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09/04/10

Ci mancava solo lui, il pastore ateo, e fiero di esserlo.


Cari amici de Il Mantello,

vorrei commentare con voi, se ne avete voglia, questa notizia, che qui in Italia abbiamo appreso qualche giorno fa, e che riguarda un certo Klaas Hendrikse, un pastore protestante olandese di 63 anni che si dichiara fieramente ateo e che però non solo non rinuncia a fare il pastore, ma proclama anche di avere la sua chiesa piena di 'fedeli' (fedeli ??).


Mi sembra davvero un caso di schizofrenia eclatante della nostra epoca, ma sarei curioso di sapere cosa, la notizia, vi suscita.


23/11/09

Lettera aperta ai Cristiani - di Daniele Garrone.

Vorrei oggi postarvi questa dura Lettera aperta ai Cristiani, scritta da Daniele Garrone, che è uno dei maggiori biblisti italiani, di fede cristiana valdese. Credo che contenga molti spunti su cui riflettere.


Cari fratelli e care sorelle,

scrivendo queste righe ho davanti agli occhi le centinaia di cristiani cattolici con cui negli ultimi decenni ho avuto la gioia di condividere il cammino ecumenico: laici impegnati, docenti universitari, sacerdoti, vescovi, religiosi e religiose, teologi, giornalisti. Potrei rivolgermi ad ognuno di voi, ma il mio intento non è di sfidare qualcuno, ma di sollevare con franchezza un problema, a mio avviso drammatico.


Con molti di voi ho più volte verificato come siate a disagio di fronte alla piega presa dalla Curia e dai vertici della Chiesa cattolica italiana, ad esempio riguardo al fine vita e al testamento biologico, alla reintroduzione della messa tridentina, alla riabilitazione dei lefebvriani … Eppure tacete. Veniamo a sapere che è stato avviato un provvedimento disciplinare contro 41 sacerdoti e religiosi che hanno espresso una posizione del tutto simile a quella espressa nel “Testamento biologico cristiano” approntato dall’episcopato tedesco in collaborazione con la “Chiesa evangelica in Germania” e già sottoscritto da quasi 2 milioni di cristiani (dunque, presumibilmente da circa 1 milione di cattolici), eppure tacete. Vi viene urlato che quello che è possibile ad un cattolico in Germania in Italia è non solo vietato, ma anatemizzato, e che chi manifesta il suo dissenso dev’essere rimesso in riga. Viene così negato ogni pluralismo all’interno della chiesa (quel pluralismo reale che è sotto gli occhi di tutti, ma che alla fine non si manifesta) e l’Italia viene sempre più ridotta ad un orticello vaticano, certo anche grazie alla interessata e solerte (e nel caso della sinistra, oltretutto totalmente vana, perché nessuna “messa” le procurerà mai nessuna “Parigi”) acquiescenza della classe politica. Eppure tacete. Avete davanti agli occhi uno strategico e massiccio processo di normalizzazione delle aperture che il Concilio Vaticano II al tempo stesso esprimeva ed avviava, e che so essere un elemento centrale del vostro modo di vivere il cristianesimo. Eppure tacete.

Vi scrivo perché non voglio concludere affrettatamente da protestante che nella chiesa di Roma è giocoforza che avvenga così, visto che per voi l’obbedienza alle gerarchie – anche molto tormentata - è, se non proprio una virtù, un dovere. Vi chiedo però di riflettere su un punto: chi pretende di vincolare le vostre coscienze esercita un potere di cui Dio non fa uso. Di più: nella fede Dio ci costituisce come soggetti liberi e responsabili, solo nei suoi confronti e nei riguardi del prossimo.

La maggior parte di voi sono personalità pubbliche, anche con incarichi importanti: una vostra parola chiara (ad es. un appello per la sottoscrizione di una versione italiana del “testamento biologico cristiano” della Germania; oppure la rivendicazione della liceità delle posizioni espresse dai 41) farebbe del bene alla vostra chiesa, che amate, alla cultura italiana, a cui contribuite, e ne sono certo, anche a voi, che vorreste un’altra parola cristiana alla città e ai credenti. Vi prego, alzate la vostra voce. La vostra fede ve ne dà il diritto. Non vi fate conculcare dagli uomini la libertà che Dio vi ha donato. Pensate al vostro battesimo come suggello di questa libertà.

Fraternamente

Daniele Garrone


16/11/09

E' finito lo Spirito del Concilio ?


E' davvero finito lo Spirito del Concilio ? Davvero il mondo sembra non poter andare - anche nel campo spirituale - che verso la rigidità, la chiusura all'altro, al diverso, la negazione di ogni sintesi possibile ? E' quello che si ricaverebbe da questo interessante articolo di Alberto Melloni pubblicato oggi dal Corriere della Sera, che riporta una notizia passata stranamente sotto silenzio dai media del nostro paese, troppo indaffarati a commentare l'ultimo scandalo di turno.

Vi riporto l'articolo integralmente.

Quel vento contro l'ecumenismo che soffia dentro tutte le Chiese
di Alberto Melloni

in “Corriere della Sera” del 16 novembre 2009


Un piccolo documento che circola nel mondo ortodosso da mesi merita molta attenzione. Si chiama «confessione di fede contro l’ecumenismo» ed è una dichiarazione che da aprile ad oggi è stata firmata da sei metropoliti ortodossi di Grecia, Serbia, Kosovo e Stati Uniti. È un assalto violento contro il dialogo fra le religioni e la ricerca dell’unità fra le Chiese dai toni non inediti, ma duri e simili — sinistramente simili — a quelli che usano i tradizionalismi in tutte le Chiese.

I firmatari dicono chiaro e tondo che come «Cristiani che credono alla Santa Trinità noi non abbiamo lo stesso Dio di nessun’altra religione, né quello delle cosiddette religioni monoteiste, Giudaismo e Maomettanesimo che non credono alla Santa Trinità»; che dopo «il trionfo sui nemici esterni — cioè gli Ebrei e gli idolatri» la Chiesa ha goduto pace, ma che dal secondo millennio le eresie l’hanno divisa. Eretico è il Cristianesimo «papista, culla di tutte le eresie e di tutti gli errori», partito male nel medioevo è andato addirittura peggiorando, esagerando le proprie dottrine ecclesiologiche, mariologiche e col concilio Vaticano II arrivando a corrompere la liturgia: quel concilio che ha inventato la «pan-religione» e ha riconosciuto una «vita spirituale» nelle altre fedi, ha perfino protetto i gruppi carismatici e la new age, ricevendo in cambio la vergogna della corruzione.

Peggio ancora i Protestanti che hanno perduto i sacramenti. Secondo i firmatari di questa «confessione di fede», dunque, l’unico dialogo ammissibile con questi eretici passa dal loro battesimo (quello che hanno ricevuto non vale niente per la mancanza di una vera confessione trinitaria): e il patriarcato di Costantinopoli e il santo sinodo che hanno impegnato la Chiesa d’Oriente nel cammino ecumenico — la «pan-eresia» — andrebbero trattati come eretici e loro favoreggiatori.


La risposta del patriarca ecumenico Bartholomeos I e del santo sinodo è arrivata da qualche settimana sul tavolo dell’arcivescovo ortodosso di Atene al quale si chiede di prendere posizione contro queste «tendenze zelote» presenti non da oggi nell’ortodossia greca. Costantinopoli chiede di uscire dall’ambiguità: se la «confessione» dicesse la verità tutta la gerarchia dell’Oriente si sarebbe macchiata del crimine contro la fede che sarebbe l’ecumenismo. Ma i metropoliti che l’hanno firmata verrebbero a dire che il Credo non è sufficiente, ma ha bisogno di una ulteriore espansione, per l’appunto di tipo antiecumenico. E in nome della tradizione violerebbero la disciplina della tradizione. Il santo sinodo usa parole chiare: «Vogliamo credere che i Gerarchi che hanno firmato non abbiano compreso che stanno guidando uno scisma» e ricorda che l’impegno ortodosso nel dialogo ecumenico è stato preso sinodalmente da tutte le Chiese nel 1986.


Così, con una presa di posizione ancora per un attimo interlocutoria ma assai severa nella sostanza, prova il rischio di divisione contenuto in quell’assalto che esaspera una tendenza da sempre presente negli ambienti monastici. Cosa accadrà fra le sponde dell’Egeo è difficile a dirsi: ma il senso più profondo di questa iniziativa contro l’ecumenismo, il dialogo con l’Ebraismo e con l’Islam non sta in una questione infraortodossa.


La mossa degli zeloti d’Oriente ricorda troppo da vicino — per lessico e perfino per obiettivi polemici — il tradizionalismo cattolico, l’integrismo luterano, il fondamentalismo congregazionalista, i fuoriusciti anglicani. È come se il grande desiderio di unità che le Chiese avevano letto nel Vangelo durante il Novecento producesse la stessa insofferenza dentro tutte le Chiese: al punto che si può dire se c’è una cosa oggi ecumenicamente condivisa fra le Chiese è l’antiecumenismo di minoranze riottose, il ribellismo di sacche resistenti al dialogo, eccitate dalla presunzione di rappresentare la tradizione e l’identità, anche a costo di cercarla nel fondo del proprio ombelico.


Un sociologo direbbe che è naturale così: man mano che procede la globalizzazione della cultura e
dei costumi (quella dei mercati in fondo è almeno vittoriana...) ogni appello alle piccole patrie, alle
lingue, alla nobilitazione identitaria delle tradizioni guadagna ascolto. Che questo capiti nelle Chiese e fra le fedi dunque non meraviglia: dice soltanto che le risorse interiori e la lungimiranza spirituale con la quale, in contesti non meno difficili, altre generazioni avevano capito che ogni divisione prepara la catastrofe sono finite, o forse non sono state alimentate in tempo.