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31/10/14

I numeri come archetipi e l'Anima. 8. Il numero 137, Pauli e Jung (Conferenza Riva del Garda, L'arte di Essere, 19 ottobre 2014).

8.  IL NUMERO 137, PAULI E JUNG


E terminiamo questo excursus con ultimo numero, il 137.
Sul quale si potrà sapere tutto leggendo un bellissimo saggio di Arthur J. Miller, professore  di storia e filosofia della scienza presso l'University  College di Londra: L'equazione dell'anima, pubblicato da Rizzoli nel 2009, che racconta l'ossessione per un numero nella vita di due geni, Carl Gustav Jung e il fisico Wolfgang Pauli.
Negli anni '30, ad appena trent'anni, Pauli è uno dei teorici più brillanti della nascente fisica quantistica.  Eppure ogni notte si ritrova a vagare nei quartieri a luci rosse in preda all'alcol e alla depressione.




Ed è proprio la sua doppia vita ad indurlo a rivolgersi a Carl Gustav Jung, il discepolo eretico di Freud, divenuto in quegli anni un punto di riferimento della ricerca psichica mondiale.
L'incontro tra questi due geni, tra ragione e misticismo, diviene una potente alleanza tra due giovani scienze, la psicoanalisi e la meccanica quantistica, all'insegna di quello che appare come un numero magico: il 137. 

Un numero che da un lato descrive con grande precisione il dna della luce e dall'altro è la somma dei valori numerici dei caratteri ebraici che compongono la parola Kabbalah (Cabala). 


Perché il Dna della luce ? Perché – detto con parole semplici – 137, o meglio 1/137 è la cosiddetta COSTANTE DI STRUTTURA FINE, cioè uno di quei numeri che stanno alla base stessa dell’universo e di tutta la materia.



Le righe spettrali infatti, rappresentano una sorta di impronta digitale di un atomo e si rivelano quando la luce colpisce un atomo.

C’era qualcosa in questo numero primo (il 33.mo per l’esattezza) e primordiale, che stuzzicava la curiosità e l’immaginazione di tutti, fisici e scienziati, nel secondo dopoguerra.

I fisici – Planck fu preceduto in questa ossessione da Arthur Eddington – si convinsero che la costante di struttura fine non può avere quel valore per caso. Esiste là fuori, indipendentemente dalla struttura della nostra mente.

Ma Pauli rimase esterrefatto quando, dopo aver stretto amicizia con Gershom Sholem, uno dei massimi esperti di misticismo ebraico, scoprì che la parola Cabala in ebraico si scrive con quattro lettere, la cui somma dà proprio 137.
Ma altrettanto, gli disse Scholem, fanno altre parole contenute nella Bibbia, come “il dio fedele”, “circondato da splendore” e la parola ebraica che significa “crocefisso”, tutte danno come risultato 137.


Pauli cominciò a parlare di questo a Jung, durante le sedute e nei loro incontri di lavoro,  e anche Jung, ovviamente ne restò enormemente affascinato,  diventando anche un terreno di indagine parallela per Jung e per le sue ricerche sulla essenza e sul Sè.



L’ossessione per il numero 137, come simbolo accompagnò  Pauli fino al letto di morte. In modo veramente incredibile.  Il 5 dicembre del 1958, durante una lezione pomeridiana, Pauli fu colto da dolori lancinanti allo stomaco. Fino ad allora aveva sempre goduto di ottima salute, nonostante la sua vita non certamente morigerata.  Fu portato in tutta fretta all’ospedale della Croce Rossa di Zurigo.
Un amico, Charles Enz andò a trovarlo. Pauli era visibilmente agitato.  Aveva notato il numero della stanza ? Chiese ad Enz. ‘No’, rispose il suo assistente.  “E’ il 137!” gemette Pauli, “Non uscirò mai vivo da qui.”   Quando lo operarono i medici scoprirono un grosso carcinoma al pancreas. Pauli morì nella camera 137 il 15 dicembre. La sua ultima richiesta era stata di parlare con Jung.



Insomma, abbiamo chiuso con questo che è molto più di un aneddoto, questo piccolo viaggio nel mondo dei numeri archetipici.


La suggestione, come abbiamo visto, era ed  è ancora  quella di trovare un numero alla base dell'universo, un numero primordiale, un numero da cui tutto dipende e dà conto di tutto. Anche in questo momento in cui parliamo qui, in diverse parti del mondo matematici e fisici sono al lavoro per trovare le tracce di quel raccordo finale che speriamo un giorno di intravvedere dentro all’enorme, spaventoso mistero in cui la nostra vita biologica e spirituale sembra calato.

E' un vecchio sogno umano, inseguito da astronomi, scienziati, alchimisti, mistici, filosofi, matematici che prosegue e che probabilmente accompagnerà l’evoluzione dell’intelligenza umana ancora per molto.

La Galassia dell'Aquila, fotografata dal telescopio spaziale Hubble della Nasa


Fabrizio Falconi © - proprietà riservata/riproduzione vietata (8- fine) 

23/10/14

I numeri come archetipi e l'Anima. 2. I "numeri amici" (Conferenza Riva del Garda, L'arte di Essere, 19 ottobre 2014)

2. I NUMERI AMICI

Da sempre, uno degli argomenti a favore della tesi che i numeri siano stati scoperti e siano scoperti in continuazione è quando si scopre per l’appunto – e così è stato sin dalla notte dei secoli – una qualche proprietà che riguarda i numeri, che li lega in modi apparentemente misteriosi,  per noi umani abituati, per forma mentis a fare caso, a constatare a sottolineare, a farci interrogare da quelle che noi percepiamo come coincidenze.
Noi  tendiamo a pensare cioè  sempre che dietro ogni coincidenza, ci sia un segnale o un simbolo che ci interroga, da interpretare.
Cosa interroga questo mistero ? Interroga la nostra interiorità profonda,  quella che nel tempo abbiamo indifferente chiamato in diversi modi, come spiega James Hillman ne Il codice dell’anima: istinto, anima, carattere, predisposizione, destino.
Destino:  da sempre i numeri hanno parlato all’uomo anche dal punto di vista del destino. Sempre, in ogni civiltà, dai numeri sono state tratte conseguenze significative, per il mondo collettivo (pensiamo ai Maya) e per quello individuale.
Un esempio non molto conosciuto di questa interpretazione psicologica e simbolica dei numeri deriva dai cosiddetti numeri amici. I quali hanno proprietà molto particolari che inducono un certo stupore anche nel principiante.
Vediamo:
Due numeri sono definiti amici dalla matematica, se ciascuno è uguale alla somma dei divisori dell'altro. Sembra difficile, ma tutti possono comprenderlo subito. 


Tutto nasce da un aneddoto, che non si sa se sia vero:  Qualcuno chiese un giorno a Pitagora se avesse un amico. Lui rispose "Ne ho due".   E nominò i numeri amici 284 e 220. 
Questi due numeri sono infatti amici perché i numeri interi per cui 220 può essere diviso senza resto (1,2,4,5,10,11,20,22,44,55 e 110) danno la somma di 284; mentre i numeri interi per cui 284 può essere diviso senza resto (1,2,4,71 e 142) danno la somma di 220. 





E’ una proprietà molto singolare.
Può essere solo un caso. Ma può essere anche un indizio, come lo sono stati molti apparenti ‘casi’, nella storia della matematica.
I numeri amici, cioè, possono essere solo un altro appassionante paragrafo della matematica, o avere qualche impiego utile. Per ora, nessuno lo sa. 
"Non è affatto un'impresa facile trovare tutte le coppie possibili di numeri amici," scrisse Wolfgang Pauli (2), uno dei più grandi scienziati del XXo secolo che ritroveremo più avanti accompagnato da Carl Gustav Jung,  affascinato dall'enigma, negli anni '50.
Difatti solo poche centinaia di numeri amici furono note fino alla metà del Novecento. Con l'aiuto dei computer ad alta velocità siamo oggi arrivati alla decina di milioni di numeri amici conosciuti. 
Ed è comunque affascinante pensare a come si sia arrivati alla scoperta di questa coppia, da parte di un genio come Pitagora: bisogna figurarsi, come è stato in gran parte della storia della scienza, una grande quantità di duro lavoro, culminato in un'ultima, geniale intuizione.

Erma di Pitagora

La coppia di numeri amici 284 e 220 è comunque nota da molto tempo. E da sempre ha colpito l’immaginazione degli uomini. I quali sono stati portati ad immaginare straordinarie proprietà che dovevano essere per forza associate ad una proprietà così singolare.
Nel Libro della Genesi, Giacobbe dà 220 capre a Esaù perché il numero, in quanto preso da una coppia di numeri amici, testimonia l'affetto di Giacobbe per Esaù. (3)
Nel Medioevo talismani con incisi quei numeri erano portati dagli innamorati a significare il reciproco attaccamento.
Cultori arabi della numerologia citano l'usanza di scrivere 220 sulla buccia di un frutto e 284 su quella di un altro, poi cibarsi di uno dei due e offrire l'altro all'amante: una sorta di afrodisiaco matematico. 

7184 e 1210 sono altri due numeri amici

I numeri amici, in definitiva, con la loro perfezione simmetrica rappresentano un altro argomento a favore di chi ritiene che i numeri siano indubbiamente degli archetipi, qualcosa cioè che appartiene ad una realtà  simbolica profonda,  preesistente e prescindente dalla intelligenza individuale umana. 

Fabrizio Falconi © - proprietà riservata/riproduzione vietata (2/ segue) 

note:  

2. Arthur J. Miller, L'equazione dell'Anima, Rizzoli, 2009.
3. Gen. 32: 13-16. 

30/07/14

L'incredibile proprietà dei "numeri amici". La matematica come archetipo.






C'è da perdere la testa intorno al mistero dei numeri . Uno dei più grandi enigmi dell'avventura umana, tuttora irrisolto, infatti è se i numeri siano stati inventati o siano stati scoperti.

E nel caso siano stati scoperti non si finisce mai di meravigliarsi di questa scoperta. 

Una vera stupefazione inducono anche nel principiante, le proprietà dei cosiddetti numeri amici.

Due numeri sono definiti amici dalla matematica, se ciascuno è uguale alla somma dei divisori dell'altro. 

Sembra difficile, ma tutti possono comprenderlo subito. 

Tutto nasce da un aneddoto, che non si sa se sia vero:  Qualcuno chiese un giorno a Pitagora se avesse un amico. Lui rispose "Ne ho due".   E nominò i numeri amici 284 e 220. 

Questi due numeri sono amici perché i numeri interi per cui 220 può essere diviso senza resto (1,2,4,5,10,11,20,22,44,55 e 110) danno la somma di 284; mentre i numeri interi per cui 284 può essere diviso senza resto (1,2,4,71 e 142) danno la somma di 220. 

I numeri amici possono essere solo un altro appassionante paragrafo della matematica, o avere qualche impiego utile. Per ora, nessuno lo sa. 

"Non è affatto un'impresa facile trovare tutte le coppie possibili di numeri amici, " scrisse Wolfgang Pauli, affascinato dall'enigma, negli anni '50.

Difatti solo poche centinaia di numeri amici furono note fino alla metà del Novecento. Con l'aiuto dei computer ad alta velocità siamo oggi arrivati alla decina di milioni di numeri amici conosciuti

La scoperta di questa coppia da parte di Pitagora è abbastanza stupefacente. Bisogna figurarsi una grande quantità di duro lavoro, culminato in un'ultima, geniale intuizione.

La coppia di numeri amici 284 e 220 è nota da molto tempo.

Nel Medioevo talismani con incisi quei numeri erano portati dagli innamorati a significare il reciproco attaccamento.

Nella Genesi, Giacobbe dà 220 capre a Esaù perché il numero, in quanto preso da una coppia di numeri amici, testimonia l'affetto di Giacobbe per Esaù.   

Cultori arabi della numerologia citano l'usanza di scrivere 220 sulla buccia di un frutto e 284 su quella di un altro, poi cibarsi di uno dei due e offrire l'altro all'amante: una sorta di afrodisiaco matematico. 

I numeri amici, in definitiva, con la loro perfezione simmetrica rappresentano un altro argomento a favore di chi ritiene che i numeri siano indubbiamente degli archetipi, qualcosa cioè che appartiene ad una realtà  simbolica profonda,  preesistente e prescindente dalla intelligenza individuale umana. 

12/07/14

Il mistero del numero 137, Pauli, Jung e la matematica che è in noi (e fuori di noi).



In questi giorni sto leggendo un bel saggio di Arthur J. Miller, professore emerito di storia e filosofia della scienza presso l'University  College di Londra: L'equazione dell'anima, pubblicato da Rizzoli nel 2009, che descrive e racconta l'ossessione per un numero nella vita di due geni, Carl Gustav Jung e il fisico Wolfgang Pauli.

Negli anni '30, ad appena trent'anni, Pauli è uno dei teorici più brillanti della nascente fisica quantistica.  Eppure ogni notte si ritrova a vagare nei quartieri a luci rosse in preda all'alcol e alla depressione.
Wolfgang Pauli

Ed è proprio la sua doppia vita ad indurlo a rivolgersi a Carl Gustav Jung, il discepolo eretico di Freud, divenuto in quegli anni un punto di riferimento della ricerca psichica mondiale.

Carl Gustav Jung

L'incontro tra questi due geni, tra ragione e misticismo, diviene una potente alleanza tra due giovani scienze, la psicoanalisi e la meccanica quantistica, all'insegna di quello che appare come un numero magico: il 137. 

Un numero che da un lato descrive con grande precisione il dna della luce e dall'altro è la somma dei valori numerici dei caratteri ebraici che compongono la parola Kabbalah (Cabala). 

L'ossessione che accompagna Pauli fino al letto di morte, diventa anche un terreno di indagine parallela per Jung e per le sue ricerche sulla essenza e sul Sè.

La suggestione è quella di trovare un numero alla base dell'universo, un numero primordiale, un numero da cui tutto dipende e dà conto di tutto.

E' un vecchio sogno umano, inseguito da astronomi, scienziati, alchimisti, mistici, filosofi, matematici.

Più andiamo avanti con le nostre conoscenze, più ci appare evidente che il mondo e l'universo che ci contengono si fondano su principi matematici.  E la matematica è anche alla base della nostra vita biologica. Tutto sembra ridursi a questo: anche la nostra mente sembra essere predisposta per leggere secondo criteri matematici. Ma da dove deriva tutto questo, e perché esiste ?

Ecco un brano di una intervista rilasciata poco tempo fa da Giandomenico Boffi, ordinario di algebra all'Università degli Studi Internazionali di Roma (UNINT) e considerato uno dei migliori matematici italiani. 

Che la matematica sia pura creazione della mente è un fatto largamente condiviso. 
Desta perciò meraviglia l'eccezionale efficacia che questa scienza ha dimostrato nel consentire da un lato l'interpretazione della realtà e dall'altra l'intervento concreto, anche tecnologico, su di essa. 
La matematica è una delle poche cose universali che noi sperimentiamo, e già questo è sorprendente. 
Lo è ancora di più il fatto che l'universo risponde in qualche modo alle nostre sollecitazioni basate sugli strumenti matematici. 
Da questa attività creativa dell'uomo emerge quasi un potere predittivo nei confronti della realtà, che è alquanto sconcertante. 
Nella misura in cui non si è ancora riusciti a giustificare l'indubbia consonanza verificabile tra una creazione della nostra mente, la matematica, e una realtà data a prescindere da noi, diventa legittimo ipotizzare l'esistenza di un Ente superiore intelligente che si pone alla radice tanto della realtà che ci circonda, quanto della nostra stessa mente. 
Il dato fondamentale è che esiste in qualche modo una sintonia tra la mente e la realtà esterna alla mente, sintonia che si spiega bene con l'esistenza di qualcosa che sta sopra e unifica.

Fabrizio Falconi