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03/06/16

L'archivio di Proust aggiudicato a 1,2 milioni di Euro. Nelle carte anche la famosa foto "compromettente".






E' stato aggiudicato a 1,2 milioni di euro l'archivio del grande scrittore francese Marcel Proust, una cifra decisamente più alta del valore stimato dagli esperti tra i 520.000 e i 740.000 euro. 

Battuto all'asta da Sotheby's a Parigi, l'archivio contiene fotografie, lettere ad amici e amanti, manoscritti, alcuni dei quali inediti: un totale di 120 documenti. 

La collezione, passata prima al fratello di Marcel Proust, Robert, alla morte dello scrittore nel 1922, è stata messa in vendita dalla pronipote dell'autore di "Alla ricerca del tempo perduto", Patricia Mante-Proust, 41 anni. 

I pezzi forti sono un'edizione originale della prima parte della Recherche, "Dalla parte di Swann", e un insieme di bozze in parte corrette e manoscritte del secondo volume, "All'ombra delle fanciulle in fiore". 

Tra i documenti anche moltissime foto, tra cui il celebre autoritratto di Proust a 17 anni, autografato dal suo amico Lucien Daudet "à (s)on cher Marcel", con un'annotazione scritta a mano in latino. 

Un'altra immagine scattata nel 1896 da Otto Wegener, ritrae Lucien Daudet che guarda Marcel con sguardo languido e con un braccio sulla sua spalla. 

Nella foto compare anche Robert de Flers

Si sa che dopo le insistenze dei genitori Proust fu costretto a recuperare tutti gli esemplari della foto giudicata compromettente. 

Tra gli oggetti più carichi di emotività un lotto di lettere che Marcel Proust scrisse al padre che non riusciva a comprendere come si potesse fare della letteratura una professione. 

fonte afp - askanews 

30/03/15

Pamuk in Italia: "All'utopia preferisco la memoria."




Nobel Pamuk: "all'utopia preferisco la memoria". 

L'Autore agli Eventi letterari Monte Verita a Ascona (di Paolo Petroni) (ANSA) 

Si pensa al sociale e alla politica, da Tommaso Moro a Marx, quando si parla di utopia, "ma io, pur avendo avuto problemi di tipo politico, posso dirmi una persona felice, sono un ottimista che all'utopia preferisce la memoria", ha dichiarato Orhan Pamuk, aprendo gli Eventi letterari Monte Verita' (ad Ascona, in Svizzera), dedicati appunto al tema Utopia e memoria, con una conversazione con Joachim Sartorius (direttore artistico della manifestazione con Irene Bignardi e Paolo Mauri). 

Per il premio Nobel turco "l'umanita' ha prodotto 100 tonnellate di memoria a fronte di 100 grammi di utopia" e il suo intervento sui "Ricordi: la piu' potente arma della fantasia" ha spaziato da Darwin, "per sopravvivere bisogna avere memoria per ricordarsi dove trovare cibo e acqua, dove si nascondono i pericoli", a Proust con i suoi personaggi con la loro memoria involontaria; "il narratore mangia una petite madeleine e, senza rendersi conto, ricorda", messi a contrasto con i personaggi dei suoi romanzi che, secondo le parole dello stesso Pamuk, "hanno a che fare con una memoria volontaria, alla ricerca della vita perduta"

L'esempio che porta e' quello del romanzo 'Il museo dell'innocenza' (Ed Italiana, Einaudi2009), divenuto poi un vero e proprio museo a Istanbul, con gli oggetti citati nel libro accolti in apposite teche e trasformati in alcuni casi in opere d'arte. 

Ma il momento clou dell'intervento di Pamuk e' stato la lettura di un capitolo di questo romanzo, che lo stesso autore ha fatto, su richiesta del pubblico che aveva la traduzione in mano, nella lingua originale, il turco, riuscendo a comunicare comunque, al di la' delle parole, quel pathos e quelle emozioni del romanzo che solo gli autori sanno vivere e trasmettere proprio attraverso la scrittura. 

Gli Eventi letterari Monte Verita' sono andati in scena con incontri, letture e dibattiti sul tema 'Utopia e memoria', trattato dagli autori italiani Paolo Giordano e Paolo Di Stefano, dallo scrittore svizzero Thomas Hurlimann, dall'autrice Tere'zia Mora, dallo scrittore francese vincitore del premio Goncourt Jerome Ferrari, nonchè dall'autore e regista belga Jean-Philippe Toussaint. 

A questo si e' aggiunto per la prima volta al festival uno spazio per la danza, che, grazie a Rudolf von Laban e alle sue allieve, fu la forma d'arte piu' ricca di sviluppi tra quelle praticate dalla comunita' di utopisti al Monte Verita' ai primi del Novecento. A esibirsi la coreografa e ballerina Sasha Waltz, in scena insieme col batterista Robyn Schulkowsky al Teatro San Materno. 

Anche quest'anno, in occasione del festival, e' stato consegnato il Premio Enrico Filippini (giornalista culturale, editor e traduttore (1934- 1988), con cui si intende onorare le persone che lavorano dietro le quinte delle case editrici e dei giornali.

Dopo Bernard Comment (2013) e Klaus Wagenbach (2014), nel 2015 questo riconoscimento e' stato attribuito alla traduttrice e operatrice culturale italiana Renata Colorni, traduttrice storica di Sigmund Freud e di Thomas Mann e editor dei Meridiani Mondadori. 

La laudatio della vincitrice e' stata tenuta dallo scrittore Claudio Magris. 

04/02/12

Riapre il "Caffè degli Specchi" a Trieste. I grandi caffè luoghi letterari per eccellenza.


Riapre a Trieste il Caffe' degliSpecchi. Lo storico locale frequentato da intellettuali e scrittori della Mitteleuropa, chiuso a ottobre dello scorso anno per il fallimento della vecchia gestione, riaprira' dopo il 1 marzo. 

Il caffe' letterario di Trieste, aperto dal 1839, e' stato frequentato non solo da Italo Svevo e Umberto Saba, ma anche da James Joyce durante i suoi soggiorni in Italia. 

Trieste, ma non solo: dalla brasserie Lipp e 'Les Deux Magots' di Parigi agli storici caffe' Greco di Roma e Gambrinus di Napoli, i locali frequentati da scrittori e intellettuali che hanno fatto la storia della letteratura sono disseminati in tutto il mondo. 

Il bar Richmond di Buenos Aires era lo storico caffe' prediletto da Jorge Louis Borges e frequentato, fra gli altri, da Antoine de Saint-Exupery, Julio Cortazar e Graham Greene. 'Les Deux Magots' a Parigi, 'A Brasileira' a Lisbona, il Caffe' Greco a Roma, il Caffe' dei Fratelli Fiorio a Torino e il Caffe' Gambrinus a Napoli, ad esempio, erano luoghi amati e frequentati da scrittori, artisti e letterati, abituati a ritrovarsi per lavorare nelle caffetterie della grandi capitali. Oggi sono spesso solo luoghi di 'culto' turistico. 

I grandi caffe' ospitavano discussioni filosofiche e artistiche, ai loro tavoli sono nati manifesti politici e letterari, sono stati organizzati complotti, tanto che "non si potrebbe scrivere una pagina di storia ne' letteraria ne' artistica dell'Ottocento senza citare il nome di un Caffe '", diceva Piero Bargellini, scrittore e politico italiano, sindaco di Firenze durante l'alluvione del 1966. Andre' Gide o Andre Malraux, Antoine St Exupery, Jean Genet, Balthus, Françoise Sagan, Jean Paul Sartre, Simone Signoret con Yves Montand e Albert Camus, erano accomunati dalla fedelta' alla Brasserie Lipp, storico locale in Boulevard Saint Germain, chiamato dai francesi "la succursale della Camera dei deputati". 

L'autore de 'La recerche', Proust, si faceva addirittura portare i boccali di birra alsaziana del Lipp dall'altra parte di Parigi. Dai tavolini della Brasserie (ora lussuoso ristorante) l'Hemingway giornalista scriveva i suoi dispacci pre-guerra. 

Dopo un periodo di crisi, la Brasserie Lipp e' gradualmente tornata ai suoi splendori, a partire dal 1990, grazie alla famiglia Bertrand, che si impegna a continuare la tradizione, profondamente influenzata dalle sue radici dell'Auvergne. A Parigi c'e' un altro luogo dove si possono ancora oggi incontrare artisti e letterati: e' il Cafe' 'Les Deux Magots', che ha sempre giocato un ruolo importante nella vita culturale della capitale francese. In origine era un negozio di tessuti che vendeva biancheria di seta, e che ha preso il nome 'Les Deux Magots Cina' da due statuine di personaggi cinesi, tuttora esistenti. Frequentato da molti artisti famosi tra cui Elsa Triolet, Jean Giraudoux, Picasso, Fernand Leger, Prevert, solo per citarne alcuni, per primo ha accolto i surrealisti sotto l'egida di Andre' Breton.

Dalle rive della Senna a quelle d'oceano. Al Cafe' 'A Brasileira' a Lisbona, invece, e' ancora possibile gustare il caffe' con Fernando Pessoa. In questo locale, infatti, una statua bronzea del poeta siede al tavolino che l'autore delle 'Odi di Ricardo Reis' occupava quotidianamente, in contemplazione del passeggio che si consuma, ancora oggi, sulle strade maiolicate del centro elegante di Lisbona. In tempi piu' recenti Joanne Kathleen Rowling ha scritto un bel pezzo del primo romanzo della saga del maghetto Harry Potter a Edimburgo, nella caffetteria 'The Elephant House', dove ora un grande cartello annuncia orgoglioso al passante casuale il suo ruolo di Casa natale di Harry Potter. 

Alla fine del 19esimo secolo, a Oslo, invece, il famoso drammaturgo Henrik Ibsen divenne un'attrazione turistica: ogni giorno, tra le 13,20 e le 14, e tra le 18 e le 19,30, poteva essere trovato presso il Cafe' del Grand Hotel di Oslo. Per ben nove anni riposo' e scrisse, seduto in una poltrona su cui c'era un cartellino: "Riservato Dr. Ibsen". Anche l'Italia e' ricca di belle sale da the' e da caffe' che hanno dato riparo a grandi artisti e intellettuali: allo storico Caffe' dei Fratelli Fiorio di Torino, Friedrich Wilhelm Nietzsche scrisse 'Ecce homo'. 

Aperto nel 1780, il Caffe' fu punto di incontro di artisti, aristocratici e uomini politici tra i quali Urbano Rattazzi, Massimo D'Azeglio, Giovanni Prati, Camillo Benso Conte di Cavour, Giacinto Provana di Collegno, Cesare Balbo. Era definito il "caffe' dei Machiavelli e dei Codini" perche' frequentato nell'Ottocento da aristocratici e alti ufficiali. Il luogo aveva assunto una reale rilevanza politica, al punto che il Re Carlo Alberto di Savoia era abituato a chiedere che cosa si dicesse al Caffe' Fioro. 

Ma il piu' famoso Caffe' letterario e' forseil Caffe' Greco di via Condotti a Roma, poco lontano da piazza di Spagna.

16/09/11

Intervista a Suso Cecchi D'Amico - "Il perfetto incrocio tra letteratura e cinema" di F. Falconi





Suso Cecchi  D'amico, la sceneggiatrice che da "Senso" a "Oci Ciornie" ha scritto una porzione notevole del cinema italiano, compie 75 anni. E forse proprio in questa occasione e per rendere omaggio ad un'autrice che insieme a Visconti ha firmato pellicole memorabili, la Dedalo pubblica una biografia illustrata che ripercorre le tappe importanti della sua carriera di sceneggiatrice (Scrivere il cinema, a cura di Orio Caldiron e Matilde Hochkofler, pagg.160, 80 ill.)

Abbiamo chiesto a Suso Cecchi D'Amico di spiegarci quale è stato in questi anni il suo rapporto con il cinema.

"E' stato soprattutto un rapporto di lavoro, di duro lavoro.  Io non considero il cinema, come fatto in sè, mezzo espressivo e sublime. Sotto questo punto di vista sono convinta che la letteratura abbia un valore assoluto superiore.  La letteratura può essere arte allo stato puro.  Nel cinema, invece, il raggiungimento della poesia dipende da troppi fattori di natura tecnica, il cinema è un lavoro di équipe."

Quindi anche la sceneggiatura non può essere considerata un'opera autonoma ?
"Beh credo che in tutti questi anni di storia del cinema la sceneggiatura abbia acquistato una sua dignità di opera d'arte autonoma. E' chiaro che si tratta di una forma ibrida, che non è letteratura e nemmeno film, fino a che un regista non decida di realizzarla, di tradurla in immagini."

Eppure in alcuni casi, come in certi film di Visconti a cui lei ha collaborato, il cinema è indubitabilmente un'opera d'arte.
"Nel caso di Visconti certamente sì. Ma Luchino aveva un retroterra culturale spaventosamente ampio. La sua famiglia fu la prima a poter leggere Proust in Italia. Luchino lo lesse da giovanissimo, ne fu completamente 'imbevuto'. Al punto tale che solo lui avrebbe potuto realizzare il famoso film tratto dalla Recherche. Purtroppo, quando eravamo pronti ad imbarcarci nell'impresa che ci appariva difficilissima - ma intanto la sceneggiatura era già scritta - sorsero dei problemi con la produzione. Luchino disse che avrebbe fatto un altro film e subito dopo avrebbe iniziato Proust.  Invece, dopo le riprese di Ludwig, sopraggiunse la malattia e fu impossibile realizzare la Recherche.  I due film seguenti furono girati in condizioni di immobilità. A pensarci bene non so neanche io come riuscì a fare Gruppo di famiglia in un interno e L'innocente."

A suo giudizio quale rimane il film più felice, frutto della sua collaborazione con Visconti ?
"Sono ancora del parere che sia Il Gattopardo il modello, per la sua riuscita e per la fedeltà all'opera letteraria. Io sono convinta che per essere molto fedeli al testo letterario, bisogna in qualche modo trasgredirlo.  Ne è una riprova il fatto che quando facemmo Lo straniero da Camus, fu un totale fallimento. Camus era morto da poco e i francesi non avrebbero tollerato nessun cambiamento, così cercammo di riprodurre fedelmente il libro e il risultato fu molto modesto, anche per l'inadeguatezza di Mastroianni che non era molto credibile nella parte.  Nel Gattopardo, invece, aver fatto a meno della seconda parte del libro, quella dei 'vent'anni dopo', ha fatto sì che il film assumesse il ritmo lento, giusto, quello del romanzo. "

Quindi cosa significa "interpretare" un testo ?
"Significa lavorare sui toni, provare e provare fino ad arrivare alla uniformità assoluta del colore.  Co sono esempi di interpretazione perfetta del testo letterario. Per esempio uno che ho sempre ammirato è Pinter, che ne La donna del tenente francese ha raggiunto ottimi risultati. Non così invece con Proust che Pinter sceneggiò per Schlondorff. Ne venne fuori davvero un brutto film: d'altronde Pinter stesso aveva confessato di non aver mai letto Proust."

E oggi invece come le sembra la situazione dei nuovi sceneggiatori, dei nuovi autori del cinema italiano ?
" Devo dire di trovarmi un po' disorientata di fronte a certe tendenze: quando, per il fatto di essere in giuria al Premio Solinas, mi metto a leggere le sceneggiature dei nuovi autori scopro che c'è un totale disinteresse per i dialoghi.  Mentre invece ci sono grosse indicazioni, dettagliatissime, per esempio sulla scelta delle musiche, dei singoli pezzi musicali.  Ecco, francamente credo che  i dialoghi non vadano trascurati, specialmente quando si tratta di un film in costume.  D'altronde però noto che non è scomparso ancora il piacere di raccontare.  E questo secondo me è un bene: possiamo discutere all'infinito se un film sia o no opera d'arte, ma credo che alla fine questo non conti niente.  Io continuo a vedere film e siccome mi piace vederli, continuo a preferire che mi raccontino storie, delle vere storie."

Fabrizio Falconi, Il perfetto incrocio tra letteratura e cinema, intervista a Suso Cecchi D'Amico, Paese Sera, 11 marzo 1989.

14/09/11

" Trascende ogni mio controllo" - Il fantasma della perversione.



Che cosa penserebbe oggi l'ufficiale napoleonico Pierre Choderlos de Laclos dell'inspiegabile successo del suo romanzo Les Liasons Dangereuses ?


Scritto più di due secoli fa, tacciato di libertinaggio e pornografia, letto, idolatrato e condannato, obliato per quasi un secolo, oggi, sul finire del ventesimo secolo e all'inizio del ventunesimo il libro è nuovamente in auge: l'ultimo trionfo, quello più recente, è la "nomination" a ben sette premi Oscar di Dangerous Liasons, il film che il regista britannico Stephen Frears ha tratto dal romanzo di Laclos. Ma è in preparazione anche Valmont, firmato addirittura da Milos Forman.  E poi il teatro con la riduzione realizzata da Christopher Hampton, ragazzo prodigio del teatro inglese che è arrivato in Italia con la regia di Antonio Calenda, mentre una nuova versione delle Relazioni Pericolose, con Paolo Poli è in tournée in Italia.

Sulla scia di questo rinnovato ed euforico interesse, anche il mondo editoriale ha riscoperto quello che Proust definì "il più spaventosamente perverso dei libri".  Nel nostro paese torna in libreria l'opera di Laclos nella nuova edizione Einaudi, arricchita da una nota introduttiva di Alberto Beretta Anguissola (Le Amicizie Pericolose, pagg.347)  . Risulta piuttosto difficile cercare di spiegare quali siano i motivi di un così eclatante ritorno per un romanzo che sino a qualche anno fa stentava a farsi strada fuori della cerchia dei tenaci estimatori del geometrico rigore delle Liasons.

"Le relazioni pericolose"  come si saprà è un romanzo epistolare in 175 lettere che racconta di una doppia corruzione: la marchesa di Marteuil, per vendicarsi di una rivale, la virtuosa principessa di Tourvel, incarica il visconte di Valmont, sotto la promessa di concedersi a lui a impresa compiuta, di circuire la giovane presidentessa.  Sempre per vendicare la marchesa, l'obbediente visconte deve inoltre sedurre la sedicenne Cècile, promessa di un ex-corteggiatore della De Merteuil.

Una rapida occhiata tra la corrispondenza privata di Laclos è sufficiente per scoprire il lato privato dello scrittore: lungi dal mettere in pratica la "teoretica" libertina "egli si rivela come un uomo umile, amante della famiglia, incapace per mancanza di coraggio o per sfortuna di fare progressi nella carriera militare, insomma "il migliore dei mariti", come lo definisce lo stesso Proust. " Mi affligge la triste situazione della mia sposa e dei miei tre figli che lascio senza risorse, " scrive Laclos durante l'agonia che lo condurrà alla morte nel luglio del 1803 a Taranto, dove si trova per una spedizione al servizio dell'esercito napoleonico.
Ed è evidente come questo patetico quadro di marito devoto strida non poco con i contenuti trasgressivi del libro.

D'altronde, Laclos scriveva qualche anno dopo la pubblicazione del romanzo: " La filosofia ci ha indicato la direzione di marcia, ma solo le passioni possono farci raggiungere la mèta. La ragione, se resta sola, fallisce perché non la forza di redimere l'uomo e la società."   In questa sfiducia nella onnipotenza della ragione senza passioni sta allora forse la chiave del ridestato interesse per Laclos e per il suo romanzo.  Al di là infatti delle mode libertine e delle dissertazioni sulle tattiche e i destini amorosi, Les Liasons rappresenta un efficace proclama contro i rischi della società del piacere razionale.   "Laclos," scriveva Maurizio Cucchi nell'introduzione all'edizione Garzanti del romanzo, " ci presenta il quadro realistico di una società moralmente dissoluta e crudele, lanciata verso l'autodistruzione nel momento in cui concepisce l'idea del massimo potere e del completo piacere, del dominio incontrastato e con ogni mezzo."

Una società in qualche modo simile alla nostra.

Fabrizio Falconi, Il fantasma della perversione,  Paese Sera, 28 febbraio 1989.