energia Oscura, con intervalli musicali e collegamento in streaming con il Cern (alle 21.00 nell'Auditorium Biagi di Sala Borsa). 

Nel Lazio l'Osservatorio Astronomico di Roma e l'Istituto di Astrofisica e Planetologia Spaziali organizzano diverse attivita' partecipando al progetto Made in Science, organizzato da FrascatiScienza

 Tra gli appuntamenti, quello con la mostra "In Viaggio con Cassini" realizzata in collaborazione con l'Associazione Stellaria, per celebrare insieme il gran finale della sonda Cassini-Huygens. 

A completamento della mostra verranno presentati alcuni dei principali progetti spaziali e di ricerca dell'Istituto, tra cui il progetto europeo AHEAD, con la proiezione del premiato documentario per planetari "L'Universo Caldo e violento". 

Venerdi' 29, in collaborazione con il CNR-ARTOV sara' possibile visitare i laboratori di ricerca dell'Inaf-Iaps ospitati presso ARTOV, Area di Ricerca di Tor Vergata (via Fosso del Cavaliere 100, Roma).

 Presso la sede dell'Osservatorio Astronomico di Roma, venerdi' 29, l'appuntamento e' con "ASTROJukeBox": i ricercatori incontreranno il pubblico, presso l'Osservatorio e organizzeranno un vero e proprio talk show, con ricercatori a rispondere alle domande piu' svariate del pubblico, secondo le loro curiosita', spaziando dal Sistema solare al Big Bang fino ai buchi neri

All'Inaf di Capodimonte laboratori, esperimenti, conferenze e osservazioni. Venerdi' 29 dalle 18 sino a tarda sera, l'Osservatorio invita grandi e piccini a "toccare con mano" l'Universo con un ricco e vario programma di attivita'. In Sicilia l'Osservatorio Astrofisico di Catania aprira' le porte delle sue sedi, mentre a Palermo l'Istituto di Astrofisica Spaziale e Fisica Cosmica offre diverse attivita' tra cui due presentazioni per la Science Happy Hour presso il "Caffe' Internazionale" di Palermo: "The dark side of the universe: materia oscura ed energia oscura" e "Il grande, il piccolo, l'io: storia del Cosmo a uso dei suoi abitanti". Per concludere, l'Osservatorio Astronomico di Cagliari venerdi' 29 aprira' le porte al pubblico gia' dal pomeriggio, mettendo a disposizione il suo personale di ricercatori, tecnologi e tecnici per chiacchierare con i visitatori e raccontare le attivita' scientifiche e tecnologiche portate avanti al suo interno. La serata proseguira' poi con una visita al Museo degli strumenti storici dell'Osservatorio, uno spettacolo al Planetario e si chiudera' con l'osservazione del cielo ai telescopi. Inoltre, durante la giornata sara' possibile visitare il Sardinia Radio Telescope.

26/09/17

Come Age e Scarpelli inventarono il nome di Brancaleone passeggiando per Roma.



La Tomba di Laudomia, figlia di Brancaleone, nella chiesa di San Pantaleo.

Molto probabilmente nel celebre film L’armata Brancaleone, diretto da Mario Monicelli nel 1966, uno dei capolavori del cinema italiano, Age e Scarpelli, che firmarono la sceneggiatura si ispirarono, per il nome del protagonista, ad uno dei tredici cavalieri italiani che si sfidarono, il 13 febbraio del 1503, nella piana tra Andria e Corato, in Puglia, nel celebre scontro cavalleresco passato alla storia come Disfida di Barletta: tra i tredici cavalieri italiani che combatterono sotto l’egida spagnola contro i loro avversari francesi, ve n’era infatti uno che si chiamava Giovanni Brancaleone. 

E chissà se Age (Agenore Incrocci) e Furio Scarpelli non trassero questa ispirazione visitando la piccola chiesa di San Pantaleo, che si affaccia sulla piazza omonima, lungo Corso Vittorio Emanuele II: qui, in questo poco conosciuto edificio di culto, infatti, si conserva una memoria romana di quella celebre Disfida, ovvero i resti mortali di Laudomia, che era la figlia di Giovanni Brancaleone, come si legge sulla lapide del sarcofago nel passetto per raggiungere la sacrestia, con una iscrizione che recita

D.O.M. Laudomiae Johannis
Brachalonii qui inter
tredicim Italos cum
totidem Gallis certavit et vicit. 

E’ comunque solo una delle attrattive di questa Chiesa poco conosciuta, che merita di essere visitata se non altro per la sua lunghissima storia: esistente già dal 1100 d.C. fu intitolata al martire romano San Pantaleo, martirizzato nel 305 d.C. sotto l’imperatore Diocleziano; e oggi ospita anche il corpo di San Giuseppe Calasanzio, morto a Roma nel 1648, fondatore dei Chierici Poveri della Madre di Dio, e proclamato santo nel 1767

I suoi resti sono conservati in una magnifica urna di porfido rosso, mentre le scuole a lui intitolate si trovano in molti e diversi angoli di quattro diversi continenti.

Fabrizio Falconi, tratto da: Misteri e segreti dei Rioni e dei Quartieri di Roma, Newton Compton Editori, Roma, Roma rist.2017. 

Chiesa di San Pantaleo, Roma

25/09/17

"Le parole e le cose" - 1910, L'emancipazione della dissonanza, un importante libro di Thomas Harrison.



Il bellissimo blog Le parole e le cose dedica un post all'uscita del libro di Thomas Harrison: 1910, L'emancipazione della Dissonanza (Castelvecchi, 2017) Questo è un brano della postfazione al libro scritto dall'autore, che si può leggere nella sua interezza nel blog citato QUI.

[È uscito per Castelvecchi L’emancipazione della dissonanzatraduzione italiana di 1910: The Emancipation of Dissonance (1996) di Thomas Harrisonuno dei saggi di storia della cultura più interessanti usciti negli ultimi decenni negli Stati Uniti. Il tema è la rivoluzione artistica e culturale che si compie in Europa attorno alla data allegorica del 1910, l’anno nel quale “la natura umana cambiò”, secondo una frase celebre e provocatoria di Virginia Woolf, e l’arte perse la propria ovvietà, come si legge nell’incipit della Teoria estetica di Adorno. Le pagine che seguono sono tratte dalla postfazione del libro. LPLC ha pubblicato anche un’intervista a Thomas Harrison].
Mentre gli artisti nel 1910 speravano che la propria opera scoprisse una “realtà autenticamente vivente”, oggi vediamo l’arte come un business tra i tanti, una redditizia produzione dell’industria dello spettacolo. Anche quando l’arte ha ambizioni più alte, difficilmente riesce a evitare la parodia, la satira o un moralismo didattico. Oggi è perfino difficile pensare la differenza tra persuasione e retorica. Il “pathos della verità” è stato sostituito dalla sete di lieto fine. Vogliamo le risposte senza le domande e immaginiamo di sopprimere gli ostacoli al desiderio attraverso una consonanza di volontà o una balcanizzazione di interessi e gruppi. Il materialismo, come gli espressionisti temevano, è diventato il metro di misura più sicuro della conoscenza e il pragmatismo il più affidabile criterio per la determinazione del valore. Non è proprio un’epoca per filosofi.
Per quanto riguarda la ricerca del Sé promossa nella prima decade del secolo, membri scelti della nostra società ricevono piccole fortune per istruirci su come comportarci, promettendoci in cambio miglioramenti morali ed emotivi. Il più delle volte, tuttavia, raccomandiamo simili analisi agli altri, invitandoli a riflettere su come loro possano essere responsabili delle nostre manchevolezze […]. In Europa la situazione è in qualche modo diversa, sebbene anche lì troviamo la stessa paura della paura, le stesse congiunzioni chimeriche tra compiacenza morale e intolleranza sociale, la stessa miscela di omogeneizzazione culturale e crisi dell’autonomia locale. In ultima analisi, la dissonanza caratterizza i nostri tempi tanto quanto gli anni che precedettero la Grande Guerra, anche se non è sempre altrettanto cosciente di sé. L’inizio del nostro secolo non è semplicemente l’antitesi dei primi anni del Novecento; ne è un’immagine specchio, un riflesso invertito […]. Si può solo sperare che, decenni dopo la caduta del Muro di Berlino, gli eventi non si limiteranno a parodiare quelli che portarono alla Grande Guerra, quando l’insicurezza sulla collocazione dell’individuo tra i suoi simili condusse a nuove tattiche di auto-affermazione. La mobilità, l’interdipendenza e la rapida trasformazione delle classi, delle etnie e delle nazioni nel ventunesimo secolo dà al discorso identitario dei primi del Novecento un sapore di falsità. Fa sembrare la dissonanza che vorremmo emancipare oggi (o rendere consonante a una regola?) qualcosa di ricreato artificialmente.
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Il bellissimo blog Le parole e le cose dedica un post all'uscita del libro di Thomas Harrison: 1910, L'emancipazione della Dissonanza (Castelvecchi, 2017) Questo è un brano della postfazione al libro scritto dall'autore, che si può leggere nella sua interezza nel blog citato QUI.

23/09/17

La Poesia che canta la Natura. Valeria Patera stasera alla Casa delle Donne.





La Natura, intesa come tempio abitato da piante, fiori e animali, e' stata 'cantata' dai poeti di tutti i secoli, da Emily Dickinson a Paul Eluard, da Pablo Neruda a Trilussa fino a Franco Marcoaldi. 

I loro lavori saranno interpretati, con accompagnamento musicale dal vivo, nello spettacolo 'Naturalia', stasera 23 settembre, alle h.21, alla Casa Internazionale delle Donne a Roma. 

Sul palco si esibira' l'attrice Valeria Patera, ideatrice del recital, il cui nodo principale e' il rapporto aureo che c'e' tra poesia e natura

Parole e musica, in una piccola cerimonia teatrale, per raccontare e richiamare lo sguardo sui piccoli e grandi 'miracoli' della flora e della fauna

L'accompagnamento musicale dal vivo sara' in mano al jazzista Elvio Ghigliordini. 

'Naturalia' ha debuttato lo scorso giugno a Villa Nigra, sul lago d'Orta in occasione dell'evento botanico Menta &Rosmarino, e dopo Roma andra' in altre del Nord Italia.

22/09/17

In vendita online i meravigliosi borghi italiani dimenticati, si parte da 200mila euro.



Borgo dei Vegnuti, Fivizzano, Massa Carrara


Dopo l'approvazione all'unanimita' da parte della Camera, la legge salva-borghi e' ora in Senato. In attesa di scoprire se il finanziamento da 100 milioni di euro per salvare i piccoli gioielli italiani dallo spopolamento sara' effettivamente erogato, sul web sono decine gli interi paesini in vendita. 

Dall'Umbria alla Toscana, fino ad arrivare alla Campania, tutto il territorio italiano e' costellato di piccoli agglomerati di case, spesso di origine medievale: alcuni di questi sono stati trasformati in resort o agriturismi, altri versano in condizioni di abbandono

La varieta' di quelli in vendita, spiegano dal portale Immobiliare.it, e' molto vasta e lo dimostrano i prezzi, che vanno da un minimo di circa 200mila euro a un massimo di quasi 6 milioni. Senza pero' considerare che in alcuni casi il costo rimane un mistero e viene rivelato solo a chi realmente interessato

 Partendo dal piu' economico, si tratta di un piccolo borgo nei pressi di Rocca d'Evandro, in provincia di Caserta: per 230mila euro e' possibile acquistare un complesso di cinque appartamenti, alcuni dei quali abitati, dotato anche di stalle e cantine e di un terreno da 20mila metri quadrati

Serve circa il doppio per comprare un borgo umbro in provincia di Terni, nei pressi di Monteleone d'Orvieto. Come si legge nell'annuncio, l'origine di questo agglomerato a poca distanza dal castello di Fabbro risale all'epoca quattrocentesca, mentre la chiesetta al suo interno e' stata edificata nel '700. 

Gli oltre 50 vani sono distribuiti all'interno di spesse mura in pietra e la proprieta' vanta anche una grotta molto ampia, bellissimi soffitti a cassettoni, una sala biliardo e cinque ettari di terreno. Per un prezzo poco al di sotto dei 2 milioni di euro si trovano in vendita tre borghi toscani distribuiti tra la provincia di Firenze e quella di Siena

Nel comune di San Gimignano per 1,8 milioni e' in vendita un borgo composto da tre strutture gia' attrezzate per la ricezione turistica; a San Casciano Val di Pesa, nelle colline fiorentine, e' in vendita per poco piu' di 1,9 milioni un agglomerato di varie unita' da ristrutturare risalenti al 1200. 

È invece della fine dell'800 la villa padronale del borgo in zona Fiesole, in provincia di Firenze: per acquistare l'intero borgo servono quasi 2 milioni di euro. 

A Fivizzano, in provincia di Massa Carrara, e' in vendita Borgo dei Vegnuti per circa 3 milioni di euro: si tratta di un centro medievale costruito in pietra e adibito a struttura ricettiva. Si arriva a superare la cifra di 5 milioni per un borgo nella campagna di Pescaglia, in provincia di Lucca, dove si contano due palazzine gotiche, una villa del '500, una cappella privata, una vasca e una sorgente di acqua oligominerale e povera di sodio, come si legge nell'annuncio

Rimane un mistero il costo del borgo in vendita nei pressi di Cinigiano, in provincia di Grosseto: un progetto di ristrutturazione in corso ha unito sapientemente elementi di modernita' all'inconfondibile stile toscano. Qui i piu' fortunati possono comprare l'intero complesso, ma e' possibile anche pensare all'acquisto di singole abitazioni.


20/09/17

Esce per Adelphi, "Cacciatori nel buio" - intervista a Lawrence Osborne.



I luoghi e, per certi versi, anche le situazioni sono le stesse. Ma Lawrence Osborne, l'autore inglese noto in Italia per alcuni illuminanti reportage letterari dai confini del mondo, questa volta resta in Oriente, pero' si muove dalla non fiction al romanzo con "Cacciatori nel buio", che esce nella collana Fabula di Adelphi ed e' il primo testo di non fiction di Osborne a essere tradotto in italiano. 

Lo abbiamo incontrato alla sua presentazione alla libreria Verso a Milano e abbiamo parlato con lui del diverso passo che occorre per passare sul terreno impervio del romanzo.

"E' piu' di un altro passo - ci ha risposto Osborne - e' un altro mondo, un altro universo psicologico. Per me e' stato molto difficile arrivarci, e ho cominciato con un libro ambientato in Marocco, uscito nel 2012, ma c'e' una grande differenza tra le due cose e si richiede un cambio completo di abitudini di lavoro. Ci ho messo tanto ad arrivarci, e' successo a 50 anni. Ci sono dei momenti nella tua vita in cui certe cose succedono, magari anche in modo inconscio". 

"Cacciatori nel buio" e' stato definito un noir e racconta di casino', somme di denaro, oscurita' e vite alternative sul confine tra Thailandia e Cambogia e quindi nella giungla di un Paese dove la violenza dei Khmer Rossi continua segretamente ad aleggiare

"Scrivere fiction - ha aggiunto Osborne - e' molto piu' divertente per me. La verita' e' che io ho sempre trovato molto difficile scrivere giornalismo e non fiction. Anche se in realta' il mio ultimo libro di non fiction pubblicato in Italia, 'Bangkok' era scritto in modo particolare, come se fosse una raccolta di racconti. Non voleva essere solo qualcosa di noioso e fattuale, ma piuttosto un libro con delle emozioni, abbastanza pazzo. Lo volevo cosi', con uno stile da fiction. Credo che abbia rappresentato il momento di transizione tra i due mondi". 

Gran parte della letteratura di Osborne, e probabilmente anche una discreta fetta della sua vita, si svolge proprio sui confini, zone di transizione e incertezza nelle quali lo stesso scrittore ammette di sentirsi "piu' vivo"

"Il confine tra Thailandia e Cambogia - ci ha raccontato - e' un confine molto interessante, come quello tra Messico e Stati Uniti, o tra Spagna e Marocco. Quei confini carichi di elettricita', molto tesi, molto violenti, ma anche liberatori: attraversare un confine simbolicamente rappresenta una liberazione"

La vita dei protagonisti del romanzo segue un suo sviluppo, che spesso appare incalzante e tumultuoso, cosi' come, ci ha assicurato Lawrence Osborne, la genesi degli stessi personaggi. "Io posso pianificare meta' del libro - ha concluso lo scrittore - ma dell'altra meta' non ho idea. I personaggi verranno fuori e andranno dove vogliono". Niente male come premessa e promessa di avventura.

19/09/17

Dal 28 settembre in libreria le Lettere dal Manicomio del grande Robert Schumann.


Dal 28 settembre in libreria 

LETTERE DA ENDENICH
di 
Robert Schumann


a cura di Filippo Tuena
Traduzione di Anna Costalonga
«Nel suo Schumann Filippo Tuena recupera con intelligenza il genere epistolare, finendo per affrontare con grande finezza e passione il discorso sul genio».
Chiara Fenoglio

Le lettere inedite scritte tra il 1854 e il 1855 dall'ospedale psichiatrico di Endenich da Robert Schumann alla moglie Clara, alle figlie Marie ed Elise, agli amici Brahms e Joachim, per la prima volta tradotte in Italia.
Collana: Piccola Biblioteca di Letteratura Inutile
pp 96 • f.to 11,8x18,5
brossura con bandelle – fogli intonsi
€ 12,00
Gli eventi che portarono Schumann a chiedere egli stesso il ricovero in una clinica per alienati non sono riconducibili a una sola patologia, a un solo caso. Vi è un probabile tentativo di suicidio (non comprovato); una serie ripetuta di allucinazioni auditive; una forma di malinconia piuttosto grave che tuttavia non gli impediva la frequentazione degli amici o dei conoscenti. Quanto alle cause di questa instabilità emotiva: una malattia venerea contratta in gioventù; l’alcolismo; un probabile bipolarismo in una fase acuta e senza ritorno. Ancora frammenti, ciascuno con una sua verità.
Le lettere dal manicomio di Endenich, qui tradotte e raccolte nel loro insieme per la prima volta in italiano, sono semplicemente uno dei frammenti di quell’immagine distrutta.
“Che gioia, amata Clara, mi hai portato con la tua lettera e con il ritratto. La mia fantasia è stata molto scombussolata nelle molte notti insonni; solo ora ti rivedo nei tuoi tratti nobili e veri. E che tu scriva dei nostri parenti e dell’attitudine musicale di Julie mi ha reso felicissimo di cuore. E così anche per quello che scrivi di Brahms e Joachim e delle composizioni di entrambi.”
Robert Alexander Schumann è nato a Zwickau nel 1810 e morto a Endenich nel 1856. Pianista e compositore, è stato tra i massimi esponenti del romanticismo musicale tedesco.
Filippo Tuena è nato a Roma nel 1953. A Schumann ha dedicato una pièce teatraleFantasmi di Schumann a Manhattan e un romanzo Memoriali sul caso Schumann (Il Saggiatore, 2015).
Anna Costalonga, nata a Milano, vive a Berlino e Lipsia. Oltre che traduttrice, è giornalista musicale.
LA COLLANA - PICCOLA BIBLIOTECA DI LETTERATURA INUTILE
L’energia intellettuale che da sempre caratterizza la città di Svevo, Saba, Bazlen e Stuparich, per una nuova editoria di cultura, intel­ligente e attenta alle esigenze dei lettori più raffinati.
La Italosvevo rinasce con una nuova collana di volumetti intelligenti e anticonvenzionali per contenere quel­la letteratura, di grande tradizione italiana, che non appartiene alla narrativa e difficilmente trova spazio nelle case editrici. Volumi di piccolo formato molto cura­ti nella veste grafica, copertina in brossura su carta di pregio con lunghe bandelle, ri­legatura filo refe, tagli laterali in tonso. Con questo nuovo progetto editoriale Italosvevo vuole catalizzare l’energia culturale che nasce dalla storica tradizione letteraria di Trieste e che tuttora ne fa una delle città più attive e ferventi, per esportarla in tutto il Paese. Il progetto della Italosvevo, rilevata Alberto Gaffi, la cui direzione editoriale è affidata a Giovanni Nucci, è di andare a cogliere questo fermento là dove storicamente è sempre, con una produzione letteraria particolarmente vivida, colta, intelligente e raffinata. Con un occhio di riguardo alla realtà triestina, pubblicando però indistintamente autori italiani e, se necessario, stranieri.
La collana «Piccola biblioteca di letteratura inutile» si muoverà negli spazi del reportage, delle divagazioni letterarie, divertissement, pamphlet, testi di letteratura filosofica o di saggistica dissacrante, brevi scritti morali. Nel segno della riflessione e della critica, dall’attenzione e dell’intelligenza, del sarcasmo e dell’ironia. La grafica curata da Maurizio Ceccato è moderna pur seguendo i dettami della grafica editoriale di più chiara tradizione.  I volumi finora usciti sono: Trittico di Hans Tuzzi, Piccolo dizionario delle malattie letterarie di Marco Rossari, Un ossimoro in lambretta. Labirinti segreti di Giorgio Manganelli di Patrizia Carrano, Sulla Poesia di Giorgio Caproni a cura di Roberto Mosena, Editori vicini e lontani di Cesare De Michelis, E due uova molto sode di Giovanni Nucci, Non è una questione politica di Alfonso Berardinelli, Il carteggio Bellosguardo di Valerio Aiolli, Il trequartista non sarà mai un giocatore completo di Gianvittorio Randaccio.


www.gaffi.it                                            www.italo-svevo.it