Visualizzazione post con etichetta t.s. eliot. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta t.s. eliot. Mostra tutti i post

28/03/22

Il film definitivo sulla guerra: "Apocalypse Now" e i versi profetici di T. S. Eliot che Coppola utilizzò nel film

 


Se c'è un film che bisognerebbe riguardare oggi, mentre la guerra insensata e feroce infuria in Ucraina, dopo l'invasione russa, quello è Apocalypse Now, il capolavoro di Francis Ford Coppola (1979), che soprattutto nell'ultima mezz'ora, in cui giganteggia la figura di Marlon Brando nei panni del misterioso e terrorizzante colonnello Kurtz, ci si interroga sul senso profondo della guerra, di questa terribile contro-figurazione umana, che sembra inscritta nel nostro Dna e comunque inestirpabile. 

Coppola lo fa utilizzando, nelle sequenze precedenti la morte del colonnello Kurtz, i versi della poesia di T. S. Eliot " The Hollow Men" (Gli uomini vuoti, 1925). 

La poesia, quando fu pubblicata, era preceduta nelle edizioni a stampa dall'epigrafe che Eliot aveva tratto da Heart of Darkness (Cuore di Tenebra, 1899), il celebre racconto di Joseph Conrad e che recita "Mistah Kurtz - he dead", ovvero la frase pronunciata da un servitore nero che annuncia la morte di Kurtz (sarebbe "Il Signore Kurtz .. è morto"). 

Nella famosa sequenza finale del film, quella con Marlon Brando, avvolto nella penombra, si intravedono chiaramente anche le copertine di due libri aperti sulla scrivania di Kurtz, che sono esattamente From Ritual to Romance di Jessie Weston e The Golden Bough di Sir James Frazer, proprio i due libri che T. S. Eliot citò come le principali fonti e ispirazione per il suo celebre poema "The Waste Land" (La Terra Desolata, 1922). 

Anche in questo caso l'epigrafe originale di Eliot per "The Waste Land" è un passaggio da Heart of Darkness, che termina con le ultime parole di Kurtz descritte dal suo servitore:  " (Kurtz) ha vissuto di nuovo la sua vita in ogni dettaglio di desiderio, tentazione e resa durante quel momento supremo di completa conoscenza? Di sicuro a un certo punto iniziò a piangere in un sussurro in seguito a qualche immagine, a una visione,gridò due volte, un grido che non era altro che un respiro – "L'orrore! L'orrore!" 

Sono le parole pronunciate appunto da Marlon Brando nel celebre finale monologo: è l'orrore che Kurtz ha seminato, di cui è stato l'artefice implacabile e il fiero servitore, che si riduce in polvere nella consapevolezza di un fallimento estremo che conduce a una solitudine dannata e finale. 

Quando, nel film, Willard (Martin Sheen) viene presentato per la prima volta al personaggio di Dennis Hopper, il fotoreporter descrive il proprio valore in relazione a quello di Kurtz con una frase anch'essa tratta da un'altra famosissima poesia di Eliot,  "The Love Song of J. Alfred Prufrock" (Il canto d'amore di J. Alfred Prufrock, 1910/11): "I should have been a pair of ragged claws/Scuttling across the floors of silent seas", ovvero Avrei potuto essere un paio di ruvidi artigli Che corrono sul fondo di mari silenziosi" 

Inoltre, il personaggio di Dennis Hopper parafrasa i versi finali di "The Hollow Men", in uno dei dialoghi con Martin Sheen con queste parole: "This is the way the /expletive/ world ends! [...] Not with a bang, but with a whimper.", ovvero: E’ questo il modo in cui finisce il mondo/ Non già con uno schianto ma con un lamento."

La profezia di Eliot si adatta bene ad ogni guerra e anche alla guerra a cui stiamo assistendo.

Una volta, spiegando il significato di Apocalypse Now, Coppola, ha detto che il film può essere considerato contro la guerra, ma è ancora più contrario alla menzogna: "... il fatto che una cultura può mentire su ciò che sta realmente accadendo nella guerra, che le persone vengono brutalizzate, torturate , mutilato e ucciso, e in qualche modo presentare questo come morale è ciò che mi fa orrore e perpetua la possibilità di una guerra".

E anche queste, sono parole che oggi fanno riflettere.

Fabrizio Falconi - 2022 

03/01/20

Torna alla luce dopo 60 anni il carteggio tra T.S. Eliot e la sua musa, Emily Hale


  
T.S. Eliot con Emily Hale nel 1936

 Lui le aveva ordinato di bruciare le lettere

Lei, l'amica di sempre, aveva disobbedito. E cosi' oggi, dopo esser rimasta per 60 anni chiusa in dodici scatoloni negli archivi della Princeton University Library, la corrispondenza tra il poeta premio Nobel T.S. Eliot e la sua confidente e musa Emily Hale vedra' finalmente la luce

Per Anthony Cuda, studioso dell'autore di "La Terra Desolata", "e' forse l'evento letterario del decennio".  

Dagli scatoloni sono emerse oltre mille lettere datate tra 1930 e 1956 che promettono di gettare luce inedita sulla vita e il lavoro di Eliot: su opere ad esempio come "Il libro dei gatti tuttofare" portato a Broadway da Andrew Lloyd Webber con il musical "Cats". 

Il focus è ovviamente sulla relazione con Emily, rimasta al centro di congetture per decenni e che ha ispirato romanzi come "The Archivist" di Martha Cooley, ma non solo: come ha notato Princeton, sorprese potrebbero arrivare "sulla conversione religiosa del poeta, il suo atteggiamento verso le donne, le sue decisioni alla casa editrice Faber and Faber e il loro impatto sulla cultura del Regno Unito"

Era stata la Hale a donare l'archivio a Princeton con la condizione che le lettere restassero segrete fino a 50 anni dalla morte dell'ultimo dei loro autori: lei nel caso specifico, scomparsa nel 1969, mentre Eliot l'aveva preceduta di quattro anni. 

Si erano conosciuti ragazzi a Cambridge, Massachusetts, nel 1912 quando Eliot studiava a Harvard e lui, secondo un saggio pubblicano nel 2002 sul New Yorker, si sarebbe segretamente innamorato dell'intellettuale bostoniana. 

L'amicizia era rinata nel 1927, dopo la crisi del primo matrimonio del poeta con la britannica Vivienne Haigh-Wood, mentre la Hale, che non si era mai sposata, aveva continuato a insegnare teatro in universita' americane tra cui lo Scripps College in California

Secondo Cuda, la relazione con Emily doveva essere "incredibilmente importante" e la corrispondenza contenere "dettagli profondamente intimi", altrimenti non si capisce perche' Eliot fosse cosi preoccupato per la pubblicazione. 

Le lettere cominciano infatti dopo la fine del primo matrimonio con Vivienne, una donna instabile morta nel 1947 in manicomio. Studiosi hanno notato come "Burnt Norton", il primo poema della serie "Quartetti" che prende il nome da una casa in Inghilterra visitata con la Hale, e' significativo per alcuni versi che suggeriscono opportunita' mancate e quel che avrebbe potuto essere e non e' stato. 

15/07/18

La Poesia della Domenica - "I Quattro Quartetti (Burt Norton) di T.S.Eliot.

10/04/14

Intervista a Thomas S. Eliot: "Essere poeti, il rischio di perdere tempo inutilmente."




Questa conversazione ha avuto luogo a New York, nell'appartamento della signora Cohn, amica di Eliot e di sua moglie. Eliot era di ritorno da un viaggio a Nassau, era abbronzato e leggermente ingrassato, così comincia il libro intervista di Donald Hall, pubblicato per la newyorchese Penguin e tradotto in Italia da Minimum Fax, con l'introduzione di Pasquale Panella, che si diverte a giocare con l'ingombrante personaggio di Eliot, uno dei monumenti della poesia mondiale: Eliot come stai? E dove Eliot, tu stai? Sono domande queste? Si sono domande. Possiamo rispondere a tutto, non è vero Eliot? Rispondere con le parole che dicono qualcosa, che dicono la cosa veramente, il nome e la posizione della cosa.

E' un libro molto interessante. T.S. Eliot offre le sue parole a chi vuole scrivere versi, a chi inizia a scriverli.

Nelle prime poesie c’è un problema di inesperienza – avere da dire più di quel che si sa dire e volere rendere in parole e ritmo qualcosa, ma non avere abbastanza controllo sulle parole e sul ritmo per renderlo in una forma immediatamente accessibile.

Questo tipo di oscurità si presenta quando il poeta sta ancora imparando a usare il linguaggio. Sei costretto a dire le cose in maniera difficile. L’unica alternativa è non esprimerti affatto, in quella fase.

Credo però sia terribilmente pericoloso dare consigli generici. La cosa migliore che si può fare per un giovane poeta è analizzare dettagliatamente una sua poesia: discuterne con lui se necessario, dargli la propria opinione e, se ci sono conclusioni generali da trarre, lasciare che lo faccia da sé. Ho capito che le persone hanno un diverso modo di lavorare a seconda dei casi e percepiscono la realtà in modo diverso. Non si sa mai se quella che si sta facendo è un’affermazione universalmente valida per tutti i poeti o una che puoi applicare solo a te stesso. Credo non ci sia nulla di peggio che cercare di plasmare la gente secondo la propria immagine. (…)

Per me è stato molto utile esercitare altre attività, lavorare in banca, o anche fare l’editore. E penso anche che la difficoltà creata dal fatto di avere meno tempo a disposizione di quanto ne avrei voluto mi abbia dato una grande urgenza di concentrazione

Il pericolo che si corre, quando non si ha niente altro da fare è, di norma, quello di scrivere troppo, invece di concentrarsi e perfezionare piccole porzioni di testo. (…)

Nessun poeta onesto può mai essere sicuro della validità di ciò che ha scritto. Potrebbe aver perso il suo tempo inutilmente”.