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29/09/14

L'epoca dell'entusiasmo "a caduta rapida" e X-factor.



Viviamo nell'epoca dell'entusiasmo a caduta rapida. 

Nel mondo delle impressioni, nessun sentimento, nessun pensiero, nessuna 'convinzione' è durevole. Tutto, nel bene o nel male, dura al massimo 10 o 15 secondi. Ed è così anche per le good vibrations, che diventano manifesto, coazione a ripetere.  

Un sintomo dell'entusiasmo a caduta rapida dei nostri tempi (incapaci di vera gioia, di vera felicità) sono banalmente questi reality, come x-factor, dove l'ovazione per l'esordiente di turno scatta dopo 10 o 15 secondi di esibizione, dove il parere dei giudici - l'entusiasmo o la (rara) bocciatura - scatta dopo 10 o 15 secondi di esibizione. 

Il nostro entusiasmo ci mette 10 o 15 secondi a sbocciare. E' un entusiasmo finto, ovviamente. 
Epidermico, primario o primitivo. Non c'è alcuna interiorizzazione, non parliamo di un pensiero 'critico'. 

L'entusiasmo - del pubblico, dei 'giudici' e del pubblico a casa - sboccia sulla base di un riflesso pavloviano che dovrebbe giudicare qualcosa di così complesso, profondo e misterioso come il talento

Quale tipo di valutazione di un talento, di un talento umano può essere espletato in una bolgia ? 

Il meccanismo dei talent-show però è indicativo anche di come si è modificato il gusto, e quindi il giudizio umano. 

Quasi nessuna di queste stelline prodotte a tambur battente dai reality vede riconosciuto poi concretamente - e soprattutto durevolmente - il suo talento (al di fuori dei 15 minuti di notorietà, oggi forse ridotti a 5, di cui parlava Warhol).  

I grandi clamori, le grandi acclamazioni e le standing ovations (che quando ero piccolo io si tributavano solo ogni morte di Papa, e solo per esibizioni di talenti davvero stra-ordinari) lasciano il posto spesso a un decadimento immediato. 

Ma è il prodotto di una figura di mondo che è costruita ormai interamente sulle "emozioni" ( non sulla gioia duratura, profonda e silenziosa, che tutti hanno ormai smesso anche di perseguire). 

Eppure ogni forma critica, ogni forma di giudizio nasce da una valutazione silenziosa, dal fare silenzio, che è la prima e indispensabile condizione dell'attenzione. 

Ma, come scriveva Elsa Morante nel 1982 (Aracoeli):  si direbbe che gli umani rifiutano, oggi, il Dio che parlava il linguaggio del silenzio. In tutte le loro azioni quotidiane: lavarsi, nutrirsi, lavorare, accoppiarsi, camminare o star fermi; e dovunque: nelle case e nei caffé, negli alberghi e nei bordelli e negli asili, nelle carceri e negli uffici, nelle automobili e nei treni e negli aerei; dovunque e sempre, individui e masse; vivono soggetti a questa Maestà elettrica, rimbambita e sinistra, infuriante nelle sue casse di plastica da cui escono "lampi e voci e tuoni"

15/11/12

Le primarie, X-factor, e il giudizio-pappa.




Credo che la capacità di discernere, ovvero di esercitare un giudizio sia - al pari di molte e diverse attività umane - legata all'esercizio che di essa si fa.  

Esattamente come l'esercizio di un muscolo, la capacità di discernimento e di giudizio, se non viene esercitata, si atrofizza.  

Si diventa incapaci di esercitare un vero giudizio, perché non si ha (più) la forza di analisi, necessaria per elaborare un vero giudizio (non parliamo nemmeno di merito). 

Ci pensavo l'altra sera, assistendo al duello televisivo per le primarie del centrosinistra, in perfetto stile x-factor, con i 5 candidati tutti uguali, tutti perfetti e corretti, con il loro bel minutino a disposizione, il bravo presentatore con la busta in mano e gli urletti del pubblico alle varie battute, esattamente come durante una puntata del reality di Sky, mentre le ragazze esibiscono le ugole. 

Pensavo a questo constatando che anche io ero molto più attento a giudicare il tono della cravatta di Renzi (forse era meglio senza?), la pettinatura un po' in disordine della Puppato, l'orecchino di Vendola, la giacca stazzonata di Tabacci, le smorfiette di Bersani. 

X-factor, dicevamo. Uno ci pensa e dice: ma perché i giudizi sul talento di aspiranti  fuoriclasse del canto devono essere affidati a Morgan (chi mai ricorda nella vita una sola canzone cantata da Morgan?), a Simona Ventura (quale titolo avrà mai per giudicare cantanti e canzoni?), a Arisa (ma chi è?), a Elio (un ottimo guitto, che ha poco a che fare col canto)? 

Poi però, guardando da casa le primarie, ho detto: no, hanno ragione loro.  Il giudizio, oggi, è una pappa. Come un muscolo flaccido, è diventato pappa.  Per giudicare aspiranti cantanti vanno bene anche Arisa, Elio, Simona, Morgan: quattro buoni (a nulla) della porta accanto.  In fondo son come noi che guardiamo i cinque candidati sul palco delle primarie.  Il nostro giudizio dipenderà da poco. Anzi, da niente.  Al prossimo giro, si ricomincia.   E sul palco sarà qualcun altro a cantare.  Gli stessi, noi o loro, dal pubblico, a far finta di scegliere chi eliminare.

Fabrizio Falconi