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28/09/19

L'origine della parola Simbolo: una pietra, che si divideva a metà.



L'origine della parola Simbolo

Il significato più antico della parola affonda le sue radici in terra greca, dove symbolon era quella tessera ospitale, quel coccio di pietra che, spezzato, testimoniava il legame tra due persone, due famiglie in procinto di separarsi.
Ognuno portava con sé il segno di una comunione, di un patto amichevole che la distanza non poteva annullare.

Se poi accadeva di ricongiungersi, allora si procedeva alla ricomposizione delle due metà, e l'unità così ottenuta attestava, dopo l'assenza, un'intimità ininterrotta, un legame che non era stato spezzato.
Il significato del termine successivamente si perse, ma non smarrì il suo senso originario.
Ancora più esattamente, la parola "simbolo" deriva dal greco "symbàllein" che significa "mettere insieme".
Nell'antica Grecia era diffusa la consuetudine di tagliare in due un anello, una moneta o qualsiasi oggetto, e darne una metà a un amico o a un ospite.
Queste metà, conservate dall'una e dall'altra parte, di generazione in generazione, consentivano ai discendenti di riconoscersi. Questo segno di riconoscimento si chiamava simbolo.
Platone, riferendo il mito di "Zeus che, volendo castigare l'uomo senza distruggerlo, lo tagliò in due" conclude che da allora "Ciascuno di noi è il simbolo di un uomo (Hékastos oun emon estin anthròpou symbolon), la metà che cerca l'altra metà, il simbolo corrispondente."
Il simbolo dunque, rinvia a qualcosa.
Evocando la sua parte corrispondente, rinvia a qualcosa che non è deciso dalla convenzione, ma o da una "eccedenza di senso" o dal tentativo di "ricomposizione di un intero".

26/09/19

Il carattere proprio dell'amore: il Simbolo di Platone.



Il simbolo come azione che compone i distanti

Nel Simposio di Platone ritroviamo la parola Simbolo per designare il carattere proprio dell'amore: che è, appunto, Simbolo di quell'unità che lega gli uomini in quanto provenienti da una stessa origine e in quanto alla ricerca, con il consenso pietoso degli dèi, di quell'unità che, proprio a causa degli dèi, è stata spezzata.
Per questo ogni uomo è simbolo, tessera dell'uomo totale: Hékastos oun emon anthropou symbolon.

Simbolo è dunque espressione che dice unità da remote distanze, tensione verso una totalità assente richiamata dall'incompiutezza di senso della situazione presente.
In termini junghiani: se l'Io è l'espressione della "situazione" presente, il Sè è quella "totalità" assente verso cui il simbolo de-situa. Il Sè dell'uomo (das Selbst) è infinitamente più comprensivo del suo Io (das Ich), così come i confini del possibile sono infinitamente più ampi della realtà determinata e consaputa.
Nella dialettica Io-Sé, Jung dà forse una delle migliori descrizioni della coscienza simbolica, che poi non è altro che la conoscenza umana salvata da quell'irrigidimento nella dimensione razionale, in cui la cultura occidentale l'ha costretta, quando ha ideato quel reticolato di segni per la de-signazione delle cose. Tra "segno" e "simbolo" corre infatti quella differenza che i Greci avevano intuito tra "dia-bàllein" e "sym-bàllein", tra disgiunzione e composizione.

14/09/19

Cos'è il Simbolo. Galimberti spiega Platone.



La parola "simbolo" deriva dal greco symbàllein che significa "mettere assieme".  Nell'antica Grecia era diffusa la consuetudine di tagliare in due un anello, una moneta o qualsiasi oggetto, e darne una metà a un amico o a un ospite.

Queste metà, conservate dall'una e dall'altra parte, di generazione in generazione, consentivano ai discendenti dei due amici di riconoscersi.

Questo segno di riconoscimento si chiamava simbolo. 

Platone, riferendo il mito di "Zeus che, volendo castigare l'uomo senza distruggerlo, lo tagliò in due" conclude che da allora "Ciascuno di noi è il simbolo di un uomo (Hèkastos oun emon estin anthropou symbolon), la metà che cerca l'altra metà, il simbolo corrispondente.



In testa: Silenzio per l'anima, Wilhelm Bernatzik, 1906