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01/01/16

"Futuro e presente" - Una meravigliosa pagina di Benedetto Croce.



Lavorare per il futuro ? Lavorare per le generazioni avvenire ? Sia pure; ma è un modo di dire, un'immagine.

Preso quel detto come affermazione di un fatto reale, risorgerebbe il sentimento del gaudente deluso, che fu l'autore dell'Ecclesiaste: Rursus detestatus sum omnem industriam meam quam sub sole studiosissime laboravi, habiturus heredem post me, quem ignoro utrum sapiens an stultus futurus sit et dominabitur in laboribus meis, quibus davi et sollicitus fui; et est quidnam tam vanum ?

Ma come definizione di concetti, è facile confutarlo, ed è stato confutato, giacché o le generazioni avvenire sarebbero per effetto del nostro lavoro messe in condizione di non dover più lavorare e non sarebbero più generazioni umane, ma putredine; o a loro volta lavorerebbero ciascuna di esse per le generazioni avvenire, e del lavoro non si ritroverebbe mai il puro e semplice beneficiario, colui che non dovrà più "desudare". 

Il pensiero vero, adombrato nell'immagine, è che buon lavoro è quello che oltrepassa le nostre persone e s'indirizza all'universale. 

Si lavora sempre per sé e per il presente, e non per altri e l'avvenire; ma per quel "sé" che è lo spirito, e per quel sempre che è l'eterno. 

Tale ermeneutica, che dall'immagine fa da passaggio al concetto, non è fuor di luogo per sgombrare la tristezza che occupa talvolta anche gli uomini giusti e tenaci nei loro propositi, alacri nell'opera di verità, i quali si domandano nei momenti di smarrimento: "A che servirà tutto ciò ? le generazioni avvenire saranno degne del nostro sforzo e del nostro sacrificio?" 

Saranno forse, salvo in pochi eletti, immemori e ingrate verso i loro padri, come di solito accade: ma che perciò?

Questo riguarderà loro, l'anima loro; e dovranno soffrire poi il travaglio dei loro errori e correggersi. 

Per intanto, noi nel nostro lavoro stesso abbiamo la ragione del lavoro e la soddisfazione nostra, vivendo e sentendo di vivere nel presente da uomini, che è quanto di meglio si possa fare al mondo. 

Qualsiasi più bramata attuazione di sogno non renderebbe più alta e più pura questa coscienza, se anche recherebbe gioia a quanto è in noi di terreno: una gioia, per altro, non scevra mai di sospettoso timore e di delusione.