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30/08/17

"I sogni dell'amore che non venne mai" di Fabrizio Falconi (2010).







I sogni dell’amore che non venne mai


Di notte il vento di aprile
ti ha risvegliato, raggelando
i germogli, scuotendo le imposte
scardinando la terra.

Hai vagato, senza trovare niente:
ti sei chiesto a che serve
una barca senza mare
una risposta senza domanda
un tappeto di foglie cadute
senza nessuno che lo attraversi,
un cielo di notte senza telescopi,
un letto caldo senza un respiro
tra le lenzuola, una promessa
senza una supplica, un coro di morti
senza nessun orecchio di vivo, che lo ascolti.

Ti sei sentito fragile, come chi aspetta
come chi chiede amore nel vento,
nel punto più scuro della notte.





Fabrizio Falconi, tratto da Il respiro di oggi, Terre Sommerse, 2010. 


27/06/16

"Guidami nella certezza del perdono" - Salterio, di Fabrizio Falconi




Salterio, XII



Guidami, Padre, nella certezza del perdono
quando i briganti danno fuoco alle case
depredando, e sicuri, spargono sale
correndo pazzi nel temporale.

In quel giorno consenti il soffio della fioritura
del ricordo, di quel che non sono e vorrei essere
delle occasioni perse, delle ingiunzioni e delle stoltezze
di tutto quello che non riesco a perdonare, finché vivo.


Fabrizio Falconi
Tratto da Salterio (2006) - ne Il respiro di oggi, 2009

foto in testa: Polaroid di Andrej Tarkovskij




11/02/14

Bilancia - di Fabrizio Falconi (da 'Il respiro di oggi') .







Riparto. Tornano indenni a placarsi i rumori di fondo del mondo. Nel viaggio di ritorno non li ascolterò. E’ così: sono ancora in bilico: metà quel che sono, ed ero, metà quel che sarò. La mia condizione è quella del camminante, e più sento di essere arrivata, più ho bisogno di ricominciare.
Ho provato a fermare il canto con la paura. Illudendomi. Non posso fare altro che unire gli opposti, braccia e gambe. Sul punto più estremo del sentiero, torno indietro. Simmetricamente, percorrerò rinnovandolo con i miei passi, l’antro che mi ha portato fin qui.
Cantano i giunchi, le mille voci delle paludi, alla cantilena della luna mi affiderò, sicura di non perdermi.
Ho già fatto molto. Ho provato, ho creduto. E non è stata che la metà del tutto, che ancora mi attende.



in testa: Bilancia, opera di Justin Bradshaw.

Il ciclo Il Canto dei segni è stato concepito per la mostra Zodiac, realizzata da Justin Bradshaw, a Tuscania, ottobre 2003. 




ZODIAC

Il progetto rappresenta una ricerca e una personale elaborazione della simbologia dei segni dello zodiaco. 
Questa ricerca prende spunto là dove inizia il concetto del cerchio zodiacale e di gran parte delle costellazioni; lungo la valle dell’Eufrate abitato dal popolo dei Sumeri.
I disegni a china sono studi che esplorano i significati di ogni segno ricavato da poesie e sculture sumeriche, per arrivare ad un ciclo di vita che passa da un segno all’altro, come il sole e gli altri pianeti passano attraverso le costellazioni, da Ariete a Toro, da Toro a Gemelli, e così via.
Le immagini delle costellazioni sono state viste come figure femminili; è la dea madre che sottopone il suo corpo alle varie peripezie del viaggio ciclico. 
Ogni posa è basata sulla posizione delle stelle all’interno di ogni costellazione, come si vede nei disegni da studio. 
Nello stesso tempo ogni posa è anche un momento nella vita della dea: si abbandona alla morte in Scorpione, siede, smarrita, nel limbo in Sagittario, arriva in fondo agli Inferi in Capricorno, comincia a risvegliarsi in Aquario, continuando in Pesci per ritrovarsi viva in Ariete. In Toro, ancora debole, subisce l’attacco passionale del dio, selvaggio come un toro, in Gemelli si rispecchia, riunisce anima e corpo, in Cancro si unisce in matrimonio con il dio (in tempi antichi si festeggiava un rituale matrimonio sacro a giugno, mese che corrispondeva al segno del Cancro, indicata anche dal nome romano del mese, ‘Iunius’, da ‘iunire’ (unire)), in Leone, ormai forte, è lei che domina la preda. Infine, in Vergine è madre, partorisce, e precede la crisi ‘post-parto’ di Bilancia.
(nota di Justin Bradshaw)

Justin Bradshaw, nato a Londra nel 1971, vive in Italia dal 1994, prima a Roma e ora a Civita Castellana in provincia di Viterbo. Le sue prime due mostre personali sono state organizzate dai fratelli Sestieri nel 2000 e nel 2002 a piazza Margana, con cataloghi e introduzioni di Maurizio Fagiolo dell’Arco e di Marco Fabio Apolloni. Nel 2003 ha esposto alla Galleria Croma, via del Governo Vecchio 118, Roma. Sono seguite una mostra a Tuscania nell’Ottobre 2004 nell’ex chiesa di Santa Croce, accompagnato dalle poesie di Fabrizio Falconi, e due mostre-serate a Roma; la prima nella bottega di Marco Ancona e Giuseppe Sedita a via dei Falegnami 72 nel Giugno del 2004, e la seconda nella hall dell’Hotel Due Torri di Cinzia Pighini nel marzo del 2005.

30/07/13

Mirabilia Urbis IX. - Necropoli Vaticana







Mirabilia Urbis

IX. Necropoli Vaticana

Cammino senza cielo
pozzo senz'acqua
di mattoni allineati
e tentativi di costruzioni
indagini preghiere
gocce e pioggia
da dove,
teca di vetro, fisso
un nome, incisioni
di porpora e d'oro
rumori, grida
di bambini dopo duemila anni:
vengono a portare vita, 
a profanare di vita
il luogo del mistero.



Testi per la mostra Petrology (dipinti di Justin Bradshaw) - Chiostro del Bramante, 15 novembre/4 dicembre 2005.  Da Fabrizio Falconi, Il respiro di oggi, Terre Sommerse, Roma 2009.


13/05/12

La poesia della domenica - 'Blanchisseuse' di Fabrizio Falconi




Blanchisseuse 

Era di luglio era d'agosto
eravamo tristi
ero triste perché mia madre era morta.
Ma non smettevamo
di baciarci
ed eri la donna
che sei tu ora,
capelli d'ambra pelle bianca
nel buio di qualche casa
d'estate al respiro
dei tamarindi
e del mare.
Non smettevi di baciarmi
e sapevamo entrambi
che era una cosa molto seria.
La nostra intima tristezza
nutrita dal profumo
del mare
e del tamarindo
si trasformava in pianto
e il pianto in bianco.
Un bianco estivo di futuro e di pianto.


Fabrizio Falconi © (tratto da Il respiro di Oggi, 2009) - riproduzione riservata.

26/10/11

Il nostro incontro.







Il nostro incontro


Il nostro incontro
non era in agenda, era scritto
in nero sui muri, era nuvola
di passaggio, era una melodia
dalla finestra, era un piccolo
e sconfinato panorama che si chiude
col silenzio delle imposte.


 Il nostro incontro
 rasentava la sera del giorno
 prima, svernava ai tropici
come un uccello fuori rotta,
si vergognava di sé,
come un luogo comune,
o un interrogativo all'inizio della frase.


 Il nostro incontro
era un possedimento inutile,
o una nota incantata,
eppure il nostro incontro
è apparso tanto tempo fa, un giorno,
ha illuminato la vita di senso,
e non è ancora tramontato.



 Fabrizio Falconi 2009  © tratta da Il respiro di oggi, Terresommerse, Roma, 2009.