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26/03/21

Anniversario di Dante: Come morì esattamente l'Alighieri e cosa successe ai suoi resti mortali ?



La morte di Dante di Eugenio Moretti Larese


Giunto a Ravenna nel 1318 quando aveva 53 anni, gli ultimi 3 anni di vita di Dante Alighieri trascorsero relativamente tranquilli. Il poeta creò un cenacolo letterario frequentato dai figli Pietro e Jacopo e da alcuni giovani letterati locali, tra i quali Pieraccio Tedaldi e Giovanni Quirini. 

Per conto del signore di Ravenna Guido Novello da Polenta, svolse occasionali ambascerie politiche, come quella che lo condusse a Venezia. 

All'epoca, la città lagunare era in attrito con Guido Novello a causa di attacchi continui alle sue navi da parte delle galee ravennate e il doge, infuriato, si alleò con Forlì per muovere guerra a Guido Novello; questi, ben sapendo di non disporre dei mezzi necessari per fronteggiare tale invasione, chiese a Dante di intercedere per lui davanti al Senato veneziano. 

L'ambasceria di Dante sortì un buon effetto per la sicurezza di Ravenna, ma fu fatale al poeta che, di ritorno dalla città lagunare, contrasse la malaria mentre passava dalle paludose Valli di Comacchio. 

Le febbri portarono velocemente il poeta cinquantaseienne alla morte, che avvenne a Ravenna nella notte tra il 13 e il 14 settembre 1321. 

I funerali, in pompa magna, furono officiati nella chiesa di San Pier Maggiore (oggi San Francesco) a Ravenna, alla presenza delle massime autorità cittadine e dei figli. 

La morte improvvisa di Dante suscitò ampio rammarico nel mondo letterario. 

Dante trovò inizialmente sepoltura in un'urna di marmo posta nella chiesa ove si tennero i funerali. Quando la città di Ravenna passò poi sotto il controllo della Serenissima, il podestà Bernardo Bembo (padre del ben più celebre Pietro) ordinò all'architetto Pietro Lombardi, nel 1483, di realizzare un grande monumento che ornasse la tomba del poeta. 

Ritornata la città, al principio del XVI secolo, agli Stati della Chiesa, i legati pontifici trascurarono le sorti della tomba di Dante, la quale cadde presto in rovina. 

Fu il cardinale legato Luigi Valenti Gonzaga secoli dopo, a incaricare l'architetto Camillo Morigia, nel 1780, di progettare il tempietto neoclassico tuttora visibile. 

I resti mortali di Dante furono oggetto di diatribe tra i ravennati e i fiorentini già dopo qualche decennio la sua morte, quando l'autore della Commedia fu "riscoperto" dai suoi concittadini grazie alla propaganda operata da Boccaccio.  Se i fiorentini rivendicavano le spoglie in quanto concittadini dello scomparso (già nel 1429 il Comune richiese ai Da Polenta la restituzione dei resti), i ravennati volevano che rimanessero nel luogo dove il poeta morì, ritenendo che i fiorentini non si meritassero i resti di un uomo che avevano dispregiato in vita. 

Per sottrarre i resti del poeta a un possibile trafugamento da parte di Firenze (rischio divenuto concreto sotto i papi medicei Leone X e Clemente VII), i frati francescani tolsero le ossa dal sepolcro realizzato da Pietro Lombardi, nascondendole in un luogo segreto e rendendo poi, di fatto, il monumento del Morigia un cenotafio. 

Quando nel 1810 Napoleone ordinò la soppressione degli ordini religiosi, i frati, che di generazione in generazione si erano tramandati il luogo ove si trovavano i resti, decisero di nasconderle in una porta murata dell'attiguo oratorio del quadrarco di Braccioforte.

Le spoglie rimasero in quel luogo fino al 1865, allorché un muratore, intento a restaurare il convento in occasione del VI centenario della nascita del poeta, scoprì casualmente sotto una porta murata una piccola cassetta di legno, recante delle iscrizioni in latino a firma di un certo frate Antonio Santi (1677) le quali riportavano che nella scatola erano contenute le ossa di Dante. 

Effettivamente, all'interno della cassetta fu ritrovato uno scheletro pressoché integro; si provvide allora a riaprire l'urna nel tempietto del Morigia, che fu trovata vuota, fatte salve tre falangi, che risultarono combaciare con i resti rinvenuti sotto la porta murata, certificandone l'effettiva autenticità. 

La salma fu ricomposta, esposta per qualche mese in un'urna di cristallo e quindi ritumulata all'interno del tempietto del Morigia, in una cassa di noce protetta da un cofano di piombo. 

Nel sepolcro di Dante, sotto un piccolo altare si trova la celebre epigrafe in versi latini dettati da Bernardo da Canaccio per volere di Guido Novello, ma incisi soltanto nel 1357 che in italiano possono essere tradotti così: 

I diritti della monarchia, gli dei superni e la palude del Flegetonte visitando cantai finché volle il destino. Poiché però l'anima andò ospite in luoghi migliori, ed ancor più beata raggiunse tra le stelle il suo Creatore, qui sta racchiuso Dante, esule dalla patria terra, che generò Firenze, madre di poco amore.


07/12/20

L'epica impresa degli "Scariolanti romagnoli" che nel 1884 bonificarono la palude di Ostia infestata dalla Malaria.


Sono trascorsi 136 anni da quando, il 25 novembre 1884, arrivarono in 500 da Ravenna per bonificare Ostia e Fiumicino. Fuggivano dalla fame, dalla disoccupazione e dalla repressione poliziesca ma andavano incontro alla malaria.

Arrivarono in treno direttamente a Fiumicino, e a Roma quei romagnoli "anticlericali, sovversivi e accoltellatori" non li fecero neanche fermare.

Il loro primo contatto con la palude lo ebbero attraversando il Tevere sul traghetto "La Scafa" guidato da un vecchio, ribattezzato Caronte, che li mise in guardia:"Sull’altra riva c’è l’inferno".

E poi il custode del borgo di Ostia Antica, unico abitante del luogo, che giallo e febbricitante, spiegò loro:"Qui non vive nemmeno il diavolo".

Molti si spaventarono, ma vennero fermati da Baldini e Armuzzi che li esortarono:"Pensavate di andare all’osteria? Siete partiti da eroi e volete tornare da vigliacchi?".

Tanto bastò per farli rimanere e il lavoro cominciò con la costruzione del "Grande Canale dello Stagno" che oggi conosciamo come Canale dei Pescatori e con lo scavo di chilometri di canali.

Gli scariolanti romagnoli, oltre al duro lavoro di bonifica del territorio, portarono una civiltà: costruirono alloggi, l’infermeria e i locali comuni; tutti i soci prendevano una paga uguale e se uno di loro si fosse ammalato veniva pagato lo stesso.

Morirono in cento solo nel primo anno e al completamento del lavoro, dopo sette lunghi anni, il numero delle vittime della malaria salì fino a seicento.
Sono trascorsi 136 anni da quando la foce del Tevere si apriva in un delta palustre e deserto, 135 anni dall’epica impresa della bonifica di Ostia.




01/09/18

Torna "Ravenna per Dante" ! 3 mesi e 80 occasioni per riscoprire il divino poeta.



Ottanta appuntamenti gratuiti, 41 soggetti e 22 spazi coinvolti, in un periodo di tre mesi: numeri che continuano a crescere di anno in anno (70 gli eventi del 2017).

Tutto questo è 'Ravenna per Dante', rassegna promossa nella città dove il Sommo Poeta, esule da Firenze, trovò l'ultimo rifugio, probabilmente completò la Commedia e dove morì il 13 settembre 1321.

A organizzarla il Comune, insieme ad associazioni internazionali e realtà cittadine sia istituzionali che formate da appassionati e lettori.

Tra gli eventi più importanti, l'Annuale della morte (9 settembre), le Letture Classensi, le Conversazioni dantesche e la mostra 'L'ultimo Dante e il cenacolo ravennate.

Mostra di documenti dagli Archivi di Ravenna, Bologna, Pisa e Venezia', ospitata alla Biblioteca Classense e ricca di preziosi inediti (9 settembre-28 ottobre, inaugurazione sabato 8 settembre alle 17.30).

Il programma, sostenuto da Regione e Ibc, inizia il percorso celebrativo verso il 2021, settimo centenario della morte del Poeta.

FONTE: ANSA

13/07/18

Svelato (forse) l'incredibile mistero del "Papiro di Galeno".




Potrebbe essere del celebre medico dell'antichita' Galeno, il misterioso papiro con scrittura a specchio su entrambi i lati conservato in Svizzera all'Universita' di Basilea.

Composto in realtà da più fogli incollati fra loro a formare la rilegatura di un libro, sarebbe stato 'riciclato' nel Medioevo e trafugato alla fine del XV secolo dagli archivi dell'arcidiocesi di Ravenna, per poi finire nella collezione di Basilius Amerbach, docente e rettore dell'ateneo svizzero.

A risolvere il mistero sono stati i raggi ultravioletti e infrarossi usati nelle operazioni di restauro, che hanno permesso di separare i fogli e leggere il documento per la prima volta dopo 2.000 anni.

"Si tratta di una scoperta sensazionale", commenta Sabine Huebner, docente di storia antica all'Universita' di Basilea. "La maggior parte dei papiri sono documenti come lettere, contratti e ricevute. Questo invece e' un testo letterario, dotato di un valore decisamente superiore".

Le immagini prodotte ai raggi Uv e infrarossi dal Basel Digital Humanities Lab hanno infatti rivelato un testo di medicina inedito, risalente alla tarda antichità, "che descrive il fenomeno dell'apnea isterica: per questo pensiamo che possa essere un testo di Galeno, oppure un testo di commento ad un suo lavoro", precisa Huebner.

L'indizio chiave per risolvere il mistero e' arrivato dall'Italia: il papiro di Basilea presenta infatti molte similitudini con i famosi papiri di Ravenna conservati nella cancelleria dell'arcidiocesi, tra i quali ci sono anche numerosi manoscritti di Galeno che sono stati in seguito usati come palinsesti e riscritti. Allo stesso modo, anche il papiro di Basilea potrebbe rappresentare un caso di 'riciclo' medievale.

fonte: Ansa