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06/01/23

Cinema: Un film per una bella serata, "The Forgiven" con Ralph Fiennes e Jessica Chastain


Uscito in sordina in piena estate del 2022 - quella dei 45 gradi - e penalizzato già durante le riprese che furono interrotte per 6 mesi, causa pandemia, "The Forgiven", diretto da John Michael McDonagh meriterebbe una seconda chance.
Se non altro per la coppia di protagonisti, che sono Ralph Fiennes e Jessica Chastain, coppia britannica in viaggio in Marocco per raggiungere il resort in mezzo al deserto, dove un loro amico ha organizzato una festa.
Il film è in realtà tratto fedelmente dal romanzo di un notevole scrittore londinese (in Italia interamente edito da Adelphi), Lawrence Osborne, che si intitola per l'appunto "The Forgiven" e chissà perché in Italia è stato tradotto col titolo "Nella polvere".
Come gli altri romanzi di Osborne, tra cui "Cacciatori nel buio" uscito nel 2015 e finora il suo più grande successo, anche "The Forgiven" è ambientato in luoghi esotici (in "Cacciatori nel buio" era l'Indocina, dove Osborne vive), dove le vicende di viaggiatori o avventurieri occidentali si scontrano con mondi lontani, e ambiguamente ostili.
In realtà a Osborne, come a McDonagh, sta a cuore maggiormente lo smarrimento, le meschinità e il senso di colpa che anima questi transfughi occidentali alla ricerca di paradisi perduti da tempo, spesso proprio per diretta responsabilità dell'uomo bianco.
Qui la vicenda è molto lineare, semplice e parte da un incidente stradale notturno, che crea conseguenze assai pesanti per David Henniger (Fiennes, il protagonista). Tutto ruota intorno al perdono, come dice il titolo, alla capacità di perdonare, alla vendetta, al bisogno di autopunizione.
Si sta dentro atmosfere che ricordano da vicino Il Té nel deserto di Bertolucci (tratto da Bowles) o Professione Reporter, ma ovviamente McDonagh non è né Bertolucci né Antonioni.
Il film, però, specie nel panorama attuale, si fa apprezzare per coerenza di scrittura, temi indagati, interpreti, messa in scena.


Fabrizio Falconi - 2023

05/07/22

"The Staircase" - Una bellissima serie con super cast su Sky Tv e NowTv, che racconta una storia vera


The Staircase è (almeno) due cose diverse, di cui una, la serie televisiva attualmente in onda su Skytv-Nowtv realizzata nel 2022 con un super-cast che comprende Colin Firth, Toni Colette e Juliette Binoche.

Entrambi però hanno lo stesso oggetto: Il processo a Michael Peterson, giornalista e scrittore americano, accusato dell'omicidio della moglie, Kathleen Peterson, ritrovata morta ai piedi della scala interna di casa sua nel 2001.
Per un curioso gioco di specchi, il documentario francese - e i suoi autori, compresa la montatrice - sono finiti, come protagonisti, nella serie televisiva del 2022.
Ai documentaristi francesi infatti, Peterson consegnò la sua vicenda e la sua vita, quando fu accusato della morte della moglie e cominciò il processo. E il documentario francese - convintamente innocentista - finì per rendere nota a tutti l'intricata vicenda di Peterson e dei suoi 5 figli, della sua famiglia allargata, appassionando il pubblico di mezzo mondo.
Il perché è presto spiegato: "The Staircase" ha in tutti e due i casi al centro della vicenda, il tema della "giustizia giusta" (o ingiusta), e - ancora di più - il tema della verità giudiziale e di quella reale (e di ogni versione che noi definiamo verità e cosa serve per questa).
La serie 2022 è di livello molto alto: Colin Firth riesce ad essere un protagonista credibile; la sua recitazione - da Oscar- è fantastica, tutta in sottrazione e colora di mille ambiguità il personaggio che interpreta, un manipolatore che si è allontanato talmente tanto da se stesso da non sapere nemmeno più chi è; Toni Colette è l'infelice moglie assassinata - o morta "per accidente"; Juliette Binoche è l'ingenua montatrice che sposa visceralmente la causa del'innocenza di Mike Peterson, affrontandone le conseguenze.
Nell'arco di 8 puntate da un'ora ciascuno si pensa, si riflette e ci si diverte anche, alle prese con un legal del tutto insolito e con l'ironia di Firth che tiene banco con la sua recitazione alla Mastroianni, sempre in levare.
Grande produzione HBO, qualità assicurata. Ne vale la pena.

Fabrizio Falconi - 2022

22/02/22

La serie TV che in Italia quasi nessuno ha visto e di cui nessuno parla, e che è una delle migliori di sempre - "Normal People" da Sally Rooney

 


Ci sono fenomeni misteriosi, in Italia, tra i quali quello per cui spesso vengono premiate dal pubblico serie Tv molto commerciali e molto poco significative, e altre, di grande qualità, che vengono ignorate o comunque viste da ristrette minoranze. 

Eppure, Normal People, serie Tv di produzione inglese-irlandese,avrebbe ogni caratteristica per imporsi anche in Italia: è tratta da un fortunatissimo romanzo di Sally Rooney (Einaudi), che anche tra di noi ha molti fedeli lettori, descrive la relazione in sottilissimo equilibrio tra amore-innamoramento-sessualità-amicizia tra due ventenni, presenta due attori protagonisti di enorme talento, parla di cose che sono molto prossime a chiunque di noi. 

Eppure nessuna serie d'autore, come questa, ha fatto incetta dei premi più prestigiosi, dentro e fuori la Gran Bretagna. 

La produzione della serie tv è BBC Three e Hulu in associazione con Screen Ireland. Ed è basata sul secondo romanzo di Sally Rooney, del 2018. 

Alla 72a edizione dei Primetime Emmy Awards, la serie è stata nominata per quattro premi, tra cui Miglior attore protagonista per Mescal e Miglior regia per Lenny Abrahamson. 

La serie descrive il passaggio all'età adulta di Marianne Sheridan e Connell Waldron dal loro periodo alla scuola secondaria nella contea di Sligo, sulla costa atlantica dell'Irlanda, fino agli anni universitari al Trinity College di Dublino. 

L'obiettivo è principalmente la complessa relazione di Connell e Marianne. Tra i suoi coetanei al liceo, Marianne è considerata una strana, ma nega di preoccuparsi della sua posizione sociale. Nonostante i suoi successi accademici, la sua vita familiare è complicata dalla madre sprezzante, Denise, e dal suo risentito fratello, Alan. Suo padre è deceduto e in seguito si scopre che è stato un molestatore domestico, anche se la sua famiglia evita di menzionarlo. 

Connell è uno studente atletico e di successo che vive con la madre single Lorraine, che è assunta da Denise come donna delle pulizie. È popolare a scuola, anche se rimane in silenzio mentre Marianne è costantemente vittima di bullismo. Questo crea complessità e punto di contesa mentre la loro relazione si sviluppa. In aggiunta a ciò, entrambi i personaggi lottano per conoscere e articolare i propri sentimenti e interpretano male le reciproche intenzioni.

Daisy Edgar-Jones e Paul Mescal, nei panni dei due protagonisti è proprio il caso di dire che non "interpretano", ma "vivono" i loro personaggi, rendendoli più veri del vero. Due giovani attori straordinari. 



Tra i moltissimi elogi pubblicati su siti e riviste specializzato si leggono commenti come: "Ancorato dalle esibizioni vulnerabili di Daisy Edgar-Jones e Paul Mescal, Normal People è allo stesso tempo intimo e illuminante, traducendo magnificamente le sfumature del suo materiale originale".

Caroline Framke ha scritto su Variety: "Con la sua tripletta di scrittura, regia e recitazione eleganti, Normal People di Hulu è altrettanto cupo e intransigente come il romanzo di Rooney, un'impresa che richiede diversi episodi per essere completamente assorbita. mi ci sono voluti fino a circa metà per capire quanto mi stesse influenzando... Man mano che la relazione tra Marianne e Connell diventa più profonda, Normal People diventa coinvolgente come il libro che l'ha ispirato, facendoti desiderare e temere di sapere, o forse di più accuratamente, sperimentando, cosa succede dopo." 

La produzione ha ricevuto elogi particolari per la sua rappresentazione realistica di contenuti intimi e per il lavoro di Ita O'Brien come coordinatrice dell'intimità dello spettacolo. La nudità ha acceso anche  il dibattito alla radio irlandese, ma Prathyush Parasuraman di Film Companion , ha scritto: "Raramente ho visto il tipo di dialogo culturale che ho visto dopo l'uscita di Normal People nell'aprile 2020, quando è stato rilasciato nel Regno Unito. È ambientato in Irlanda e dintorni, con brevi deviazioni nell'assolata Italia e nevosa Svezia". 


Ma non solo la critica: Normal People ha messo d'accordo anche il pubblico, diventando la serie più vista in streaming dell'anno sulla BBC, con 62,7 milioni di visualizzazioni da aprile a novembre 2020. 

Nel giugno 2020, è stato riferito che Normal People aveva raccolto oltre 3 milioni di visualizzazioni su RTÉ Player , battendo il record precedente per il servizio di streaming di 1,2 milioni, detenuto dalla quarta serie di Love/Hate.

In Italia la serie, a parte illuminate ed euforiche recensioni - per esempio quella sul Domenicale del Sole 24 ore - è passata finora piuttosto inosservata.


Fabrizio Falconi - 2022 



02/01/22

Intervista al regista del momento, Adam Mc Kay: "Perché ho voluto fare "Don't Look Up!"

 



Don't Look Up  è sicuramente uno dei film dell'anno (scorso, ma anche il presente), visto l'enorme successo che ha riscosso al cinema (nei paesi dove è stato proiettato in sala) e sullo streaming globale di Netflix, merito anche di un cast veramente stellare.

Un film che ha diviso il pubblico tra commenti molto estremizzati - tanti lo hanno adorato e trovato bello e importante, quanto altri l'hanno stroncato nelle loro bacheche socials. 

Anche la critica "ufficiale" ha fornito recensioni di toni molto diverse.

In molti si sono chiesti quale sia, in fondo, il vero obiettivo del film e quali le intenzioni del regista e autore, Adam Mc Kay (premio Oscar per La grande scommessa, nel 2015).

E' particolarmente interessante perciò quel che Mc Kay spiega in una recente intervista: 

“Sapevo di voler fare qualcosa per la crisi climatica e stavo cercando di trovare un modo per affrontarla”, parte di ciò che fai quando fai film è provare a fare film che ti piacerebbe vedere personalmente, quindi mi sono semplicemente chiesto: ‘Puoi fare qualcosa per la crisi climatica e ridere ancora un poco?’ Fortunatamente, mi è venuta questa idea che sembrava la perfetta miscela delle due. Non c’è dubbio, dopo Vice, avevo voglia di ridere”.

Ma Don’t Look Up appare molto lontano dallo stereotipo del film comico e sembra invece piuttosto una pellicola che ha a cuore una forte denuncia sociale: la descrizione di una società regredita a meccanismi adolescenziali o infantili, che rinnega la realtà, o meglio, è del tutto incapace di interpretarla e perfino di vederla. 

Adam McKay spiega come il copione si sia evoluto durante la lavorazione: “Nel bel mezzo della realizzazione di questo film, abbiamo dovuto chiudere causa COVID, e non ho preso in mano la sceneggiatura per tipo quattro o cinque mesi, e quando l’ho finalmente presa in mano e l’ho letta, mi sembrava quasi un copione diverso. Riguardava interamente il modo in cui le nostre linee di comunicazione sono state sfruttate, rotte, distorte e manipolate. Mi ha entusiasmato in un modo che non mi aspettavo, che non si trattasse solo del clima, non solo del COVID, non solo dell’inquinamento, della disparità di reddito, della violenza, qualunque cosa tu voglia pensare – riguarda il fatto che noi non siamo più davvero in grado di parlarci in modo pulito e chiaro”.

Il regista spiega anche che il punto di vista è americano, nasce cioè dell'osservazione di quello che è successo negli Stati Uniti negli ultimi anni, ma può benissimo essere allargato alla realtà del mondo occidentale: “Lo vediamo da un po’ di tempo qui negli Stati Uniti e anche in una certa misura in tutto il mondo, che c’è questa sensazione di persone che non vogliono sentire cattive notizie”, continua il regista. “Le notizie devono essere piacevoli o stimolanti. Gran parte della nostra cultura è diventata un argomento di vendita, quindi l’idea, “Non guardare in alto, evita la verità che sta arrivando”, ho pensato che fosse in qualche modo appropriata. E allude alle comete, e mi è piaciuto che appaia nel film verso la fine”.


05/08/21

A Los Angeles una estate in compagnia di Alberto Sordi con l'Istituto Italiano di Cultura di Los Angeles - 4 film streaming gratis



L'Istituto Italiano di Cultura di Los Angeles
propone "Un'estate con Alberto Sordi", la proiezione di quattro film del grande attore romano, la cui carriera ha attraversato sette decenni e lo ha fatto affermare come un'icona del cinema italiano nel mondo, sia nella commedia che nel dramma leggero.

Tutti i film saranno proiettati per tre giorni consecutivi. 

Si parte il 6 agosto con 'Un Americano a Roma' per la regia di Steno, la storia di un ragazzo che va pazzo per qualsiasi cosa arrivi dagli Usa. La sua vita e' una parodia del vero stile di vita americano che lui non puo' avere. Il sogno di Nando e' visitare gli Stati Uniti, cosi' sale in cima al Colosseo e minaccia di suicidarsi se l'Ambasciata americana non gli dara' il visto.

A seguire il programma prevede la proiezione il 13 agosto de "I vitelloni", storico film diretto da Federico Fellini che racconta un anno della vita di un gruppo di sfaccendati di un piccolo paese che faticano a trovare un significato alle loro vite. 

Il 20 agosto e' la volta de "Il Moralista" di Giorgio Bianchi, interpretato da Alberto Sordi e Vittorio de Sica, una dura satira contro i sostenitori della morale sessuale tradizionale e gli sfruttatori. 

Il 27 agosto si chiude con "ll Vigile" di Luigi Zampa. 

L'Istituto di cultura propone anche una introduzione online sulla carriera di Sordi curata da Alessandro Ago, Direttore programmazione e progetti speciali presso la USC School of Cinematic Art.



 (ANSA). AU 04-AGO-21 12:21 SXR

27/04/20

100 film da salvare alla fine del mondo: 63. "Roma" di Alfonso Cuaròn, 2018



Questo blog dedica, ad appuntamenti fissi - ogni lunedì - un catalogo personale dei miei 100 film da salvare "alla fine del mondo". Non saranno ovviamente vere e proprie recensioni, ma un piccolo campionario degli affetti per queste opere che hanno segnato epoche e vite di molti, se non di tutti. 

100 film da salvare alla fine del mondo: 63. "Roma" di Alfonso Cuaròn, 2018

Era da tantissimo tempo, più o meno da 35 anni, che non mi capitava, al cinema, di veder girare, di veder muovere la macchina da presa, di veder fotografare un film, come faceva Andrej Tarkovskij. 

E' l'unico paragone - e direi quello definitivo - che mi è venuto, guardando il film del messicano Alfonso Cuaròn, che ha fatto incetta di premi in tutto il mondo (compreso l'Oscar 2018 per il miglior film straniero e 10 candidature complessive), affascinando pubblico e critica con una pellicola che - essendo stata prodotta interamente da Netflix - è stata distribuita solo per qualche giorno nei cinema (purtroppo) ed è stata poi universalmente vista mediante streaming. 

Cuaròn ha scritto e girato una storia molto semplice, di chiarezza esemplare, e universale. Girandola con una fotografia stupefacente, in un bianco e nero scintillante e argenteo, con lenti o lentissimi movimenti di camera, pochissimi (quasi nessuno) primi piani, continue carrellate, con un senso dell'inquadratura incredibile, in cui ogni taglio diventa perfetto, incornicia un pezzo di realtà significante nella vita - apparentemente insignificante - di un gruppo di persone, che compongono una famiglia.  

Un senso della visione orizzontale e verticale.  Tutto in questa storia e in questo racconto è allo zenit. Tutto è come sotto una lente, che amplifica e scalda.

Al punto che chi osserva resta soggiogato, diventa parte della storia e della pellicola, perdendo la distanza che esiste tra osservatore e osservato. Si è immersi in una altra dimensione. I sensi restano vigili, allerta, l'emozione è palpitante, non si può che essere trasportati dentro (non con) quello che succede sullo schermo. 

ROMA 
Regia di Alfonso Cuarón.
Mexico, Usa, 2018 
con Yalitza Aparicio, Marina de Tavira, Marco Graf, Daniela Demesa, Diego Cortina Autrey. 
durata 135 minuti


Qui sotto la trama, con avvertenza di spoiler, per chi deve vedere ancora il film: 

Gli eventi del film si svolgono nel 1970 e nel 1971, prevalentemente a Città del Messico. Cleo è una domestica nella casa di Sofia, suo marito Antonio, i loro quattro bambini piccoli, la madre di Sofia, Teresa e un'altra cameriera, Adela. 

Tra scene della vita di Cleo con la famiglia - la pulizia, la cucina, portare i bambini a scuola, servire i pasti, mettere a letto i bambini e svegliarli - diventa chiaro che il matrimonio tra Sofia e Antonio è teso, fino a quando Antonio, medico, parte per due settimane per recarsi ad una conferenza in Québec. In realtà non tornerà alla fine del viaggio, ma Sofia tiene nascosto il suo allontanamento ai bambini, dicendo loro che il viaggio si è prolungato. 


22/06/16

Il film del giorno: "L'uomo che non c'era" di Joel e Ethan Coen, 2001.





Un film da recuperare, e rivedere. Un piccolo grande capolavoro. 

Nell'estate del 1949, la storia del barbiere Ed Crane, insoddisfatto della sua vita e alla ricerca di una "svolta decisiva" che si mette in una serie di pasticci a catena che lo porteranno diritto sulla sedia elettrica. 

Un'altra perla dei fratelli Coen, che stavolta abbandonano il farsesque di Lebowski o di Fratello, dove sei ? per scrivere una pagina dolente, struggente sul dramma della normalità e sull'ossessione dell'epoca moderna ovvero l'ansia da anonimia.

Crane è un personaggio monumentale con la sua maschera indelebile (strepitoso Billy Bob Thornton).  Bianco e nero e l'uso di Beethoven (nemmeno straniante) regalano al film sequenze memorabili, a partire dal tormentone di Crane che cammina al ralenti "controcorrente" nella folla. 

Patetico e bellissimo. 

Con Billy Bob Thornton, Michael Badalucco, Frances Mc Dormand, James Gandolfini
USA 2001. 






20/02/16

Gratis in Streaming Lunedì prossimo, 22 febbraio alle 21 un grande documentario su Robert Altman.




E' una nuova formula che mi piace tantissimo. 

Quella di vedersi gratis un film o un'opera o un documentario live, direttamente dal pc di casa propria, o se si vuole da un qualsiasi dispositivo, semplicemente collegandosi in streaming, e prenotandosi il proprio posto in prima fila. 

In questo caso, poi la proposta è di quelle imperdibili. 

Il docufilm si intitola Robert Altman, ed è dedicato ad uno dei più grandi registi di sempre, autore di film preziosi e indimenticabili, da M.A.S.H. a America oggi, a Nashville, a tantissimi altri. 


Robert Altman è un film di Ron Mann, ha una produzione canadese e risale al 2013. 

Questa la breve scheda di Mymovies: 

L'arte del racconto è obliqua per natura, ovvero mentre si racconta qualcosa si racconta sempre insieme un'altra storia, quella delle reazioni di chi è stato testimone, protagonista, spettatore di quella storia. 

La storia per Ron Mann è quella di Robert Altman, svolta in novantacinque minuti dalla sua famiglia, quella biologica e quella artistica

Irreperibile agli occhi dello spettatore, Robert Altman era un regista senza apparenze, un narratore impassibile, onnipotente, polimorfo, che film dopo film dimostrò la libertà che hanno le cose di accadere. 

Difficile perciò afferrarlo, attribuirgli un corpo, difficile incarnare la profondità del suo sguardo cinematografico, esatto, millimetrico, altrove. Ci provano con partecipazione rifinite voci attoriali, chiamate a definire l'aggettivo altmanesque e le qualità che esprime. Altman. Anticonformista. Autore. Ribelle. Innovatore. Narratore. Sperimentatore. Giocatore d'azzardo. Folle. Padre di famiglia. Regista. Artista.

Lunedì 22 febbraio alle 21.00 in streaming  Repubblica.it e MYmovies.it presentano su MYMOVIESLIVE - Nuovo Cinema Repubblica Altman, documentario-maratona sulla vita e la carriera del padre del cinema indipendente americano. Gratis in streaming lunedì 22 febbraio alle 21:00. Altman è il prodotto di una ricerca meticolosa, un documentario a più voci che dietro la narrativa caleidoscopica e l'apparente disinvoltura rivela una struttura solida. Una costruzione altmaniana che (ben) definisce Altman e altmaniano. Documentario, durata 95 min. - Canada, 2013. Lingua audio: originale - Sottotitoli: italiano.