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06/04/23

La chiesa di San Lorenzo in Lucina e la misteriosa tomba di Poussin

 


La chiesa di San Lorenzo in Lucina e la misteriosa tomba di Poussin

 

Uno dei più antichi titoli delle chiese di Roma è quello di Lucinae attribuito alla chiesa che ancora oggi sorge nella piazza omonima nel centro della città e che, sorto in tempi antichissimi, è già ricordato nel 366 sulla residenza di una matrona romana, chiamata appunto Lucina (anche se non mancano altre ipotesi, tra le quali quella che nel luogo sorgesse un boschetto (lucus) da cui l'edificio prese il nome).

Quel che è certo è che sotto papa Sisto III (nell'anno 440 d.C.) avvenne la trasformazione in luogo di culto pubblico. Un rifacimento complessivo fu operato nel secolo XIII da Pasquale II, mentre al Duecento risale l'erezione, sulla sinistra della chiesa, del palazzo Fiano che divenne la residenza dei Peretti. Ma nuovi interventi furono compiuti nel corso dei secoli (anche Gian Lorenzo Bernini vi mise mano per costruirvi la Cappella Fonseca) fino ai successivi rimaneggiamenti sotto Papa Pio IX (1856) e del 1927 (anno in cui si ripristinò il portico murato) che conferiscono alla chiesa l'aspetto odierno.

Essa, oltretutto affonda le sue fondamenta, in parte, sotto il grandioso horologium (centosessanta metri per sessanta), fatto costruire dall'imperatore Augusto nel 10 a.C.,  la celebre Meridiana, i cui resti affiorano in diversi punti nei sotterranei degli edifici del quartiere di Campo Marzio (e anche della Chiesa). 

San Lorenzo in Lucina è una specie di museo, ospitando una serie di famose opere d'arte, come il crocefisso dipinto da Guido Reni al centro dell'altare maggiore.

Ma la Chiesa è famosa anche per la celebre sepoltura del pittore francese Nicolas Poussin (1594 – 1665), sulla quale sono fiorite leggende esoteriche di ogni tipo.

Poussin è uno dei più famosi pittori francesi, noto anche per essere il pittore di corte del re Luigi XIII e per aver supervisionato i lavori per la realizzazione del Louvre, ma a partire dai trent'anni trascorse la sua intera vita a Roma, dove ricevette la prima commissione nel 1626 dai conti Barberini per la realizzazione di un grande dipinto, Il sacco del tempio di Gerusalemme da parte dell'imperatore Tito, creduto per molto tempo perduto e ritrovato recentemente dal critico Denis Mahon.

Fautore dapprima dello stile barocco, Poussin, a partire dal 1630 cominciò ad abbandonare del tutto quel gusto artistico, per una rimeditazione attraverso una ricerca di chiarezza razionale, sul senso dell'esistenza e sul ruolo dell'arte come transito oltremondano.

A Roma Poussin morì, nel 1665, e fu sepolto proprio all'interno della Chiesa a Campo Marzio.

Il suo monumento funebre è tra i più enigmatici. La tomba fu concepita da Francois René de Chateaubriand (attivo a Roma fra il 1802 e il 1804), come si legge nella dedica in epigrafe subito al di sotto del busto del pittore (realizzato dallo scultore Jean-Louis Deprez) : F.A. De Chateaubriand a Nicolas Poussin per la gloria delle arti e l'onore della Francia. 

L'epitaffio invece, scritta da Pietro Bellori, il bibliotecario della regina Cristina di Svezia, recita: Trattieni il sincero pianto. In questa tomba vive Poussin che aveva dato la vita ignorando egli stesso di morire; qui egli giace, ma egli vive e parla nei quadri.

Infine, al di sotto dell'epitaffio, è realizzato in bassorilievo il profilo di un suo celebre capolavoro: Pastori in arcadia, che oggi è conservato al Museo del Louvre di Parigi e che esiste anche in un'altra versione dello stesso pittore, del 1627 e conservata in Inghilterra, a Chatsworth House.

E sotto questa rappresentazione, è inscritto il celebre motto Et in Arcadia ego, intorno al quale sono sorte le leggende più disparate e al quale sono stati dedicati interi libri.

In realtà Poussin non fu il primo ad utilizzare questo motto, che appare per la prima volta in un dipinto del Guercino, realizzato intorno al 1620.

La frase si riferisce alla mitica regione della Grecia, l'Arcadia, dove la leggenda narra che i pastori vivevano una vita idilliaca, lontana dai clamori e dagli affanni del tempo e della guerra e di ogni altra miseria umana.

La frase però, da un punto di vista strettamente letterale, risulta monca e priva di verbo.  Se infatti il significato è chiaramente: “anche io (sono stato o sono) in Arcadia”, è evidente che la frase manca del verbo – sum – che dovrebbe essere posto dopo il soggetto ego.

La citazione è stata subito interpretata come un memento mori come è reso esplicito anche dalle scene rappresentate dal Guercino – due pastori che si imbattono in un grande teschio – e da Poussin – pastori ideali  (c'è anche una donna, che nella versione di Chatsworth esibisce anche delle pose sensuali) che scoprono una tomba austera.

In pratica il significato della frase sembra essere: Anche la persona che riposa in questa tomba una volta viveva in Arcadia. Oppure: Anche io ero un Arcade, prima di incontrare la morte.

Il motto latino e l'associazione alla scena allegorica è stata ricollegata fantasiosamente con la pseudostoria (frutto di manipolazioni di tutti i tipi, in epoche successive) del Priorato di Sion.

Il legame con la morte (nel bassorilievo sulla tomba di Poussin i pastorelli contemplano quella che sembra essere a tutti gli effetti la tomba stessa del pittore) e la stranezza della frase senza verbo hanno fatto ipotizzare che la citazione contenga in realtà un codice anagrammato.

C'è stato chi ha tentato di sciogliere l'enigma, componendo la frase I! Tego arcana Dei, ovvero Vattene ! Io celo i misteri di Dio, alludendo ad un mistero del quale Poussin fosse al corrente, ossia che nella Chiesa fosse presente una sepoltura di una importante figura biblica (o addirittura dello stesso Gesù).

Ipotesi rafforzata da altri autori che, aggiungendo il sum alla frase, hanno ottenuto l'anagramma: Arcam dei tango Iesu, ovvero, Io tocco la tomba di Gesù. In questo caso, però, si è spiegato, la tomba del Maestro non sarebbe nella chiesa di San Lorenzo in Lucina, come ipotizzato, ma in un luogo misterioso della Francia, che servì da ispirazione a Poussin per il dipinto dei Pastori dell'Arcadia conservato al Louvre, il quale è modello del bassorilievo tombale.

Le tracce alla ricerca di questo luogo hanno portato dapprima in Francia, nella località di Les Pontiles, vicino a Rennes-le-Chateau, e poi in Inghilterra, nello Staffordshire, dove esiste una versione scolpita (non si sa in quale epoca) del dipinto realizzato da Poussin, nel cosiddetto Sheperd's Monument nel giardino della Sugborough house.

Ma ricerche in loco, non hanno dato nessun esito e tutte queste teorie sono state  ripetutamente smentite dai critici d'arte e dagli storici.

Quel che è certo è che Arcadia divenne dopo la morte di Poussin, la più celebre delle Accademie romane, fondata nel 1690 dai frequentatori del circolo di Cristina di Svezia (alla Lungara) che vollero così proseguire l'opera del pittore e le sue ricerche, in ogni campo delle arti e della cultura.


Fabrizio Falconi, tratto da Roma Segreta e Misteriosa, Newton Compton, 2015

17/08/21

A Pompei la scoperta di una tomba mummificata è un vero giallo !

 


Una tomba particolarissima, a recinto, con una facciata decorata da piante verdi su fondo blu e una camera per l'inumazione in un periodo in cui nella citta' i corpi degli adulti venivano sempre incenerati. 

Ma anche un'iscrizione marmorea dalla quale arriva la prima conferma che nei teatri della colonia romana, almeno negli ultimi decenni prima dell'eruzione del 79 d.C, si recitava pure in lingua greca.

E' ancora una volta una storia affascinante e piena di mistero quella che arriva dall'ultima straordinaria scoperta del Parco Archeologico di Pompei, riportata alla luce grazie ad una campagna di scavi condotta insieme con l'Universita' Europea di Valencia.

Un ritrovamento sul quale e' al lavoro un team interdisciplinare di esperti e da cui ci si aspetta tantissimo - sottolineano unanimi il direttore del Parco Gabriel Zuchtriegel e Llorenç Alapont dell'Universita' di Valencia - anche per le condizioni di conservazione del defunto, che appare in parte mummificato, la testa ricoperta di capelli bianchi, un orecchio parzialmente conservato, cosi' come piccole porzioni del tessuto che lo avvolgeva

"Uno degli scheletri meglio conservati della citta' antica", anticipa all'ANSA Zuchtriegel. Di fatto, insomma, una miniera d'oro di dati scientifici. 

"Pompei non smette di stupire, si conferma una storia di riscatto e un modello internazionale", applaude il ministro della cultura Franceschini ringraziando "le tante professionalita' dei beni culturali che con il loro lavoro non smettono di regalare al mondo risultati straordinari che sono motivo di orgoglio per l'Italia".

Costruita subito all'esterno di Porta Sarno, uno degli importanti varchi di accesso alla citta', la tomba, che risale agli ultimi decenni di vita di Pompei appartiene a Marcus Venerius Secundio, un liberto che nella vita era stato prima il custode del Tempio di Venere, un tempio molto importante perche' proprio a Venere i romani avevano intitolato la citta', nonche' minister degli augustali e infine, sicuramente solo dopo la liberazione, anche Augustale, ovvero membro di un collegio di sacerdoti del culto imperiale. 

Un ex schiavo, quindi, che dopo il riscatto aveva raggiunto un certo agio economico, abbastanza da potersi permettere una tomba di livello in un luogo assolutamente di prestigio. 

E tanto da potersi vantare , proprio nell'iscrizione del suo sepolcro, di aver dato "ludi greci e latini per la durata di quattro giorni", cosa che poteva assimilarlo alla classe sociale piu' elevata e piu' colta della cittadina, perche' in quel periodo, spiega Zuchtriegel, nell'area del Mediterraneo "la lingua greca era un po' come oggi per noi l'inglese" , molto diffusa, quindi, ma non alla portata di tutti a Pompei dove comunque le famiglie piu' agiate impazzivano per Omero, Eschilo, Euripide.

Tant'e', i primi esami sul corpo ci dicono che la morte ha colto il nostro uomo gia' anziano, " Doveva avere piu' di 60 anni e non aveva mai svolto lavori particolarmente pesanti", anticipa il direttore. Dati compatibili con le caratteristiche del suo nome, che lo indica come un ex schiavo 'pubblico', uno dei tanti che a Roma o nelle citta' di provincia svolgevano lavori di custodia o amministrativi. 

Ma perche' farsi inumare, scegliendo per se' un rito che veniva usato in epoca molto piu' antica piuttosto che nel mondo greco ma non a Pompei dove, con la sola eccezione dei bambini, i cadaveri venivano cremati? 

Tra le ipotesi possibili, ragiona il direttore generale dei musei statali Massimo Osanna, quella che Marcus Venerius Secundio si sentisse o fosse estraneo al corpo sociale della citta', uno straniero insomma, forse arrivato proprio da qualche altro luogo dell'impero romano o da Roma "dove in quel periodo alcune famiglie continuavano a praticare l'inumazione, cosa che diventera' poi usuale dal secolo successivo"

I misteri non si esauriscono qui: nel recinto della tomba, alle spalle della cella sigillata nella quale era adagiato il corpo di Secundio, sono state trovate due urne, una delle quali in vetro appartiene ad una donna chiamata Novia Amabilis, forse la moglie del defunto, ipotizzano gli archeologi, per la quale si sarebbe usato un rito piu' propriamente pompeiano.

Ma perche' alla signora sarebbe stato riservato un trattamento diverso? Senza contare il giallo della parziale mummificazione del cadavere di Secundio che potrebbe essere dovuta alla perfetta chiusura della camera sepolcrale, certo, ma anche ad una pratica di imbalsamazione: "Potremo capirne di piu' dall'analisi dei tessuti - ci dice Alapont - dalle fonti sappiamo che determinate stoffe come l'asbesto venivano usate per l'imbalsamazione"

Il professore allarga le braccia: "Anche per chi come me si occupa di archeologia funeraria da tempo, la straordinaria ricchezza di dati offerta da questa tomba, dall'iscrizione alle sepolture , ai resti osteologici e alla facciata dipinta, e' un fatto eccezionale, che conferma l'importanza di adottare un approccio interdisciplinare, come l'Universita' di Valencia e il Parco archeologico di Pompei hanno fatto in questo progetto". 

Studi, analisi e nuove ricerche potranno insomma far luce su questo mistero e nello stesso tempo aggiungere tanti altri preziosi tasselli alla storia della citta'. Intanto si studia come includere anche la necropoli di Porta Sarno e la tomba di Secundio nell'itinerario delle visite. "Al momento purtroppo non e' possibile perche' il terreno su cui si trova e' al di la' della ferrovia Circumvesuviana, ma e' solo una questione di tempo - assicura Zuchtriegel- siamo al lavoro su uno studio di fattibilita'"

28/08/17

Sono di due fanciulli, i bellissimi sarcofaghi scoperti dietro la Curva Nord dello Stadio Olimpico .



Dietro la curva nord dello stadio Olimpico durante un cantiere dell'Acea, che stava mettendo delle tubazioni, sono stati scoperti due sarcofagi romani in marmo a circa 2,5 metri sotto il piano stradale. 

Si tratta di sepolture di fanciulli probabilmente di una facoltosa famiglia romana

Uno dei due e' anche decorato con un ricco bassorilievo

Ad annunciare la scoperta e' stata la Soprintendenza Speciale di Roma. 

"A una prima analisi - spiega - potrebbero risalire al III-IV secolo d.C., ma la datazione potra' essere confermata solo dopo un approfondito esame"

Lo scavo e' stato diretto dalla dottoressa Marina Piranomonte, con gli archeologi Alice Ceazzi, il restauratore Andrea Venier, l'antropologa Giordana Amicucci e il topografo Alessandro Del Brusco. 

I ritrovamenti sono stati rimossi e portati nei laboratori della Soprintendenza Speciale di Roma per essere analizzati, studiati e restaurati nei prossimi mesi. I risultati delle ricerche saranno divulgati nel prossimo autunno. 

Quella dei due sarcofagi e' solo l'ultima di una serie di scoperte archeologiche nella Capitale. A giugno, ad esempio, nei cantieri di scavo per la realizzazione della metro C in via Amba Aradam, nel quartiere San Giovanni, venne alla luce una 'mini Pompei'. 

Furono ritrovati due ambienti della media eta' imperiale che a causa di un incendio contengono ancora conservate parti del solaio ligneo, del mobilio ed un pregevole pavimento a mosaico bianco e nero. 

Il materiale rinvenuto "si conserva solo in eccezionali condizioni ambientali e climatiche - spiegarono dalla soprintendenza speciale di Roma - oppure a seguito di eventi speciali come ad esempio accaduto a Ercolano e Pompei. La scoperta del solaio ligneo carbonizzato rappresenta un unicum per la citta'". 

Dallo scavo e' emerso anche lo scheletro di un cane, accucciato davanti una porta e verosimilmente rimasto intrappolato nell'edificio al momento dell'incendio.

Finalizzati alla messa in opera di tubazioni di sotto-servizi, i lavori nei giorni scorsi hanno portato alla luce le tombe a circa 2,5 metri sotto il piano stradale, sulla pendice Nord-Ovest di Monte Mario, dietro la curva Nord dell'impianto sportivo.