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04/06/22

* La bellissima e infelice Assia Wevill, poetessa, musa e amante di Ted Hughes, il cui destino si intrecciò al suo e a quello di Sylvia Plath.*



Assia Wevill era nata a Berlino nel 1927 da una famiglia di origine tedesca, russa ed ebrea.
Di bellezza straordinaria, mischiò il suo destino in maniera imprevedibile a quello di Ted Hughes, che all'epoca era il marito di Sylvia Plath. La poetessa americana aveva sposato Hughes nel 1956 e aveva avuto da lui due figli. Il matrimonio durò ben poco. Appena sette anni dopo, la Plath si tolse la vita, a soli trent'anni, infilando la testa nel forno del suo appartamento.
Sulla strada di un matrimonio già di per sé molto problematico, era infatti comparsa anche Assia.
Per sfuggire alla Shoah, Assia da bambina era emigrata a Tel Aviv, ma a sedici anni fuggì a Londra con un sergente della RAF, che divenne il suo primo marito. Il secondo marito era invece stato un intellettuale, professore alla London School of Economics, mentre il terzo, il poeta canadese David Wevill, di otto anni più giovane, l'aveva conosciuto quando lui era ancora studente a Cambridge.
Dal matrimonio, contratto nel 1960, non nacquero figli. David aprì ad Assia le porte dei circoli letterari di Londra, dove ella poté fare la conoscenza, tra gli altri, del poeta Nathaniel Tarn, che diventerà suo intimo confidente durante la frequentazione con Hughes, con cui intraprese una relazione.
Nel 1961 Ted Hughes e Sylvia Plath diedero in affitto il loro appartamento di Londra ad Assia e David e si stabilirono a North Tawton, nel Devon, in una casa chiamata Court Green.
Fu durante una visita agli Hughes, nel maggio 1962, che tra Assia e Ted scoccò la scintilla. Tramite un abbozzo di poesia, che rievoca quella visita, sappiamo che a fine serata Hughes era già succube del fascino della Wevill; il mattino dopo era innamorato.
Forse perché nella morale hughesiana la salvaguardia dell'istinto animale era un'azione etica, Ted si lanciò a capofitto in una nuova storia, e dal luglio di quell'anno, lasciata a Court Green una Plath a conoscenza di tutto e per questo distrutta, si trasferì a Londra, dove cominciò a frequentare Assia regolarmente, inaugurando una relazione di dominio pubblico, con David Wevill al corrente di loro ma per nulla intenzionato al divorzio. Al momento del suicidio di Sylvia, nel febbraio 1963, Assia era incinta di Ted, ma abortì poco dopo.
I primi mesi successivi alla disgrazia, che la videro a fianco del vedovo, le diedero la possibilità di leggere "de visu" gli scritti lasciati dalla Plath, che se la ipnotizzarono, la ferirono anche per una buona misura; la base di quell'ossessione nei confronti della poetessa morta, che in Assia si manifesterà in comportamenti emulatori e di invidia, fino all'ultima tragedia, ha origine in questo periodo.
Passata la tempesta, il 13 marzo 1965, Assia diede alla luce Alexandra Tatiana Elise, detta "Shura": anche se ricevette il cognome da David Wevill, il vero padre era Hughes, e verso la fine dell'anno Assia lasciò definitivamente il marito per Ted, con il quale non si sposò però mai.
Assia che si trovò a rivaleggiare dal punto di vista creativo con la Plath, sentiva che non avrebbe mai potuto prendere il suo posto nella considerazione artistica di Ted e cominciò a soffrirne. Inoltre, incapace di sopportare la disapprovazione di cui era oggetto a Court Green da parte dei genitori di Hughes, Assia traslocò a Clapham, Londra, con la figlia, nell'autunno 1967.
Fin dai primi mesi del 1969, Assia dimostrò i sintomi di "grave depressione" per i quali aveva cominciato a prendere psicofarmaci.
Il 23 marzo 1969, sola e depressa, decise di porre fine alla propria vita, trascinando con sé la figlioletta di quattro anni. Dopo una telefonata a Ted, durante la quale, ricorda lui, non si dissero nulla in più del solito, Assia somministrò del sonnifero alla figlia, ingerendone successivamente anche lei, aiutandosi con del Whisky; girato il rubinetto del gas si distese poi, su un materasso trasportato presso la stufa, abbracciando Shura.
A sei anni dalla morte della Plath, la tragedia per Hughes si ripeteva, con circostanze simili e ancora più gravi.

Fabrizio Falconi - 2022

29/03/15

La poesia della domenica - 'Lettera d'amore' di Sylvia Plath.



Lettera d'amore

Non è facile dire il cambiamento che operasti.
Se adesso sono viva, allora ero morta
anche se, come una pietra, non me ne curavo
e me ne stavo dov'ero per abitudine.
Tu non ti limitasti a spingermi un po' col piede, no-
e lasciare che rivolgessi il mio piccolo occhio nudo
di nuovo verso il cielo, senza speranza, è ovvio,
di comprendere l'azzurro, o le stelle.

Non fu questo. Diciamo che ho dormito: un serpente
mascherato da sasso nero tra i sassi neri
nel bianco iato dell'inverno-
come i miei vicini, senza trarre alcun piacere
dai milioni di guance perfettamente cesellate
che si posavano a ogni istante per sciogliere
la mia guancia di basalto. Si mutavano in lacrime,
angeli piangenti su nature spente.

Ma non mi convincevano. Quelle lacrime gelavano.
Ogni testa morta aveva una visiera di ghiaccio.
E io continuavo a dormire come un dito ripiegato.
La prima cosa che vidi fu l'aria, aria trasparente,
e le gocce prigioniere che si levavano in rugiada
limpide come spiriti. Tutt'intorno giacevano molte
pietre stolide e inespressive,
Io guardavo e non capivo.
Con un brillio di scaglie di mica, mi svolsi
per riversarmi fuori come un liquido
tra le zampe d'uccello e gli steli delle piante.

Non m'ingannai. Ti riconobbi all'istante.
Albero e pietra scintillavano, senz’ombra.
La mia breve lunghezza diventò lucente come vetro.
Cominciai a germogliare come un rametto di marzo:
un braccio e una gamba, un braccio, una gamba.
Da pietra a nuvola, e così salii in lato.
Ora assomiglio a una specie di dio
e fluttuo per l’aria nella mia veste d'anima
pura come una lastra di ghiaccio. E' un dono.

Sylvia Plath (Pubblicata nel marzo del 1962 in "Poetry" e inclusa in Crossing the Water).
L'originale inglese è in rime baciate.

Love Letter

Not easy to state the change you made.
If I'm alive now, then I was dead,
Though, like a stone, unbothered by it,
Staying put according to habit.
You didn't just tow me an inch, no-
Nor leave me to set my small bald eye
Skyward again, without hope, of course,
Of apprehending blueness, or stars.