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15/07/19

Intervista a Roberta De Monticelli: "Asserviti al progetto russo di distruzione dell'Unione Europea" (Huffington Post)



A parte il versamento dei rubli, ancora da dimostrare: “Le trattative degli uomini di Salvini con la Russia di Putin rappresentano un tradimento dell’Italia ideale, un’infedeltà alla collocazione occidentale del nostro paese e un’asservimento al progetto russo di distruzione dell’Unione Europa: una cannonata contro l’orizzonte comunitario”. Sul palcoscenico del giallo russo-leghista, Roberta De Monticelli scorge il fantasma della questione morale: “Questa storia – dice, parafrasando Enrico Berlinguer – dimostra che i partiti politici sono diventati delle macchine d’affari senza confini”. Filosofa, docente all’università San Raffale di Milano, per definire l’era politica che viviamo, De Monticelli pesca dalle pagine de La Repubblica di Platone il modello della khakistocrazia:Così il pensatore greco definiva governo dei peggiori, e noi siamo di fronte all’internazionalizzazione di questo schema. Mi riferisco anche a Donald Trump. Ma nel caso di Putin il richiamo al governo dei peggiori è spaventoso.La sua ideologia illiberale è riuscita fondere i residui del bolscevismocon le venature naziste del suo patriottismo esasperato.Un miscuglio ignobile, che pure hatrovato uno spazio notevole nel dibattito politico globale”.
Tutto è cominciato una trentina d’anni fa: “Quando le democrazie liberali occidentali sono entrate in un circolo vizioso che ha alimentato la sfiducia verso le istituzioni. Specialmente, in Italia. Il governo dei peggiori – che è sempre una possibilità della democrazia – ha pian piano preso il sopravvento. Il vero problema è che già Platone considerava questo stadio come l’ultimo gradino prima dell’avvento della tirannia. E purtroppo il Novecento ha dimostrato che la sua analisi ha ancora una corrispondenza con la realtà”.
È una torsione inevitabile?
No, non è inevitabile. Però il rischio c’è: forte, consistente e sostanziale.
C’è anche un rimedio?
Già negli anni Quaranta Altiero Spinelli aveva previsto che gli stati nazionali non sarebbero stati più in grado di alimentare il circolo virtuoso della democrazia, perché troppo schiavi degli interessi particolari. Il rimedio è dunque una sovranità europea realmente sovranazionale, l’unica cosa che potrebbe riaprire la partita.
Il populismo non si nutre proprio delle lacune europee?
Lei di quale Europa sta parlando?
Dell’Europa che c’è.
Ce ne sono almeno due. C’è l’Unione Europea embrionale, ossia l’Europa delle istituzioni veramente comuni, che ha limitato le grandi multinazionali, ha approvato delle norme ambientali decenti, ha investito moltissimo sulla ricerca; e poi c’è l’Europa degli stati, che solitamente si occupa di disfare quel tanto di buono che la commissione e il parlamento sono riusciti a concludere.
Salvini confonde le due cose?
Salvini alimenta il più orribile equivoco, perché definisce europee delle scelte che sono in realtà dei singoli stati, come, per esempio, le politiche sull’immigrazione di Macron.
Sull’immigrazione il vero antagonista di Salvini è il Papa?
Le parole di Francesco dimostrano una grande fedeltà alla tradizione cattolica. L’invito a salvare le persone disperate non è solo un appello a proteggere la vita dalla morte. È un richiamo a portare in salvo la fioritura di ogni singola persona, la felicità che ogni essere è chiamato a realizzare su questa terra.
Eppure, alcuni sondaggi certificano che molti cattolici condividono le idee di Salvini.
Dal punto di vista della teologia cristiana, l’idea delle radici, dei confini, delle patrie fisiche, è una dissacrazione del vero concetto di sacralità.
Perché?
Sono andata per anni, da laica, alla ricerca della spiritualità cristiana, quella che è rimasta sepolta nei conventi, ignorata persino dalla gerarchia ecclesiastica. Ho incontrato Cristina Campo e Margherita Pieracci Harwell, due grandi interpreti di Simone Weil. Mi hanno insegnato che la vera esperienza spirituale è apertura agli infiniti orizzonti dell’anima, inclusi gli abissi che ci attraversano. Basta leggere un trattato spirituale. È un percorso infernale, altro che quiete contemplativa. È un viaggio nella vastità del nostro mondo interiore, che ha le sue estasi e i suoi traumi, le sue esaltazioni e i suoi precipizi. Può offrire tutto, fuorché protezione, riparo, sicurezza.
Ma le persone non hanno diritto anche a questo?
Certo che ne hanno diritto, ma indurli a barattare la libertà con la tranquillità è diabolico. La gran parte delle persone nemmeno conosce tutte le possibilità che offre la vita umana. E non c’è nulla di più criminale che tenere gli uomini lontani da questa conoscenza, offrendogli come riparo una prigione.
L’esperienza spirituale che ha descritto è davvero possibile a tutti?
Sì, lo è. Anzi, è proprio questo il punto in cui si incontrano la grande tradizione umanistica da cui nasce la democrazia e il cristianesimo: la vocazione al risveglio delle coscienze, il richiamo a vivere l’esperienza morale in prima persona, con tutto il proprio cuore.
Perché allora lei ha creduto nei 5 stelle, che sono protagonisti dell’oscurità che denuncia?
Non lo nego, ho nutrito simpatia per i 5 stelle. Credevo che avrebbero potuto immettere nel circuito della politica corrente una spinta all’idealità, diventando un antidoto alla crisi di rappresentanza della democrazia liberale.
Quando si è accorta che sbagliava?
L’allarme è suonato quando ho visto che molti parlamentari erano incapaci di contestare la decisioni che venivano calate dall’alto, ai tempi in cui ancora Grillo impartiva ordini a destra e a sinistra. Quando poi è stato siglato l’accordo con la Lega, sono rimasta semplicemente esterrefatta. La delusione più cocente l’ho provata quando hanno votato sì a uno dei più grandi condoni che siano mai stai fatti, quello di Ischia. Lì le anime belle si sono rivelate per quello che veramente erano: delle anime brutte.
Non crede che si potesse capire già ieri ciò che le è così chiaro oggi?
Forse sì, un occhio politico più attento del mio avrebbe potuto capirlo. Per questo, nella vita, io mi occupo di filosofia.
E però si è spesa molto per un governo Pd-5 stelle.
Direi che mi sono spesa disperatamente per evitare la guerra tra due forze che avevano molti più valori in comune di quelli che erano disposti ad accettare.
Sarebbe ancora possibile, quell’accordo, dopo il governo 5 stelle-Lega?
I valori conservano sempre una trascendenza rispetto alla realtà concreta. Ecco perché la rigenerazione e la rinascita sono sempre possibili. Anche per i 5 stelle, dopo questa tremenda esperienza. Ma l’altro interlocutore, il PD, dove sarebbe?
È lì, con un nuovo segretario.
Le confesso che non ho ancora capito che idee abbia, Nicola Zingaretti.
Per questo non rifarebbe quell’appello?
Il punto non è questo o quell’accordo. Il punto è che tutte le persone hanno un’anima e un corpo, e sono pronte a seguire il meglio, oppure il peggio, a seconda di ciò che gli si offre. Se non gli si prospetta mai niente per cui valga la pensa esaltarsi, è logico che il populismo sarà più difficile da battere. E sarà un male.
Anche Salvini è il male?
Salvini non è il male in assoluto. Però funziona esattamente al contrario di ciò che suggerirebbe l’ideale. Comunica senza articolare un pensiero. Usa le più basse tecniche di comunicazione. Incarna perfettamente la degenerazione della democrazia in atto.
Perché allora ha così tanto consenso?
Questo non deve chiederlo a me.
Però se lo sarà chiesto, immagino.
Sì, certo, che me lo sono chiesto.
E che risposta si è data?
Che quando il circolo virtuoso di una democrazia si inverte, i molti, i più, smettono di accedere alla maturità morale – che è il fine del welfare e dell’istruzione. Ma una democrazia muore senza cittadini maturi, che capiscano cosa sono i valori universali. Gli umani vengono prima degli italiani.


08/08/16

"Lettera a Simone Weil sulla primavera, l'attenzione e la Grazia" di Roberta de Monticelli



LETTERA A SIMONE WEIL SULLA PRIMAVERA, L'ATTENZIONE E LA GRAZIA

di Roberta De Monticelli

Premessa. Molti ricordano la bellissima apertura della poesia La porta :

Ouvrez donc la porte, et nous verrons les vergers 

Io ho immaginato che quella porta sbarrata – il mondo stesso, secondo una pagina weiliana – si trovasse qui, e che qui avvenisse il nostro incontro. 

Solo, lei oltre quella porta, oltre il muro che ho sognato correre tutto intorno a questo giardino – e io al di qua della porta e del muro. 

E mentre mi studiavo invano di articolare in poche frasi le mille domande che ora, in sogno, finalmente mi era dato farle, un ritmo che non ha la luce del suo verso ma forse appena un po’ dell’aria di questa primavera, mi ha presa per mano, e mi ha aiutato a rompere il ghiaccio, cominciando con una piccola canzone. 

Quando il verde nuovissimo respira
e primavera oscilla alta sui muri 
che cingono il giardino, 
e l’aria è pura luce di vento, 
amica ardua di grazia, 
noi parliamo camminando 
lungo il muro dalla curva dolcissima, 
che gira cerchia su cerchia, intorno a dove sei : 
tu – dentro, oltre la porta, io qui fuori, 
lungo questo marciapiede 
dove i miei passi 
hanno un suono d’argento 
come le tue parole, anima viva : 
tu – già fuori dal tempo, io camminando ancora ; 
di qua e di là dal muro, 
fianco a fianco eppure tu nel vero 
e io nel mezzo, la faccia al futuro. 

Tu, amica, fosti accolta oltre la porta chiusa del mondo. 
Antica Kore rapita a primavera, tu sei morta : 
eppure batte così forte il cuore oltre la porta chiusa, 
così alta si leva la parola ch’io non so più 
chi sia il dio rapace e l’anima rapita 
- così alta si leva e così nera che più non so 
se sia orma, ombra, o ala. 
Ascolto, e non so quanto mi separa dal tuo profilo bruno : 
sette cerchia di mura 
o questa lama questa ferita tua vicina al sole.[1] 

Quando il verde nuovissimo respira 
e primavera oscilla alta sui muri 
che circondano dio ascolto 
e attendo anch’io, signora, maestra d’armi, pulzella e guerriera : 
attendo fuori dalla porta chiusa 
l’ultima fioritura 
- la grazia del tuo riso di ragazza. 

Non è per nulla facile, Simone, « far buon uso » - come diresti tu – di questo po’ di carta bianca che mi è concessa per discorrere con te

In questa sorta di piccolo Eliso dove ti immagino ospite, almeno a primavera – se anche l’eternità, come spero, ha le sue stagioni. Non è facile, ancora meno che «far buon uso » del silenzio, al quale per sua vocazione la tua parola ci affida, al quale anzi la tua lingua mirabile ci apre, letteralmente, fendendoci la mente come una spada affilatissima. 

Non è facile parlare di te, ma soprattutto non è facile parlarti. Non solo perché si preferirebbe continuare ad ascoltarti, con larghe orecchie bianche come pagine. Ma perché con le tue parole è come se sprofondasse in noi, tratto a fondo da loro, quell’io che viene in superficie precisamente nell’atto presente di enunciarsi, nell’atto di parola. 

In questo senso è come se le tue parole non ammettessero replica o risposta, perché tu subito scompari da loro e inviti a scomparire l’io che le accoglie. 

Parlare è voler dire, dunque volere, e agire : rinunciare all’attesa e all’attenzione. Parlare è apparire. E’ ricrearsi, non « decrearsi ». Di più. Conversare è forse per sua essenza cercare un legame – fra il tu e l’io, fra l’io e il fondo, fra il presente e il vero, fra il tempo e l’eterno. Conversare è cercare una connivenza fra tutte queste cose…. Ma a me pare che la tua parola sia venuta per dividere, come una spada, tutte queste cose

L’io penso e il fondo, il presente e il vero, il tempo e l’eterno. Più in generale, a me pare, la tua parola è una spada che divide l’apparenza dall’essenza, il fenomeno dalla realtà. 

Tu stessa lo dici da qualche parte. E’ questa, in definitiva, l’opera di verità propria di quello che tu chiami malheur. La cognizione del dolore – non trovo approssimazione migliore al senso di quella parola – consiste in questo acquisto di realtà a spese dell’apparenza, che ne viene strappata via, pura illusione

« L’apparence colle à l’être et seule la douleur peut les arracher l’une de l’autre », dici.

 Ecco, la tua parola in questo imita il dolore. E’ in qualche modo dolore che parla, pure splendendo come fa una spada. E’ tranchante, taglia il fiato a ogni risposta – e anche solo alla speranza che si fa domanda. E’ l’arma prima del distacco : divide l’anima dalla sua voce, e invita all’esercizio del silenzio. Perciò è così difficile, Simone, replicare a quello che tu dici. Eppure. 




Questo testo è stato pubblicato per la prima volta da : Lorenzo Gobbi. PUBBLICATO DA LORENZO GOBBIWWW.LATTENZIONE.BLOG.COM 

29/05/11

Hic iacet - Le parole della soglia - 2


In epoca romana le iscrizioni erano privilegio delle classi patrizie, certo. I poveri, gli schiavi, morivano ‘senza nome’ e ‘senza parole ‘. Anche in questo vi era una pretesa di determinazione di classe tra chi lo spirito lo aveva, e poteva trasmetterlo, potendo continuare a vivere nella comunità dei vivi, attraverso le parole, e chi aveva negata questa possibilità, essendo ritenuto di classe – e di spirito – inferiore.

Queste iscrizioni, quelle numerosissime un tempo che si leggevano per esempio lungo la via Appia, continuano a riportarci ancora oggi, quando noi passanti di duemila anni dopo ci imbattiamo, il dolore, il rimpianto, lo stile di vita, lo scherzo persino nella morte, qualcosa di ineffabile, e allo stesso tempo di molto concreto, che riguarda quel luogo della morte.

Gli esempi sono tanti, e bellissimi.

Ne citiamo qualcuno:

• L’iscrizione a un tale Sesto Perpenna Fermo:

ho vissuto come ho voluto: per quale ragione sia morto, lo ignoro.
( vixi quaedammodum voluit; quare mortuus sum, nescio )

19/02/11

La caccia ai moralisti stravolge perfino il Vangelo. Roberta de Monticelli.


Mi capita in questo periodo - ma non credo di essere il solo - di provare sgomento.

Di fronte alla evidenza e alla rilevanza di quella che viene chiamata 'questione morale' nel nostro paese, resto sbigottito dalla mancanza di serietà delle argomentazioni, dalla malafede, e dal puro stravolgimento strumentale che viene fatto di quei valori condivisi - se non altro 'teoricamente' - che dovrebbero far parte di una tradizione millenaria del nostro paese.

Sembra che abbiamo smarrito, tutti, anche le più semplici coordinate. Così, il pensiero comune sembra ora aver trovato una nuova bandiera sotto la quale riunirsi, che è quella della "caccia al moralista", laddove 'moralista' è ormai usato come un insulto per definire una persona 'morale'.

Ma non è tanto l'equiparazione - interessata e subdola - tra moralista e morale ad indignarmi. Mi indigna, come detto, la lettura distorta, meschina, proterva, che si fa perfino dei fondamenti della vita cristiana, di quei 'valori' discendenti direttamente dai detti di Gesù Cristo nei Vangeli.

Così, con un certo sollievo, ho trovato nell'ultimo libro di Roberta De Monticelli - 'La Questione Morale', edito da Raffaello Cortina Editore, ed uscito da pochi giorni - un passo che riassume perfettamente questo mio sconcerto (e quello di molti altri, credo) e i termini del problema, riguardo a peccato e peccatore, a giudizio e morale, al celebre episodio dell'adultera, e all'uso davvero sconfortante, vorrei dire abietto, che per fini autogiustificativi (cioè giustificativi dei propri comportamenti e delle proprie scelte e opzioni politiche) si fa perfino di un detto evangelico. Ecco il passo, che riporto nella sua interezza.

"Da noi il 'precetto evangelico "chi è senza peccato scagli la prima pietra" è inteso come chiamata di correo, e la chiamata di correo come giustificazione del reo. Insomma vuol dire: "Così fan tutti." Ma vuol dire anche - conclusione assurda - "e perciò va bene così".

Interpretare a questo modo il detto evangelico, vuol dir, né più né meno, richiamare il contraddittore alla legge dell'omertà. Se faccio schifo io, fai schifo anche tu, e dunque ti conviene stare zitto.

L'omertà sta al servilismo come la viltà sta alla prepotenza, e queste quattro belle virtù qualificano precisamente l'esistenza gregaria, che si potenzia nel 'noi' e rifugge certamente da ogni presa di posizione personale, da ogni assunzione di responsabilità, delle proprie opinioni o delle proprie azioni."