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17/10/23

"Il Complotto contro l'America" - perché è una serie da vedere oggi


E' un'opera che tutti, specialmente oggi, dovrebbero vedere.

"Il Complotto contro l'America", miniserie HBO (un marchio di garanzia), in 6 puntate da un'ora ciascuna, disponibile su Sky e NowTv, è tratta dall'omonimo romanzo di Philip Roth, pubblicato nel 2004.
In quel romanzo, Roth metteva in scena una ucronia (o storia alternativa o allostoria o fantastoria), collocandola nel 1940, cambiando il corso degli eventi e quindi raccontando non della vittoria di Franklin D. Roosevelt, al suo terzo mandato - come è avvenuto nella realtà - ma di quella del trasvolatore Charles Lindbergh, che per primo aveva attraversato l'oceano Atlantico in solitaria con il suo aereo e che negli anni immediatamente prima della guerra godeva di enorme popolarità negli USA.
Lindbergh fu in effetti, nella sua vita, simpatizzante del regime nazista, accolto anche con mille onori da Adolf Hitler a Berlino.
La vittoria di Lindbergh a quelle elezioni, immaginata da Roth, cambia completamente il destino della storia: il Lindbergh del romanzo - e anche della serie, ovviamente - si è candidato contro Roosevelt proprio rivendicando la necessità e il diritto degli USA di rimanere neutrali nella guerra che si è scatenata in Europa e di non intervenire al fianco degli inglesi, sommersi da un diluvio di bombe naziste.
Il paese resta, così, neutrale. E addirittura il ministro degli esteri nazista Von Ribbentrop, viene ricevuto, con tutti gli onori, alla Casa Bianca.
Nel contempo nel paese, comincia una lenta e capillare discriminazione degli ebrei (americani) che vengono destinati a "programmi di inserimento" che si propongono di "integrare" gli ebrei nel modo di vita, nei costumi e nelle credenze del popolo americano.
Il tutto viene visto dalla prospettiva di una famiglia ebrea della midlle class di Newark, New Jersey, che precipita in un incubo e in un orrore pesantissimo, con il padre che non vuole per nessun motivo essere costretto ad abbandonare il paese che ritiene "il suo" e la madre che spinge per fuggire - finché è possibile - in Canada.
La zia, zitella, finisce invece per diventare l'amante del rabbino (vedovo) Bengelsdorf che in buona fede finisce per diventare il megafono del presidente Lindbergh.
La serie è prodigiosa per realizzazione tecnica (costumi, ricostruzione dell'epoca, ambienti, ecc.), di qualità cinematografica, per scrittura e per bravura degli attori: John Turturro in primis nei panni dell'ambizioso rabbino che fino alla fine non vuol vedere cosa sta succedendo, rendendosi complice; Wynona Rider, eccezionalmente brava nel ruolo della zia ingenua; Zoe Kazan (nipote del grande Elia), nei panni della madre, Morgan Spector nei panni del padre.
Si parla di una storia parallela, ma la serie parla - molto - dell'oggi, di quello che succede oggi intorno a noi, per questo va vista: perché i meccanismi umani sono sempre gli stessi e possono precipitare - come è successo sovente nella storia e come succede anche oggi - nella viltà, nell'ignavia, nell'ambizione irresponsabile, nella cecità, nell'incapacità di misurare il principio di realtà, conducendo i poteri all'orrore e gli innocenti al sacrificio.

Fabrizio Falconi - 2023

15/07/22

*Ingmar Bergman privato e pubblico. Arriva il documentario girato da Margaretha von Trotta sul grande maestro: "In Searching for Ingmar Bergman*

 


Gli amanti del cinema di Bergman non possono perdere il docu "In Searching for Ingmar Bergman", che si può vedere sui canali Sky interattivi, dopo essere andato in onda su SkyArte.

Si tratta di un'opera firmata da Margaretha Von Trotta, che Bergman ha conosciuto personalmente e che ha l'onore di essere l'unica regista ancora in vita (e l'unica donna) che il maestro svedese inserì in una lista di 11 film (e 11 registi) che gli avevano chiesto di scegliere come riferimento per il suo cinema (il film in questione era Anni di Piombo, che vinse il Leone d'Oro a Venezia nel 1981).

La Von Trotta si mette letteralmente in cerca delle tracce lasciate da Bergman nei luoghi dove ha vissuto e dove ha girato.

E già la prima sequenza del documentario è da brividi perché realizzata oggi proprio sullo stesso tratto di scogliera in cui fu girata la celebre scena del cavaliere e della Morte, ne Il Settimo Sigillo (1957).

Si susseguono interviste a grandi registi (Carlos Saura, Olivier Assayas), attrici-muse del maestro e sue compagne di vita (Liv Ullman, Gunnel Lindblom), compagni di lavoro e di set (la sua segretaria di edizione per 30 anni), figli avuti dai diversi matrimoni, alternate a spezzoni dei suoi (ormai mitologici) film.

Ne viene fuori un ritratto vivo e vero di un maestro completo, un genio umanista che ha lasciato una eredità enorme nel mondo del cinema, del teatro, della cultura.

Ma anche un uomo interiormente inconcluso, imprigionato dai fantasmi e dai ricordi del suo mondo infantile e adolescenziale, e dalle questioni filosofiche irrisolte: il senso della vita, il mistero dell'anima e del destino, i sogni, la complicazione della psicologia delle relazioni, la scoperta dell'altro e di sé.

Il film ripercorre le tappe della sua vita e dei suoi film: gli inizi folgoranti come genio precoce, la celebrità, lo scandalo finanziario e l'esilio volontario in Germania, il ritiro nell'isola sperduta dell'artico, le bellissime muse/mogli, i molti figli, la vecchiaia.

Bellissimo.

Fabrizio Falconi - 2022

15/07/21

Arriva su Sky l'attesa docu-serie "Allen vs. Farrow" targata HBO


Allen v. Farrow è una docu-serie HBO divisa in quattro parti che ripercorre l'oscura storia di uno degli scandali piu' noti di Hollywood: l'accusa di abuso sessuale di Mia Farrow contro Woody Allen che coinvolge Dylan, loro figlia adottiva, il successivo processo per la custodia, la rivelazione della relazione di Allen con un'altra figlia della Farrow, Soon-Yi, con cui poi si sposo'

Allen v. Farrow e' su Sky Documentaries (canali 122 e 402), disponibile anche on demand e in streaming su NOW. 

Attraverso video amatoriali, documenti legali e interviste esclusive a Mia Farrow, Dylan Farrow, e Ronan Farrow, la serie riapre una delle ferite piu' dolorose nel mondo dello spettacolo, ricostruendo le accuse che la ex compagna e due dei suoi figli hanno mosso al regista, ovvero di aver molestato la piccola Dylan

Fatti per i quali Allen non fu mai incriminato. 

Il documentario, firmato da Kirby Dick e Amy Ziering, ha riportato la discussione su una delle piu' note, intricate e dibattute vicende di accuse di violenze sessuali nella storia dello spettacolo americano. 

È stato inoltre molto discusso per la sua visione Farrow-centrica che non ha dato spazio alla versione dell'accaduto di Woody Allen. Esamina pero' gli effetti devastanti del trauma su una famiglia ed e' una rappresentazione inquietante dello scetticismo e della reazione negativa che puo' derivare da un'accusa. 

08/08/18

La serie dell'anno: "Patrick Melrose", un doloroso viaggio verso la consapevolezza.



Ecco una serie televisiva che ti apre il cuore - per chi ne ha ancora uno - come una noce. 

Patrick Melrose, appena andata in onda su Sky Atlantic, e recuperabile sul BoxSet o in streaming, è tratta dalla saga dei romanzi dello scrittore inglese Edward St Aubin (finalista del Man Booker Prize)  tra il 1992 e il 2012: cinque, come sono cinque le puntate della mini-serie. 

Si tratta della lunga tranche de vie del protagonista e come i romanzi si basa sulla vita dell'autore, cresciuto in una disfunzionale famiglia dell'alta borghesia britannica, il quale ha affrontato la morte di entrambi i genitori, problemi di alcolismo, una dipendenza da eroina, e successivamente la guarigione, il matrimonio e la paternità.

La serie è stata ideata e scritta dall'inglese David Nicholls, diretta sontuosamente da Andrew Berger per la produzione di Showtime e fortemente voluta dal carismatico Benedict Cumberbatch nei panni del protagonista.

Cinque puntate brillanti e livide, di un'ora ciascuna, in cui viene descritta senza compiacimenti e senza cadute di stile, la discesa agli inferi di Patrick, abusato da bambino dal padre-orco, un ricco e crudele aristocratico represso, con la complicità muta della disastrosa madre, in balia di alcool e psicofarmaci.

Le vicende si alternano tra la vita presente di Patrick - in lotta per liberarsi dalla dipendenza radicale dall'eroina e dall'alcool - e i frammenti agghiaccianti della vita altoborghese della sua infanzia, nel villone in Provenza, dove il padre e la madre portano il ragazzino ogni estate.

Non molto viene risparmiato allo spettatore, non certo in termini di effettacci, come oggi va molto di moda, quanto in clima di angoscia spirituale e materiale, intorno alle vicende di un bambino di dieci anni, impossibilitato a diventare un adulto responsabile e ossessionato dalla presenza-incubo dei due genitori.

La storia comincia con la telefonata che annuncia la morte del padre, dall'altra parte dell'Atlantico, in America.  Lentamente scopriamo la vita dissoluta, rovinata, consapevolmente rovinata di Patrick, il suo galleggiare sull'orlo di una impossibile normalità; i suoi anni terribili, la lotta feroce con se stesso; l'ambiente paranoico e cinico degli amici di famiglia; l'importanza di almeno due rapporti che salvano Patrick e lo guidano verso l'utopistica speranza di poter uscire fuori: l'amico e una moglie (il vero personaggio chiave della storia, nella riabilitazione alla vita, faticosissima di Patrick).

L'allestimento è da grande produzione, la regia è meravigliosamente misurata e allo stesso tempo brillante, i dialoghi sono di alto livello sempre, l'ironia e l'auto-sarcasmo percorrono tutta la vicenda attraverso la faccia, il corpo, lo stile di Cumberbatch, un attore dalle capacità espressive mostruose (come scrisse una volta Callisto Cosulich a proposito dei De Niro e Minnelli visti in New York, New York  di Scorsese), attorniato da un cast fantastico in cui spicca la grande Jennifer Jason Leigh oltre a Hugo Weaving, Indira Varma, Jessica Raine, Prasanna Puwanarajah, Pip Torrens, Anna Madeley, Allison Williams e Holliday Grainger.

Patrick Melrose conquista, turba e affascina perché è un grande racconto sulla impossibilità del perdono, sul lasciare andare, sulla consapevolezza, sul sacrificio, sulla deriva sanguinosa e sanguinaria che è generata dall'ignavia e dalla indifferenza, dalla cinica obbedienza all'egoismo.

Temi su cui è quanto mai importante riflettere oggi.

Fabrizio Falconi

riproduzione riservata



10/04/18

"Le Bureau (des Legendes)", una magnifica serie francese in onda su Sky.



Non appena terminata l'ultima scena della terza stagione di Le Bureau - Sotto copertura (Le Bureau des légendes, titolo in francese), si resta ammirati dalla capacità di scrittura e dalla realizzazione di questa serie televisiva, le cui prime puntate sono state trasmesse dal 27 aprile 2015 su Canal +, che è il canale che l'ha prodotto. 

Immaginata e scritta da Eric Rochant, Le Bureau va in onda su Sky Atlantic dal 16 gennaio 2017 ed è interamente reperibile per chi ha la funzione On Demand. 

Interpretata da un cast d'eccezione, Le Bureau racconta le vicende di Guillaume "Malotru" Debailly (impersonato da Mathieu Kassovitz), funzionario dell'intelligence francese della DGSE, che rientra a Parigi nel cosiddetto Bureau des légendes (BDL), uno dei dipartimenti della DGSE, dopo sei anni trascorsi a Damasco sotto copertura, ma, contrariamente alle norme di sicurezza, non sembra aver abbandonato l'identità con la quale ha vissuto in Siria. 

Intanto la sua amante di Damasco, Nadia el Mansur, esperta in storia e geografia, arriva a Parigi con la copertura della partecipazione a un corso universitario, per partecipare a trattative segrete fra la Russia e la Siria, dirette da Hachem Al-Khatib, e i due tornano a frequentarsi, suscitando i sospetti di Nadim, responsabile della sicurezza siriana a Parigi.

Si dipana da qui una vicenda - sempre credibile, piena di suspense ma senza mai eccedere in effetti o effettacci di sceneggiatura - dove l'umano è sempre al centro. Malatru-Kassovitz e gli altri protagonisti dell'Ufficio (Sara Giraudeau e Léa Drucker, tra gli altri protagonisti della serie) debbono e vogliono sacrificare qualcosa o molto più di qualcosa di se stessi - e dei propri destini individuali - in vista di un altro bene che è la comunità alla quale appartengono e alla quale hanno scelto di appartenere. 

Non sono eroi, non sono tanto meno campioni d'etica, sono sempre in bilico, sempre sul punto di rinnegare o tradire, sempre nel guado di dover scegliere tra mali possibili e mali minori o peggiori.  

Rochant ha creduto fino in fondo in questo progetto ed è stato ripagato da grandi ascolti e da critiche molto positive sia in patria, sia all'estero. 

E' un prodotto di alta qualità, una serie d'autore, che merita di essere vista e apprezzata fino in fondo.

Fabrizio Falconi

  

20/06/17

"Taboo", una delle serie televisive dell'Anno - imperdibile.




Taboo è decisamente una delle miserie televisive dell'anno.  Prodotta da Ridley Scott (produttore esecutiva) è ideata da Steven Knight, dall'attore Tom Hardy, che è anche il protagonista maschile e da suo padre Chips Hardy, che è anche consulente produttore. 

Di produzione britannica, la serie viene trasmessa dal 7 gennaio 2017 su BBC One nel Regno Unito, e dal 10 gennaio 2017 su FX, negli Stati Uniti. È stata rinnovata per una seconda stagione e in Italia, va in onda dal 21 aprile 2017 su Sky Atlantic. 

Di forti sapori conradiani, la serie racconta la storia dell'avventuriero James Keziah Delaney che nel 1814 torna a Londra dopo aver passato molti anni in Africa. 

Dopo i funerali del padre, morto in oscure circostanze, James eredita l'intero patrimonio assieme all'isola di Nootka, sulla costa occidentale degli Stati uniti, un territorio la cui posizione strategica conferirebbe la possibilità di commerciare con l'oriente attraverso il pacifico. 

Ben presto dovrà fare i conti con i suoi demoni ed il misterioso passato del padre, fronteggiando la potente Compagnia britannica delle Indie Orientali e la corona inglese, entrambe decise ad ottenere il possesso di Nootka tramite qualunque mezzo.



19/12/11

Mildred Pierce - l'ambizione che diventa inferno.



Mildred Pierce è un romanzo scritto da James M.Cain - lo stesso del Postino suona sempre due volte - nel 1941.

La miniserie televisiva HBO (andata in onda su Sky) che ho visto di recente, è molto interessante e anche piuttosto innovativa rispetto al famoso film che dal romanzo trasse nel 1945 Michael Curtiz con Joan Crawford protagonista. 


La storia del libro è nota. E' ambientata a Los Angeles negli anni '30, in piena Grande depressione. 

Mildred Pierce è una donna che divorzia dal marito disoccupato e inefficiente e lotta per mantenere se stessa e le sue due figlie. L’eccessivo attaccamento nei confronti della figlia maggiore Veda la spinge a una scalata verso il successo, che da cameriera la vede diventare proprietaria di ristoranti; ma anche a scelte sbagliate sul piano professionale e privato che condurranno a conseguenze molto disastrose.

La serie televisiva è molto interessante ed è anche ovvio immaginare il motivo per cui la HBO abbia deciso di produrla proprio oggi: i tempi si assomigliano, in America come nel resto del mondo occidentale.

La crisi distrugge ogni certezza e spinge - o spingerebbe - le persone a dare il meglio per cercare di venirne fuori.

Mildred è un tipo tosto. Reagisce con forza che appare sovrumana perfino alla morte della figlia piccola, che si ammala a 6 anni.

Ricomincia sempre daccapo. Non rinuncia, non si piange addosso.  Si prende e pretende il meglio, spinge sul tasto della propria incrollabile ambizione personale. Non si rassegna. Non solo non vuole soccombere, ma vuole anche invece affermarsi.      Dimostrare a tutti ciò che vale.

Il problema, però, è che Mildred, anche Mildred, deve fare i conti con il proprio fattore umano.

In termini psico-analitici si potrebbe dire, con la propria ombra.    L'ambizione, che per Mildred è uno straordinario mezzo di emancipazione sociale, è anche la sua condanna, il suo personale inferno.

Ciò che Mildred non percepisce, non vuole capire, non vuol sentire, è che l'ambizione la guida, e non è lei a guidare la sua personale ambizione.

In questo Mildred è una specie di Bovary del Novecento: perennemente in-soddisfatta di quel che ha (il marito, la posizione sociale, il lavoro), cerca quel che non ha, anche se non è alla sua altezza. O forse proprio per questo.

A differenza della creatura flaubertiana però, Mildred sa dare concretezza e continuità ai suoi sogni di grandezza.   Non sono semplici chimere.  Per buona parte della sua storia, Mildred sembra capace di poter controllare l'esaudimento dei propri desideri.

E però, la vita - in questo caso l'ombra che la vita di Mildred contiene - presenta il suo conto.

Sotto forma di una figlia diabolica che ritorce contro la madre quegli stessi sogni di grandezza, uccidendone allo sbocciare ogni evidenza, rovinandone ogni godimento, contro-figurando ogni possibile soddisfazione emotiva, nel peggiore dei modi.

E' una buona lezione, Mildred Pierce - nella splendida interpretazione di Kate Winslet, oramai una delle migliori attrici del panorama contemporaneo.

E' una buona lezione, anche se arriva da una prospettiva puritana, tipicamente americana.

Ci spinge a chiederci, anche a noi, in giorni che appaiono sotto molti aspetti non lontani dalla realtà che vive Mildred nella sua piccola epopea di Glensville,  cosa sia veramente necessario, e cosa non lo sia.

Cosa serva realmente alla nostra vita - emanciparci socialmente, dimostrare a tutti chi siamo, far soldi - e cosa non lo sia.

Cosa resti in mano alla fine di tutto, quando l'età del corpo sfiorisce, insieme alle illusioni di cui ci piace costellare il nostro transito terrestre.