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25/09/13

Dieci grandi anime - 1. Dag Hammarskjold (1./)





1. (Dieci grandi anime) - Dag Hammarskjold (1) 

Chiedo l’assurdo:  che la vita abbia un senso.
    Così scriveva nel 1952, nel suo diario intimo, Dag Hammarskjold.  La sua vita breve volgeva già al termine. Altri nove anni, poi in una notte  di settembre del 1961 – tra il 17 e il 18 – l’aereo che lo trasporta per una nuova missione di pace per risolvere la drammatica crisi congolese, nel cuore della martoriata Africa, e che è partito nella serata da Leopoldville, si schianta a Ndola, nello Zambia.
     Hammarskjold muore, la notizia fa il giro del mondo.  E’ morto un operatore di pace, un grande uomo.  Un uomo, che come disse John Steinbeck, faceva tutto per passione.
     E come è immancabile quando a morire è un uomo politico, specie se questo uomo è un grande diplomatico, anzi, un Segretario Generale delle Nazioni Unite, le “notizie sulla morte” sono imprecise, sospette, lacunose, piene di oscurità: è stato un attentato ?  Quasi certamente, ma non si saprà mai con precisione. Gli uffici istruttori nell’ex Africa coloniale, nei primi anni ’60 sono tutt’altro che preparati per una evenienza del genere.
Poco importa: l’oscurità della morte di Hammarskjold diventa, in poco tempo luce.  Due fatti, principalmente. Appena due mesi dopo la morte l’Accademia di Svezia concede all’unanimità il Premio Nobel per la Pace alla memoria del grand’uomo svedese.  Quasi contemporaneamente, nell’appartamento abitato a New York da Hammarskjold, vengono ritrovate alcune carte, tra cui un diario minutamente e ordinatamente segnato, con brevi riflessioni riportate anno dopo anno, dal 1925 al 1961.   Insieme al diario c’è una lettera, indirizzata ad un caro amico, Leif Belfrage.       Hammarskjold gli ricorda che qualche volta ha accennato a questo diario, gli scrive che vorrebbe che sia lui ad occuparsene, in vista di una possibile pubblicazione.  
      Se trovi che valga la pena di pubblicare le mie note, scrive nella lettera, ti autorizzo a farlo, come una specie di “libro bianco”, sul mio negoziato con me stesso… e con Dio.
     La parola ‘negoziato’ per un diplomatico, non può essere un caso.
     Cosa intendeva Hammarskjold con “negoziato” ?  Perché sentì l’esigenza di intavolare questa trattativa con Dio ?  Chi era, in definitiva, questo uomo che le fotografie d’epoca ci mostrano distinto ed elegante, gli occhi azzurri, l’onda dei capelli biondastri sull’alta fronte, lo sguardo luminoso e buono ? Cosa sappiamo di lui ?
     Gli archivi del Palazzo di Vetro dell’ONU dispongono di montagne di documentazione sul lavoro e sulla frenetica attività diplomatica del terzo segretario dell’ONU (1). Ma certamente per chi oggi voglia conoscere qualcosa dell’uomo Hammarskjold assai più significative di quelle cataste di documenti, appaiono essere le poco più di duecento pagine del ‘Diario’ intimo, tradotto in tutto il mondo con diversi titoli (2).       (-segue 1./). 

Fabrizio Falconi © - proprietà riservata


1.      Dag Hammarskjold (1905-1961) fu il terzo Segretario Generale delle Nazioni Unite – che furono fondate il 24 ottobre 1945 -  dopo il britannico Sir Gladwyn Jebb (1945-46) e il norvegese Tryvge Lie (1946-1952).       2.     In Italia i diari di Hammarskjold sono pubblicati con il titolo Tracce di cammino da Qiqajon – Comunità di Bose, 1992, a cura di Guido Dotti. A questa edizione si è fatto riferimento per le citazioni riportate nel testo.