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26/02/17

Cesare Viviani: "Dov'è finito il tempo dei sentimenti ?"




Oggi, guardando alla vita di chi lavora, una cosa salta subito agli occhi: il tempo è occupato per la maggior parte dall'attività (e dal suo valore, che sta nei risultati, nell'autostima e nella stima degli altri).

Certamente il lavoro condensa grandi significati. 

Poi, nel tempo libero c'è il divertimento e lo svago (gli hobby e le diverse opzioni per distrarsi e giocare, oggi accresciute dalle attraenti novità tecnologiche): un modo questo per bilanciare il sacrificio e l'impegno delle ore occupate.

Perciò la vita è lavoro e divertimento. 

E il sentimento ? C'è un tempo, non striminzito, per gli affetti, per viverli, nutrirli e approfondirli ? Ci sono ore per l'ascolto e per il cuore ? 


Oppure, sia per il gran lavoratore che per l'appassionato hobbista è tutto tempo perso ?

03/04/16

Intervista a Eugenio Borgna - "La fragilità degli adolescenti è una ricchezza."


E' il cantore delle fragilità umane. Il paladino della debolezza adolescenziale. Il difensore strenuo del disagio mentale. Eugenio Borgna, 85 anni, psichiatra, mi accoglie con passo lento nella sua casa di Novara. Libri alle pareti, uno spartito originale di Ennio Morricone sul tavolo del salotto. Lui ha una lieve cadenza piemontese e modi gentili, accoglienti. Ha studiato per sessant'anni le ferite dell'anima, il dolore e le sofferenze dei suoi pazienti e non ha mai abbandonato la parte della barricata che oppone la parola all'uso dell'elettroshock o dei farmaci "un tanto al chilo"
Dice: «Non sono uno psichiatra robot che passa attraverso le fiamme della vita con tranquillità». Racconta con garbo un breve periodo di depressione: «Mi sono auto-curato». E si accende quando chiacchierando trova una formula sintetica per descrivere l'opera di Simone Weil su cui ha appena scritto il volume L'indicibile tenerezza (Feltrinelli): «È il ritrovare in un essere umano che racconta le proprie sofferenze, quelle di tutti».
Tra testi scientifici e divulgativi ha sfornato più di venti opere: adolescenza, malinconia, amore tragico... 
Spiega: «I pazienti considerati matti, i bipolari, gli schizofrenici... rappresentano circa l'1,5% della popolazione. Il 25%, invece, soffre di depressione, di diverse forme d'angoscia, di ansia o di malattie psicosomatiche». Chiedo: «Sono così frequenti i problemi mentali?». Replica secca: «Certo». Uno dei punti centrali del Borgna-pensiero è il tempo. Quello da usare per l'ascolto, da concedere a chi sta male, da dedicare all'educazione delle giovani generazioni.
Educazione. Per prepararli alla concorrenza globalizzata, oggi ai bambini sono richiesti voti ottimi sin da quando vanno alle elementari e performance eccellenti. «E così si rischia di far danni. L'ho scritto. Lo dico nel deserto, inascoltato».

Danni?
«Certo. Molte delle défaillance scolastiche dei bambini nascono dalla timidezza e dalla fragilità, che in realtà sono grandi doti, ma finiscono per essere dilatate e drammatizzate da chi non le comprende. Una caratteristica positiva può essere trasformata in una drammatica auto-distruttività. Si prende in considerazione solo la performance, il bambino-ragazzo è da subito ipervalutato, ultrapremiato. L'insegnante e il maestro, quando esagerano, si trasformano in agenti patogeni, causano sofferenze evitabili».

Meno studio e meno esami per tutti?
«No. Ma di fronte alla fragilità di un bambino non posso imporre un significato della vita tutto incentrato sulla prestazione, sulla riuscita e sul successo. Anche perché quando poi arriva un insuccesso, una sconfitta, dovuta magari a un fattore esterno, si rischia il crollo. Quel che dovrebbe essere chiaro è che spesso le connessioni tra modelli sociali e ricadute psicologiche è strettissimo». 

Mi fa un esempio?
«Negli Stati Uniti la paura delle conseguenze della iperattività e del deficit di attenzione ha portato alla diffusione dell'utilizzo del Ritalin per i ragazzi. Non è facile resistere alla pressione sociale e a quella pubblicitaria. Anche i medici sono in difficoltà. Il problema è sempre pensare che la semplice somministrazione del farmaco risolva tutti i problemi. Perché non fa perdere tempo: è più facile dare una pasticca a un bambino piuttosto che ascoltarlo e giocarci. Lo stesso discorso si può applicare ai malati psichiatrici».

Si preferisce impasticcarli piuttosto che ascoltarli?
«Esatto. Il tempo di cui il paziente ha bisogno per essere compreso, interpretato e curato, si scontra con il tempo dei medici e dei familiari. Loro pensano al farmaco come a un bisturi e cercano di sbrigare subito la faccenda. Come se l'ansia, la depressione e l'angoscia equivalessero a una appendice infiammata che il chirurgo asporta con un taglietto».

Lei non è un fan degli psicofarmaci.
«Sono indispensabili in alcuni casi, ma non in tutti come si tende a pensare oggi. Serve anche la parola che tolga le ombre, che sciolga le ansie. Serve per comprendere la sofferenza. Gli psicofarmaci non sono come gli antibiotici che agiscono indipendentemente dal consenso del paziente. Ed è un'illusione che il paziente guarisca più rapidamente ricevendo dosi maggiori o mix di farmaci». 

Di nuovo il tempo, la fretta...
«Il tempo non dovrebbe essere percepito come moneta di scambio, ma come occasione per ascoltare. A proposito di tempo: ci sono cliniche universitarie in cui vengono ancora praticati gli elettroshock».

In Italia?
«Sì. In anestesia generale. Non costa, non c'è bisogno di assistenza, si fa in fretta... Io la considero una pratica intollerabile. Non l'ho mai usata e non ho mai permesso che un mio paziente vi fosse sottoposto». 



16/04/14

L'assurdità della scuola media inferiore. Una lettera da diffondere e conservare.




Qualche giorno fa è apparso su un settimanale italiano nella rubrica delle lettere, un intervento che merita, a mio avviso di essere letto con molta attenzione.  Riguarda un aspetto che sembrerebbe sulle prime marginale, rispetto ai molti mali che affliggono il nostro paese. E che è invece centrale. Stiamo trasformando rapidamente i nostri figli, le nuove generazioni, in contenitori di informazioni che loro per primi non sanno gestire né valutare, né organizzare e che, soprattutto, non hanno nulla (o pochissimo) a che vedere con il loro mondo interiore, con la loro anima, con la responsabilità, con la costruzione della personalità e in definitiva con il senso dell'umano. Tutti i disastri ulteriori, di cui ogni giorno ci lamentiamo, partono in definitiva da qui. Credo quindi che si dovrebbe dare la massima diffusione a questo semplice scritto, di una volenterosa, anziana signora di Imola. 

Vorrei allacciarmi all'intervento del signor Mario Lorenzini su Sette del 21 marzo a proposito dei programmi della scuola media.  

Anch'io sono anziana e, non avendo né figli né nipoti, avevo un concetto della scuola fermo alla fine degli anni '50. 

Siccome a settembre dell'anno scorso mi è stato chiesto di seguire ogni giorno e in tutte le materie un ragazzino di seconda media, ho avuto modo in questi mesi di conoscere tutti i suoi libri di testo. 

Mi è sembrato di essere capitata su Marte ! Il programma di aritmetica e geometria comprende concetti ed esercizi che una volta si affrontavano solo al liceo scientifico.  Il libro di scienze presenta l'anatomia come per un esame della facoltà di Medicina, con le reazioni chimiche nell'apparato respiratorio o in quello digerente e con una terminologia non solo incomprensibile per i ragazzi ma addirittura impronunciabile. 

Non parliamo poi della parte relativa all'atomo e alla "configurazione elettrica degli elementi" con relative formule. In tecnologia si studiano i piani territoriali, i piani regolatori, le norme di legge per le licenze edilizie, le tecniche costruttive antisismiche.  Mi chiedo: cosa studieranno gli studenti di architettura ? 

In storia si disquisisce sugli illuministi e gli enciclopedisti francesi, distinguendo la teoria della divisione dei poteri di Montesquieu dal dispotismo illuminato di Voltaire, ma gli studenti non sanno chi è il nostro attuale presidente della Repubblica. 

In Italiano fanno storia della letteratura e storia dell'arte che una volta si iniziavano solo alle superiori mentre alla media inferiore ci si limitava ad una scelta di autori adeguati all'età degli studenti. 

Così analizzano la struttura, le tematiche e la simbologia della Divina Commedia e dell'Orlando Furioso, leggono (a 12 anni) Cecco Angiolieri e il Parini.  In compenso non sanno fare un riassunto, perché non c'è tempo da perdere per un'esercitazione così elementare. 

Mi piacerebbe parlare con gli alti funzionari ministeriali che stabiliscono i programmi e approvano i libri di testo per chiedere loro se si sono mai posti il problema dell'adeguatezza dei suddetti programmi e testi alle capacità intellettive dei preadolescenti. 

Nella classe del ragazzino che sto seguendo, la metà degli studenti ha più insufficienze che sufficienze e molti non fanno i compiti a casa perché non sono in grado di farli. 

A questo punto vorrei citare una sua frase nella risposta al signor Lorenzini: "...a patto che gli insegnanti e genitori dedichino loro tempo e sforzi di semplificazione per guidarli in una giungla di concetti piuttosto complicati."

Lei, riconoscendo che i ragazzi sono costretti a muoversi in una giungla di concetti complicati, affida agli insegnanti e ai genitori il compito di aiutarli a districarsi. Mentre sono d'accordo sugli insegnanti, visto che questo è il loro mestiere, le chiedo perché mai i genitori dovrebbero dedicare tempo ed energie ad integrare il lavoro della scuola, considerando che la maggior parte dei genitori non solo non ha il tempo, ma nemmeno la competenza per farlo (immagini una mamma musulmana a spiegare la simbologia della Divina Commedia o un padre operaio ad applicare il teorema di Pitagora a un triangolo inscritto in una circonferenza con le tangenti partenti da un punto P esterno).

Come il signor Lorenzin, anch'io penso che "questa scuola corra troppo dietro alle novità senza gettare le basi". 

Io mi sforzo di trasmettere i concetti base al ragazzino che sto aiutando, ma intanto il pomeriggio passa e ci sono ancora montagne di nozioni "inutili" da studiare per le interrogazioni e le verifiche di domani. 

Sono già le sei del pomeriggio  quando il ragazzino se ne va: ha fatto tre ore con me che, aggiunte alle sei fatte a scuola danno un totale di nove ore. Ormai ci sono solo i cinesi che lavorano più di otto ore al giorno !


Rosèlia Irti, Imola.


09/01/14

Emanuele Trevi: lo strano incontro del dott. Stevenson e di Mr. Hyde.


Sullo scorso numero di 'Sette', un bellissimo articolo di Emanuele Trevi racconta l'incredibile vicenda - poco conosciuta - dell'incontro di Robert Louis Stevenson avvenuto nel 1864 (tre anni dopo aver scritto Lo strano caso del Dr. Jeckill e Mr. Hyde), dopo lo sbarco dello scrittore nell'atollo hawaiano di Mokokai, con un pastore protestante che si chiamava di cognome proprio Hyde, e che manifestò strane, sorprendenti assonanze con la malvagità del personaggio immaginato da Stevenson, macchiandosi di una infamante operazione di linciaggio del povero Padre Damiano, missionario cattolico che assitette eroicamente i lebbrosi dell'isola per più di un ventennio. 
La vicenda è ricostruita da Trevi con piglio decisamente letterario (come si conviene all'autore) e merita di essere letta d'un fiato.  La versione on line è tuttora indisponibile. Pubblico le immagini dell'articolo pubblicato da Sette-Il corriere della Sera che si possono apprezzare a piena pagina, leggere e stampare qui, cioè sul sito delle Edizioni Medusa, che hanno pubblicato il libro La difesa di Padre Damiano, di Stevenson, in edizione italiana.