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27/06/16

"Guidami nella certezza del perdono" - Salterio, di Fabrizio Falconi




Salterio, XII



Guidami, Padre, nella certezza del perdono
quando i briganti danno fuoco alle case
depredando, e sicuri, spargono sale
correndo pazzi nel temporale.

In quel giorno consenti il soffio della fioritura
del ricordo, di quel che non sono e vorrei essere
delle occasioni perse, delle ingiunzioni e delle stoltezze
di tutto quello che non riesco a perdonare, finché vivo.


Fabrizio Falconi
Tratto da Salterio (2006) - ne Il respiro di oggi, 2009

foto in testa: Polaroid di Andrej Tarkovskij




20/10/13

Dieci grandi anime. 2. Andrej Tarkovskij (4./)



Dieci grandi anime. 2. Andrej Tarkovskij (4.)


Nei taccuini di Tarkovskij cominciano ad intensificarsi citazioni dalle Scritture, dall’Ecclesiaste, dai Vangeli, soprattutto, ma anche da Lao-tse, Seneca, Dostoevskij, Montaigne.

E la radicalità nei confronti di quella che Tarkovskij chiama falsa conoscenza, ritorna in forme sempre più definitive e apparentemente arbitrarie. La vera poesia si accompagna alla religiosità, scrive, un non credente non può essere un poeta. (11)
        
Ma essere poeta, di qua come di là dalla Cortina di Ferro continua ad essere sempre più difficile. Spero quando si ha a che fare con mancanze primarie. A Larisa, la moglie di Tarkovskij viene concesso alla fine del 1982 un permesso per raggiungere il marito a Roma. Ma con lei non c’è l’adorato figlio, adesso dodicenne, al quale le autorità non permettono l’espatrio. Andrej ha il cuore spezzato: ha la moglie, ma non il figlio.  Vorrebbe lasciar tornare la moglie in Russia, ma ha paura che una volta rientrata non le permettano più di uscire.   Si svolgono accorate telefonate tra Roma  e Mosca. 

Scrive: Con quanta tristezza Tjapa (il figlio,  NDA) parla al telefono ! Che nostalgia che ha… Come deve essere disumana una società per arrivare a dividere le famiglie senza nessuna pietà, con il solo scopo di avere degli ostaggi. E sarà sempre peggio, questo è chiaro. Ma è anche chiaro che Dio ci guida. (12)  E più avanti: Penso continuamente a quanto abbiano ragione coloro che ritengono che la creatività sia una condizione dello spirito.  Donde viene?  .. Il nostro dovere dinanzi al Creatore impiegando il libero arbitrio di cui Egli ci ha fatto dono, combattendo il male che è in noi, di superare gli ostacoli sul nostro cammino verso di Lui, di crescere in senso spirituale, combattere tutto ciò che c’è in noi di turpe. Dobbiamo purificarci. Allora non avremo nulla da temere. Aiutami Signore ! Mandami un Maestro! Sono stanco di aspettarlo… (13)

Nel 1983, intanto esce sugli schermi Nostalghia.  Che ottiene favori non unanimi. C’è anzi già chi è disposto a scommettere che il grande autore russo abbia perso brillantezza e ispirazione, lontano dal suo paese d’origine. Il film vince il Gran Premio della Giuria  a Cannes, nonostante l’ostruzionismo di Sergej Bondarciuk, il regista ‘ortodosso’ sovietico, che fa parte della Giuria. 

Nello stesso anno va in scena una memorabile rappresentazione del Boris Godunov al Covent Garden di Londra che ottiene un successo trionfale. Tarkovskij si rende conto che ormai non può più tornare indietro.  L’ostracismo delle autorità sovietiche, anzi, gli rendono necessario alzare i toni, nella speranza di smuovere le cose e riunificare la sua famiglia,  e nel 1984 chiede e ottiene asilo politico dagli Stati Uniti, con un annuncio che viene dato in una affollatissima conferenza stampa a Milano.

Ma il regime di Mosca non è disposto ancora a cedere.  
Nel 1985 Tarkovskij è impegnato nella realizzazione del suo ultimo film, Sacrificio (Offret), che rappresenta una sorta di testamento spirituale del grande regista, con la storia di Alexander, un uomo che assiste al crollo di ogni cosa in cui crede in seguito all'improvviso scoppio di una guerra nucleare, e che  disperato prega Dio di salvare il mondo, facendo voto di rinunciare a tutto ciò che possiede, se questa sua preghiera si dovesse realizzare.

Tarkovskij fa appena in tempo a terminare le riprese del film.  Il 6 dicembre del 1985, a Parigi, si sottopone ad una radiografia e scopre di avere “un’ombra” nel polmone sinistro. Dieci giorni dopo gli viene diagnosticato un tumore incurabile.

I Diari registrano la reazione umana di Tarkovskij, il dolore profondo, anche la disperazione, che però si rivolge subito ad altro, agli altri, a coloro che ama:

L’uomo nel corso della propria vita sa che prima o poi dovrà morire. Non sa però quando morrà, perciò sposta questa scadenza lontano nel futuro. E questo lo aiuta a vivere. Ora, invece, io lo so. E niente mi può aiutare a sopravvivere. E questo è molto duro.   Però ora la cosa importante è Lara. Come potrò dirglielo ?! Come potrò infliggerle un colpo tanto tremendo con le mie stesse mani ?!  Come reagirà ?  Come farà in futuro per Andrjusa e la mamma ? (14)  Bisogna continuare a combattere per ottenere il loro espatrio. Andrjusa ha bisogno di vivere libero, non deve vivere in prigione. Visto che abbiamo cominciato su questa strada, bisognerà andare fino in fondo. (15)


(segue -4./) 

Fabrizio Falconi © - proprietà riservata/riproduzione vietata. 

       
11.     Op. cit. pag.486
12.   Op. cit. pag. 550
13.   Op. cit. pag. 556
14.   La “mamma” a cui si riferisce qui è Anna Semenovna, madre di Larisa, cioè la suocera di Tarkovskij, che è colei che per tutti gli anni dell’esilio di Tarkovskij si è occupata del nipotino, Andrej, e che riuscirà a lasciare la Russia, proprio a causa della malattia di Tarkovskij, insieme al bambino, un mese dopo questa nota scritta dal regista.
15.      Op.cit. pag. 653.

23/12/12

Andrej Tarkovskij - "Una persona egoista non può leggere e amare Tolstoj".



Difendere tutto ciò che è spirituale. 

E’ il compito che Andrej Tarkovskij si era dato e che cercò di fare strenuamente, finché fu in grado, con i suoi film. 

Il più misterioso dei quali, forse resta proprio Lo Specchio (titolo originale Zerkalo), girato nel 1975, e infarcito di immagini simboliche e di citazioni di versi del padre del regista, il poeta Arsenij.

Nei Diari del periodo, Tarkovskij, riferisce anche delle critiche e degli insulti ricevuti (come gli capitava spesso per ogni nuovo film) e commenta: 

Lo specchio è un film antiborghese e perciò non può non avere una gran quantità di nemici. Lo specchio è un film religioso. Naturalmente quindi, incomprensibile per la massa, abituata al cinema da quattro soldi e incapace di leggere libri, di ascoltare musica, di osservare un dipinto. Alle masse in genere serve qualcosa di divertente, di distensivo, di spettacolare, sullo sfondo di una “storiella” edificante… il mio compito è di occuparmi di quello che Dio mi ha dato senza badare alla invettive di chicchessia. Non è che io pensi di me cose molto esaltanti, è solo che ognuno deve portare la sua croce. E sarà il tempo a dire se è stata una meritata beffa, o se avevo ragione io. Una persona egoista non può leggere e amare Tolstoj.


(In testa: video elaborazione di alcune immagini del film Lo Specchio). 

22/03/12

Tonino Guerra, Andrej Tarkovskij e la Russia.



Nel giorno della scomparsa di Tonino Guerra, ricordiamo con questo articolo il suo forte legame con la cultura e con il popolo russo, che sfociò nella collaborazione con il grande Andrej Tarkovskij (insieme nella foto qui sopra).

''Per me venire a Mosca e' un po' come tornare a casa'': lo diceva spesso Tonino Guerra, che a volte si sentiva piu' amato e apprezzato nel Paese di Tolstoj che in patria, come conferma l'eccezionale risalto dato dai media locali alla notizia della sua scomparsa.

Meta' della sua anima era russa, grazie alla moglie Eleonora Iablockina, chiamata affettuosamente Nora, conosciuta nel 1975 in casa di amici durante il festival del cinema di Mosca. E' stata lei a fargli conoscere e ad amare il Paese, diventando anche traduttrice di molte sue opere in russo.

Ma Tonino Guerra ha lasciato qui un segno profondo diventando una delle icone piu' popolari della cultura italiana. A partire dal cinema, dove ha lavorato con l'''esule'' ed amico AndreiTarkovskji (che nel '77 gli fece da testimone di nozze insieme a Michelangelo Antonioni): prima per il documentario Rai 'Tempo di viaggio', poi per il film 'Nostalgia' (1983), entrambi girati in Italia. Ma lo sceneggiatore ha collaborato anche con altri registi russi, come Vladimir Naumov ('La festa bianca', 'Orologio senza frecce'), Andrei Khrzhanovski ('Il cane e il suo generale', 'Il Leone con la barba bianca', 'Lungo viaggio' e 'Ninna nanna per un grillo', questi ultimi con disegni di Fellini) e con il Leone d'oro Alexandr Sokurov per il suo documentario 'Elegia di Mosca' dedicato a Tarkovskji.

La frequentazione dell'Urss da parte di Tonino Guerra e' comunque antica: fu lui a farla scoprire a Vittorio De Sica nel film 'I Girasoli' (1970), in parte ambientato a Mosca. Antica e' anche l'amicizia con Iuri Liubimov, 94 anni, patriarca del teatro sovietico e russo, fondatore del teatro d'avanguardia Taganka, dove i due si conobbero negli anni Settanta e dove sino allo scorso dicembre Liubimov ha continuato a mettere in scena il poema di Tonino Guerra 'Miod' (Miele).


(Andrej Tarkovskij, Michelangelo Antonioni, Tonino Guerra) 



''Un artista arrivato dall'epoca del Rinascimento, un uomo di talento poliedrico'', ha detto all'ANSA il regista, che ha proposto un minuto di silenzio durante una prova al teatro Vakhtankov dei 'Demoni' di Dostoievskij. ''Era un mago, trasformava qualsiasi cosa in una poesia, un racconto, una parabola'', ricorda parlando con l'ANSA il direttore del Museo del Cinema di Mosca Naum Kleiman, che lo conosceva dagli anni Sessanta.

''Portava la gioia dentro di se' e la regalava agli altri, quando stavi con lui ti sentivi felice, era un piccolo sole che emanava luce''. Luce propria, non solo quella riflessa che gli derivava dall'aver lavorato con alcuni tra i piu' grandi registi della storia, a partire da Fellini. La Russia ha reso omaggio al suo genio in tanti modi: con mostre, recital, traduzioni delle sue opere, premi, lauree honoris causa (anche al mitico Vgik, l'istituto superiore di cinematografia russa).

Nel 2000 l'allora presidente Putin, in occasione dei suoi 80 anni, gli conferi' l'Ordine dell'Amicizia, una delle piu' alte onorificenze russe, ''per il suo alto contributo al rafforzamento dell'amicizia e allo sviluppo dei rapporti culturali tra Italia e Russia''.

Tre anni dopo la citta' di San Pietroburgo, dove esiste una galleria dedicata a Tonino Guerra, lo nomino' suo ambasciatore culturale e per i suoi 90 anni organizzo' dieci giorni di festeggiamenti solenni. ''Tanto affetto e tanta attenzione mi commuovono. Non so se me lo merito e non so nemmeno fino a che punto la Russia e' degna dell'amore che ho per lei'', aveva umilmente osservato.


(Tarkovskij e Guerra sul set di Nostalghia) 

29/12/11

'Cercare Dio' - 25 anni dalla morte di Tarkovskij.



In occasione del 25mo anniversario della morte di Andrej Tarkovskij, pubblico l'incipit del capitolo a lui dedicato di un libro di prossima pubblicazione, intitolato Cercare Dio. E' la rivisitazione della vicenda umana e artistica del grande regista attraverso le memorie contenute nei suoi Diari. 

Per una di quelle circostanze che decidono i destini degli uomini – in questo caso l’essere nato in un periodo storico di feroci opposizioni e blocchi contrapposti – il corpo del grande Andrej Tarkovskij, uno dei più grandi autori della storia del cinema, riposa lontano dal suo paese, il paese dove è nato, e dove hanno vissuto i suoi predecessori.

La tomba di Tarkovskij non è infatti a Zavraz’e, il piccolo villaggio sulle rive del Volga dove il regista nacque il 4 aprile del 1932, e nemmeno in nessun altro cimitero della sconfinata Russia, ma al cimitero ortodosso di Saint-Géneviève-des-Bois, nei pressi di Parigi. Se Tarkovskij fu seppellito in Francia, e non nel suo paese, fu dovuto alla decisione della moglie Larisa, che rifiutò l’offerta da parte delle autorità sovietiche di far rimpatriare il corpo del grande regista perché fosse sepolto a Mosca. 


La decisione era del tutto conseguente a una estenuante guerra, cominciata molti anni prima, con le autorità sovietiche che – da sempre, dall’inizio, da L’infanzia di Ivan, girato nel 1962 – avevano mal sopportato i contenuti dei film di Tarkovskij, l’ermetismo e il forte simbolismo delle immagini, e soprattutto i riconoscimenti tributati all’estero ad un autore considerato genialmente innovativo. 

Il conflitto con le autorità di controllo dello spettacolo sale, pellicola dopo pellicola, fino alla decisione di Tarkovskij, inevitabile, di usufruire nel luglio del 1979 di un permesso di espatrio, per raggiungere l’Italia e lavorare finalmente liberamente ad un nuovo progetto. Decisione alla quale il regime sovietico darà una risposta durissima, impedendo alla moglie del regista Larisa, e al figlio Andrej – che all’epoca aveva solo nove anni – di raggiungere Tarkovskij. I tre – marito da una parte, moglie e figlio dall’altra – resteranno separati per sette lunghi anni, fino a pochi mesi prima della morte del regista, avvenuta appunto nel dicembre del 1986 a Parigi.

(segue) 

28/12/11

25 anni dalla morte di Andrej Tarkovskij - "Avvenire" pubblica intervista inedita.



Ricorrono domani i 25 anni dalla scomparsa, che avvenne a Parigi, di Andrej Tarkovskij, uno dei più grandi registi della storia del cinema, e grande anima.   In questa occasione il quotidiano Avvenire pubblica oggi una intervista inedita che ripercorre il pensiero e l'opera di questo grande artista. 

(mi permetto di segnalare soltanto una imprecisione - o quella che si percepisce come tale - nella introduzione all'intervista laddove si afferma che in quella conferenza stampa del 1984 Tarkovskij avrebbe preso la decisione di "tagliare il cordone ombelicale con l'adorata madre Russia", ecc...
Per la precisione, Tarkovskij quel cordone l'aveva tagliato già molto tempo prima, già dal 1979 quando aveva raggiunto Roma per contattare i dirigenti RAI per la realizzazione del progettato film italo-russo scritto con Tonino Guerra, e poi, dopo un breve intermezzo moscovita, con il definitivo distacco dell’aprile 1980, quando Tarkovskij sfruttò l’invito del premio David di Donatello - Lo Specchio aveva ottenuto il massimo riconoscimento dalla giuria - per raggiungere nuovamente l’Italia.  Da allora, non fece mai più ritorno in Russia, ma soprattutto fu impedito dalle autorità sovietiche a lungo alla moglie Larisa prima, e al figlio piccolo Andrej poi, di raggiungerlo liberamente. Una separazione lunga e dolorosa che minò il cuore (e il corpo) del grande regista.")
Fabrizio Falconi

Andrej Tarkovskij: "Il mio stalker é Don Chisciotte." 

Faceva molto caldo, quel giorno del luglio 1984, a Milano. Ancor più nel salone del Circolo della Stampa, stipato di giornalisti, fotogra­fi, cameramen, intellettuali disorgani­ci. L’afa era insopportabile, ma un bri­vido corse nella schiena di tutti quan­do apparve quell’omino nervoso, dal­la fisionomia vagamente tartara; occhi vivacissimi, baffi ispidi, una foresta di rughe sul volto. Andrej Tarkovskij quel giorno era teso come una corda di vio­lino. Pensavo al suo primo cortome­traggio, noto solo ai cinefili più acca­niti: Il rullo compressore e il violino . Se ora il violino era lui, il rullo compres­sore era il regime sovietico che voleva spezzarne le sue corde, impedirgli di suonare. Tanto che quel giorno di lu­glio il geniale regista di Andrej Rubliov e di Solaris, de Lo specchio e di Nostal­ghia, aveva deciso di annunciare che avrebbe tagliato il cordone ombelica­le con l’adorata Madre Russia, avreb­be scelto l’Occidente. «Ragioni ve ne sono tante», spiegò alla stampa di tut­to il mondo che gli chiedeva le ragioni del suo 'basta' urlato in faccia al Crem­lino. «Ma me ne vado soprattutto per­ché le autorità del mio paese ormai mi considerano una non-persona: per il Cremlino non esisto». E a chi insiste­va per sapere a quale paese avrebbe chiesto asilo politico, ribatteva con sar­casmo: «Domanda strana: è come se vedendomi distrutto per la morte di u­na persona cara mi chiedessero dove voglio seppellirla. Che importanza ha?» Il dolore dell’esilio era davvero troppo. Chissà se fu quello a fare ammalare Tarkovskij: due anni dopo, il regista si spegneva a Parigi, a soli 54 anni. Era il 29 dicembre 1986, esattamente 25 an­ni fa. In Svezia, aveva ancora fatto in tempo a girare il profetico Il sacrificio .
Un film che, quel caldo giorno di lu­glio, era già ben chiaro nella sua testa. Come ci aveva spiegato, appena poche ore dopo la storica conferenza stampa, in un lungo colloquio a metà fra la con­fessione e il testamento. Parole, le sue, che un quarto di secolo dopo stupi­scono per la loro attualità. Le propo­niamo qui per la prima volta al lettore italiano. Roberto Copello 


19/09/11

Dieci luoghi dell'anima - Introduzione.



Chiunque di noi ha sperimentato, almeno una volta, giungendo in un luogo sconosciuto, di avvertire dentro il cuore, senza apparente motivo, una inspiegabile sensazione di familiarità, conoscenza, pace. Non ho usato questi termini casualmente: familiarità, conoscenza, pace.

Sono i paradigmi che ciascuno non si stanca di ricercare nel cammino della propria vita. E sperimentabili tutti e tre insieme soltanto per brevi illuminazioni, istanti di pienezza che si cerca di afferrare e tenere stretti, prima che, sfumando, si allontanino. Quando analizziamo i motivi dell’incantesimo che un luogo ci ha suscitato accogliendoci, tiriamo in ballo i ricordi dell’infanzia, le similitudini, le aspettative, le caratteristiche tipiche, le proporzioni, le forme, i colori.

Ma non è soltanto questo, io credo, che ci ha portato a sentire quella conoscenza, quella familiarità, quella pace. Andrej Tarkovskij, il grande regista russo, avvertiva, nei suoi diari: L’unica funzione della nostra coscienza è quella di creare finzioni, mentre la conoscenza è data dal cuore, dall’anima. La coscienza, sottende Tarkovskij, ci costringe sempre al distinguo, alla differenziazione, al ragionamento, all’opportunità, al calcolo.

Tutti aspetti che difficilmente si coniugano con la familiarità, con la pace e con quella conoscenza vera, intima che - sembra dirci uno dei registi del Novecento considerato più vicini allo spirituale, al sacro - si manifesta, accade, soltanto quando si spengono o si attenuano i gangli della nostra onnipresente coscienza, e lasciamo parlare il nostro cuore, la nostra anima. Per Tarkovskij, i due termini sembrano sinonimi: ma sappiamo che sulla distinzione tra ‘cuore’ e ‘anima’ si è discettato da sempre, in filosofia, in teologia, in mistica. E così (pensiamo a Santa Caterina da Siena), il cuore è stato identificato come la parte più autentica della personalità umana, quella parte che corrisponde al ‘sentimento’, quella “da cui sorgono le lacrime”, ed ogni esperienza emotiva.

Nella definizione di ‘anima’ per come è stata approfondita in psicologia, dagli studi a partire da Jung, c’è qualcosa di più: James Hillman, ricostruendo la storia di questo concetto, che parte dal genius dei latini, per attraversare il daimon dei greci e l’angelo custode dei cristiani, approda ad una definizione ‘larga’ di anima che contiene quel che di ineffabile è contenuto in ogni individuo umano. Quel che non si spiega con il materiale biologico ereditato, geni e cromosoma. 

Quella parte di noi, che noi – non sapendo definire meglio – chiamiamo con i più diversi nomi: ‘carattere’, ‘destino’, ‘predisposizione’, ‘vocazione’, e tanti altri. Quel ‘quid’ che fa di noi un essere unico e irripetibile. Io e voi,- scrive Hillman ne Il Codice dell’Anima - e chiunque altro siamo venuti al mondo con una immagine che ci definisce. Una immagine che ci definisce. E che dunque, è già definita. E se la nostra immagine, cioè la nostra anima, ha un ‘codice’ già pre-costituito, questo ‘codice’ non fa che interpretare – durante tutta la vita fisica su questa terra - i segnali dell’esistenza: incontri, persone, emozioni, esperienze personali, tutto viene filtrato dal linguaggio della nostra anima, sempre alla ricerca di qualcosa che possa essere ‘riconosciuto’ e ‘ricollegato’ ad una essenza che sembra precedere ogni altra acquisizione cognitiva. Questa parte del nostro essere - l’anima - rappresenta anche in termini cristiani, quel ‘ponte’ con lo spirito, quella parte che attraverso un ‘riconoscimento’ che non è dei sensi, ci mette in contatto con lo spirito universale della creazione.

 Il Dio della Pace – scrive San Paolo - vi santifichi totalmente e tutto il vostro essere, spirito, anima e corpo, siano custoditi irreprensibili per la parusia del Signore nostro Gesù Cristo. (Tes, 5,23). Anima, quindi, come ‘ponte’ tra corpo – cioè vita fisica – e spirito – cioè vita eterna. Questi concetti apparentemente astratti ciascuno di noi li sperimenta quando, senza rendercene neanche conto, incontriamo qualcuno che – non sappiamo spiegare perché – colpisce la nostra vita in modo indelebile. 

 “L’ho vista, e appena l’ho vista ho capito che era la donna della mia vita.” “Appena l’ho conosciuto ho capito che era una persona speciale, e che mi potevo fidare del suo carisma.” Non sono i sensi a dirci queste cose. E’ la nostra anima, che ha ‘riconosciuto’ qualcosa. Le anime si riconoscono anche se non si parlano. E allo stesso modo, io credo, vi sono luoghi che possiedono capacità di parlare alle anime, proprio alla nostra anima e in quel momento, oltre l’evidente bellezza di un armonico paesaggio, o di una efficace gradazione di forme e colori. La capacità di questi luoghi di parlare alla nostra anima non dipende solo da caratteristiche esteriori; c’è anzi il forte sospetto che i ‘luoghi dell’anima’ traggano la loro forza dal fatto di essere contenitori di voci e di storie, che continuano a vivere.

 In termini di fede, i primi cristiani sapevano a tal punto quanto fosse importante questa venerazione dei luoghi, da tenerli segreti – quelli riservati al culto o alla memoria di persone dalla storia e dall’anima straordinari – e riunirvisi in silenzio, in circostanze ‘misteriose’, fuori dalle convenzioni della vita mondana. Un luogo era importante e ‘sacro’ proprio perché – grazie alla presenza di queste voci ancora vive – riusciva a liberare le potenzialità delle anime dei vivi, a far lievitare quella possibilità di essere ponte tra corpo e spirito, tra fisicità e trascendenza. 

Anche oggi esistono molti luoghi con queste caratteristiche, nel mondo. Ed è un catalogo non compilabile, perché il codice dell’anima non vale per tutti allo stesso modo. Perché nessuna regola generale può valere per l’impalpabilità dell’anima e dei suoi molti linguaggi. Il tracciato che qui di seguito ho segnato è quindi soltanto personale. Luoghi scoperti casualmente, in occasione di viaggi, vacanze, o per motivi di interesse culturale, o a causa del mio lavoro di giornalista.

Qui ho dapprima ‘sentito’ e poi ‘conosciuto’ storie che ho provato a raccontare, in una geografia divenuta sempre più precisa, corrispondente ad un cammino interiore, rivolto al cuore del senso di una storia di uomo cresciuto dentro una tradizione occidentale e cristiana, lunga due millenni. E’ la stessa storia di molti che vivono in questa parte del mondo ormai spuria che chiamiamo Occidente. La storia dei nostri genitori, dei nostri nonni e delle intere generazioni che ci hanno preceduto. La loro voce, se la ascoltiamo, parla ancora chiaro, parlerebbe forse degli stessi luoghi e delle stesse cose che abbiamo sotto gli occhi adesso. Se soltanto fossimo capaci di fermarci, ed ascoltare.

La condivisione di queste scoperte e di queste storie nel corso degli anni, mi ha lentamente convinto che anche un tracciato così personale può diventare fecondo e condiviso. La silenziosa conversazione di anime avviene sempre, anche quando non facciamo nulla per volerlo coscientemente. E vale molto: realizza la nostra essenza su questa terra, senza la quale siamo semplicemente ‘anime sperse’, o ‘perse’, come si dice con efficace sintesi nel linguaggio comune. In ultima analisi, scrive Carl Gustav Jung, noi contiamo qualcosa solo in virtù dell’essenza che incarniamo, e se non la realizziamo, la vita è sprecata.

Fabrizio Falconi

Questa introduzione è tratta dal volume "Dieci Luoghi dell'anima,"  Cantagalli editore, 2009, Siena.


13/03/11

La poesia della Domenica - Arsenij Tarkovskij, poesie da 'Lo Specchio''


3.

Nei presentimenti non credo,
e i presagi non temo.
Non fuggo la calunnia né il veleno,
non esiste la morte:
immortali siamo tutti, e tutto è immortale.
Non si deve temere la morte,
né a diciassette né a settant'anni.
Esistono solo realtà e luce:
le tenebre e la morte non esistono.
Siamo tutti ormai del mare su la riva,
e io sono tra quelli che traggono le reti,
mentre l'immortalità passa di sghembo.
Se nella casa vivrete,
la casa non crollerà.
Un secolo qualsiasi richiamerò,
e una casa vi costruirò.
Ecco perché, con me, i vostri figli
e le vostre donne siederanno
alla stessa tavola
la stessa per l'avo ed il nipote.
Si compie ora, il futuro.
E se io una mano levo
i suoi cinque raggi rimarranno a voi.
Del passato ogni giorno,
come una fortezza,
io con le spalle ho retto.
Da agrimensore ho misurato il tempo,
e attraversato io l'ho
come gli Urali.
Il mio secolo l'ho scelto a mia misura.
Andavamo a Sud,
sostenendo la polvere della steppa,
il fumo delle erbacce.
Scherzavano i grilli
sfiorando i ferri dei cavalli con le loro antenne,
come monaci profeti di sventura.
Ma il mio destino fissato avevo alla mia sella,
e ancora adesso,
nei tempi futuri,
come un fanciullo sulle staffe
io mi sollevo.
La mia immortalità mi basta,
ché da secolo in secolo scorre
il mio sangue...
Per un angolo sicuro di tepore
darei la vita di mia volontà
qualora la sua cruna alata
non mi svolgesse più,
come un filo,
per le strade del mondo.


Arsenij Tarkovskij (Elisavetgrad,25 giugno 1907 – Mosca, 27 maggio 1989) 'Poesie da 'Lo Specchio'.