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06/10/14

Teatro dell'Opera e i licenziamenti-skock. La profezia di Fellini (e la memoria corta di Dante Ferretti).




Si fa un grande uso di questi tempi dell'aggettivo profetico.

Si fa presto a dire profetico.

Eppure, se questo aggettivo deve essere usato per una volta con cognizione, lo dovrebbe per Prova d'Orchestra, che Fellini realizzò nel 1979. 

Un filmetto realizzato per la RAI di allora, che se rivisto oggi, proprio oggi alla luce di quanto sta succedendo al Teatro dell'Opera di Roma, con i licenziamenti collettivi-shock decisi dalla giunta Marino, lascia di stucco.  

Sulla vicenda è intervenuto ieri anche lo scenografo Dante Ferretti, tre volte premio Oscar, che di quel film realizzò gli scenari, in una intervista al Corriere della Sera, nella quale - fra l'altro - ricorda di come fu proprio lui a suggerire a Fellini l'idea della grande sfera d'acciaio per le demolizioni che nel tragico finale del film demolisce le pareti del Teatro, all'interno del quale gli orchestrali hanno litigato ferocemente, si sono ribellati al direttore d'orchestra e hanno distrutto tutto. 

Leggendo l'intervista però, sono rimasto molto sorpreso dalla inesattezza - o dalla mancanza di memoria - di Dante Ferretti, peraltro non corretta dall'estensore della intervista, il bravo Paolo Conti. 

Arriva infatti, alla fine della intervista, dopo che si è parlato del significato del film, che era per Fellini una metafora dell'Italia (di allora e di oggi), ingovernabile e anarchica, dove vige solo interesse e tornaconto personale e dove alla fine ci va sempre di mezzo l'innocente (A Federico piacque moltissimo l'idea della palla per le demolizioni, racconta Ferretti, volle che ci fosse una vittima, l'arpista che muore sotto le maceri. Il personaggio più mite e dolce),  Paolo Conti domanda a Ferretti:

Cosa spera che accada ora al Teatro dell'Opera di Roma ? 

Risponde Ferretti:

"Mi auguro che si ripeta la scena finale del film. Lì la sfera abbatte la parete, costringe tutti al silenzio e si riprende il lavoro seguendo il direttore d'orchestra. Oggi spero che tutti a Roma decidano di rimboccarsi le maniche e di lavorare per il bene del Teatro. Non credo ci siano alternative."

Credo che davvero l'interpretazione dell'apologo in questo modo, non renda onore al genio di Fellini. 

Ferretti infatti dimentica che il finale del film è piuttosto agghiacciante: dopo la demolizione e dopo lo shock e la morte dell'innocente, è vero infatti che gli orchestrali riprendono il lavoro - tra le macerie - seguendo il direttore d'orchestra. 

Ma nel frattempo, il direttore d'orchestra è diventato un tiranno. 

Il film si conclude con un pugno allo stomaco: appena conclusa la prova, il direttore, che è un tedesco, comincia a gridare sempre più forte, in modo isterico, in tedesco, lo schermo va a nero, e resta solo la voce fuori campo del direttore, distorta dalla rabbia autoritaria, che è sinistramente sovrapponibile a uno dei discorsi tenuti alle folle da Adolf Hitler negli undici anni del suo potere folle e sanguinario. 

Non è affatto, perciò un lieto fine. Gli orchestrali sono tornati al lavoro solo perché una forza più grande li ha spaventati, li ha sottomessi.  In pochi istanti sono diventati agnellini e sono ora disposti ad assecondare il direttore che verrà (se sarà un direttore buono o uno terribile e criminale, sarà la stessa cosa). 

Davvero non c'è da augurarsi un finale così per la penosa vicenda del Teatro dell'Opera di Roma - e per l'Italia tutta.   

Ci sarebbe bisogno di un finale come quello auspicato da Dante Ferretti. Che non è però quello descritto da Fellini, che forse conosceva gli italiani meglio di tutti. 


Il finale di Prova d'Orchestra

Fabrizio Falconi - riproduzione riservata.