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28/09/21

Libro del Giorno: "Ponte Milvio 312 d.C." di Ross Cowan

 


Edito in Italia dalla casa editrice LEG e recentemente ristampato dalle edizioni de Il Messaggero, arriva nel nostro paese questo libro scritto dal britannico Russ Cowan, che insegna all'Università di Glasgow ed è esperto di storia e archeologia romana. 

Il libro è particolarmente interessante perché racconta con grande completezza di informazioni e di illustrazioni ad hoc, uno degli eventi decisivi della storia romana antica e più in generale della storia dell'Occidente: la battaglia di Ponte Milvio del 28 ottobre 312 d.C. che segnò la vittoria di Costantino imperatore contro le truppe dell' "usurpatore" Massenzio, che occupava Roma da sei anni. 

Più in generale si ripercorrono le complesse vicende della cosiddetta Tetrarchia, il periodo nel quale, alla cessione del potere di Diocleziano, il potere (e l'Impero) si ritrovò frammentato in quattro parti. 

Tuttavia, il sistema della tetrarchia, ideato per rinnovare l'architettura istituzionale dell'Impero, si rivelò da subito fragile: ed è in questo contesto che si svolse l'ardua e irresistibile ascesa al potere di Costantino, figlio dell'augusto Costanzo Cloro. 

Costantino, nel corso degli anni successivi alla sua acclamazione al potere (che avvenne a Eburacum, l'odierna York, immediatamente dopo la morte del padre di Costantino, Costanzo, il 25 aprile del 306) affrontò uno ad uno i suoi avversari e pretendenti al trono di imperatore unico: Galerio, Massimino Daia, Licinio, Massimiano e Massenzio. 

Questo libro è incentrato proprio sul contrasto tra Costantino e Massenzio, il quale signoreggiava sull'Italia e l'Africa e aveva stabilito la sede del suo regno proprio a Roma, la vecchia capitale che seppure sospinta ai margini nella geografia del potere alla fine del IV secolo d.C., rappresentava pur sempre il simbolo eterno dell'Impero. 

La posta in gioco per i due rivali dunque era la più significativa per l'Occidente e per tutto l'Impero: Roma, l'antica capitale, dove Massenzio si era asserragliato dopo aver rinnovato e ampliato le fortificazioni cittadine. 

In una veloce e straordinaria campagna militare, Costantino passò dalla Gallia al Nord Italia: presi i maggiori centri urbani da Torino a Verona, ad Aquileia, discese verso l'Urbe; alle sue porte, presso il Ponte Milvio, si sarebbe svolta la battaglia determinante per le sorti imperiali. 

Non si trattava solo di politica: anche la religione giocò un ruolo determinante. Si trattasse di fede o di propaganda, Costantino si dichiarò destinatario di un messaggio di Cristo, che gli ordinò di adottare come vessillo il suo monogramma. 

Con la successiva vittoria, il suo percorso verso il trono era destinato a intrecciarsi sempre più con il cristianesimo, mentre allo sconfitto Massenzio sarebbe spettata la damnatio memoriae. 

Tutti questi aspetti sono trattati nelle pagine del libro, che rispetto ai molti altri scritti sull'argomento, affronta con specificità il tema bellico: le strategie, la composizione degli eserciti, le mansioni assegnate alle singole legioni, gli armamenti, la tempistica e i precedenti storici. 

Il tutto grazie a un ampio corredo illustrativo: immagini, ricostruzioni, mappe: la battaglia, seppur breve (sembra che si consumò nel giro di poche ore) ma imponente, è così restituita compiutamente all'attenzione dei lettori, che potranno conoscere nel dettaglio questo momento essenziale per la storia di Costantino e dell'Impero romano.

Fabrizio Falconi

27/09/21

L'incredibile, terribile, suicidio di Seneca


Il cosiddetto Pseudo Seneca, busto romano in bronzo risalente
al I sec. a.C. ritrovato a Ercolano nel Settecento e conservato al 
Museo Archeologico Nazionale di Napoli


L'occasione del fallimento della cosiddetta Congiura dei Pisoni, nell'aprile del 65 d.C. offrì a Nerone, ormai sempre più invasato e assetato di potere, di potersi liberare di Seneca, che era stato suo tutore e dal quale si era dopo cinque anni progressivamente e completamente emancipato, con gravi conseguenze per l'Impero. 

In realtà sembra che della famosa Congiura Seneca fosse solamente informato, e che non vi prese parte direttamente.

Nerone però fu inflessibile e il sessantunenne Seneca ricevette quindi l'ordine di togliersi la vita, o meglio gli venne fatto capire che se non lo avesse fatto, morendo "onorevolmente" secondo i principi del mos maiorum, cioè della tradizione romana, sarebbe stato giustiziato comunque

Non volendo sottrarsi, Seneca optò per il suicidio. 

I particolari di questa morte sono però particolarmente raccapriccianti. 

Seneca dapprima si rivolge agli allievi, poi alla moglie Pompea Paolina, che vorrebbe suicidarsi con lui: il filosofo la spinge a non farlo, ma lei insiste.

Per Seneca il suicidio era in perfetta armonia con i principi professati dallo stoicismo, di cui Seneca fu uno dei maggiori esponenti: il saggio deve giovare allo Stato, res publica minor, ma, piuttosto che compromettere la propria integrità morale, deve essere pronto all'extrema ratio del suicidio. 

E' Tacito, qualche decennio dopo, a raccontarne i particolari, elogiandone la coerenza di vita:

«Frenava, intanto, le lacrime dei presenti, ora col semplice ragionamento, ora parlando con maggiore energia e, richiamando gli amici alla fortezza dell'animo, chiedeva loro dove fossero i precetti della saggezza, e dove quelle meditazioni che la ragione aveva dettato per tanti anni contro le fatalità della sorte. A chi mai, infatti, era stata ignota la ferocia di Nerone? Non gli rimaneva ormai più, dopo aver ucciso madre e fratello, che aggiungere l'assassinio del suo educatore e maestro.»

(Annales, XV, 62)

Seneca affrontò l'ora fatale con la serena consapevolezza del filosofo: egli, come racconta Tacito, come ogni vero saggio deve raggiungere infatti l’apatheia, ovvero l'imperturbabilità che lo rende impassibile di fronte ai casi della sorte. 

Dopo il discorso ai discepoli, Seneca compie l'atto estremo:


«Dopo queste parole, tagliano le vene del braccio in un solo colpo. Seneca, poiché il suo corpo vecchio ed indebolito dal vitto frugale procurava una lenta fuoriuscita al sangue, si recise anche le vene delle gambe e delle ginocchia.»

(Annales, XV, 63)

Con l'aiuto del suo medico e dei servi, si tagliò quindi le vene, prima dei polsi, poi - poiché il sangue, lento per la vecchiaia e lo scarso cibo che assumeva, non defluiva - per accelerare la morte si tagliò anche le vene delle gambe e delle ginocchia, fece trasferire la moglie in un'altra stanza facendo ricorso anche ad una bevanda a base di cicuta, il  veleno usato anche da Socrate. Tuttavia nemmeno quello ebbe effetto: la lenta emorragia non permise al veleno di entrare rapidamente in circolo. Così, memore del suicidio di un amico, Seneca si immerse in una vasca d'acqua bollente per favorire la perdita di sangue «spruzzandone i servi più vicini e dicendo di fare con quel liquido libazioni a Giove». 

Ma alla fine raggiunse una morte lenta e straziante, che arrivò, secondo lo storico, per soffocamento causato dai vapori caldi, dopo che Seneca fu portato, quando fu entrato nella tinozza, in una stanza adibita a bagno e quindi molto calda, dove non poteva respirare (ed essendo lui sofferente da sempre di problemi respiratori). I soldati e i domestici invece impedirono a Paolina, priva ormai di sensi, di suicidarsi, proprio mentre Seneca stava assumendo il veleno:

«Nerone però, non avendo motivi di odio personale contro Paolina, e per non rendere ancora più impopolare la propria crudeltà, ordina di impedirne la morte. Così, sollecitati dai soldati, schiavi e liberti le legano le braccia e le tamponano il sangue; e, se ne avesse coscienza, è incerto. Non mancarono, infatti, perché il volgo inclina sempre alle versioni deteriori, persone convinte che Paolina abbia ricercato la gloria di morire insieme al marito, finché ebbe a temere l'implacabilità di Nerone, ma che poi, al dischiudersi di una speranza migliore, sia stata vinta dalla lusinga della vita. Dopo il marito, visse ancora pochi anni, conservandone memoria degnissima e con impressi sul volto bianco e nelle membra i segni di un pallore attestante che molto del suo spirito vitale se n'era andato con lui. Seneca intanto, protraendosi la vita in un lento avvicinarsi della morte, prega Anneo Stazio, da tempo suo amico provato e competente nell'arte medica, di somministrargli quel veleno, già pronto da molto, con cui si facevano morire ad Atene le persone condannate da sentenza popolare. Avutolo, lo bevve, ma senza effetto, per essere già fredde le membra e insensibile il corpo all'azione del veleno. Da ultimo, entrò in una vasca d'acqua calda, ne asperse gli schiavi più vicini e aggiunse che, con quel liquido, libava a Giove liberatore. Portato poi in un bagno caldissimo, spirò a causa del vapore e venne cremato senza cerimonia alcuna. Così aveva già indicato nel suo testamento, quando, nel pieno della ricchezza e del potere, volgeva il pensiero al momento della fine.»

(Annales, XV, 64)

Vista la lunga serie di metodi di suicidio messi in atto da Seneca (anziché un solo metodo diretto ed immediatamente efficace, come quelli scelti da Bruto o da Nerone stesso: ad esempio pugnalarsi alla gola o al cuore, dalla clavicola, mentre un servo o un amico reggeva la spada; questa era in effetti la consuetudine più diffusa tra i romani nobili e i militari) e la somiglianza evidente in certi particolari (il discorso, la cicuta, poi la libagione alla divinità) con la morte di Socrate, è stato anche ipotizzato che Tacito abbia costruito lui stesso il racconto ad imitazione del testo platonico della morte di Socrate, e che la morte del filosofo sia stata più rapida.


Fonte: Wikipedia 


12/07/21

Roma: Apre al pubblico la Casa delle Vestali !




Erano le sacerdotesse per eccellenza, incaricate della custodia del focolare sacro della citta' e di tutti i riti strettamente connessi al culto domestico. 

Dopo il santuario di Vesta e dopo un lungo percorso restauro e studio, apre le porte al pubblico anche il complesso della Casa delle Vestali nel Parco archeologico del Colosseo e nel cuore del Foro romano

Dal luglio il nuovo percorso di visita permettera' di scoprire il settore sud-orientale dell'Atrium Vestae, riportato alla luce da Rodolfo Lanciani nel corso degli scavi del 1882-1884 e da tempo chiuso al pubblico. 

Ecco allora i riservatisismi appartamenti delle sacerdotesse, oggi spazio per un museo diffuso con alcune delle sculture rinvenute al Foro Romano alla fine del XIX secolo. 

Ritrovano il suo posto anche una statua di Vestale e quella che, secondo alcuni studiosi, raffigura Numa Pompilio, il secondo re di Roma cui e' attribuita l'istituzione del culto del fuoco e la creazione del sacerdozio delle vergini sacre. 

E poi ancora tra gli ambeinti restaurati, la stanza della macina in pietra lavica, dove - stando alla tradizione e in attesa di ulteriori verifiche - le sacerdotesse di Vesta confezionavano la mola salsa, la focaccia sacra offerta alla divinita' in occasione delle principali festivita' e, secondo alcuni, distribuita in piccoli pezzi ai credenti, come atto di purificazione

Secondo altri, invece, veniva utilizzata per cospargere gli animali destinati al sacrificio, da cui il verbo "immolare". 

"E' il primo passo di un complesso programma di ricerca e restauro - spiega la direttrice del Parco archeologico del Colosseo, Alfonsina Russo - che, oltre all'apertura dell'intera Casa delle Vestali, prevede nuovi percorsi e spazi informativi in tutto il Parco, per coinvolgere il pubblico in una visita sempre piu' consapevole alla riscoperta di monumenti straordinari, patrimonio dell'Umanita', in un contesto naturale di rara suggestione". 




23/05/21

Poesia della Domenica: "Guarda il Soratte carico di neve" di Orazio (Odi, I,9)

 




Odi, I, 9


Guarda il Soratte carico di neve
e i rami stremati sotto il peso
e i fiumi rappresi
per il freddo pungente.

Sciogli le membra gelate, getta legna
sul fuoco, e dall’anfora sabina
mesci in abbondanza, Taliarco,
il vino invecchiato per quattro anni.

Il resto, lascialo agli dei. Ecco, si placa
la rissa dei venti sul mare che ribolle,
i cipressi e i vecchi orni
non si muovono più.

Che cosa avverrà, non chiederlo:
tutto ciò che la sorte ci assegna è guadagnato.
Sei giovane: danza, fa’ l’amore
senza rimorsi,

finché è verde l’età ed è lontano
l’astio della vecchiaia. Cerca le piazze,
le parole bisbigliate nella notte
all’ora stabilita,

il riso traditore che ti svela
la fanciulla nascosta, e dalle dita
che giocano a sfuggire
strappale il pegno d’amore.


Quinto Orazio Flacco (I secolo a.C.) 

12/03/21

Torna a essere visibile al pubblico il magnifico mosaico delle Navi di Caligola, trafugato e ritrovato negli USA



Torna in esposizione al Museo delle Navi Romane di Nemi, in provincia di Roma, il mosaico proveniente dalle navi di Caligola, esportato illegalmente in America nel dopoguerra e restituito all'Italia grazie all'azione dei carabinieri del comando Tutela Patrimonio Culturale

Il direttore generale dei Musei, Massimo Osanna ha presentato il mosaico recuperato, che da oggi sarà possibile ammirare nel rispetto delle norme di comportamento previste per il contenimento dell'emergenza epidemiologica da Covid-19.

Il mosaico a intarsi marmorei (opus sectile) faceva parte delle ricche decorazioni presenti sulle pavimentazioni delle due navi dell'imperatore Caligola. 

Proveniente dagli scavi condotti nel 1895 da Eliseo Borghi, fu restaurato con materiali diversi e con integrazioni moderne

L'inserimento in una cornice moderna, presente anche sul retro, non consente piu' di cogliere i dettagli costruttivi, che possono pero' essere ricostruiti grazie agli altri frammenti conservati nel Museo. 



Esportato illegalmente nel dopoguerra, il mosaico è stato restituito al Museo delle Navi Romane grazie all'azione dei Carabinieri del Comando Tutela Patrimonio Culturale che, con la fattiva collaborazione di esperti del settore, hanno individuato il pavimento in una collezione privata a New York, consentendone il sequestro e la riconsegna all'Italia. 

Il Museo venne costruito tra il 1933 e il 1939 per ospitare due gigantesche navi appartenute all'imperatore Caligola (37-41 d.C.) recuperate nelle acque del lago tra il 1929 e il 1931

È stato quindi il primo Museo in Italia ad essere costruito in funzione del contenuto, due scafi purtroppo distrutti durante un incendio nel 1944. 

Riaperto nel 1953, il museo venne nuovamente chiuso nel 1962 e infine definitivamente riaperto nel 1988. 

Nel nuovo allestimento, l'ala sinistra e' dedicata alle navi, delle quali sono esposti alcuni materiali, come la ricostruzione del tetto con tegole di bronzo, due ancore, il rivestimento della ruota di prua, alcune attrezzerie di bordo originali o ricostruite (una noria, una pompa a stantuffo, un bozzello, una piattaforma su cuscinetti a sfera). 



 Sono inoltre visibili due modelli delle navi in scala 1:5 e la ricostruzione in scala al vero dell'aposticcio di poppa della prima nave, su cui sono state posizionate le copie bronzee delle cassette con protomi ferine. 

L'ala destra e' invece dedicata al popolamento del territorio albano in eta' repubblicana e imperiale, con particolare riguardo ai luoghi di culto; vi sono esposti materiali votivi provenienti da Velletri (S. Clemente), da Campoverde (Latina) da Genzano (stipe di Pantanacci) e dal Santuario di Diana a Nemi, oltre ai materiali provenienti dalla Collezione Ruspoli. 

All'interno di quest'ala e' inoltre possibile ammirare un tratto musealizzato del basolato romano del clivus Virbii, che da Ariccia conduceva al Santuario di Diana. 

09/03/21

Com'era fatto veramente il Mausoleo di Augusto, che riapre finalmente al pubblico dopo 14 anni?



Ci sono voluti quattordici anni - ma i romani in realtà contano un periodo molto più lungo di impossibilità di fruire di uno dei più maestosi monumenti della Roma antica ancora perfettamente esistente - per poter tornare a visitare il grande Mausoleo di Augusto in Campo Marzio. E al di là delle inopportune fanfare politiche - chi apre oggi sfrutta il lavoro precedente, iniziato molti anni fa, la novità ha incontrato una risposta clamorosa da parte dei cittadini quanto mai ansiosi - visto il tragico periodo di lockdown dal quale si proviene - di riappropriarsi di uno dei gioielli della città, con l'esaurimento delle prenotazioni disponibili fino al 30 giugno in sole 24 ore. 

Ma è interessante chiedersi: Com’era fatto, in origine, il Mausoleo di Augusto? 

Il Mausoleo imperiale fu iniziato da Augusto nel 28 a.C. al suo ritorno da Alessandria, dopo aver conquistato l’Egitto. 

Proprio ad Alessandria Augusto aveva avuto modo di vedere la tomba in stile ellenistico fatta costruire da Alessandro Magno, per il quale Augusto nutriva profonda ammirazione.  E la cui ricostruzione si può ammirare in questa grafica del Trecento, in testa all'articolo. 

Il primo a essere stato seppellito nel Mausoleo fu Marco Claudio Marcello, il nipote di Augusto morto nel 23 a.C., insieme alla madre di Augusto, Azia maggiore. Seguirono poi Marco Vipsanio Agrippa, Druso maggiore, Lucio e Gaio Cesare. Augusto vi trovò sepoltura nel 14 d.C., dopo che il suo corpo fu trasportato da Nola, dove era morto. L’ultima a esservi sepolta fu Giulia Domna, dopodiché l’enorme Mausoleo (ottantanove metri di diametro per quarantaquattro di altezza) cadde in rovina e fu destinato nei secoli agli usi più disparati: da roccaforte nel XII secolo a cava di travertino, vigna, giardino, anfiteatro e sala di concerti, fino al 1936, quando iniziarono i lavori di sistemazione della zona. 


09/02/21

Roma la Grande e Pompei il Mito, per la prima volta insieme al Colosseo !




Roma, la megalopoli, al pari di Alessandria o Cartagine. E Pompei, il mito, con le domus a specchiarsi sul mare

Per la prima volta una mostra ricostruisce la storia del lungo e intenso rapporto tra le due citta' piu' famose dell'archeologia con "Pompei 79 d.C. Una storia romana", da oggi fino al 9 maggio allestita in un monumento simbolo come il Colosseo

Frutto di una sinergia che ha messo insieme il Parco archeologico del Colosseo, con la collaborazione scientifica del Parco Archeologico di Pompei e del Museo Archeologico Nazionale di Napoli, e curata dall'archeologo Mario Torelli, recentemente scomparso, è un viaggio indietro nel tempo che ripercorrendo le relazioni sociali e culturali tra le due citta', va dalla Seconda guerra sannitica, quando la Roma repubblicana inghiotte nella sua orbita molte comunita' campane alla fine del IV a.C, fino ai drammatici momenti dell'eruzione del Vesuvio del 79 d.C

In mezzo, racconta all'ANSA la direttrice del Parco Archeologico del Colosseo, Alfonsina Russo, c'e' anche "il secolo d'oro, il II a.C., quando Roma si apre al Mediterraneo e arriva fino all'Egeo" e, come dimostrano le oltre 100 opere selezionate, "importa oggetti, ma anche saperi, maestranze e tecnologie". 

Ma c'e' anche la Pompei piegata dal terremoto, "che al momento dell'eruzione non aveva ancora terminato la sua ricostruzione, come testimonia il ritrovamento di numerosi ristoranti e alberghi per i manovali dei cantieri".

E poi la religione o il lusso, con la "ricostruzione della facciata della Domus rivenuta nel 2000 al Gianicolo, con raffinatissimi marmi color rosso e giallo antico". 

Dopo la riapertura del Colosseo con il concerto dall'Arena, l'esposizione si inserisce in una stagione che ha visto già il nuovo allestimento dell'Antiquarium del Parco Archeologico di Pompei e attende ora la mostra sugli spettacoli gladiatori, la prossima primavera al Museo Archeologico Nazionale di Napoli. 

10/09/20

Scoperta a Malafede, vicino Roma, una misteriosa Vasca Monumentale lunga oltre 40 metri


Una vasca monumentale lunga oltre 40 metri, un'articolata stratificazione di edifici e costruzioni, 2 ettari di terreno, oltre 8 secoli di storia e sofisticate tecniche di scavo che hanno permesso la scoperta e lo studio dello straordinario contesto tra via Ostiense e via di Malafede.

Il ritrovamento e' avvenuto a partire dal giugno 2019, grazie alle indagini di archeologia preventiva dirette dalla Soprintendenza Speciale di Roma, in una porzione di territorio molto ampia.

Il territorio in cui e' compreso anche il fosso di Malafede, abitato fin dall'eta' preistorica, e' stato soggetto a numerose trasformazioni nel corso del tempo, spiegano dalla Soprintendenza, come testimoniano anche i preziosi reperti recuperati durante le indagini archeologiche. 

La forte presenza di acqua di falda e di risalita dal Tevere, ha reso le indagini archeologiche difficili e necessario l'impiego di sofisticate tecniche con dispositivi per prosciugare vaste porzioni di terreno. 

I resti piu' antichi risalgono all'inizio del V secolo a.C., con un successivo insediamento che si sviluppa in un monumentale edificio in blocchi di tufo, di cui sono state scoperte le fondamenta. La presenza di numerosi frammenti in terracotta dipinti indica una probabile area sacra. 

Connesso con questo primo edificio il ritrovamento piu' importante: una struttura di imponenti dimensioni risalente al IV secolo a.C. e ancora in corso di scavo: una vasca larga circa 12 metri, che si snoda per 48 metri di lunghezza in direzione della attuale via Ostiense. 

La funzione di questa costruzione è sconosciuta e ancora in fase di studio. Potrebbe ricordare vasche di decantazione, recinti rituali, contenitori di concime animale, raccolta di acqua per uso agricolo, per allevamenti o per impianti produttivi e altro ancora. 

Tuttavia la grande vasca di Malafede ha pochi termini di confronto per l'epoca di costruzione, le grandi dimensioni, la presenza di uno scivolo, i possenti blocchi di tufo che la delimitano abbinati alla mancanza di una pavimentazione di fondo. 

Sul finire del III secolo a.C. l'area attraversa una prima importante modifica: la costruzione piu' antica venne completamente spogliata, colmata e rasata con spessi strati di terra di riporto. 

Sopra il luogo di culto venne infatti costruito un complesso con funzione produttiva o commerciale, mentre la grande vasca rimase ancora attiva. 

Sara' l'analisi dei materiali che potra' offrire indicazioni preziose per definire le diverse funzioni di questa grande infrastruttura. 

I legni depositati sul fondale potrebbero fornire la soluzione all'enigma della vasca di Malafede: spicca un frammento con una scritta in alfabeto etrusco. 

29/07/20

Quando i nazisti bruciarono le Navi di Caligola a Nemi

L'Ancora di legno di una delle due Navi di Caligola recuperata negli anni '20 e '30 nel Lago di Nemi


I nazisti in ritirata bruciarono le navi di Caligola e ora il comune di Nemi chiede i danni alla Germania

La giunta comunale della cittadina laziale ha votato una delibera su proposta del primo cittadino, Alberto Bertucci per chiedere i danni alla Germania per la distruzione "delle due famose navi romane dell'Imperatore Caligola". 

Le due navi, ritrovate nel secolo scorso tra il 1928 e il 1932, furono 'dolosamente e intenzionalmente bruciate la notte del 31 maggio 1944 dal 163° Gruppo Antiaereo Motorizzato tedesco che occupava la zona ed era in ritirata'. 

Dunque "quel danno irreparabile di un bene archeologico non fu il risultato di una imprevedibile azione bellica ma -spiega il sindaco Bertucci- un consapevole gesto di sfregio. Per questo chiediamo il risarcimento". 

"Si ritiene - aggiunge il Sindaco Alberto Bertucci" di sottoporre a giudizio risarcitorio nei confronti della Repubblica Federale di Germania per i danni morali e materiali subiti dalla collettivita' di Nemi a causa dell'irreparabile danno causato a un bene archeologico di inestimabile valore". 

"Abbiamo ritrovato relazioni, ampie documentazioni, testimonianze: i nazisti allontanarono tutti i residenti e il custode. Decisero di dare alle fiamme quei tesori. Non c'e' dubbio", aggiunge Bertucci. Il sindaco (che guida una lista civica di centro) pero' va oltre: «Noi non chiediamo semplicemente i danni. 

Vorremmo che, con un gesto significativo di spirito europeo, le autorita' tedesche collaborassero con noi per ricostruire cio' che emerse delle due navi ricorrendo alle nuove tecnologie di riproduzione. Grazie a un libro dell'Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato del tempo, abbiamo una grande mole di dati, misure, immagini per procedere a un'opera di riproduzione, in concorso col governo tedesco e magari con la mediazione del nostro ministero per i Beni e le attivita' culturali». 


11/06/20

Stupefacente: I Radar portano alla luce un'intera città romana !



Per la prima volta gli archeologi sono riusciti a mappare con grande dettaglio un'intera città romana senza dover scavare

Con la tecnologia dei radar Gpr, come spiega sulla rivista Antiquity il gruppo delle universita' di Cambridge e di Ghent, guidato da Martin Millet, sono stati 'portati alla luce' le terme, il mercato e un tempio di Falerii novi del III secolo a.C, nella valle del Tevere.

Il Gpr (Ground penetrating radar) funziona come un radar normale, che rimbalza le onde radio sugli oggetti, e usando questa eco riesce a costruire un'immagine a profondita' diverse

Con questi strumenti i ricercatori hanno analizzato un'area di 30,5 ettari all'interno delle mura di Falerii Novi, che si trova a 50 chilometri a nord di Roma. 

Grazie ai radar si e' scoperto che la disposizione della citta' era meno standardizzata rispetto a molte altre ben studiate, come Pompei, e che il complesso del mercato, il tempio e le terme erano architettonicamente piu' elaborati del previsto per una piccola citta'. 

Nella parte piu' a sud, sempre dentro le mura, i radar hanno rivelato una grande costruzione rettangolare collegata ad una serie di tubature dell'acqua che portavano all'acquedotto, e scorrevano non solo lungo le sue strade ma anche sotto le sue insulae (gli isolati romani). 

Secondo gli studiosi questa struttura era una piscina all'aria, parte di un complesso di bagni pubblici

Ancora piu' inaspettato, vicino alla porta a nord della citta', sono state identificate un paio di grandi strutture una di fronte all'altra in un vicolo coperto con una fila centrale di colonne, che potrebbero far parte di un monumento pubblico impressionante. 

"Questo livello di dettaglio puo' trasformare il modo in cui si studiano i siti urbani - commenta Millet - Ora si puo' immaginare si usare il Gpr su citta' piu' grandi, come Mileto o Cirene". 

08/05/20

Meraviglia al Pantheon: Da una buca nel selciato della piazza riemerge il vecchio pavimento imperiale




Il Pantheon continua a rivelare antiche meraviglie rimaste nascoste: le indagini archeologiche seguite all'apertura di una buca in Piazza della Rotonda hanno riportato alla luce l'antica pavimentazione (della piazza) di epoca imperiale.

Le sette lastre di travertino, che si trovano a una quota di circa 2,30 / 2,70 metri sotto il piano stradale con dimensioni di circa 80 per 90 centimetri per uno spessore di 30 centimetri, sono state ritrovate una prima volta negli anni '90 del secolo scorso in occasione della costruzione di una galleria di sottoservizi, e lo scavo venne rilevato e documentato

"Dopo oltre vent'anni dal loro primo rinvenimento -spiega Daniela Porro, Soprintendente Speciale di Roma- riemergono intatte le lastre della pavimentazione antica della piazza antistante al Pantheon, protette da uno strato di pozzolana fine. Una dimostrazione inequivocabile di quanto sia importante la tutela archeologica, non solo una occasione di conoscenza, ma fondamentale per la conservazione delle testimonianze della nostra storia, un patrimonio inestimabile in particolare in una citta' come Roma". 

In epoca imperiale la piazza era molto piu' grande della attuale e si apriva di fronte al Pantheon, il tempio dedicato a tutti gli dei fatto costruire da Agrippa tra il 27 e il 25 avanti Cristo. 

L'area e' stata interamente ristrutturata nel II secolo dopo Cristo dall'imperatore Adriano, e anche la piazza venne rialzata e nuovamente pavimentata. 

Le quote cui si trovano le lastre, oggi rimesse in luce, appaiono pertinenti alla fase adrianea del complesso

Il cantiere in un primo momento in capo al I Municipio, consegnato poi ad Acea continuera' nei prossimi giorni per il ripristino idrico e con ulteriori indagini archeologiche della Soprintendenza Speciale di Roma in collaborazione con la Sovrintendenza Capitolina ai Beni Culturali.



13/12/19

Torna a splendere sotto Porta Maggiore a Roma, la "Basilica dei Misteri"






Torna a splendere la parete della navata sinistra della della Basilica sotterranea di Porta Maggiore, a Roma. 

L'intervento, che restituisce la raffinata decorazione e il biancore dello stucco nel cui impasto e' stata miscelata la madreperla per renderlo luminescente, e' avvenuto grazie a Everge'te, Fondazione svizzera che ha scelto la 'basilica dei misteri' per l'importante opera di mecenatismo. 

Soddisfatta la soprintendente speciale Daniella Porro che sottolinea: "E' uno dei luoghi più magici e intrisi di mistero della Capitale. 

Negli anni passati la Soprintendenza è intervenuta con una serie di restauri per mantenere, e in alcuni casi svelare, la bellezza di questo straordinario manufatto architettonico e sono già in programma nuovi lavori per il 2020. 

Con la Fondazione Everge'te, che opera per la prima volta in Italia, abbiamo instaurato un virtuoso rapporto di collaborazione che speriamo non si concluderà con questo restauro, ma proseguirà negli anni a venire.

Una dimostrazione del fatto che i privati possono essere partner preziosi nel processo di tutela e valorizzazione dell'immenso patrimonio artistico della nostra citta'". 

Scoperta nel 1917 durante i lavori per la linea ferroviaria Roma Cassino, la Basilica sotterranea e' un monumento unico nel suo genere, per la ricchezza delle decorazioni a stucco e a mosaico, per essere ipogea, cioe' volutamente costruita sottoterra, e per la sua natura enigmatica.

Costruita nel I secolo d.C., e' stata interpretata come sede di culti misterici, o come luogo di sepoltura della gens cui apparteneva, cioe' la famiglia degli Statili, legata a Ottaviano Augusto e agli imperatori della dinastia Giulio Claudia. 

 A proposito del progetto adottato nel 2017, Bertrand du Vignaud, consigliere esecutivo di Everge'te, ha dichiarato: "Sono molto lieto di vedere oggi la qualita' dei lavori. Complimenti ai restauratori. Spero che questo bellissimo risultato permettera' alla Fondation di trovare nuovi finanziamenti per continuare a sostenere il progetto fin al suo completamento, nell'ambito della nostra partnership con la Soprintendenza speciale di Roma". 

L'intervento, realizzato tra aprile e novembre del 2019, e' stato compiuto con le piu' moderne procedure, avvalendosi di tecnologie elettroniche, chimiche, meccaniche e manuali, e con questo restauro il 50 per cento dell'edificio e' stato restaurato. 



06/11/19

La Basilica dei Santi Quattro Coronati e le misteriose iscrizioni dei giochi nel Chiostro.



La Basilica dei Santi Quattro Coronati e le misteriose iscrizioni dei giochi nel Chiostro.

La magnifica Basilica dei Santi Quattro Coronati, vero gioiello incastonato in una fortezza medievale domina il colle del Celio dall’altura cui si accede attraverso la via omonima, in posizione del tutto defilata rispetto al classico itinerario turistico-archeologico che comprende i più importanti monumenti del centro di Roma.

Eppure pochi altri luoghi come questo meritano una visita, magari soltanto per ammirare i notissimi affreschi (risalenti al 1246) nell’Oratorio di San Silvestro, che descrivono le Storie di San Silvestro e di Costantino Imperatore, compresa la porzione con la Donazione di Costantino, che raffigura la concessione del potere temporale alla Chiesa da parte dell’imperatore Romano, sulla base di un documento attribuito a Costantino, che l’umanista Lorenzo Valla nel 1440 dimostrò inequivocabilmente essere un falso.


Ma molti altri sono i motivi di interesse di questo edificio, costruito originariamente nel IV secolo d.C. e intitolato a quattro martiri cristiani, quattro scalpellini che si rifiutarono di realizzare idoli pagani, non ultimo quello di ospitare una antichissima comunità di suore agostiniane, che ogni giorno, da sempre, recitano i vespri nella chiesa al dolce suono di una chitarra orizzontale. 

Altra attrazione particolarissima è poi il Chiostro, iniziato nel XIII secolo e rifatto nel Cinquecento, cui si accede dalla navata sinistra della Chiesa, di grandissima eleganza con la sua fila regolare di doppie colonne e la galleria. Come capita in diversi Chiostri antichi di Roma, anche qui i portici sono costellati di lapidi, iscrizioni, resti marmorei di diversa provenienza.


Tra le curiosità ci sono anche due figure che hanno attratto la curiosità degli studiosi, rappresentando un rompicapo.

La prima si trova all’ingresso del Chiostro, su un muretto, ed è un insieme di quindici linee parallele all’interno delle quali sono incise cifre romane in ordine sparso.  E’ stato ipotizzato che si tratti di una sorta di abaco, o di calcolatore ante litteram, oppure che al contrario l’iscrizione raffigurasse una sorta di gioco, probabilmente legato al tiro dei dadi. 


L’altra figura si trova invece su di una parete, in posizione quasi simmetrica rispetto alla prima, dall’altro lato del Chiostro, e in questo caso si tratta di tre quadrati concentrici, collegati tra di loro da linee centrali che terminano nel quadrato centrale.  Il riferimento al quale si è pensato è quello del gioco del filetto, che è molto antico e si praticava già nell’antica Grecia e in Egitto.  Ma alcuni studiosi fanno riferimento invece alla cosiddetta triplice cinta esoterica, che è stata ritrovata in diversi edifici in Europa, in Asia, fino in Estremo Oriente: i tre quadrati sarebbero i tre diversi livelli di conoscenza, legati al cammino spirituale che coinvolge le tre diverse essenze umane: fisica, mentale e spirituale e la triplice cinta con la sua evidente simbologia iniziatica finì perfino per essere adottata dall’Ordine dei Templari.



Fabrizio Falconi, tratto da Misteri e Segreti dei Rioni e dei Quartieri di Roma, Newton Compton Editori, 

02/10/19

Spuntano altri due scheletri dagli scavi vicino alla Piramide, a Roma - Trovati anche molti chiodi




Dopo il ritrovamento del primo scheletro il 20 settembre, sono venute alla luce altre due sepolture di eta' tardo antica durante gli approfondimenti effettuati dalla Soprintendenza Speciale di Roma nello scavo Acea di Piazzale Ostiense, proprio di fronte all'uscita della Metro Piramide.

 I lavori di archeologia preventiva hanno portato alla luce i resti di una donna e di un bambino, vicino alla prima sepoltura.

La presenza di numerosi chiodi porta a ipotizzare che la inumazione sia avvenuta in una cassa, il cui legno e' deperito nel corso dei secoli: il fanciullo era deposto all'altezza dell'anca della donna.

Le tre sepolture, prive di corredo, farebbero parte della necropoli Ostiense, sorta nel I secolo a.C. ai lati della via consolare e sopravvissuta per molti secoli.


Si tratta di tombe molto povere di eta' tardo antica (IV-VI secolo d. C.), già ampiamente compromesse da precedenti lavori per i sotto servizi (acqua, elettricita').

 Lo scavo archeologico fa parte di un cantiere di Acea per il rinnovamento dell'illuminazione della piazza, ha una lunghezza di 6 per una profondita' di 1,70 metri, e sara' ultimato nei prossimi giorni. 

Nei prossimi mesi la Soprintendenza promuovera' indagini scientifiche e antropologiche sugli scheletri per ottenere ulteriori informazioni sui defunti sepolti.

Fonte ANSA

10/08/19

L'incredibile vicenda del Busto dell'Imperatore Settimio Severo ritrovato e finalmente esposto al Colosseo.



Lo straordinario busto di Settimio Severo, che da qualche settimana apre al II ordine del Colosseo la mostra temporanea "Roma Universalis", viene finalmente restituito alla pubblica fruizione dopo essere stato protagonista di una incredibile vicenda. 

Il ritratto dell'imperatore appartenente alla "dinastia venuta dall'Africa" e' infatti l`esito di una operazione di recupero che risale al settembre del 2017 quando, al termine di un pedinamento, i militari del Comando Provinciale della Guardia di Finanza di Roma rinvengono il prezioso reperto all`interno del portabagagli di un SUV, avvolto in una coperta, nella centralissima piazza Esedra, tra decine di turisti incuriositi.

L`opera proveniva dall`area di Guidonia - Montecelio, comune della citta' metropolitana di Roma, e dopo il recupero e' stata consegnata alla Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio per l'Area Metropolitana di Roma, la provincia di Viterbo e l'Etruria Meridionale, competente per il territorio, con la quale il Parco archeologico del Colosseo ha stabilito una collaborazione finalizzata al restauro ma soprattutto alla sensibilizzazione sui reati contro il Patrimonio.

L`operazione che ha permesso il ritrovamento di questo reperto straordinario, e' frutto del costante monitoraggio della circolazione delle opere d`arte, svolto dalle Fiamme Gialle ai fini della prevenzione, ricerca e repressione delle violazioni economico-finanziarie, in stretta sinergia con il MiBAC.

Nel peculiare settore dei beni appartenenti al patrimonio culturale dello Stato, l`attenzione della Guardia di Finanza si concentra sulle connesse movimentazioni finanziarie, considerato che il loro intrinseco valore le rende particolarmente appetibili per gli interessi della criminalita', alla continua ricerca di strumenti per riciclare i proventi delle attivita' illecite.

L'opera rimarra' esposta al Colosseo fino al 25 agosto, quando l'intera mostra sara' disallestita e il reperto verra' restituito alla Soprintendenza, dove sara' custodito sino alla fine della vicenda giudiziaria di cui e' tutt'oggi ancora protagonista.

fonte: askanews 

06/06/19

Domenica 16 Giugno la Passeggiata Letteraria per conoscere i Tesori del Foro Boario di Roma




La prossima Passeggiata Letteraria a Roma, "I Tesori del Foro Boario" - in compagnia di Fabrizio Falconi, sarà Domenica 16 giugno alle ore 16 (puntuali). 

L'appuntamento è davanti all'ingresso principale dell'Anagrafe (Via Petroselli, 50). 

Toccheremo e vedremo, raccontando storie e storia, curiosità, aneddoti, la Casa dei Crescenzi, il Tempio di Portuno, il Tempio di Ercole Vincitore, l'Arco di Giano, l'Arco degli Argentieri, San Giorgio al Velabro, il Lupercale, La Bocca della Verità e Santa Maria in Cosmedin e infine concluderemo la visita, salendo per il Clivo di Rocca Savella fino all'Aventino, dove vedremo la magnifica Basilica di Santa Sabina. 

I mezzi per confermare la vostra presenza sono sempre gli stessi: nei commenti qui sotto, oppure via Messenger o What's app. 

Fabrizio

21/05/19

Torna: "La luna sul Colosseo" con visite guidate notturne al magnifico monumento di Roma



Il clangore delle armi, il ruggito delle belve inferocite, il sangue. E poi il frastuono di grida, incitamenti, tifo. Odori forti che si mischiano ai rumori, colori che abbagliano, emozioni che stringono lo stomaco. Assistere duemila anni fa ad uno spettacolo del Colosseo doveva essere un'esperienza davvero a tinte molto forti, tanto da inchiodare agli spalti di ogni ordine i circa 50mila spettatori che ogni volta partecipavano agli spettacoli. Ma cosa succedeva poi al tramonto quando l'arena macchiata di sangue, di lacrime e di umori, si svuotava di vittime e carnefici? E come doveva essere la notte del gladiatore che sapeva di dover entrare in scena al mattino?

Torna "La Luna sul Colosseo", il progetto di visite notturne organizzate dal Parco archeologico e quest'anno il percorso guidato tra spalti e sotterranei del monumento italiano piu' gettonato dai visitatori si arricchisce di nuove suggestioni con una serie di installazioni e uno spettacolo firmati da Studio Azzurro.

"Le tecnologie digitali applicate al settore dell'archeologia offrono una potenzialita' straordinaria di lettura e di comprensione del patrimonio avvicinando il pubblico alla storia", sottolinea la direttrice del Parco Archeologico del Colosseo e dei Fori, Alfonsina Russo. 

Tant'e', a dispetto del poco tempo che si e' avuto per organizzare ("tre-quattro mesi") e del prezzo del biglietto di ingresso aumentato a 24 euro, il successo dell'iniziativa sembra gia' assicurato con i circa 400mila euro di costi ampiamente coperti dagli incassi.

"Bisogna affrettarsi, da qui a gennaio restano pochi biglietti, siamo certi del sold out", sorride soddisfatta la direttrice manager. Rispetto alle ricostruzioni multimediali offerte per i Fori dalle visite immersive firmate da Piero Angela, questo percorso e' tutt'altra cosa.

Qui la ricostruzione storica, il racconto della vita del monumento, che prende avvio dagli interventi urbanistici del fascismo, e' ancora come sempre interamente affidata alle parole degli archeologi, degli storici dell'arte e degli architetti dello staff. Sono loro come gia' nelle passate edizioni a spiegare, illustrare, raccontare, rispondere alle tante, inevitabili, domande del ristretto pubblico visitatori, mai piu' di 25 a turno per ovvie ragioni di sicurezza.

L'intervento multimediale punteggia quel racconto, lo amplifica ridando voce piuttosto alle 'fonti', gli storici, i poeti, i saggisti dell'epoca, da Marziale che disprezza il tiranno Nerone e inneggia all'opera dei Flavi ("sotto il tuo impero o Cesare, e' diventato delizia del popolo cio' che era stato delizia del tiranno") a Cassio Dione che pure applaude ai "numerosi e grandiosi spettacoli", citando la presenza di gru, elefanti, bestie selvatiche.

Ad evocare il fascino oscuro del sangue e le pulsioni piu' bestiali che riuscivano ad invadere anche gli animi piu' miti e' poi Sant'Agostino, che compare incappucciato scatenando qualche brivido, quando tutto attorno le ombre della sera si appoggiano sull'arena e sulle grandiose arcate dell'anfiteatro.

Certo e' nei sotterranei che la suggestione trova i suoi registri piu' forti, con i cunicoli illuminati dalle fiaccole e la lotta tra gli animali che rivive feroce sui muri che una volta ne contenevano le gabbie.

In fondo alla galleria il "montabelve", la replica archeologica realizzata nel 2015 di uno dei 28 montacarichi di cui era dotata la struttura all'epoca di Domiziano, fa la sua impressione.

Prima di tornare all'aperto dove nell'arena va in scena la visione del sogno di un gladiatore alla vigilia del combattimento. "In attesa del giorno, della gara", del sangue, che potra' portare la liberta' o la morte.

Le visite, in italiano e in inglese, durano 75 minuti e partono dalle 20.00 alle 22.30, tutti i giorni tranne la domenica. Da novembre a dicembre l'orario di partenza e' anticipato dalle 18.00 alle 20.00. 

20/04/19

Straordinario ritrovamento a Roma: così si lavorava la ceramica a Trastevere




Il più antico laboratorio produttivo nel cuore della città: e' questo il risultato dello scavo condotto dalla Soprintendenza Speciale di Roma all`interno del giardino di Palazzo Corsini in Via della Lungara a Trastevere. 

La fornace portata alla luce è un ritrovamento finora unico a Roma, testimonianza della sua vita lavorativa, della sua economia basata sull`alto artigianato e la trasformazione di materie prime provenienti dai quattro angoli dell`impero. 

L`indagine, iniziata con un sondaggio di archeologia preventiva nell`aprile del 2018 e proseguita da febbraio scorso con uno scavo stratigrafico, ha messo in luce diversi contesti. 

Da una parte l`eccezionale ritrovamento della fornace, dall`altra un deposito di anfore per il trasporto dell`olio, probabilmente riutilizzate per il drenaggio dell`acqua, nonche' di varie murature.

Il ritrovamento appare ancora piu' straordinario considerando la suggestione del luogo: Palazzo Corsini, sede dell`Accademia dei Lincei, con cui la Soprintendenza ha collaborato e con cui sta progettando la valorizzazione dei reperti.


I ritrovamentiri verranno coperti con materiale protettivo e presto nuovamente interrati, metodo che li protegge dagli agenti atmosferici

Tuttavia e' gia' in programmazione una nuova serie di indagini, intorno all`area gia' scavata, per ampliare il quadro dei ritrovamenti e contestualizzarli nel modo migliore. 

I reperti trovati saranno presto esposti nella sede stessa dei Lincei, in uno spazio aperto al pubblico, e saranno spunto e oggetto di una serie di incontri e di conferenze dedicati a tutti coloro che vorranno conoscere meglio la storia della citta' e di un quartiere storico come Trastevere

Lo scavo archeologico nell'angolo Sud-Est del giardino di Palazzo Corsini ha rivelato un contesto di importanza eccezionale. È venuta alla luce una struttura di eta' romana riferibile a una fornace per la produzione di ceramica, di ceramica invetriata e forse di vetro. Si tratta del primo impianto di questo tipo chiaramente riconoscibile trovato all'interno della citta' antica

Curata dalla Soprintendenza Speciale di Roma, l`indagine iniziata nel mese di aprile del 2018, e' proseguita con lo scavo stratigrafico dallo scorso mese di febbraio, ha interessato un`area di circa 15 metri di larghezza per 18 di lunghezza. 

Nell`angolo Sud dello scavo e' emersa una ampia porzione di piano in concotto, con tracce evidenti di esposizione a forte calore, contrassegnate da una colorazione che dal giallo intenso arriva al rossastro, caratterizzata da resti di superfici utilizzate per lavorazioni artigianali. 


Il piano, o probabilmente una serie di piani rialzati, si appoggiano a un muro in opera laterizia, rasato alla loro stessa quota. 

La presenza di un grande numero di materiali di scarto e di scorie di lavorazione di ceramica e di blocchi di concotto con strato di rivestimento vetroso testimonia l'esistenza di una fornace usata per la produzione di materiale ceramico e probabilmente anche per l'invetriatura della ceramica stessa.

07/03/19

L'incredibile bambola snodabile trovata vicino alla Mummia di Grottarossa, sulla Via Cassia.



Il 6 febbraio 1964, durante i lavori di un cantiere edile in via Abbadia San Salvatore (attuale via Cassia 952), fu scoperta una sepoltura del II secolo con il corpo mummificato di una bambina di 8-10 anni circa.


Normalmente nella Roma antica non si utilizzava questa tecnica per la conservazione delle salme, per questo, la cosiddetta mummia di Grottarossa, è forse un caso unico. La mummia è attualmente conservata, all'interno di un'urna, in una sala del Museo nazionale romano di palazzo Massimo insieme al suo corredo funerario, costituito da numerosi oggetti interessanti e curiosi, come ad esempio una bambola snodabile, tutti ritrovati nella tomba accanto al corpo della fanciulla.

Data la singolarità della conservazione del corpo,
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04/01/19

Incredibile: dopo 2.000 anni le rive del Tamigi restituiscono un prezioso reperto romano.



Incredibile ma vero, dopo 2.000 anni anche le rive del Tamigi continuano a restituire reperti dell'epoca gloriosa dell'Impero Romano la cui estensione giunse fino a questi lidi.

E così capita che un cercatore di fanghi - alla ricerca di scafi abbandonati -  tale Alan Suttie, di Mitcham, si è imbattuto in un prezioso reperto di epoca romana: si tratta di una tradizionale lucerna a olio, la cui terracotta è finemente lavorata, che risale alla fine del I secolo dopo Cristo, il periodo cioè successivo alla conquista della Britannia da parte dell'esercito romano e della sua annessione all'Impero. 

Il reperto andrà ad arricchire la collezione del Museum of London e - riferisce la Bbc sul suo sito - e' stato descritto come "rilevante". 

Fonte BBC e ANSA