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01/11/21

L'uomo è una creatura assurda - Dostoevskij





L'uomo è creatura avventata ed assurda, e forse a lui come al giocatore di scacchi interessa soltanto il processo di raggiungimento dello scopo, non già lo scopo stesso. 

E chissà forse lo scopo a cui tende l'umanità consiste unicamente nel mantenere ininterrotto questo processo di raggiungimento, in altre parole è la vita medesima, e non propriamente la meta da raggiungere. 

La quale meta non può essere altro che il due più due quattro, ossia una formula, ma questo due più due quattro non è più la vita, signori, bensì, il principio della morte.

L'uomo ha sempre avuto paura di questo due più due quattro. Poniamo anche che l'uomo non faccia altro che cercare questo due più due quattro, e solchi gli oceani e sacrifichi la vita in tale ricerca, ma trovarlo poi di fatto, vero Iddio, ne ha paura.

E invero sente che quando lo avesse trovato non gli rimarrebbe più nulla da cercare.
Si rivela in lui, ogni volta che raggiunge uno scopo, come un senso di disagio.
Darsi da fare per raggiungere uno scopo gli piace, sì, ma raggiungerlo poi per nulla e questo è, s'intende, un fatto terribilmente comico.

E' noto che molti amatori del genere umano, prima o poi verso la fine della loro vita mutarono registro, facendosi protagonisti di qualche storia, dite pure, talvolta delle più scandalose.

Rovesciate su un uomo, rovesciategli anche addosso tutti i beni terreni, immergetelo fino ai capelli nella felicità, tanto che alla superficie della felicità, come da un'acqua, non affiorino che bolle d'aria; dategli anche tale prosperità economica che non gli resti nient'altro da fare se non dormire, mangiar pampepato e provvedere a che la storia universale non abbia a finire lì;

E anche allora lui, l'uomo, anche allora, per mera sconoscenza, per mera monellaggine, farà qualche porcheria. Rischierà perfino il pampepato e a bella posta desidererà la più rovinosa sciocchezza, l'assurdità più antieconomica, unicamente per mescolare a tanta positiva saggezza il proprio pernicioso elemento fantastico.
Vorrà tenersi le sue fantasticherie e la sua indegna stupidaggine appunto e unicamente per dimostrare a se stesso che gli uomini son sempre uomini.

Fedor Dostoevskij - Ricordi dal Sottosuolo - circa 1864.

25/09/12

Dostoevskij - il primo shock emotivo/culturale della mia (giovane) vita.




Voglio raccontarvi la prima vera illuminazione della mia vita. Avevo 15 anni, ero un ragazzo qualsiasi, proveniente da una famiglia operaia, frequentavo il secondo Liceo scientifico.  

Una professoressa particolarmente illuminata, o forse solo il caso - non ricordo bene i dettagli - decise di portare una scolaresca di immaturi foruncolosi a teatro. 

Fu scelto il Teatro Centrale, a Roma, vicino Piazza del Gesù.  Giorgio Albertazzi metteva in scena 'Uomo del sottosuolo', tratto da Ricordi dal sottosuolo romanzo scritto da Fedor Dostoevskij nel 1864.

Non era la prima volta che vedevo un nudo femminile integrale a teatro. L'anno prima, nella palestra del Liceo Castelnuovo, che frequentavo all'epoca, si erano esibiti, durante la settimana autogestita degli studenti, i ballerini del Living Theatre.

Poco o nulla accadde su quella scena, abitata semplicemente da un grande letto matrimoniale disfatto, dal protagonista avvolto in un camicione bianco e da Liza, la prostituta sedotta - con la illusione di cambiarle la vita - dal protagonista, che successivamente la umilierà nel peggiore dei modi.

Non so ricostruire il perché e il come, ma l'assistere a quello spettacolo fu per me - che ne parlo a tanti anni di distanza - una iniziazione, l'entrare cioè in un mondo sconosciuto: che era appunto me stesso.

Tornato a casa, provai una sensazione di malessere fisico. Una crisi profonda che mi impedì anche solo di parlare per tre giorni.  L'unica cosa che mi riuscì di fare fu di riempire un vecchio diario di pensieri sconnessi, quelli che sentivo emergere da una profondità remota e forse preesistente che mi abitava e della quale non ero mai stato cosciente.

Visto a ritroso, posso dire oggi che quello fu ufficialmente il mio ingresso nell'età adulta: un ingresso doloroso, fatto di consapevolezza e di dolore (soprattutto di dolore fisico, in ogni angolo del mio corpo), di raggiungimento di nuovi strati sconosciuti interiori che mi attraevano e mi spaventavano.

Fu l'ispirazione per prendere in mano Delitto e Castigo. E poi, uno dopo l'altro, tutti i grandi romanzi di D. che nella lettura e rilettura hanno segnato i momenti significativi della mia vita e della mia crescita.

Dostoevskij mi insegnò la brutalità e la sublime bellezza della profondità umana, di ogni profondità umana, anche della più apparentemente meschina. Mi insegnò che in ogni uomo vi è un abisso, popolato di tetri fantasmi che neanche lui conosce e che spesso decidono della sua vita, e mi insegnò che la bellezza salva, o può salvare, se si è capaci di affrontare con pienezza la vita, attraversandone l'ombra e non lasciandosene travolgere e sopraffare per sempre.

E' quello che ho cercato di fare, faticosamente,  nel mio percorso di vita, fin qua.



foto originale di Uomo del Sottosuolo di e con Giorgio Albertazzi - foto l'Unità.