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05/12/19

La Culla di Gesù torna a Betlemme - Storia di una reliquia antichissima.




Ha raggiunto Betlemme, in concomitanza con le celebrazioni per l'inizio dell'Avvento, la reliquia della Sacra Culla donata da papa Francesco alla Custodia di Terrasanta

Secondo la tradizione si tratta di assi di legno prese dalla mangiatoia che fece da culla al neonato Gesu', finora custodite nella Basilica romana di Santa Maria Maggiore tanto cara a Papa Bergoglio. 

Ultima tappa, la Chiesa francescana di Santa Caterina - riferisce Vatican News -, adiacente la Basilica della Nativita' a Betlemme. 

Si e' concluso qui, il viaggio della reliquia donata da san Sofronio, patriarca di Gerusalemme, a papa Teodoro I (642-649) e conservata finora in una cappella sotterranea della Basilica liberiana a Roma. 

Una piccola parte di quella che, secondo la tradizione, fu la mangiatoia di legno dove nacque il piccolo Gesu' e' tornata dunque attraverso il Mediterraneo al luogo natio, Betlemme, affidata ai frati minori della Custodia di Terra Santa. 

Tutto e' iniziato per volere del Papa, quando lo scorso 22 novembre, durante un rito presieduto a Roma dal cardinale Stanislaw Rylko, arciprete di Santa Maria Maggiore, alcuni incaricati dei Musei vaticani hanno aperto l'urna posta sull'altare della cappella ipogea dedicata alla Culla e hanno tratto un frammento inserendolo nel reliquiario.

Prima, l'arrivo a Gerusalemme, presso il Centro Notre Dame, accompagnato da una messa presieduta dal nunzio apostolico in Israele e Cipro, delegato apostolico in Gerusalemme e Palestina monsignor Leopoldo Girelli, nella cappella intitolata a Nostra Signora della Pace, in cui anche i fedeli hanno potuto venerare la reliquia. 

Nel pomeriggio - secondo quanto riporta il sito della Custodia - i francescani hanno raggiunto il Centro Notre Dame per la consegna. Mons. Girelli ha tra l'altro dato lettura della lettera che il card. Rylko ha indirizzato al Custode di Terra Santa Francesco Patton, con la ricostruzione storica del valore del dono delle reliquie per la Basilica romana che papa Gregorio III fece Santuario, non solo della Madre di Dio ma anche della Nativita'. 

"Papa Francesco accompagna questo dono con la sua benedizione", recita la lettera, "e col fervido augurio che la venerazione di questa insigne reliquia apra il cuore di tanti uomini e donne, adulti e giovani, anziani e bambini, ad accogliere con rinnovato fervore di fede e di amore il mistero che ha cambiato il corso della storia". 

Il Papa augura, in particolare, "che il messaggio di pace annunciato dagli angeli la notte di Natale agli uomini amati da Dio, che da duemila anni risuona da Betlemme, porti il dono di pace e riconciliazione di cui il nostro mondo ha sempre grande bisogno". 

Dopo la lettura, la consegna della Reliquia al Padre Custode: "non ci limiteremo a Custodire questa Reliquia", ha detto, "ma faremo in modo che rappresenti la Chiesa in uscita e che essa porti la gioia del Vangelo, pellegrinando tra le varie comunita' cristiane di Terra Santa per ravvivare la fede in Gesu'". Poi il trasferimento in processione alla chiesa di San Salvatore, presso la sede centrale della Custodia di Terra Santa, per la celebrazione dei Vespri solenni.

05/04/19

La Scala Santa a Roma torna nello stato originario, visibile per due mesi.



La Scala Santa sara' visibile al pubblico, per un periodo nel suo stato originario. 

L'apertura straordinaria della Scala Santa, priva della protezione lignea voluta da Papa Innocenzo XIII nel 1723, avverra' giovedi' 11 aprile e sara' visibile per la durata di sessanta giorni fino a Pentecoste (9 giugno 2019).

Il restauro del complesso degli affreschi della Scala Santa e' eseguito dai Musei Vaticani con il sostegno dei Patrons of theArts in the Vatican Museums

La Scala Santa e' composta da 28 gradini di marmo portati a Roma, secondo una tradizione medievale, nel 326 da Sant'Elena, madre di Costantino, la quale l'avrebbe prelevata dal palazzo di Pilato, a Gerusalemme. La scala sarebbe stata discesa da Gesù nel giorno in cui fu condannato a morte.

Fonte ANSA

13/03/19

La testa di San Giovanni Battista nella chiesa di San Silvestro in Capite in Piazza San Silvestro a Roma.


La testa di San Giovanni Battista nella chiesa di San Silvestro in Capite in Piazza San Silvestro a Roma

Destò interesse qualche tempo fa la notizia che la chiesa di San Giovanni Battista, una delle chiese cattoliche costruite all’inizio del XIX secolo in uno dei luoghi di maggiore tradizione storica in Russia era stata restituita ai cattolici a più di 50 anni di distanza dalla sua confisca ad opera del potere sovietico.

Il tempio è situato nel paese del poeta Alexander Pushkin – Tsarskoe Selo, com’era chiamato in passato – nel nord-est della Russia, a pochi chilometri da San Pietroburgo.

L’inizio della costruzione della chiesa di San Giovanni Battista risaliva al 1823 per ordine dello zar Alessandro I, poiché la chiesa di legno che esisteva a Tsarskoe Selo era diventata troppo piccola per accogliere i fedeli. Dopo l’arresto del parroco ai tempi dell’Unione Sovietica, con pressioni politiche coloro che si trovavano sotto la sua responsabilità, come in molti altri casi, vennero obbligati a firmare un documento in cui si dichiaravano impossibilitati a riparare la chiesa e a pagare allo Stato le imposte corrispondenti all’immobile.

Curiosamente, la restituzione della chiesa di San Giovanni Battista alla comunità cattolica coincideva con la visita in Russia, nel luglio del 2006, di alcune reliquie considerate, secondo la tradizione, i resti della mano destra di colui che battezzò Gesù nel Giordano.

In quella occasione, i giornali russi riferirono delle incredibili file di fedeli che si erano ammassate, per vedere le famose reliquie del Battista, che mancavano in Russia da tanto tempo.

Alla luce di queste notizie provenienti dall’Oriente Europeo, faceva ancora più impressione considerare il fatto che a Roma si veneri da tempo immemorabile – certamente non con lo stesso seguito di fedeli registrato in Russia - quella che è considerata la testa del Battista, esposta in bella mostra in una piccola chiesa centralissima: San Silvestro in Capite, in Piazza San Silvestro.

La reliquia si riferisce ovviamente ad uno degli episodi evangelici più famosi, il martirio di San Giovanni Battista, cioè del Precursore di Gesù Cristo, episodio reso immortale dalle numerose riproduzioni nella storia dell'Arte, tra i quali spicca la tela di Caravaggio conservata al Palazzo Reale di Madrid che ritrae con particolari del tutto verosimili la decapitazione voluta dalla perfida Salomè, figlia di Erode.


La tradizione dunque vuole che proprio questa stessa testa del Battista sia conservata a Roma, in una delle sue chiese più centrali.

La preziosa reliquia, la testa mummificata è custodita in un piccolo e prezioso altare nella Chiesa di S. Silvestro in capite  (il nome deriva da questo), nella cappella dell’Addoloratain un reliquiario del 1391, contenuto a sua volta in un altro, cuspidato, del 1881.

La Chiesa sorge - come altre del Rione - su un tempio più antico pagano, in questo caso il Tempio del Sole, sopra il quale fu edificata una prima chiesa paleocristiana dal papa Stefano II, chiamata inter duos hortos, perché era circondata da orti.

La reliquia, pervenuta a Roma durante il pontificato di Innocenzo II (1130-1143) era tra le più venerate in città e veniva portata ogni anno in processione da quattro arcivescovi (la tradizione durò fino al 1411), sorvegliata costantemente nella chiesa da soldati armati.

Nel 1238 papa Martino IV la ripose in un reliquiario d’argento che Bonifacio VIII decorò con una tiara preziosa andata perduta, rubata purtroppo nel corso del Sacco di Roma del 1527.

La testa del Battista si salvò e continuò a restare al suo posto, fino al 1870 quando fu temporaneamente custodita in Vaticano, per poi essere restituita alla chiesa nel 1904.

La disputa sulla veridicità della preziosa reliquia ha impegnato a lungo gli studiosi.  Ma a dimostrazione del fatto che non si tratta di pura leggenda, sono di estrema rilevanza i monumentali studi compiuti dallo Iozzi  che in una sua pubblicazione confutò una reliquia simile posseduta dalla cattedrale d'Amiens, in Francia e stabilì la veridicità di quella romana.

Nel corso poi di un’altra ricognizione  della reliquia effettuata nel 1962 si riscontrò  la presenza di stoffa risalente con ogni probabilità all'ottavo secolo e si trovarono due monete del XII secolo.


Fabrizio Falconi
tratto da:
MISTERI E SEGRETI DEI RIONI E DEI QUARTIERI DI ROMA 
Newton Compton Editore
Roma, 2014-2017

26/12/16

Chi era Stefano - Il protomartire cristiano e la storia delle reliquie.




La celebrazione liturgica di s. Stefano è stata da sempre fissata al 26 dicembre, subito dopo il Natale, perché nei giorni seguenti alla manifestazione del Figlio di Dio, furono posti i comites Christi, cioè i più vicini nel suo percorso terreno e primi a renderne testimonianza con il martirio. 

Così al 26 dicembre c’è s. Stefano primo martire della cristianità, segue al 27 s. Giovanni Evangelista, il prediletto da Gesù, autore del Vangelo dell’amore, poi il 28 i ss. Innocenti, bambini uccisi da Erode con la speranza di eliminare anche il Bambino di Betlemme; secoli addietro anche la celebrazione di s. Pietro e s. Paolo apostoli, capitava nella settimana dopo il Natale, venendo poi trasferita al 29 giugno. 

Di s. Stefano, si ignora la provenienza, si suppone che fosse greco, in quel tempo Gerusalemme era un crocevia di tante popolazioni, con lingue, costumi e religioni diverse; il nome Stefano in greco ha il significato di “coronato”

Si è pensato anche che fosse un ebreo educato nella cultura ellenistica; certamente fu uno dei primi giudei a diventare cristiani e che prese a seguire gli Apostoli e visto la sua cultura, saggezza e fede genuina, divenne anche il primo dei diaconi di Gerusalemme

Gli Atti degli Apostoli, ai capitoli 6 e 7 narrano gli ultimi suoi giorni; qualche tempo dopo la Pentecoste, il numero dei discepoli andò sempre più aumentando e sorsero anche dei dissidi fra gli ebrei di lingua greca e quelli di lingua ebraica

I dodici Apostoli allora riunirono i discepoli e vennero eletti, Stefano uomo pieno di fede e Spirito Santo, Filippo, Procoro, Nicanore, Timone, Parmenas, Nicola di Antiochia; a tutti, gli Apostoli imposero le mani; la Chiesa ha visto in questo atto l’istituzione del ministero diaconale. 

La tradizione dice che Stefano compiva grandi prodigi tra il popolo, non limitandosi al lavoro amministrativo ma attivo anche nella predicazione, soprattutto fra gli ebrei della diaspora, che passavano per la città santa di Gerusalemme e che egli convertiva alla fede in Gesù crocifisso e risorto. 

Nel 33 o 34 ca., gli ebrei ellenistici vedendo il gran numero di convertiti, sobillarono il popolo e accusarono Stefano di “pronunziare espressioni blasfeme contro Mosè e contro Dio”. 

Gli anziani e gli scribi lo catturarono trascinandolo davanti al Sinedrio e con falsi testimoni fu accusato: “Costui non cessa di proferire parole contro questo luogo sacro e contro la legge. Lo abbiamo udito dichiarare che Gesù il Nazareno, distruggerà questo luogo e cambierà le usanze che Mosè ci ha tramandato”. E alla domanda del Sommo Sacerdote “Le cose stanno proprio così?”, il diacono Stefano pronunziò un lungo discorso, il più lungo degli ‘Atti degli Apostoli’, in cui ripercorse la Sacra Scrittura dove si testimoniava che il Signore aveva preparato per mezzo dei patriarchi e profeti, l’avvento del Giusto, ma gli Ebrei avevano risposto sempre con durezza di cuore. 

Fu il colmo, elevando grida altissime e turandosi gli orecchi, i presenti si scagliarono su di lui e a strattoni lo trascinarono fuori dalle mura della città e presero a lapidarlo con pietre, i loro mantelli furono deposti ai piedi di un giovane di nome Saulo (il futuro Apostolo delle Genti, s. Paolo), che assisteva all’esecuzione

In realtà non fu un’esecuzione, in quanto il Sinedrio non aveva la facoltà di emettere condanne a morte, ma non fu in grado nemmeno di emettere una sentenza in quanto Stefano fu trascinato fuori dal furore del popolo, quindi si trattò di un linciaggio incontrollato. 

Gli Atti degli Apostoli dicono che persone pie lo seppellirono, non lasciandolo in preda alle bestie selvagge, com’era consuetudine allora; mentre nella città di Gerusalemme si scatenò una violenta persecuzione contro i cristiani, comandata da Saulo

Dopo la morte di Stefano, la storia delle sue reliquie entrò nella leggenda; il 3 dicembre 415 un sacerdote di nome Luciano di Kefar-Gamba, ebbe in sogno l’apparizione di un venerabile vecchio in abiti liturgici, con una lunga barba bianca e con in mano una bacchetta d’oro con la quale lo toccò chiamandolo tre volte per nome. 

Gli svelò che lui e i suoi compagni erano dispiaciuti perché sepolti senza onore, che volevano essere sistemati in un luogo più decoroso e dato un culto alle loro reliquie e certamente Dio avrebbe salvato il mondo destinato alla distruzione per i troppi peccati commessi dagli uomini. 

Il prete Luciano domandò chi fosse e il vecchio rispose di essere il dotto Gamaliele che istruì s. Paolo, i compagni erano il protomartire s. Stefano che lui aveva seppellito nel suo giardino, san Nicodemo suo discepolo, seppellito accanto a s. Stefano e s. Abiba suo figlio seppellito vicino a Nicodemo; anche lui si trovava seppellito nel giardino vicino ai tre santi, come da suo desiderio testamentario. 

Infine indicò il luogo della sepoltura collettiva; con l’accordo del vescovo di Gerusalemme, si iniziò lo scavo con il ritrovamento delle reliquie. 

La notizia destò stupore nel mondo cristiano, ormai in piena affermazione, dopo la libertà di culto sancita dall’imperatore Costantino un secolo prima. 

Da qui iniziò la diffusione delle reliquie di s. Stefano per il mondo conosciuto di allora, una piccola parte fu lasciata al prete Luciano, che a sua volta le regalò a vari amici, il resto fu traslato il 26 dicembre 415 nella chiesa di Sion a Gerusalemme. 

Molti miracoli avvennero con il solo toccarle, addirittura con la polvere della sua tomba; poi la maggior parte delle reliquie furono razziate dai crociati nel XIII secolo, cosicché ne arrivarono effettivamente parecchie in Europa, sebbene non si sia riusciti a identificarle dai tanti falsi proliferati nel tempo, a Venezia, Costantinopoli, Napoli, Besançon, Ancona, Ravenna, ma soprattutto a Roma, dove si pensi, nel XVIII secolo si veneravano il cranio nella Basilica di S. Paolo fuori le Mura, un braccio a S. Ivo alla Sapienza, un secondo braccio a S. Luigi dei Francesi, un terzo braccio a Santa Cecilia; inoltre quasi un corpo intero nella basilica di S. Lorenzo fuori le Mura. 

La proliferazione delle reliquie, testimonia il grande culto tributato in tutta la cristianità al protomartire santo Stefano, già veneratissimo prima ancora del ritrovamento delle reliquie nel 415. 

Chiese, basiliche e cappelle in suo onore sorsero dappertutto, solo a Roma se ne contavano una trentina, delle quali la più celebre è quella di S. Stefano Rotondo al Celio, costruita nel V secolo da papa Simplicio

Ancora oggi in Italia vi sono ben 14 Comuni che portano il suo nome; nell’arte è stato sempre raffigurato indossando la ‘dalmatica’ la veste liturgica dei diaconi; suo attributo sono le pietre della lapidazione, per questo è invocato contro il mal di pietra, cioè i calcoli ed è il patrono dei tagliapietre e muratori.


La Basilica di Santo Stefano Rotondo al Celio, Roma