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28/02/14

La scoperta dell'orrore (Una esperienza taoista).




Il mio battesimo con la morte avvenne quando avevo meno di dieci anni.

Mio padre, mentre eravamo in vacanza nel paese dov’era nato, mi portò un giorno al mattatoio locale.
Non so quale fosse lo scopo che l’animava.

Forse era semplicemente curioso, o forse aveva in mente di impartirmi una lezione, di farmi prendere confidenza con quello che non riusciva a spiegarmi a parole. L’effetto fu brutalizzante. E ne ho portato le tracce fino ad oggi.

Nel vecchio mattatoio l’odore del sangue arrivava da molto lontano. Insieme alle urla – umane – dei maiali terrorizzati che pre-sentivano la fine orribile che li attendeva. Assistemmo alla esecuzione di un bue. Ed ebbi modo di verificare l’incredibile resistenza della vita biologica.

All’animale fu sparato un colpo in fronte, con una pistola. Il povero bue rimase come impietrito, sulle quattro zampe, mentre il sangue zampillava copioso. Ci mise un paio di minuti buoni a cedere sulle ginocchia prima e a caracollare in terra.

Sdraiato nel lago di sangue, però, la morte era ben lungi dal sopravvenire. L’uomo-aguzzino, addetto al macello, com’era prassi, accelerò la fine infilando un lungo ferro nella ferita della fronte. Per spegnere ogni attività cerebrale.Ma l’agonia durò lo stesso parecchi minuti .

Non posso dimenticare le emozioni provate dal mio corpo, allora. L’orrore si univa alla impossibilità di spostare lo sguardo. La meraviglia si mischiava alla nausea vischiosa del mare di sangue. Il dolore dell’anima era lo stesso di quello dell’anima-le. Eppure qualcosa mi consentiva di assistere, come fossi impassibile. Come fossi un automa.

La scoperta del dolore, la conferma dell’orrore, l’inevitabilità della morte si collegarono in modo misterioso alla vita, al ritorno alla vita, quando sollevato feci ritorno a piedi verso casa, la mano in quella di mio padre.
A ripensarci oggi, fu davvero una esperienza taoistica. Mai come in quel giorno la morte e la vita mi apparvero unificate.

L’ingiustizia e l’orrore del mondo misteriosamente unite al sole che quel pomeriggio non voleva morire e bene-diceva ogni cosa sotto i miei occhi. L’incomprensibilità della vita era un grumo che non voleva spiegar-si e non voleva tanto meno ri-velarsi.
Dopo qualche settimana riuscii perfino nuovamente a mangiare carne.

Oggi discuto con un amico convinto vegano. Hai ragione, dico. Hai tutte le ragioni. Ogni ragione è in te. Ma perché mangi insalata ? “L’insalata,” mi dice, “è un vegetale. Hai idea della differenza che c’è tra un animale, un corpo biologico e una vita vegetale?”
No, ho risposto.
Non ne ho idea. Perché non sono mai stato un mandorlo o un albero di banano. O forse sì, lo sono stato. O lo sono ancora. E mi porto addosso, nella mia vita, la dissipazione di una fioritura caduta, la disidratazione e la fine di un albero seccato da una stagione maledetta.

Fabrizio Falconi

29/06/11

RI-COMINCIARE . Da dove ? (12 cose da cui ripartire) – 2: DOMANDE.


Dovrò ricordarmi di non smettere mai di farmi domande.

Dovrò ricordarmi che ogni crescita, ogni apprendimento, ogni saggezza,  nasce da una domanda.

Dovrò ricordarmi che i bambini crescono facendo domande, e possono crescere solo e soltanto se qualcuno risponde alle loro domande, e soprattutto le prende in considerazione.

Il silenzio dopo una domanda può ferire, ma la domanda va posta lo stesso.

E le domande, sono, spesso – se sincere – più importanti delle risposte.

Quando si smette di farsi domande, si perde umanità.  Quando si smette di farsi domande  l’uomo diventa dis-umano. 

Non è un caso, forse, che le domande sono del tutto assenti nei discorsi degli uomini di governo, e nei dogmatici di ogni credo o bandiera, capaci di fornire solo risposte.

Invece le domande servono per ‘allenare’ la coscienza a riconoscere sempre cosa è bene e cosa è male. 

Come scriveva Don Giussani, “La domanda è già un miracolo. È il primo modo della coerenza, del compimento di sé, della propria libertà… E se è vera (cioè sincera) aggiunge bellezza anche alla bellezza più grande.” 

27/10/10

La nostra cultura è inadeguata (Tarkovskij).



Sono soltanto due minuti di monologo. Ma racchiudono l'essenza del pensiero e dello spirito di quella grande anima che ha attraversato il nostro tempo, quella di Andrej Tarkovskij.

Tarkovskij ha incarnato nella sua vita - con l'esilio, la distanza, la sofferenza, la separazione dai suoi affetti, la coerenza, l'intelligenza, lo spirito - le difficoltà del vivere, in un mondo che appare sempre più lacerato dalla separazione tra ciò che conta davvero (che è dentro di noi, e che non sappiamo neppure più dire cosa sia) e tutto ciò che NON è necessario (quello che in termini spirituali si direbbe 'il peccato') e che invece sembra essere diventato il nostro unico scopo, la nostra unica finalità.

Tornare all'uomo. Era questa la più grande preoccupazione del grande maestro russo. La grande lezione che ci ha lasciato, e che dovremmo ricordare.

22/09/09

Diventare un Uomo.



Come si fa ad uscire da quello che abbiamo chiamato "stato manicomiale del mondo" ? Quale è il sistema giusto, quale è l'uscita ? Che cosa significa, in definitiva, quella parola - conversione - che abbiamo usato nell'ultimo post ?

Convertirsi potrebbe voler dire, molto semplicemente, come spiega in questo brevissimo brano di intervista del 1990, il grande Padre Turoldo, essere uomo.

"L'uomo non è un dato oggettivo, " dice Padre Turoldo. E oggi, questa semplice constatazione farebbe, fa, già di per sè discutere, se si pensa a quanto pensiero meccanico-razionalista si è impadronito di noi. Siamo trattati sempre più spesso come una massa, analizzati come tali - consumatori, elettori, ascoltatori - cioè come un insieme di dati oggettivi, che possono essere rinchiusi e studiati in una statistica, cioè appunto in un dato.

Ma l'uomo è questo ?

Nella stessa radice etimologica della parola uomo, c'è la sua essenza. Homo ha la stessa radice di humus. L'uomo viene dalla terra, già dal suo nome. L'uomo è terra. E come sappiamo anche la terra non è un dato oggettivo. Perchè la terra produce vita. E la vita non è mai oggettiva. Sappiamo - è la scienza a dirlo - che due esseri viventi NON sono mai uguali, e che ogni essere umano non è nemmeno duplicabile (a identità di patrimonio genetico corrispondono caratteri diversi, destini diversi, malattie diverse, morti diverse) . Anche nei casi di clonazione - che l'apprendista stregone umano sta mettendo in campo - non ci sono MAI due esseri perfettamente uguali. La vita è programmata per essere diversa, sempre. Per essere irripetibile. Per non essere un dato oggettivo.

Essere umani vuole dire quindi appropriarsi della propria diversità, scendere fino in fondo nel pensiero di autoconoscenza, avvicinarsi all'essenza che ci rende unici nel creato.

Ma quello che sembra che abbiamo tutti dimenticato è che quello che rende umano un uomo, è già dentro di lui.

Il problema non è quello che abbiamo dentro di noi. Il problema è quello che noi facciamo per rendere riconoscibile o no, consapevole o no quello che abbiamo. E' questo che ci rende umani. Dentro di noi esiste già tutto. E da noi, solo da noi, dipende tutto.

Gesù Cristo si sforza di farlo capire ai discepoli, che continuano a chiedergli insistentemente "cosa è che rende impuro un uomo. "

"Ascoltatemi tutti e cercate di capire ! - dice Gesù ( Marco 7,14) - Niente che entra nell'uomo dall'esterno può renderlo impuro. E' ciò che esce dall'uomo che lo rende impuro."

In ogni uomo, sembra di capire dalle parole di Gesù, il Regno di Dio - cioè potremmo dire in termini moderni la pienezza, il Senso ultimo, la salvezza per tutti - opera ' a prescindere', soltanto che noi siamo capaci di scoprire la sua opera in noi.

Nella parabola del seme Egli, ancora più chiaramente, racconta ( Mc. 4,26) :

"Il regno di Dio è come un uomo che getta il seme nella terra; dorma o vegli, di notte o di giorno, il seme germoglia e cresce; come, egli stesso non lo sa. Poiché la terra produce spontaneamente, prima lo stelo, poi la spiga, poi il chicco pieno nella spiga. Quando il frutto è pronto, subito si mette mano alla falce, perché è venuta la mietitura".

Esiste immagine più chiara di questa ? Non dovremmo andare in giro molto a cercare. Nel seme c'è già TUTTO. E come dice Turoldo bisognerebbe solo avere la costanza di procedere dal nulla al TUTTO (e non viceversa) che è già in noi.

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